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La miglior birra del mondo viene dalla Trappa

L’abito, come recita il famoso proverbio, non fa il monaco. Lo sapeva bene anche Alessandro Manzoni, che decise di farlo dire al Conte Zio nei Promessi sposi. Quello che lo scrittore non poteva sapere, è che ci vuole un monaco – anzi, dei monaci trappisti – per creare le migliori birre del mondo. Ma anche formaggi, liquori, biscotti, cioccolato e cosmetici di prim’ordine. Per riconoscere le birre trappiste (che non vanno confuse con quelle “di abbazia”) dovete cercare sulle bottiglie un marchio esagonale con la scritta «Authentic Trappist Product». Solo otto birrifici al mondo possono fregiarsene. Sei sono belgi (Orval, Rochefort, Westmalle, Achel, Chimay e Westvleteren), uno è olandese (la Trappe) e uno è austriaco (Engelszell). Tutti appartengo all’Associazione trappista internazionale, nata nel 1997 e che ha il compito di difendere il marchio trappista e di far rispettare regole molto rigide. «La birra deve essere prodotta all’interno delle mura di un’abbazia trappista, da parte di monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo. La produzione, la scelta dei processi produttivi e l’orientamento commerciale devono tutti dipendere dalla comunità monastica». Ma soprattutto: «Lo scopo economico della produzione di birra deve essere diretto al sostentamento dei monaci e alla beneficenza e non al profitto finanziario». Un concetto che l’abbazia belga di San Sisto che si trova a Westvleteren, nelle Fiandre Occidentali, e che produce la Trappist Westvleteren 12, cioè quella che è stata universalmente proclamata «la migliore birra del mondo», spiega così ai visitatori del suo sito web: «Noi non facciamo business. Non siamo produttori di birra. Siamo monaci. Produciamo birra per poter continuare a essere monaci».
Se vi è venuta voglia di bere una birra Westvleteren, sappiate che dovete sudarvela. La produzione è – per scelta – molto limitata (circa 4.750 ettolitri l’anno). La confezione spartana. Le birre Westvleteren sono disponibili solo in bottiglie da 33 centilitri, senza etichetta. Averle è un’impresa. Alcuni negozi rinomati le offrono a prezzi elevati, tradendo la regola dell’abbazia che recita: «La Westvleteren trappist è venduta esclusivamente a clienti individuali. Ogni cliente accetta di non rivendere la birra ad altri». Per comprarle dovete recarvi sul posto. Ma prima di farlo dovete prenotare telefonicamente il vostro ordine. E a disposizione ci sono poche casse al giorno. Ogni cliente ne può comprare al massimo due, da ventiquattro bottiglie l’una. E se riesce nell’impresa, deve comunicare la targa del veicolo con il quale le andrà a ritirare e deve impegnarsi ad attendere almeno sessanta giorni tra una prenotazione e l’altra. I monasteri autorizzati a etichettare i loro prodotti con il logo trappista sono dieci: sei in Belgio, due in Olanda, uno in Austria e uno in Francia. Di questi, solo otto producono birra. Un immaginario viaggio del gusto tra le abbazie trappiste non può quindi che partire dal Belgio.

Prima tappa è l’abbazia d’Achel, che ha ricominciato a produrre birra nel 1998 dopo una pausa di 84 anni. «Il nostro monaco mastro birraio, che continua a lavorare secondo la ricetta di fratello Thomas, è garante della riconquistata qualità della birra», annunciano sul sito dell’abbazia. La birra trappista Achel è servita alla spina. Dall’estate del 2001, l’Achel 8 è anche disponibile in bottiglia. L’abbazia belga di Notre-Dame de Saint-Remy di Rochefort è conosciuta nel mondo soprattutto per la birra Rochefort. «Fondata nel 1230, è stata più volte distrutta, ma ha sempre trovato la forza di risollevarsi». La produzione è volutamente limitata: «Questa bevanda di alta qualità deve essere degustata con saggezza e moderazione: solo così potrà favorire amicizia e condivisione». 
Anche l’abbazia belga di Scourmont, che sorge nel comune di Forges, ha un posto di primo piano nella produzione della birra trappista. Suo è infatti il famosissimo birrificio Chimay, i cui prodotti si trovano anche in moltissimi supermercati italiani. «Il crescente successo e l’intenzione di preservare la calma e il silenzio necessari per la vita spirituale hanno spinto i monaci a trasferire lo stabilimento per l’imbottigliamento, il posto di spedizione e gli uffici alcuni chilometri fuori dal monastero. Il processo della produzione della birra si fa ancora dentro gli edifici dell’abbazia». Chimay non è famosa solo per la birra, ma anche per i formaggi di qualità, prodotti dal 1876. Altro indirizzo di serie A nella produzione di birra trappista è quello di Orval. Costruita alla fine del XII secolo, l’abbazia fu saccheggiata e incendiata da truppe francesi nel 1637 e nel 1793. Il birrificio di Orval si trova all’interno delle mura della ricostruita abbazia, ed è stato fondato nel 1931. Dal 1928 invece produce anche grandi formaggi.

Formaggi e birre da sogno si trovano anche all’abbazia di Westmalle. Vi si producono tre tipi di birra: la Tripel, laDubbel e la Extra. «La Tripel e la Dubbel si trovano in negozi specializzati e supermercati di qualità, mentre la Extraviene prodotta solo due volte all’anno ed è destinata solo ai monaci ed agli ospiti dell’abbazia». Dal 1860 esiste anche un caseificio che produce un formaggio a pasta semidura. Dell’ultima abbazia belga del nostro viaggio, quella di Westvleteren, e delle sue birre super premiate abbiamo già raccontato ampiamente prima. Nel Nord dell’Austria, a sessanta chilometri da Linz, si trova l’abbazia (Stift) Engelszell. Tra il 1293 e il 1786 Engelszell, letteralmente Cella Angelorum, fu un’abbazia cistercense. Acquistata da privati, tornò dei monaci solo nel 1925. Nel 1939 venne chiusa dalla Gestapo e 73 monaci furono arrestati. Cinque furono deportati, uno solo riuscì a salvarsi. Oggi i monaci sono soltanto nove.

L’attività principale è la distilleria, che produce trentamila litri di liquore l’anno in tredici tipi diversi. Il più famoso è ilMagenbitter («Un vero elisir contro il mal di stomaco»). Di ottimo livello è la neonata birra trappista Gregorius, scura e con un tasso alcolico importante (9,7% Vol): «Il nome si riferisce a dom Gregorius Eisvogel, che fu superiore e abate della comunità dal 1925 al 1950». In Olanda i trappisti sono presenti a Echt e a Tegelen. Insieme formano una sola abbazia, ma ogni comunità ha mantenuto la propria autonomia. L’edificio trappista di Tegelen, vicino a Venlo, risale al 1884. Nel 1898 i monaci aprirono un negozio di vini da messa. Poco a poco, l’assortimento si arricchì di altri vini e i monaci cominciarono a produrre alcuni liquori d’abbazia “esclusivi”. I tre più apprezzati sono il Grande Liqueur de la Trappe: Trappistine, il Liqueur de Fruits: Cordial la Trappe e il Maagbitter: Gutamara.
Sempre in Olanda si trova l’abbazia Koningshoeven, fondata nel 1881. «Fra i primi monaci che vi entrarono c’era il figlio di un birraio di Monaco. Per questa ragione dom Nivardus, il primo abate di Koningshoeven, decise di fondare un birrificio, visto che le sole attività agricole non fornivano un reddito sufficiente». Negli ultimi anni, a seguito della forte diminuzione del numero di monaci, la birreria è stata affittata alla Bavaria, che produce le diverse tipologie col marchio La Trappe sotto la sorveglianza dell’abbazia». Ultima tappa del nostro viaggio è nelle Fiandre francesi, all’abbazia di Mont des Cats, rinomata in tutta la Francia per l’omonimo formaggio. Un tempo si produceva anche birra. Nel 1918 l’abbazia fu bombardata e il birrificio distrutto. 
«Pochi anni fa, siamo stati sollecitati da più parti a tornare a produrre una nostra birra trappista – spiega il frate economo Bernard-Marie van Caloen –. Ma non ci si improvvisa mastri birrai. Così abbiamo chiesto aiuto all’abbazia di Scourmont, in Belgio [quella della birra Chimay, ndr]». Il risultato è la prima birra trappista del mondo realizzata in collaborazione tra due comunità. Il binomio birra-trappisti è da anni una garanzia assoluta di qualità. E pensare che quando fu fondato l’ordine cistercense, i monaci pare potessero bere solo acqua. La svolta arrivò secoli dopo. E per motivi “sanitari”. I monaci scoprirono che – a differenza dell’acqua naturale portatrice allora di malattie anche mortali – durante il processo produttivo della birra, l’acqua utilizzata veniva bollita, riducendo quasi a zero i pericoli di infezione. La gradazione alcolica, poi, era inferiore a quella del vino e quindi meno impegnativa. Ma soprattutto durante i lunghi periodi di digiuno che i monaci praticavano, la corposità di molte birre trappiste li aiutava a combattere la fame.

Gigio Rancilio - avvenire.it

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