I nuovi turismi in Italia

 Si sente spesso parlare di nuovi turismi: Percettivo,  Sensoriale, Eco Naturalista, Accessibile, Single, LGBTQ, Gioco, Eno, Frugalista, Sostenibile, Ippo, Ciclo Benessere, Rigenerazione, Paesaggi, Saperi, Esoterico, Shopping, Tour,  Per Scambio, deiBorghi, Naturista, del Golf... Valorizzare queste modalità di turismo che tutelano la sensibilità e la ricerca personale e culturale è lo scopo del Festival dei Nuovi Turismi 2010 in Puglia, un festival aperto agli operatori del turismo associato, agenti di viaggio, operatori ricettivi, tour operator ed esperti del marketing, per valutare e discutere insieme sul ruolo economico e sul significato sociale dei nuovi turismi. Appuntamento dal 30 settembre al 3 ottobre 2010.
Fonte: directanet

Luoghi dell'ospitalita: conventi e monasteri a Venezia

Sono sempre stati nel corso dello storia luoghi dell'opitalità, tutti le strutture religiose presenti nelle vie storiche per raggiungere Roma era prevista la possibilità d' ospitalità. Oggi come ieri i conventi offrono ospitalità, sono luoghi di quiete, sono luoghi ricchi di cultura, sono gestiti molto bene e offrono momenti di serenita. venezia ne offre diversi e di grande valore storico e artistico.

Venezia
Abbazia di San Giorgio Maggiore L'mportante monastero benedettino, dal 1951 sede della Fondazione «Giorgio Cini», sorge sul'isoletta omonima con un complesso insieme di ambienti, realizzato dietro progetto di Andrea Palladio e articolato attorno alla ralativa chiesa e ai due chiostri. Dal 982 sede del Monastero Benedettino, l'isola di San Giorgio conobbe il suo massimo splendore tra il 1500 e il 1600, grazie alle opere di artisti come Palladio, Carpaccio, Veronese, Tintoretto e Longhena, che contribuirono alla trasformazione del suo complesso monumentale. Dal campanile, eretto nel 1791 in sostituzione di quello quattrocentesco, si può godere di una magnifica vista panoramica sul bacino di S. Marco.La chiesa, dalla nobile facciata di linee classiche, creazione di Andrea Palladio (1566-83), fu portata a termine nel 1611, solo dopo la sua morte.
Monaci Benedettini
Isola di San Giorgio - 30124 Venezia
Tel. 041/527827

Convento dei Santi Giovanni e Paolo Sorse insieme all'attigua chiesa. Fu ricostruito da Baldassarre Longhena tra il 1660 e il 1675. Oggi ospita l'Ospedale civile di Venezia. È articolato intorno a due chiostri e a un cortile. Ad est si trova il dormitorio dei frati, attraversato da un lunghissimo corridoio su cui si aprono le celle. Attualmente il convento domenicano ha sede in quella che era la Scuola di Sant'Orsola. La comunità domenicana a Venezia ha come sua missione, oltre alla cura pastorale della parrocchia, l'accoglienza dei turisti, la promozione di incontri culturali, la predicazione del messaggio cristiano attraverso l'arte e l'ospitalità. Attualmente il Superiore della comunità religiosa è fra Giovanni Augusto Allocco.
Frati predicatori Domenici
6363 Castello - 30100 Venezia
Tel. 041/5237510

Convento di San Francesco del Deserto, trovate qualche pescatore disposto a darvi un passaggio, potrete facilmente raggiungere l'isoletta di San Francesco del Deserto. Arrivando con la barca è possibile scorgere già in lontananza la fascia scura dei filari di antichi Cipressi e di Pini merittimi che circonda il perimetro dell'isola. Scesi dalla barca, percorrendo il lungo viale alberato si arriva alla Chiesa, affiancata dal campanile e dal convento. Dalla porta a destra si accede al primo chiostro, recentemente restaurato, e al vicino chiostro quattrocentesco, con al centro una vera da pozzo barocca. Il complesso è circondato dal giardino, dove potrete godervi una passeggiata tra il verde e il silenzio di questo luogo, interrotto solamente dal cinguettare dei numerosi uccelli che lo popolano.
Frati Francescani Minori
Isola di San Francesco del Deserto - 30012 San Francesco del Deseto VE
Tel. 041/5286863

Convento di San Francesco della Vigna, Il Convento risale in gran parte alla metà del Quattrocento. Attualmente vi è anche la sede dell'Istituto di Scienze Ecumeniche. Maestosa è la facciata della Chiesa di Andrea Palladio, come pure l'interno dove, fra le numerose opere d'arte, si ammira la Cappella Giustiniani, fitta di sculture lombardesche. Il Chiostro è stato rifatto nel 1445. Durante l'estate si tengono concerti d'organo e di canti gregoriani. Ospitalità L'Istituto di Teologia Ecumenica ospita i suoi iscritti provenienti da ogni parte del mondo. Il Soggiorno San Francesco, gestito dall'Anspi, accoglie studenti universitari.
Frati Francescani Minori
Castello 2786 - 30122 Venezia
Tel. 041/5222476

Monastero della Santissima Trinità : Sull’isola della Giudecca, collegata a Venezia con servizio di vaporetto, un monastero fondato nel secolo scorso. Il complesso non presenta particolari motivi di interesse artistico ma ne offre in abbondanza l’isola con la Chiesa di Sant’Eufemia, la palladiana Chiesa del Redentore, autentico scrigno di capolavori di maestri come Veronese e Tintoretto. Ospita ragazze alla ricerca di momenti di approfondimento spirituale.
Monache Clarisse Povere di Santa Chiara
Isola della Giudecca - 30133 Venezia
Tel. 041/5222531

San Lazzaro agli Armeni (Isola)
Monaci Mechitaristi
30100 Venezia
Tel. 041/5260104

Ospitalità in case religiose
CASA DEL GIOVANE DON ORIONE, Via Nicolodi 9 - 30175 VENEZIA (VE) Telefono:041-921926
CASA EBRAICA DI ACCOGLIENZA DI VENEZIA , CANNAREGIO 2874 - 30100 VENEZIA (VE) Telefono:041/715012 Fax:041/5241862 E-mail:com.ebra@ve.191.it
CASA SEVAN Isola San Lazzaro degli Armeni - 30126 VENEZIA (VE) Telefono:041731490 Fax:041731490 E-mail:casasevan@yahoo.it
CENTRO CULTURALE DON ORIONE ARTIGIANELLI, DORSODURO - RIO TERA' FOSCARINI 909/A - 30123 VENEZIA (VE) Telefono:041 5224077 Fax:041 5286214 E-mail:info@donorione-venezia.it Web: http://www.donorione-venezia.it/
CENTRO PASTORALE CARDINAL URBANI VIA VISINONI 4/C - ZELARINO - 30174 VENEZIA (VE) Telefono:041-909962 Fax:041-5460137 E-mail:centrourbani@patriarcatovenezia.it
Foresteria Venezia
CSD Foresteria Valdese di VeneziaPalazzo CavagnisCastello 5170I - 30122 VENEZIA
tel. 041-5286797 )fax 041-2416238foresteriavenezia@diaconiavaldese.org
Info venezia : Turismo Venezia

fonte: Turismo Lento

New Hotel Palace Marsala: vacanze di mare e cultura

Situata sull'estrema punta occidentale della Sicilia (Capo Boreo), Marsala è la cittadina più grande della provincia di Trapani. La località è conosciuta per via del turismo balneare, dell'omonimo vino liquoroso e di un celebre evento storico.

Avvenne qui infatti, l'11 maggio del 1861, il mitico sbarco dei mille soldati al seguito di Garibaldi, che segnò l'unificazione d'Italia. Per quanto riguarda il vino Marsala, furono alcuni intraprendenti commercianti di Liverpool a scoprire e valorizzare nel 1773 la più antica Doc d'Italia. Rispetto al turismo balneare, infine, negli ultimi tempi si è assistito a un notevole incremento del flusso dei visitatori, nostrani e stranieri.

Se fino a dieci anni fa a Marsala c'erano in tutto 3 alberghi, ora si è passati agli attuali 14. Maggiore addirittura l'incremento nella ricettività extra-alberghiera: tra agriturismi e affittacamere se ne contano almeno una trentina.

Il merito di tutto ciò è da riconoscere alla saggia Amministrazione comunale, che è riuscita a riscattare la città dalle cattive acque in cui navigava dopo decenni di malgoverno. Al restauro artistico dello splendido centro storico sono infatti seguiti progetti di promozione del territorio che hanno visto Marsala presente in importanti rassegne turistiche nazionali e internazionali.

Fondata originariamente dai Fenici, l'antica Lilybeo ha ritrovato tutto il lustro perduto. Racchiuso tra porte e bastioni, il centro storico di Marsala svela chiese e monumenti, palazzi e musei, in un equilibrato miscuglio architettonico tra antico e moderno. viaggi.exite.it
per soggiornare:

Hotel segnalato da "Turismo Culturale"

New Hotel Palace srl

Via Lungomare Mediterraneo, 57
91025 Marsala (TP)
Tel. +39 0923 719492 - Fax +39 0923 719496
Email : info@newhotelpalace.com
Sito internet : www.newhotelpalace.com
Direttore
Li Mandri Salvatore

Sistemazioni
50 camere - 2 Comunicanti Deluxe - 2 Suite Familiari - 2 Imperial Suite

Servizi per portatori di Handicap
2 camere attrezzate per ospiti diversamenti abili, le camere sono collocate al piano terra e sono molto confortevoli. Le aree comuni sono tutte accessibili all'interno dell’Hotel.

Ristoranti - Bar - Saloni
Restaurants : "Le 4 Stagioni", "Il Bevero"
Lounge Bar Palace - Garden Bar
Saloni : "Dolce Sognare", "Christian", "Shadey", "Thomas"






Dotazioni delle camere
TV satellitare - Aria climatizzata - Linea telefonica diretta - Minibar Asciugacapelli - Casseforti - Linea cortesia - Collegamenti PC e fax - Internet ADSL - Electronic key

Servizi New Hotel Palace
Servizi di portineria - Parking custodito - Trasferimento da e per aereporto
Centro Business - Servizio in camera 24/ su 24 ore - Servizio Baby sitter
Servizio Lavanderia, stireria e pulitura a secco
Servizio Quotidiani - Momento relax e massaggi - Pay TV
Camere ai piani non fumatori - Lettore DVD CRT - Lido convenzionato
Ammesi animali piccola e media taglia

Strutture per meeting, banchetti e matrimoni
2 sale polifunzionali :
5/50 - 120/200 persone
Apparecchiature audiovisive per conferenze
Piscina, giardino e terrazze per ricevimenti all'aperto

Volano a Sydney, ma è quella sbagliata Invece che in Australia vanno in Canada. La madre di lui: «Prendiamola sul ridere»

TORONTO - Forse il primo serio dubbio gli è preso quando l’aereo ha fatto scalo a Toronto. Volevano andare a Sydney, in Australia, si sono invece ritrovati nell’omonima città del Canada. Quella sbagliata. La Sydney in Nova Scotia, città turistica di 100mila abitanti su Cape Breton che se qualcosa di famoso ha, è per esempio il grosso violino (il più grande del Mondo) che fa sfoggio di sé sul waterfront cittadino, altissimo, tutto di legno, meta preferita dei turisti.
I marchigiani Valerio Torresi, 26 anni, e Serena Tavoloni, 25, sono incappati nello stesso infortunio turistico già accaduto ad una donna argentina due anni fa e ad una coppia di inglesi nel 2002. Magra consolazione per quelli che sognano la terra dei canguri e si ritrovano in quella delle foche.
«Sono partiti da Roma martedì - racconta al Corriere Canadese la madre di Valerio, Rossella, che col padre Bernardino gestisce un bar a Montegranaro (Fermo) - hanno fatto scalo a Toronto convinti che da lì l’aereo sarebbe ripartito per l’Australia, anche se qualche dubbio hanno iniziato a nutrirlo. E invece si sono trovati nella città sbagliata dando retta ad un biglietto compilato male». La storia dei due fidanzati è stata ripresa per prima dal quotidiano Cape Breton Post e poi dalla Cbc. «Pensare - continua mamma Rossella - che mio figlio Valerio per evitare di prenotare su internet ha deciso di rivolgersi ad un’agenzia pur pagando qualche euro in più. Voleva essere più tranquillo e guardate cosa gli è capitato».
Già, parliamo dell’agenzia. E stata proprio questa a compiere l’errore fatale, in sostanza a indirizzare Valerio e Serena da tutt’altra parte apportando sul biglietto di volo la destinazione fasulla. Accortasi dell’errore e presasi gli improperi di un paese intero, «la stessa - continua mamma Rossella - ha riprenotato il volo e ha sostenuto le spese dei ragazzi in Canada. si sono visti un po’ la città e l’albergo non lo hanno dovuto pagare. Mentre vi parlo so che sono in volo per l’Australia, ancora però non vi so dire se siano arrivati. Sono ripartiti dopo due giorni di sosta». La speranza, ovviamente e, aggiungiamo anche i debiti scongiuri, è che nel Mondo non esista a questo punto un’altra Sydney.
Era la prima volta che Valerio, al momento disoccupato, e Serena, maestra elementare, lasciavano l’Europa. Siamo certi che non dimenticheranno tanto facilmente questa avventura. La madre la butta sul ridere: «almeno hanno visto due continenti in un viaggio solo». La bizzarra vicenda Valerio l’ha raccontata anche sulla sua pagina personale di Facebook scatenando le reazioni a catena degli amici. Scrive Paolo: «Una perla di quelle grosse, complimenti. A Cape Breton non si parla d’altro». «Vi abbiamo visto al Tg5 e a Studio Aperto - dicono altri - vedete però se al ritorno tornate nel Paese giusto...».

Data pubblicazione: 2010-07-10
Indirizzo pagina originale: http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=100319


Rinnovato contratto per il turismo Ai 150mila lavoratori andranno 115 euro di aumento



(ANSA) - ROMA, 10 LUG - Nuovo contratto per i centocinquanta mila addetti del settore turismo: l'aumento salariale sara' di 115 euro. Altri duecentodieci euro sono da destinare al secondo livello di contrattazione. L'intesa e' stata raggiunta tra i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro aderenti alla Confindustria.Il nuovo contratto riguarda grandi catene alberghiere, agenzie di viaggi e tour operator.

Dove sono i turisti?

Questa foto, scattata ieri (9 luglio) alle 11 del mattino, dimostra che, purtroppo, le spiagge italiane non stanno registrando il tutto esaurito.
masterviaggi.it

a foto ritrae una località famosa dell'Adriatico del nord, un bel posto dotato di ottimi servizi e prezzi accessibili a tutti.
Qui, come nella maggior parte degli hotel a 3 stelle della celebrata Riviera Romagnola, a Luglio la pensione completa costa tra i 65 e gli 80 euro a persona.
Gli hotel sono puliti, offrono stanze dotate di tutti i comfort e ristoranti che, in relazione al prezzo pagato, sono più che accettabili.
Nella maggior parte dei casi poi la gestione famigliare rappresenta un ulteriore valore.
Allora dov'è il problema?
Il problema è che la crisi sta ancora mordendo i polpacci della gente, in Italia come nelle nazioni limitrofe e così il 50% degli ombrelloni in pieno Luglio resta chiuso.
Vorremmo poter dire il contrario ma la situazione è quella che è e bisogna prenderne atto.
E' ora di agire seriamente partendo dalla consapevolezza che niente si vende più in automatico, per troppo tempo siamo stati a dormire sugli allori, adesso è il momento di rimboccarsi le maniche e (odio scrivere la frase fatta che sto per scrivere perchè trita e ritrita) ... fare veramente "sistema".
Hanno Ragione i Presidenti dell'ASTOI e della FIAVET LAZIO a "bacchettare" il ministro del Turismo che invita, grazie anche allo spot con la voce del presidente del consiglio, gli italiani a fare le vacanze in Italia; hanno ragione perchè questa è dietrologia e se i Paesi (ad esempio Germania, Francia, Spagna) facessero lo stesso  rischieremmo di veder aumentare il numero degli ombrelloni chiusi in Alta Stagione.

A Lucca dal 26 al 28 novembre 2010 Italia Terme Benessere

utte le novità del wellness e del termalismo saranno presentate a Lucca ad Italia Terme Benessere, il salone nazionale dedicato all’industria termale e al turismo del benessere che Lucca Fiere & Congressi organizza nella città toscana.

Italia Terme Benessere, alla seconda edizione, prevede tre giorni di eventi, workshop e convegni che, dal 26 al 28 novembre 2010, richiameranno operatori professionali e appassionati dello stare bene in genere, nel nuovo quartiere fieristico, ex area Bertolli, vicino all’uscita dell’autostrada Firenze-Mare, appena fuori le storiche Mura della città.

Il salone si è accreditato come vetrina nazionale dei luoghi e dei modi del benessere termale: strutture, percorsi curativi e rigeneranti, prodotti e soluzioni innovative al servizio del professionista del benessere e dell’utente. L’offerta termale, a lungo considerata sotto un profilo esclusivamente sanitario e oggi rilanciata come turismo del benessere, trova spazio nella fiera per promuoversi e fare business. Italia Terme Benessere è anche luogo di incontro privilegiato per l’offerta wellness di centri benessere, spa e strutture ricettive, con spazi specifici dedicati alla formazione e all’aggiornamento professionale. L’ampia area espositiva, 7 mila quadri coperti, sarà infatti animata da sessioni di approfondimento, con workshop e convegni dedicati alle più attuali tematiche del settore termale e del benessere. Italia Terme Benessere si conferma inoltre come un’occasione unica di incontro tra la domanda e l’offerta del turismo, dove il pubblico di appassionati potrà conoscere e sperimentare direttamente i piaceri e i benefici di uno stile di vita attento alla cura del sé.

Sono chiamati a partecipare gli operatori del turismo, delle attrezzature, delle strutture d’accoglienza, dei prodotti per la cura della persona, oltre al personale specializzato, agli enti e alle associazioni. In fiera saranno accolti espositori provenienti da tutto il territorio nazionale: centri termali, catene alberghiere, hotel e spa; produttori e distributori di apparecchi, strutture e complementi d’arredo; cosmesi e prodotti termali; terapie e riabilitazioni; consorzi, associazioni, enti di sviluppo, istituti di formazione, tour operator e agenzie di viaggi.

E’ online Snav Magazine, la nuova rivista digitale dedicata a chi ama i viaggi

La compagnia di navigazione lancia in rete un progetto editoriale che non ha precedenti nel proprio business field: un magazine che racconta curiosità, luoghi, eventi e tradizioni delle mete servite dai suoi servizi di collegamento.
La compagnia di navigazione che detiene la leadership nei collegamenti marittimi con le più rinomate mete turistiche del Mediterraneo, annuncia che è stato ufficialmente rilasciato online il nuovo magazine, ultima interessante iniziativa intrapresa dall’azienda per i suoi passeggeri.

L’intenzione è quella di informare e consigliare i lettori sulle molteplici possibilità che offrono i luoghi di vacanza prescelti. Il magazine è online all’indirizzo http://magazine.snav.it.

Cinque canali tematici, ognuno con una sezione dedicata contenente ulteriori sottocanali, condurranno il lettore attraverso riserve naturali, parchi, mercatini folkloristici e antichi sapori del Mediterraneo.

Così il canale “Cultura” parla di scrittori, artisti, attori e di come le loro origini abbiano influenzato la loro successiva produzione artistico-letteraria; “Luoghi da scoprire” svela le meraviglie naturali e architettoniche delle mete servite da Snav; “Sapori mediterranei” suggerisce le migliori ricette dei luoghi del Mediterraneo; “Curiosità e Gossip”, invece, rivela gli ultimi scoop dell’estate.

Infine, “Mondo Snav”, il canale corporate del magazine, racconta la compagnia di navigazione, informa i suoi passeggeri sulle nuove offerte pensate per loro e sui servizi di bordo di cui possono disporre sulle navi della flotta.

L’interfaccia grafica del magazine è di forte impatto comunicativo, pensata per rendere il più piacevole possibile l’esperienza di navigazione. A ogni canale è stato associato un colore, e ogni articolo può essere commentato e condiviso su facebook, il social network che vede già la presenza di Snav con una pagina istituzionale che conta più di 110.000 iscritti!

Un magazine di approfondimenti e curiosità, dunque, pensato affinchè i passeggeri Snav possano essere dei turisti informati.
ilmezzogiorno.net

Nel bunker d'Israele Viaggio lungo i confini con Libano e Siria, aspettando qualcosa che sta per succedere



Più si sale in Galilea più si tocca con mano la necessità di sicurezza d’Israele. Persino la grande riserva d’acqua Eskhol, che porta il nome di un primo ministro israeliano, è un tesoro super protetto da una barriera elettrificata, telecamere e guardie armate. Nel timore che i terroristi provino ad avvelenare le falde. A Kiryat Shmona, “la città degli otto”, costruita in memoria dei primissimi pionieri socialisti che vennero quassù a fondare i kibbutz, ci si arriva da una strada di campagna che passa fra coltivazioni di frutta e verdura. Ogni tanto si incrocia qualche ciclista. E’ terra bruciata dalle bombe e dagli incendi. Strisce nere e bollenti solcano il terreno, punteggiate da mozziconi che furono aceri e cedri. Sono morti molti eucalipti importati dall’Australia. C’è silenzio sul confine israeliano col Libano, sopra Kiriat Shmona e sotto Metulla, dove nei giorni della guerra il concerto dei katiuscia la faceva da padrone. Un silenzio che gli israeliani del posto chiamano “cosiddetto”, perché è più il vibrare di una guerra che verrà e che avrà gli occhi di Ahmadinejad. E’ la quiete prima della tempesta.

Le ceneri delle ginestre accolgono il visitatore. Più a nord la strada s’incunea tra le colline irte di antenne e posti di osservazione: sulla destra il Golan e le creste una volta innevate del monte Hermon; a sinistra, le villette-bunker dell’insediamento di Metulla; in faccia, a tiro di kalashnikov, i minareti del villaggio arabo di Kfar Kila. Siamo nell’“unghia d’Israele”. Come al sud, a Sderot, la città bombardata ogni giorno da Hamas, ogni casa a Kiryat Shmona sta per essere munita di rifugio. La fila di case è interrotta da una nuova costruzione, una per piano, in cui le famiglie possono rifugiarsi in vista del prossimo conflitto scatenato dall’Iran. Il terrore più grande di questi ventimila abitanti è che l’allarme possa capitare quando i loro bambini sono soli per strada.

Qui Hezbollah, nell’estate del 2006, ha lanciato un migliaio di missili su tetti e strade. Gran parte dei duecento rifugi pubblici di Kiryat Shmona è stata restaurata, pronta all’uso, nuovamente. Perché il ciclo di violenza e di tregua quassù va avanti dal 1967. Sempre da qui Ariel Sharon e Menachem Begin lanciarono la tragica invasione del Libano del 1982. A Kiryat Shmona, orlata di alte montagne che echeggiano di tanto in tanto dello scoppio dei missili, ci sono una quarantina di asili nido e locali per bambini definiti “sicuri”. Israele ha ricostruito i rifugi per adibirli anche a uso civile, utili in tempo di pace. Rifugi sono oggi usati come biblioteche, club, scuole di danza e persino sinagoghe. In molti casi la città ha preferito non aspettare la lenta burocrazia del governo. E si è rivolta alla beneficenza privata. Alcuni rifugi di Kiryat Shmona, che i cittadini di qui hanno ribattezzato “Kiryat Katyusha”, sono stati possibili grazie alle donazioni della comunità ebraica nordamericana. Aharon Botzer è il fondatore di Livnot U’Lehibanot, l’organizzazione che ha raccolto il denaro necessario a rinnovare le strutture difensive della popolazione nella Galilea del nord. Livnot U’Lehibanot ha fatto il grosso del lavoro a Kiryat Shmona nel costruire e riparare i rifugi in preparazione della prossima guerra. Due milioni di dollari sono arrivati dalla diaspora statunitense.

“Il tempo è cruciale, non sappiamo quel che sta facendo Hezbollah”, dice Lisa Balkan, che si occupa delle relazioni pubbliche per l’organizzazione. “A novembre abbiamo iniziato a ricostruire i rifugi”, dice Boptzer. “Ne abbiamo rinnovato un centinaio, in gran parte erano del tutto inutilizzabili. Stiamo adesso proteggendo le scuole munendole di stanze contro i missili. Un grande aiuto ci arriva anche dai gruppi evangelici cristiani dagli Stati Uniti, molto generosi nell’aiuto alle città della Galilea del nord”. La triste expertise di Kiryat Shmona in fatto di bombe e traumi è diventata persino esportabile all’estero. Il Community Stress Prevention Center, che si trova nel vicino college di Tel Chai, ha fornito consulenza sui disastri in casi come il terremoto in Turchia, ad Haiti o l’uragano Katrina. Il cerchio fra il passato, il presente e il futuro di Israele sorge proprio su questa collina che guarda Kiryat Shmona. Tel Chai significa “la collina della vita”.
C’è un silenzio irreale fra le tombe del gruppo Hashomer Hatzair, i primi pionieri del movimento socialista che qui, negli anni Venti, vennero a fondare i kibbutz. Il leone si erge alto e solitario nella collina memoriale.

Di tanto in tanto qualcuno viene a rendere omaggio alle tombe, coraggiosi amanti del trekking e ministri della destra nazionalista. Il premier Netanyahu ci viene spesso. Ma in generale, questa collina è un luogo sempre più lontano dal cuore d’Israele, dalla modernità benestante di Tel Aviv e Herzliya.
Le tombe parlano. “Guardiano di Israele”, si legge su quella di Alexander Zeid. Nato in Siberia ed esiliato dalla polizia zarista, dopo i pogrom Alexander decise di fondare una milizia per proteggere gli ebrei. In Israele il suo gruppo prese il nome di Bar Giora, un eroe della rivolta contro i Romani. Il loro motto era: “Nel sangue la Giudea è caduta, nel sangue sorgerà di nuovo”. La scritta, immensa, campeggia di fronte alle tombe prive di sfarzo e pomposità. Chaim Shturman era nato in un villaggio ucraino, fu una leggenda del movimento laburista che coniugava lavoro e autodifesa. La sua pistola passò al figlio, che morirà nella guerra del 1948. Suo nipote cadrà in quella del 1967. Nel kibbutz sorge anche la tomba di Joseph Trumpeldor. Cercò di difendere il kibbutz di Tel Chai dall’aggressione araba, e prima di morire disse al poprio medico: “E’ un bene morire per il proprio paese”.

Un po’ troppo elegiaca per i tempi attuali. Eppure a Kfar Giladi altre storie parlano di eroismo. Sono quelle dei dodici soldati uccisi nel 2006. Erano paracadutisti, ma nella vita erano anche impiegati, avvocati, medici, professori universitari. Quando Israele li richiamò nella riserva, durante la guerra contro Hezbollah, gettarono nella borsa un po’ di biancheria e il sacco a pelo. Alla morte, a quella non pensavano. Andavano a rischiare la vita. I loro nomi sono incisi in un memoriale improvvisato vicino alle tombe degli anni Venti. A sua madre il soldato Bhaia Rein aveva detto: “Mi avete insegnato che bisogna dare tutto. Ma devi sapere che tutto alle volte significa proprio tutto”. Kfar Giladi in quei giorni era diventato il centro d’assembramento dei riservisti, arrivavano in bus, in moto, in autostop o con le auto con ancora i seggiolini dei loro bambini. “La sirena ha suonato, ha suonato per un minuto e loro niente, loro fermi lì, a parlare, a chiacchierare come se niente fosse”, dicono i responsabili del kibbutz. Sono stati uccisi il capitano Eliyahu Elkariaf e Yosef Karkash, morto insieme al cugino così che “la famiglia non sa chi consolare prima”. Shmuel Chalfon aveva quarantadue anni e non doveva essere nell’esercito, ma aveva insistito per partecipare alla guerra. Quando il razzo colpì il kibbutz, la madre di Shmuel vide in tv le sue scarpe a terra, inconfondibili.

A pochi chilometri da qui sorge Metulla, la città israeliana abbracciata al confine libanese dove negli anni Settanta i sicari di Arafat entravano per ammazzare studenti e turisti ebrei. E’ da qui che fin dal 2000 l’allora premier Ehud Barak si è ritirato entro i confini misurati dall’Onu. A Metulla fioriscono alberghi e attrazioni turistiche. Siamo a un tiro dai razzi di Hezbollah, eppure pare di essere in un sobborgo di San Diego. La città è troppo vicina alle rampe di lancio dei missili perché venga colpita, ma da qui Israele osserva i movimenti del nemico. Durante la guerra del 2006 a Metulla un terzo della popolazione fuggì via. Si temevano assalti ai civili. Oggi c’è una calma irreale. “Di là dal confine Hezbollah si sta riarmando fino ai denti”, dicono in paese.

Kiryat Shmona è come una fortezza silenziosa. Di shabbath nessuna macchina in giro, qualche passante con la kippah corre in sinagoga a pregare. Israele è fatto così, più si è ai suoi confini, più si è sotto attacco, più la gente si scopre religiosa. Durante l’ultima guerra i bambini in città disegnavano cupole bellissime in grado di proteggere la città dal cielo. Quella fantasia è quasi realtà. Alan Schneider, direttore del Bnai Brith World Center a Gerusalemme, spiega cosa sta facendo la sua organizzazione per aiutare la città: “Abbiamo finanziato un sistema antimissile creato dalla famosa Elbit Systems, è un sistema di telecamere e segnali sensibili in grado di fornirci informazioni su quel che accade a Kiryat Shmona e in altre città in caso di attacco. E’ un sistema sofisticato civile basato su una creazione militare. Abbiamo trovato i fondi necessari per l’implementazione delle unità mobili per il sistema di difesa. Il sistema è stato appena inaugurato. Siamo in grado di fornire una risposta rapidissima in caso di conflitto con Hezbollah”. Il capo di Bnai Brith si aspetta un nuovo round contro il Partito di Dio: “Di fronte al fallimento dell’Unifil e al passaggio di armi dalla Siria a Hezbollah, si teme il peggio. Oggi i terroristi libanesi hanno più armi di quante ne avevano prima della seconda guerra del 2006. A Kiryat Shmona forse oggi sono più in grado di rispondere alla guerra”.

Fa impressione constatare che i monti, che erano diventati neri per le bombe, ora sono verdi, che il traffico è di nuovo intenso. Non c’è traccia di effetti delle esplosioni a Kiryat Shmona. Si ricostruisce sempre subito. Eppure gli alberi più antichi d’Israele, le sue vecchie querce, carrubi e pini cresciuti uno a uno come bambini, non ci sono più. Ed è una grande tristezza per la gente perché le foreste della Galilea, simbolo di pace e di tranquillità, erano state la prima impresa di David Ben Gurion, il fondatore d’Israele. A differenza di prima e durante la guerra, ci si può affacciare su una terrazza che guarda i villaggi di Ataybeh, Markabe, Telkabe, teatri di sanguinose battaglie, si vede Hule in lontananza, la base Olesh dell’Onu. Nei villaggi di fronte si nascondevano uomini e missili di Hezbollah. Oggi pastori incaricati di osservare si danno il cambio prendendo nota di movimenti israeliani. Dietro a questo proscenio verde c’è un gran lavorio di riarmo e di ricostruzione, anche se mancano le bandiere gialle di Hezbollah e i cartelloni in cui mostravano la testa mozzata di israeliani. “Da quelle case lassù non vediamo mai una famiglia, un bambino, niente”, spiegano. Quelle case sono chiamate gli “occhi di Hezbollah”.

Non ci si mette tanto per arrivare sul Golan, le alture che Israele ha preso alla Siria nel 1967 e che sono oggi abitate da kibbutz e basi militari. L’allora capo di stato maggiore Yizchak Rabin diceva che questa è la terrazza usata dai siriani come rampa contro la Galilea. Sono appena due minuti di volo da un aeroporto siriano. Moshe Dayan, allora ministro della Difesa, sarebbe potuto giungere fino a Damasco, che dista appena settanta chilometri. La città di Quneitra sorge bassa e vicinissima sotto un’altura. Siamo ai confini più silenziosi d’Israele. Si ha fisicamente la sensazione di una fragilità strategica. Se Gerusalemme cedesse indietro a Damasco queste alture, sarebbero i siriani a guardare dentro a Israele. E cosa accadrebbe se al posto del regime di Assad prendesse il potere un governo islamista con mire genocide nei confronti del vicino ebraico?
Sul Golan non ci sono palestinesi, solo ebrei e drusi che hanno convissuto in armonia. Anche i “coloni” del Golan sono diversi da quelli della Cisgiordania. Sono nazionalisti di sinistra, dediti alla pace e alla difesa d’Israele. Si può arrivare in auto fino ai bordi di Quneitra, passeggiando dentro a una vecchia base militare siriana abbandonata. Un cartello militare impone l’alt. Oltre è Siria.

Quneitra è una specie di monumento alla guerra, che i siriani hanno conservato a ricordo del colpo inflitto da Israele nel 1967. Assad padre fece erigere una nuova Quneitra due chilometri a est della vecchia città. Quarantacinque mila cittadini siriani furono costretti alla fuga. Il villaggio, dopo la decisione di restituirlo a Damasco, non fu bombardato, ma le sue case furono fatte saltare in aria prima del ritiro. Si salvò soltanto una chiesa greco-ortodossa. Dalla cima della collinetta, dopo l’ultima bandiera siriana, c’è mezzo chilometro di terra di nessuno, occupato da una garitta dai caschi blu dell’Onu. Sopra c’è una postazione israeliana, groviglio di antenne e radar.
I drusi dei villaggi circostanti, come Masaade, soffrono per la divisione patita dai loro parenti rimasti di là dal confine: tante volte da una parte all’altra le famiglie si parlano con megafoni chiedendosi notizie dei loro cari. Attraversando il villaggio, con le sue pompe di benzina e case mai finite, a Masaade non si vede una sola bandiera israeliana. Anche gli israeliani hanno lasciato intatti i segni del lutto. Vicino a un bar, su una altura dove Israele porta in visita scolaresche e nuovi immigrati, c’è un chiosco che si chiama “Coffee Annan”, facendo il verso all’ex segretario delle Nazioni Unite. Nel sentiero un artista locale ha fatto sculture con pezzi di missili e tank. Più in là c’è la bocca spalancata di una casa sventrata dalle bombe. Oltre una lapide elementare che piange un figlio di vent’anni.

Il Golan è un gigantesco memoriale. Presso il moshav di Neveh Ativ sorge il cippo alla brigata Egoz, che pattugliava il confine israeliano con Giordania, Siria e Libano. Non lontano c’è la tomba dello sceicco druso El Hazuri. Poi trentuno placche di bronzo con inciso il nome dei caduti. Verso il monte Hermon c’è un boschetto detto Oz77, in ebraico vuol dire “forza”.
Ex basi siriane sono ovunque nel Golan, a uso degli israeliani. Centinaia di giovani carristi si muovono in esercitazione. Campi di mele, aride steppe di rocce vulcaniche, kibbutz sperduti più volte evacuati durante le guerre. E poi Gamla, che domina una serie di crateri e di valli di basalto, in fondo al burrone ci sono i resti di un villaggio ebraico espugnato dall’imperatore Adriano dopo una tragica battaglia.

Che non sia nell’aria un accordo con la Siria per il ritiro dal Golan ce lo dice la città di Katzrin. E’ una perla di modernità, efficienza e futurismo nel cuore del Golan. Chi vive sperduto quaggù, costretto all’autosufficienza, lo fa in nome di un’opera che ritiene ancora in corso: Israele. Le case dai tetti rossi sono in continua costruzione e le palme rigogliose che dividono la strada centrale di Katzrin non lasciano pensare ad alcuna evacuazione. A differenza che nella West Bank, dove la vita dei coloni è “congelata”, qui si costruisce a pieno ritmo. Le villette costano poco: il loro futuro è sempre incerto. Camion pieni di bottiglie del famoso vino del Golan, boicottato da mezzo mondo, escono di continuo. Si piantano nuovi vitigni.

Prima della guerra del 1967, prima che Israele controllasse il Golan e i bordi del lago di Galilea, lo stato ebraico aveva piantato una fila di alberi ai bordi delle strade, a protezione dei passanti uccisi dai cecchini siriani. Quegli alberi sono ancora lì, muti testimoni di una tregua sempre in discussione. Scendendo dal Golan si arriva al lago di Galilea. E di nuovo tutto s’intreccia. L’origine del pionierismo d’Israele, il kibbutz Kinneret, sorge a pochi metri dalla fine del fiume Giordano che scorre su un fondo sabbioso e granuloso strappato al deserto, dove gruppi di protestanti vengono a farsi battezzare nel nome di Gesù. Nel parco dove Yitzhak Rabin e il re giordano Hussein firmarono la pace dell’acqua, di fronte al centro culturale Gavriel, il lago di Galilea si sta ritirando. Triste epitaffio alla pace che fu.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Giulio Meotti


UMBRIA JAZZ 2010: INTERESSATI 17 MLN ITALIANI, 15MO EVENTO NAZIONALE



Perugia, 10 lug - E' partita con il concerto di Mario Biondi e gli incognito Umbria Jazz 2010. Il successo di pubblico gia' verificabile nel capoluogo, conferma, secondo l'organizzazione, la ricerca ''Sponsor Value - Cultura e Spettacolo'' realizzata da StageUp Sport & Leisure Business e Ipsos, secondo la quale nel 2009 ha interessato 17 milioni di italiani quasi 80mila in piu' rispetto al 2008. Al 15* posto nella classifica degli eventi piu' seguiti a livello nazionale, l'evento di Perugia e' primo fra quelli organizzati in Umbria . Secondo lo studio, gli italiani interessati all'evento, nato nel 1973 , sono equamente distribuiti fra uomini e donne, in prevalenza giovani e adulti dai 25 ai 44 anni (54%), impiegati (28%), di cultura mediamente molto elevata (il 19% di essi e' laureato). La kermesse e' particolarmente seguita anche da imprenditori, dirigenti, liberi professionisti (11%), commercianti e artigiani (6%). L'analisi di StageUp e Ipsos sottolinea come la crescita di interesse di Umbria Jazz fra il 2008 e il 2009 sia in linea con quella di altri festival dello stesso genere, confermandosi, rispetto ai dati diffusi anche dall'Osservatorio Regionale sul Turismo dell'Umbria, un evento a forte fidelizzazione dei visitatori e con elevate potenzialita' in termini di ripercussioni sul territorio soprattutto per quel che riguarda il settore turistico.

''Umbria Jazz - ha detto Giovanni Palazzi, presidente di StageUp - e' fra gli eventi di spicco della cultura italiana e un esempio di come una manifestazione culturale possa fungere da traino per lo sviluppo di un intero territorio.

L'evento ha elevati margini di crescita per ampliare il bacino di interessati e di sponsor oltre il Centro Italia e per incontrare ancor piu' le esigenze dei turisti soprattutto stranieri''.


TURISMO: TAJANI PRESENTA NUOVA POLITICA PROMOZIONE EUROPEA

(AGI) - Viterbo, 10 lug. - Il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani ha scelto Viterbo, citta’ posta lungo l’antica Via Francigena, per presentare la nuova politica europea del turismo. “Il turismo contribuisce al 5% del Pil dell’Unione europea, un apporto che sale al 10% del Pil europeo se consideriamo tutti i settori dell’indotto - ha sottolineato Tajani - un comparto che rappresenta quasi due milioni di imprese che impiegano direttamente circa 10 milioni di persone”.

“Viaggiare a piedi e’ il modo piu’ lento per giungere a meta. Proprio per questo, tuttavia, si rivela la scelta piu’ efficace, inesorabile, per scoprire le perle che si celano tra un punto e l’altro sul territorio, laddove il piacere non consiste nell’arrivare a destinazione, bensi’ fermarsi a guardare, riflettere e parlare coi compagni di viaggio”, ha commentato il vicepresidente della Commissione europea, percorrendo lo storico tratto della Via Francigena che va dalla Porta di Valle fino al Ponte Camillario, assieme al sindaco di Viterbo, l’onorevole Giulio Marini e il Presidente della Provincia di Viterbo, Marcello Meroi.

“Questa citta’ mette in vetrina un fiore all’occhiello del turismo europeo: la via Francigena. Un itinerario culturale e religioso che, al contempo, e’ un modello di turismo sostenibile - ha aggiunto Tajani - Per sua stessa natura si traduce in un esemplare sforzo di promozione e conservazione del territorio locale, fuori dai circuiti del turismo di massa”. “Mille anni di storia e duemila chilometri, attraverso Inghilterra, Francia, Svizzera e Italia. Questo percorso sintetizza mirabilmente le diverse idee di turismo dello spirito, viaggio culturale, scoperta del territorio e, non ultimo, le radici cristiane dell’Europa”, ha concluso Tajani che, come Commissario all’Industria e all’Impresa ha anche la competenza per le politiche europee del Turismo.

Nei giorni scorsi Tajani ha lanciata la nuova Comunicazione in materia di Turismo in Spagna, dove ha percorso un tratto finale del cammino di Santiago de Compostela.

Sorpresa: tra le Eolie e la costa calabra c’è il ventinovesimo vulcano italiano



Non ha ancora un nome, ma in compenso ha una storia lunga centinaia di migliaia d’anni, durante i quali ha fatto la sua comparsa a largo di Capo Vaticano, in provincia di Vibo Valentia, e oggi, silente e sommerso dal mare, sta spingendo gli studiosi a formulare nuove ipotesi scientifiche. È il ventinovesimo vulcano italiano, scoperto dall’Università della Calabria e dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.




  Assolutamente inoffensivo, e dalla forma oblunga, l’ultimo arrivato potrebbe in futuro riservare importanti sorprese alla regione. A
cominciare dai suoi ricchi giacimenti di manganese, un metallo insostituibile in alcune produzioni siderurgiche, e che solitamente abbonda negli abissi oceanici dove, però, è difficile e costoso estrarlo.
  Qui, a 120 metri soltanto dal pelo dell’acqua, gli studiosi sono ottimisti su un suo possibile impiego nei prossimi anni. Fondi permettendo, ovviamente: per continuare a studiare il vulcano servono, infatti, risorse. Ma se non dovessero arrivare, il rischio è che l’intera ricerca sia portata all’estero. E speriamo proprio non vada così.
(V. D.)

Turismo: la provincia di Palermo

Il capoluogo isolano comprende ottandadue comuni che contribuiscono in maniera decisiva ad accrescere l'importanza storica, culturale, sociale e naturalistica di questa importante zona siciliana.

Il capoluogo della Regione a statuto speciale e' meritatamente ricordato per la bellezza dei suoi monumenti come la sua imponente Cattedrale, la Chiesa della Martorana ed i suoi Palazzi come quelle dei Normanni e della Zisa, per il suo rinomato centro storico, per la sua notevole importanza storica, per gli eventi sacri che essa offre, come i festeggiamenti riguardanti la Santa patrona cittadina, S. Rosalia, e per quelli mondani e sociali - questi ultimi degnamente rappresentati, ad esempio, dal rinomato Teatro dei Pupi -.

La citta' di Palermo sa offrire anche degli spunti folcloristici notevoli che fanno assaporare fino in fondo la vita reale. Si sta parlando dei famosi mercati palermitani come la Vucciria, colorate esemplificazioni della vita economica locale.

Ricordiamo anche un Museo particolare che rientra nel complesso cittadino dei beni culturali ma che e' qui citato perche' ha un chiaro sapore folcloristico. Si sta parlando del palermitano Museo delle Marionette, un museo internazionale fondato circa trenta anni fa, agli inizi del 1970, dal chiaro sapore della conservazione di una tradizione che rispecchia totalmente tutta l'isola. Il Museo va ricordato come un'attivita' viva legata al teatro di figura e raccoglitore di un'esperienza lavorativa e rappresentativa piu' che decennale. Esso, inoltre, va ricordato come una possibilita' d'apprendere un'arte ed una tradizione dal fascino antico ma sempre attuale nel segno della conservazione delle tradizioni antiche che vanno sempre valorizzate e tramandate ai posteri.

La citta' e tutto il comprensorio provinciale possono davvero offrire molto al turista, a partire dal bagaglio storico-culturale, da innumerevoli monumenti e varie Chiese, alcune delle quali precedentemente inaccessibili ed ora riaperte al pubblico.

La citta' ha saputo rinascere dopo eventi nefasti come i bombardamenti verificatesi durante la Seconda Guerra Mondiale ed il terremoto del 1968.

La cucina palermitana non e' ricordata solo per la bonta' dei gelati, della pasta con le sarde e le panelle - una sorta di pane preparato utilizzando la farina di ceci -, ma anche e soprattutto perche' conta dalla sua parte secoli di storia che hanno contribuito a valorizzare ed arricchire anche questo aspetto locale.

Tra le altre specialita' culinarie locali ricordiamo quelli saporiti a base di pesce, il largo utilizzo delle verdure e degli ortaggi che permette di creare pietanze gustose come la caponata di sole melanzane.

Ricordiamo, infine, due tipici dolci locali legati alla festa religiosa effettuata in onore di San Giuseppe, cioe' la sfince ed il torrone di mandorle.

dove dormire:
Hotel Aspra Mare

Via Concordia Mediterranea 29 
90010 Aspra Bagheria PALERMO
tel/fax (0039) 091 928058 cell. 329 2910191 - P.IVA 05010800828
aspramare@aspramare.com






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Hotel Villa Soles

Indirizzo/Address: Strada Statale 113 n°45, 90017 Santa Flavia ( Palermo)
Numero tel/Fax /Number tel/Fax:091 957532
E-mail: hotelvillasoles@libero.it






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e-mail: info@hotel-kalura.com
Hotel Kalura

Via Vincenzo Cavallaro 13
90015 Cefalù (PA)
Tel: +39 0921 421354
Fax: +39 0921 423122


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Bed and Breakfast Panormus

tel.-fax. (+39) 091.617.58.26
mob. (+39) 329.3539160
skype: bbpanormus
email: info@bbpanormus.com
Indirizzo: Via Roma, 72 - 90133 Palermo












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Tourist Hotel Cefalù

Lungomare G. Giardina - 90015 - Cefalù (PA) - Italia
Telefono: (+39) 0921.42.17.50 | Fax: (+39) 0921.923.916
Informazioni: info@touristhotel.it

Turismo Termale ad Abano Terme. Promozioni di visita

Adove dormire per un turismo termale: 
Panoramic Hotel Plaza
P.zza Repubblica 23
35031 Abano Terme
tel. 049/8669333
fax. 049/8669379
info@abanoplaza.it

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Promozioni di visita a Padova e provincia



Un weekend a Padova e provincia? Sarà sicuramente più vantaggioso ed entusiasmante con le offerte speciali Padova Weekend.
I prossimi grandi eventi medievali e la bella mostra a Palazzo Zabarella ci invitano a scoprire Padova, le città murate e tutta la provincia.
Organizzate il vostro soggiorno e la vostra visita cogliendo le promozioni proposte dal Consorzio di Promozione Turistica di Padova.

LE PROPOSTE:
- Weekend a Padova Accedi al PDF;
- Weekend nella grande Padova del '300 Carrarese;
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Il pacchetto turistico di base comprende:
- il weekend di soggiorno nell’hotel prescelto;
- late check-out dall’hotel fino alle ore 16.00 della domenica;
- una visita guidata della città di Padova, nel pomeriggio del sabato;
- una passeggiata in battello nei canali di Padova, nel pomeriggio del sabato;
- una selezione di ristorati tipici;
- uno sconto per la famosa minicrociera in battello alle Ville Venete della Riviera del Brenta;
- un kit informativo sulla città, da ritirare presso gli Uffici IAT della località di soggiorno.

dove dormire per un turismo termale: 

Panoramic Hotel Plaza
P.zza Repubblica 23
35031 Abano Terme
tel. 049/8669333
fax. 049/8669379
info@abanoplaza.it

Un caffè all’Isola del Diavolo

Con chi parli in viaggio. Storie estive, sì, ma non i soliti resoconti di vacanze. Sono gli incontri che ci interessano: raccontateceli. Chi incontri, cosa ti emoziona, quale ricordo porti a casa, i vostri diari, le vostre foto da condividere con i lettori di Domani

Un caffè all’Isola del Diavolo

05-07-2010
di Ippolito Mauri

Quando a Orly chiamano il volo, corro per evitare la coda, plotoni di ragazzi da ore in agguato. Viaggeremo assieme e non capisco come sia venuto in mente al professore e alle tre signore che li accompagnano, di portarli in gita scolastica alla Caienna. Sessant’anni fa chi partiva per la Caienna sapeva di non tornare. La condanna era per la vita anche se gli anni non arrivavano a dieci: all’ex galeotto si proibiva di riprendere la nave. Nessuno doveva raccontare. Nascevano villaggi di capanne nella foresta. Il sangue si mescolava e ai vecchi prigionieri restava la nostalgia: scappare, impossibile. Per mare tifoni e pescecani; le paludi verso il confine erano e sono labirinti avvelenati. E’ diventato un posto di vacanza: com’è possibile ?
Difficile trattenere la curiosità se il viaggio dura dodici ore. Il professore risponde che la Guayana francese (ma anche le due Guayane accanto: inglese e Suriname) affoga nella foresta di un’Amazzonia non sconvolta dalla speculazione brasiliana. In fondo è territorio metropolitano, municipio di Parigi. Per chiamare Parigi basta un gettone. Le leggi sono francesi e i francesi amano la natura. L’amore deve cominciare a scuola, ecco la gita. Insomma, discorsi così. Avevo preso l’aereo per raccontare di un’ Ariane che stava per depositare in orbita il satellite destinato ad allargare le bande delle comunicazioni d’Europa, videotelefoni, mille canali TV. Avevo accettato il viaggio tecnico-noioso perché affascinato dai brividi che accompagnavano un nome maledetto nei romanzi delle giovinezze di una volta: Emile Zola e il suo Dreyfus, storia di un capitano accusato di tradimento quando non aveva tradito. Nella Parigi fine Ottocento é condannato a scontare il bagno penale all’ Isola del Diavolo, mare della Caienna. E poi i libri di chi muore lasciando pagine strappacuore; e chi scappa per inventare un romanzo di bugie, Henry Carriere, detto Papillon. Imbottiglia racconti di altri galeotti, diventa un best seller e un film. Montagna di soldi scialacquati in Venezuela. Ormai il secolo è un altro e se un liceo di La Rochelle sceglie la Guayana per il viaggio culturale, e se i giornalisti volano in Guayana per testimoniare il futuro nello spazio, la foresta dalle nebbie bollenti strette all’equatore, sbiadirà i ricordi come fantasmi di una inciviltà svanita. Pensieri di chi arriva nel posto sconosciuto, eppure la realtà è sempre diversa.
Il filo di un canale divide la Caienna in due città, quasi una frontiera. Abito nella città dalle abitudini bianche, torpore della colonia assonnata tra mare e foresta e lo smarrimento di una piccola provincia francese nascosta sotto l’aria condizionata, viali deserti fino a quando non tramonta il sole e si accendono grappoli di lampioni. Gendarmi dalla tenuta coloniale passeggiano in calzoni corti. Calore insopportabile. Tutto qui ? Due passi dopo il ponte che attraversa il Crique, fiume che taglia la città, ecco la capitale immaginata da lontano. Tetti di latta. Donne e uomini fumano, carte in mano o lavorano a maglia al riparo di verande pronte a crollare. Dietro le finestre illuminate dei bordelli, le ragazze ridono sotto le pale dei ventilatori. Una giostra volante fa girare seggiolini vuoti mentre i tamburi del merengue improvvisamente tacciono e la voce di Yves Montand racconta le foglie morte, Parigi dei maglioni neri di Simone de Beuavoir e Juliette Greco, sempre cinquant’anni fa. Il tempo sembra fermo ma non è vero. Cerco tra le facce arabe, cinesi, profughi del Laos negli anni della guerra Vietnam, indios chiari, indios marron; cerco il sorriso sdentato di un discendente di chi non ce l’ha fatta a scappare quando la Guayana era l’inferno. Incontri impossibili, ma il turista sentimentale non si arrende. Ascolto racconti di racconti. Leggende sulla sopravvivenza di sei, dieci forse venti «bagnards » (galeotti del bagno penale) ai quali hanno tagliato le catene quando le grandi prigioni sono state chiuse, ancora cinquant’anni fa. Erano ragazzi dalle mani sporche e sono invecchiati. Vegetano nella città non francese troppo stanchi per cercare l’oro fra le paludi della febbre gialla o per rincorrere bellissime farfalle che i visitatori portano in Europa millantando cacce miracolose. L’ accento del «vieux pays», Parigi perduta, si impasta coi dialetti precipitosi di chi mescola le lingue inventando l’esperanto dei poveri: il creolo un po’ olandese dei clandestini del Suriname o il portoghese di chi scivola attraverso i confini spugnosi dell’Amazzonia brasiliana. Ma la Francia e l’Europa non sono così lontane, almeno nei caffè dove da ogni specchio sorridono le facce di protagonisti delle nostre abitudini, enfants du pay, nati e celebrati qui. Florent Modula, centrocampista che il Lione ha venduto al Chelsea, quattro volte campione di Francia, motore della nazionale. Guai fare domande: mi trascinano sul campo dove ha tirato i primi calci. C’è anche il vecchio Henry Salvador, inventore della bossa nova, figlio di un guardiano del penitenziario: la sua voce ha sciolto i languori di tre generazioni.
 
Nell’albergo attorno alla base spaziale di Kourou (60 chilometri dalla capitale) un ingegnere italiano spiega, che se in passato dalla Guayana si scappava, adesso arrivano da ogni paese attorno. Il cosmodrono è diventato il volano di una ricchezza più immaginata che reale, ma è lo specchio al quale nessuno resiste: quei giganti che spariscono nelle nuvole. Apparizioni nella città del futuro. Tennis, piscine, laboratori sofisticati come nell’altra America. Intanto arrivano cercatori d’oro, tagliatori di mogano, turbe di affamati di ogni Amazzonia. Neri- Marrons accampati nei gironi delle baracche rimodellate sulle antiche baracche dei galeotti. Perché Kourou era un penitenziario duro. Sono rimasti le spoglie del mondo di ieri che abbracciano il mondo bianco di domani. Nel cerchio d’oro di Ariane vivono mille tecnici europei paradossalmente prigionieri della stessa filosofia che incatenava i penitenziari. Rovesciata: la chiave si gira da dentro. Vivere fuori, quasi impossibile. E dentro è un ghetto di lusso scandito da abitudini la cui lontananza psicologica col resto del paese è più larga della distanza Caienna-Parigi. Campus universitario disteso sulla spiaggia di un’isola immersa nel fiume. Attorno, caffè e librerie. Qualche chilometro in là, la vecchia gendarmerie è diventato l’ospedale di un terzo mondo drammaticamente a africano. E la fabbrica del ghiaccio sembra un mulino abbandonato.
Ai giornalisti che aspettano la partenza di Ariane regalano un prontuario che scandisce il conto alla rovescia, secondo per secondo. I motori si accenderanno fra cinque giorni. Un’occhiata mi dice che mancano 12 milioni e 817 mila secondi. Calcolo che diventa una specie di gioco ma anche ossessione: mi accompagna nella scoperta di un paese grande mezza Italia, 170 mila residenti e altrettanti clandestini. Non resisto, ogni tanto controllo: i secondi del countdown sono diventati 12 milioni e 321 mila e le due realtà continuano a sovrapporsi.
Finalmente in barca alle isole della Salute, quindici chilometri davanti a Kourou, pellegrinaggio all’Isola del Diavolo, monumento che racconta la storia della colonia. Ritrovo i ragazzi della gita scolastica. Con professori che fanno sapere come sono andate le avventure nella foresta sulle colline di Kaw: coccodrilli che sfiorano le barche e il silenzio sbalordito nell’immensità della natura, silenzio che all’isola del Diavolo i liceali di La Rochelle hanno subito infranto. Mentre noi adulti sfioriamo con malinconia le rovine della baracca dove il capitano Dreyfus ha sofferto i cinque anni di prigionia aspettando il nuovo processo che doveva liberarlo, i ragazzi gridano la meraviglia attorno ai cacciatori di pescicani, mezzi sangue che sbarcano il lunario così. Rompono noci di cocco con coltellini svizzeri. Terrorizzano le tartarughe giganti padrone di uno sperone diventato riserva protetta. Sono ricresciute le piante tagliate dai carcerieri per tenere d’occhio i galeotti. Adesso l’illusione delle palme che galleggiano nel mare. Non è azzurro come i fogli del turismo fanno credere. Marron torbido per il fango che i fiumi trascinano dall’Amazzonia. Al diavolo la storia. Una signora prova a leggere ai volonterosi qualche pagina del diario di Dreyfus. Ascoltiamo guardando i resti della baracca. Incatenato al letto per mesi, tormentato dagli insetti, febbre gialla che non lo fa dormire. Deve cuocere il pasto in pentole arrugginite: brodaglia immangiabile. Quando gli permettono di leggere Shakespeare e Montaigne spediti un anno prima dalla moglie, gli insetti che tormentano il capitano fanno nido nelle pagine dei libri. Dreyfus prova a ripulirli ogni mattino, alla fine deve arrendersi. Confessa al diario: devo resistere al suicidio finché posso. Il contrasto tra la felicità di chi scopre le meraviglie della natura e la malinconia di chi visita la storia della maledizione, divide l’Isola del Diavolo in due isole diverse. Che si riuniscono nel bar dell’isola Royale: dalla terrazza osserviamo il Diavolo con la meraviglia del guardare da lontano la vita degli altri. Lontano nel tempo non nello spazio perché divisi da appena un braccio di mare. E una specie di club ruspante nel quale anestetizziamo il ricordo del dolore ascoltando il racconto del signore che scalda il caffè. A Marsiglia non trovava lavoro e ha preso l’aereo, eccolo qui. Bianco, baffetti biondi, prima di tutto. Parlotta con i due gendarmi che proteggono l’isola da chissà quale contrabbando: «I pirati non muoiono mai….»: barista e poliziotti sono contenti di mostrarsi spiritosi. Solo dieci persone abitano le Isole della Salute: aspettano turisti e curiosi col libro in mano. Assieme al professore sono l’avventore più maturo. E il barista fa una confidenza: «Ha visto al museo le teste rinsecchite dei vecchi galeotti ghigliottinati ? Per caso un amico ne ha ereditate tre dal padre poliziotto. Vorrebbe venderle. Se interessa posso chiamarlo…». L’orrore si accompagna al pensiero divertente della dogana del ritorno: teste che escono da una valigia, finiremo davvero alla Caienna. Regalo al professore una copia del prontuario Ariane sapendo di trasmettergli l’ossessione. Controlla l’ orologio e rivela ai ragazzi che sbalordiscono: al lancio del satellite mancano 7 milioni e 457 mila secondi. Tutti dimenticano Dreyfus e i suoi compagni.
domaniarcoiris

I giovani in cammino sui sentieri di Frassati

la montagna come scuola di vita

 DI LAURA BADARACCHI
 S
ulla foto di una sua scalata in montagna, spedita a un a­mico, scriveva: «Verso l’alto», riferendosi al cammino di fede e alla vita eterna. Per il beato Pier Giorgio Frassati, di cui oggi si ce­lebra la memoria liturgica, ogni rampicata era «un itinerario che accompagnava quello ascetico e spirituale, una scuola di preghie­ra e di adorazione, un impegno di disciplina ed elevazione», notava Giovanni Paolo II. Dalla passione per le vette di questo ragazzo to­rinese aderente all’Azione catto­lica, stroncato il 4 luglio 1925 da una poliomielite fulminante, è scaturita l’iniziativa di intitolar­gli un percorso in ogni regione i­taliana. Per questo ieri e oggi l’Ac – insieme alla Fuci e ad altre realtà ecclesiali, al Cai e ad alcune par­rocchie – si è ritrovata in Val d’Ayas, in provincia di Aosta, su uno dei 17 «Sentieri» dedicati a Frassati, inaugurato proprio un anno fa nei luoghi dove Pier Gior­gio andava in vacanza con la sua famiglia quando e­ra piccolo. «Una fi­gura luminosa per tutta l’associazio­ne », commenta Gigi Borgiani, se­gretario nazionale dell’Azione catto­lica italiana, ricor­dando che que­st’anno si celebra anche il ventenna­le della beatifica­zione del giovane: «Un’occasione per valorizzare la santità laicale e avvicinarsi alla natura con lo spi­rito di Frassati», evidenzia.
  Dopo l’escursione sul Sentiero in­sieme al Cai e a «Giovane monta­gna » (un’associazione alpinistica di cui Frassati era membro), ieri mattina, seguita in serata dalla presentazione al Palaghiaccio del volume di Antonello Sica dal ti­tolo «In cammino sui Sentieri Frassati. Guida ai percorsi regio­ne per regione», oggi a mezzo­giorno - dopo una notte trascor­sa da molti in tenda - il canonico Franco Lovignana, vicario gene­rale della diocesi di Aosta, pre­siederà la celebrazione eucaristi­ca in località Fiéry, a 1.875 metri. Qui una targa ricorda l’inaugura­zione del Sentiero intitolato al Beato, avvenuta il 21 giugno 2009, tra i picchi del Monte Rosa che e­rano una sua meta costante e a­mata: «Ogni giorno mi innamoro sempre più delle montagne e vor­rei, se i miei studi me lo permet­tessero, passare intere giornate sui monti a contemplare in quel­l’aria pura la grandezza del Crea­tore », scriveva il 6 agosto 1923 al­l’amico Marco Beltramo.
  Ma Pier Giorgio non sarà ricor­dato
solo in terra valdostana: «In questo fine settimana i Sentieri vengono percorsi dai giovani di Ac anche nel Lazio, in Calabria e nelle Marche, dove il quinto pel­legrinaggio not­turno si è svolto tra il 2 e il 3 luglio, da Fonte Avellana a Cagli nella provin­cia di Pesaro-Urbi­no, mentre stama­ni alle 11.30 verrà celebrata la Messa sul Monte Morcia. Un’iniziativa che ha coinvolto an­che adolescenti e famiglie, resa possibile dalla col­laborazione tra Azione cattolica di Fano, Centro alpino italiano e Pastorale giovanile regionale, ri­ferisce Chiara Finocchietti, vice­presidente nazionale per il Setto­re giovani dell’Ac, che annuncia: «A breve dovrebbero esserci an­che dei sentieri Frassati interna­zionali: aspettiamo in particola­re l’inaugurazione di quelli in Ro­mania e Argentina».
  In Campania i giovani dell’Ac del­la diocesi di Teggiano-Policastro si ritroveranno oggi – come di consueto da un decennio – al bat­tistero paleocristiano di 'Marcel­lianum', nell’entroterra salerni­tano,
per percorrere un buon trat­to del primo Sentiero Frassati na­to in Italia, fino al santuario di San Michele Arcangelo a Sala Consi­lina. Le acque della sorgente, col­legata direttamente alla vasca battesimale, «vengono portate di regione in regione, per benedire i nuovi Sentieri, che a loro volta portano altre brocche con le ac­que dei loro ruscelli da versare qui, dove l’idea fu tenuta a batte­simo il 23 giugno del ’96», rac­conta Antonello Sica, ideatore e coordinatore dei Sentieri Frassa­ti. «Si tratta di un’esperienza d’in­contro con Dio nel creato, attra­verso la fatica del cammino e la bellezza della montagna, per ten­dere a quella misura alta di vita cristiana di cui lo stesso Pier Gior­gio è stato modello». Un richia­mo a reggere la cordata di coloro che vogliono – come si propone­va l’alpinista torinese – «vivere e non vivacchiare».
Una celebre immagine di Pier Giorgio Frassati tra le «sue» montagne
 avvenire

Festa del Redentore a Venezia, il programma di questa edizione 2010

Il Redentore è una delle feste veneziane più attese dell’anno, una festa tradizionale che unisce religione e spettacolo. La notte del secondo sabato di luglio le imbarcazioni dei veneziani, illuminate ed addobbate a feste, si riversano nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca per assistere allo spettacolo pirotecnico, mentre il giorno seguente si svolge la cerimonia religiosa, anticipata da una serie di regate a due remi.

PROGRAMMA

SABATO 17 LUGLIO

* 19.00 Apertura del ponte votivo che collega le Zattere con la Chiesa del Redentore all'isola della Giudecca.Ve

* 23.30 Spettacolo pirotecnico in Bacino di San Marco

DOMENICA 18 LUGLIO

Stagione remiera 2010: Regate del Redentore, a cura dell'Assessorato al Turismo del Comune di Venezia
* 16.00 Regata dei giovanissimi su pupparini a due remi

* 16.45 Regata su pupparini a due remi

* 17.30 Regata su gondole a due remi

* 19.00 Santa Messa Votiva presso la Chiesa del Redentore all'isola della Giudecca, presieduta da S. Em. Card. Patriarca Angelo Scola, presenti i parroci e le autorità cittadine

Eventi collaterali

SABATO 17 LUGLIO

* 20.00 Il Redentore al Forte Gazzera

* 23.30 Spettacolo pirotecnico (A cura della Municipalità di Chirignago Zelarino)

* 21.00 Il Redentore nell'arena di Piazza Mercato a Marghera (A cura della Municipalità di Marghera)

DOMENICA 18 LUGLIO

* 11.30 Apertura dei Giardini della Marinaressa, Riva Sette Martiri (A cura della Municipalità di Venezia Murano Burano)


Organizzatore: Venezia Marketing Eventi

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Albergo San Marco
MOBILIARE VENETA S.P.A.
San Marco, 877 - 30124 Venezia, Italia
Tel. +39.041.5204277 - Fax +39.041.5238447
sanmarco@sanmarcohotels.com

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Hotel Canal
Santa Croce 553, 30135 Venezia,Italia
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Sicilia da vedere: Noto. 3°Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche": dal 10.06 al 04.09.10

Evento: 3°Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche": dal 10.06 al 04.09.10
Noto
Neas sarebbe stata fondata da popolazioni sicane, all'epoca della caduta di Troia, sul colle della Mendola. Caduta nelle mani dei conquistatori siracusani, la città assimilò costumi e culto ellenici, e fu elevata a sede di gimnasium. Passata sotto il dominio romano, come città federata, in epoca imperiale fu dichiarata municipium latino, una singolare condizione che procurò alla città notevoli privilegi, tra cui quello di potersi governare con proprie leggi. Conquistata dagli arabi, che ne fecero una roccaforte munitissima, prese il nome attuale e fu capitale di una delle tre valli in cui essi avevano suddiviso la Sicilia. Dopo due secoli di dominio musulmano, nel 1090, Noto trattò la resa con Ruggero. La storia di Noto, però, oltre che dagli uomini è segnata dalla natura: nel 1693, infatti, fu distrutta dal terremoto che colpì l'intera Sicilia Sud orientale. Ideata come un grande teatro senza quinte, concepita come città libera ed aperta, movimentata e continua, Noto risorse sontuosa e superba, sul declivio del colle Meti, alle pendici meridionali dei monti Iblei. La vicenda architettonica della nuova città fu dominata dall'estro artistico di tre architetti, Rosario Gagliardi, Vincenzo Sinatra e Paolo Labisi i quali seppero sviluppare uno strabiliante capolavoro di unità architettonica. Tre diverse personalità che, pur vivendo ed operando in provincia, conferirono alla città un'impronta originale che esula dal rigido linguaggio barocco, arricchendolo di elementi rinascimentali, spagnoleschi e neoclassici e dando vita ad uno stile fantasioso e sognante.
L'Arco di trionfo, lungo il corso, segna l'inizio della città. Sormontato da tre simboliche sculture - una torre merlata (la potenza), un cane (la fedeltà), un pellicano (il sacrificio) - il monumento fu eretto in occasione di una visita a Noto di Ferdinando Il di Borbone che lo inaugurò nel 1838. La porta reale fu costruita col caratteristico calcare dorato utilizzato, nel secolo precedente, per edificare chiese e palazzi della città. La chiesa di San Francesco all'Immacolata si innalza, in cima ad un'imponente scalinata, sulla destra del corso. Fu costruita, con l'annesso convento, tra il 1704 ed il 1745. La chiesa è ad un'unica navata, secondo l'uso francescano. Tutte bianche, le pareti sono decorate con stucchi di stile rococò. La chiesa di Santa Chiara, opera del Gagliardi, espressione di un delicato barocco, fu costruita nel 1785. L'interno, piccolo e ovale, ornato di stucchi e putti, è scandito da dodici colonne ed è uno dei più interessanti esempi delle soluzioni spaziali di questo architetto. Il monastero del SS. Salvatore è il più grande edificio della città, costruito tra il 1710 ed il 1791 su un'area rettangolare di 11.000 mq. Piatti pilastri gemelli incorniciano al primo piano le grandi finestre il cui ricco decoro ricorda lo stile plateresco portoghese. Segue un'ala sporgente che ha la funzione di chiave nella concezione costruttiva; si eleva imponente come una torre su costruzioni e cupole circostanti, e non lascia adito a dubbi sulla superiorità di questo convento rispetto agli altri ordini. Quest'impressione è sottolineata dal ricco decoro in pietra e dalle inferriate in ferro battuto. L'omonima chiesa, edificata sul finire del Settecento, si eleva su un ampio piazzale. La sua particolarità è l'evidenza, sulla sua facciata, del passaggio dal barocco al classicismo. La cattedrale, che sorge in cima ad una monumentale scalèa, fu iniziata già pochi mesi dopo il terremoto, ma fu completata solo nel 1770. La facciata, spoglia di ornamenti e stravaganze, incorpora motivi barocchi ed elementi classici. Le tre navate della chiesa sono divise da alti pilastri con doppie lesene. Nella cappella di fondo della navata destra è custodita l'Arca argentea del santo patrono della città, San Corrado. Di fronte alla cattedrale si trova Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Progettato dall'architetto Sinatra, il palazzo, rialzato rispetto alla piazza su cui sorge, fu costruito tra il 1746 ed il 1830 su un'unica elevazione. Cento anni dopo vi fu sovrapposto un secondo piano che purtroppo ha compromesso la linea neoclassica originaria. Interessante, all'interno, il salone di rappresentanza, ricco di ori e stucchi. 

Poco lontano si trova Palazzo Villadorata, che prospetta su via Nicolaci, una stretta traversa del corso. L'ampia facciata è movimentata da panciuti balconi in ferro battuto sorretti da mensole d'ogni sorta, con figure antropomorfe e zoomorfe tra volute ed arabeschi, che rappresentano la manifestazione più accentuata del barocco netino. Costruito nel 1731, il palazzo, che fu a lungo residenza dei principi di Villadorata, di recente è stato per buona parteacquistato dal comune. Esso conta novanta vani, con le volte affrescate con dipinti settecenteschi.

Quest'impressione è sottolineata dal ricco decoro in pietra e dalle inferriate in ferro battuto. L'omonima chiesa, edificata sul finire del Settecento, si eleva su un ampio piazzale. La sua particolarità è l'evidenza, sulla sua facciata, del passaggio dal barocco al classicismo. La cattedrale, che sorge in cima ad una monumentale scalèa, fu iniziata già pochi mesi dopo il terremoto, ma fu completata solo nel 1770. La facciata, spoglia di ornamenti e stravaganze, incorpora motivi barocchi ed elementi classici. Le tre navate della chiesa sono divise da alti pilastri con doppie lesene. Nella cappella di fondo della navata destra è custodita l'Arca argentea del santo patrono della città, San Corrado. Di fronte alla cattedrale si trova Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Progettato dall'architetto Sinatra, il palazzo, rialzato rispetto alla piazza su cui sorge, fu costruito tra il 1746 ed il 1830 su un'unica elevazione. Cento anni dopo vi fu sovrapposto un secondo piano che purtroppo ha compromesso la linea neoclassica originaria. Interessante, all'interno, il salone di rappresentanza, ricco di ori e stucchi. Poco lontano si trova Palazzo Villadorata, che prospetta su via Nicolaci, una stretta traversa del corso. L'ampia facciata è movimentata da panciuti balconi in ferro battuto sorretti da mensole d'ogni sorta, con figure antropomorfe e zoomorfe tra volute ed arabeschi, che rappresentano la manifestazione più accentuata del barocco netino. Costruito nel 1731, il palazzo, che fu a lungo residenza dei principi di Villadorata, di recente è stato per buona parteacquistato dal comune. Esso conta novanta vani, con le volte affrescate con dipinti settecenteschi. Nel mese di maggio la via Nicolaci è protagonista di una tradizionale "Infiorata". La via è chiusa in fondo dalla chiesa di Montevergine, attribuita all'architetto Sinatra. Esternamente a forma concava, chiusa tra due torrette laterali, nel suo interno è ad un'unica navata, scandita da colonne corinzie. La chiesa del Crocifisso è il secondo tempio della città dopo la cattedrale. Essa sorge nella parte alta di Noto, nella piazza Mazzini. Progettata dal Gagliardi (1715) è la più ricca di opere d'arte. All'interno, oltre a due leoni stilofori in pietra, di epoca romanica, recuperati dalle macerie dell'omonima chiesa dell'antica città, si conserva la statua in marmo bianco della Madonna della Neve, del 1471, opera di Francesco Laurana.

fonte:  REGIONE SICILIA

DOVE DORMIRE
Hotel della Ferla***
Via A.Gramsci n.5 - 96017 Noto (Siracusa) - Sicilia
Telefono: 0931.576007
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FAX +39 0931820220
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Per info: 0931 820210
email: info@lacortedelsole.it
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Hotel Des Etrangers et Miramare *****
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Hotel Caiammari ****
Via Impellizzeri, Contrada Isola Fanusa
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Via M. Politi, 2 - 96100 SIRACUSA (SR) - ITALIA
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Tel. +39 0931 412121
Fax +39 0931 36061
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Hotel Roma 
Via Roma, 66 96100 Siracusa, Italy
 Tel. +390931 465626 Fax. +390931 465535
hotelroma@athenapalace.it
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Il Parco Carsico/Paleontologico delle Grotte di Equi

Il Parco Carsico/Paleontologico delle Grotte di Equi
Nella Lunigiana orientale, nel cuore del Parco Regionale delle Alpi Apuane, si trova il piccolo borgo medioevale di Equi Terme, arroccato ai piedi del Pizzo d’Uccello, che con i suoi 1871 metri di altezza è una delle cime più suggestive delle Alpi Apuane. 
Questa località termale era già nota all’epoca dei romani e attualmente uno stabilimento termale sfrutta le straordinarie proprietà delle sue acque solforose che sgorgano a 27 gradi e dove sono possibili tutte le cure tipiche di questi centri  come inalazioni, balneoterapia e massaggi.
Nei pressi del borgo si apre un esteso complesso carsico sotterraneo, modellato nei millenni dall’erosione dell’acqua che ha formato cavità, cunicoli, sale, stalattiti, stalagmiti e laghi sotterranei di grande suggestione.
Il percorso, attrezzato per la visita per circa 2 Km, inizia dalla Buca, già nota nel ’700, un labirinto di sale, gallerie, cunicoli con concrezioni fossili e prosegue successivamente in una cavità ancora viva, le Grotte, adorna di stalattiti, stalagmiti ed ogni forma di concrezione naturale. Attualmente è in fase di completamento il camminamento interno che collega le Grotte alla Tecchia (raggiungibile anche dall’esterno). Un antico riparo sottoroccia che fu utilizzato nel Paleolitico da cacciatori neanderthaliani e da animali, specialmente per il letargo: manufatti e resti di animali narrano infatti la storia di questa grotta a partire da 40.000 anni fa fino al Medioevo. Ricerche archeologiche anche recenti hanno infatti portato alla luce oggetti in pietra e osso appartenuti ai cacciatori e scheletri di lupo, cervo, volpe, marmotta ma anche di una fauna oggi insolita per questi luoghi, tipica del periodo glaciale e interglaciale, come l’Ursus speleus (orso delle caverne), il leone e il leopardo.
Dall’altra sponda del torrente Fagli è presente il museo del Grotte di Equi Terme, realizzato in un antico mulino ad acqua, che permette un approfondimento relativo alla primitiva presenza umana, e non solo, nella zona.
Nei pressi delle grotte un breve camminamento, in fase di completamento, permette di ammirare delle particolari formazioni create dall’erosione dell’acqua e da quella meccanica delle rocce, più conosciute col nome di “marmitte dei giganti”.

Il Complesso è gestito dalla Cooperativa AlterEco per conto del Comune di Fivizzano e con la collaborazione del Parco Regionale delle Alpi Apuane e di Legambiente 
Usciti dalle grotte, una breve escursione al “solco”, stretto e profondo canyon, permette di osservare una profonda spaccatura naturale nel fianco della montagna, creata in epoca remota dal torrente che oggi corre lungo la strada marmifera.

Apertura al pubblico:
• da metà giugno a metà settembre tutti i giorni
• fine settimana da marzo a ottobre
• durante il presepe vivente a Natale
(scaricate gli orari stagionali da questo sito o telefonate ai gestori per il dettaglio degli orari)
Apertura per gruppi e scuole: tutto l'anno su prenotazione
Attività e servizi: 
• visite guidate al pubblico
• visite, attività e laboratori didattici per le scuole

Informazioni e prenotazioni:
AlterEco soc. coop.
Via Magra 2 - 54016 Terrarossa MS)
tel. 0187422598 - fax 0187423221
cell. 348 7901036 - 3493692280
info@lunigianasostenibile.it

Sicilia da vedere: viaggio al santuario di Monte Scapello (Catenanuova - Enna)



È stato sempre vivo da parte dei pellegrini e dei turisti, arrivando a Monte Scalpello, il desiderio di conoscere le origini storiche e gli avvenimenti remoti e recenti che hanno reso celebre il Santuario come pure la storia e la vita degli eremiti che si sono avvicendati nel Santuario.
Arrivato al Santuario, ogni pellegrino viene investito da un inspiegabile misticismo e rimane silenzioso ed ammirato dinanzi alla sacralità del luogo mentre contempla e medita le gesta eroiche degli eremiti ancora oggi sepolti nell’urna sacra sita dentro la vetusta chiesetta.
Il volume, anche se non esaurisce tutta la storia del Santuario e le gesta degli eremiti vissuti in preghiera e in solitudine sul monte, è certamente un buon sussidio utile a quanti volessero conoscere le vicende di Monte Scalpello.

Nella qualità di Rettore del Santuario e Presidente del devoto ed entusiasta Comitato religioso dei festeggiamenti sono grato e riconoscente all’autore prof. Filippo Virzì che ha voluto, attraverso la presente opera, rendere un devoto omaggio al Santuario e un prezioso servizio a tutti i fedeli del Santuario stesso.
Infatti in quanti nutrono devozione verso il Santuario, ove si celebrano le lodi della Madonna del Rosario, di San Giuseppe e dei Corpora Sancta, è assai vivo il desiderio di incrementare ancor più la presenza dei pellegrini per celebrare con maggior fede e pietà i festeggiamenti religiosi annuali.
Ci si augura che attraverso una maggiore e più accessibile viabilità e ristrutturazione dei luoghi possa il Santuario divenire luogo di continui pellegrinaggi, di incontri religiosi, di settimane di esercizi spirituali, a sollievo di quanti devoti o turisti vogliano trovare un pò di pace, di serenità e di silenzio interiore e incontrarsi con Dio.
Ringraziando l’autore per l’ammirevole lavoro che sarà di vero gradimento alla comunità devota di Monte Scalpello, addito l’opera da lui composta a tutti, affinchè attraverso la divulgazione e la conoscenza si incrementi non solo la devozione religiosa del Santuario, ma anche l’interesse turistico e paesag-gistico di tutto il Monte Scalpello.
Il Rettore del Santuario – Sac. Pietro Manduca