Bronzi, Mantegna e Bernini, i capolavori dei 5 musei che rimangono senza direttore

Peter Assman, da oltre un anno alla guida del Ducale di Mantova, ha già ricevuto dal direttore generale Musei del ministero la comunicazione che da oggi non è più direttore. Per gli altri quattro è questione di ore. I cinque direttori coinvolti dalle due sentenze emesse dal Tar del Lazio, ha spiegato oggi annunciando il ricorso al Consiglio di Stato il ministro avvocato Dario Franceschini, verranno tutti sostituiti da interim.
Tra loro non c'è il parco archeologico di Paestum, perché il ricorso che lo riguarda - si legge nella sentenza del tribunale amministrativo - è stato escluso per un vizio di forma.
Ecco quindi, in ordine alfabetico, chi sono i cinque direttori top costretti, almeno per il momento a preparare valige e scatoloni:

1) PETER ASSMAN (PALAZZO DUCALE DI MANTOVA): 63 anni, storico dell'arte. Austriaco, ha studiato e lavorato anche a Firenze, al Deutsches Kunsthistorisches Institut. Dal 2002 al 2012 è stato presidente dell'associazione dei musei austriaci. Ha diretto l'Obersterreichischen Landenmuseen di Linz e il Museo Angerlehner in Thalheim bei Wels. Ha curato numerose mostre. Insegna alla Johannes Kepler Universitat di Linz e all'Università di Vienna. Dal 2011 è nel Comitato scientifico del Museo del Castello del Buonconsiglio di Trento.
Il Palazzo Ducale di Mantova è ubicato nella zona nord-orientale della città si estende tra la riva del lago Inferiore e Piazza Sordello, l'antica Piazza di San Pietro. La famiglia Gonzaga (signori, marchesi ed infine duchi della città di Mantova) ne fa la propria residenza dal 1328 al 1707, quando l'ultimo duca, Ferdinando Carlo, è costretto all'esilio. Il palazzo, inizialmente composto da corpi di fabbrica di età diverse, trova forma organica nella seconda metà del XVI secolo, quando diviene un unico imponente complesso architettonico di 35.000 metri. Con il dominio austriaco alcuni ambienti della corte sono riadattati in luoghi di rappresentanza e durante il regno di Maria Teresa d'Austria l'edificio assume la denominazione di Palazzo Reale. Il Palazzo ducale di Mantova, fu un punto di riferimento per la storia dell'arte con l'arrivo a Mantova del Pisanello già nel primo Quattrocento, e, successivamente, con la presenza di Andrea Mantegna. Dopo l'abbandono del XIX secolo, il Palazzo Ducale è dall'inizio del Novecento oggetto di restauri e diventa sede museale statale. Oltre alla galleria di pittura, alle sezioni di archeologia e scultura, di notevole importanza sono gli appartamenti e il Castello di San Giorgio, in cui si trova la famosa "Camera degli sposi", affrescata dal Mantegna, con scene di vita dei Gonzaga.
2) MARTINA BAGNOLI (GALLERIA ESTENSE MODENA): 53 anni, storica dell'arte. Nata a Bolzano, si è laureata in storia dell'arte a Cambridge e nel 1999 ha conseguito il Ph.D. con lode alla Johns Hopkins University di Baltimora. Dal 2003 ha lavorato al Walters Art Museum di Baltimora. Vanta esperienza in musei statunitensi, come la National Gallery of Art di Washington.
Istituita nel 1854 da Francesco V d'Austria d'Este e collocata dal 1894 nell'attuale sede del Palazzo dei Musei, la Galleria Estense comprende quattro saloni e sedici salette espositive dedicate a quel cospicuo patrimonio artistico accumulato dai duchi d'Este fin dagli anni gloriosi della signoria ferrarese. Orientate verso un aristocratico collezionismo dai molteplici interessi, le raccolte estensi comprendono la ricca quadreria, che racchiude un pregevole numero di dipinti dei secoli dal XIV al XVIII, fra i quali un gruppo dedicato alla pittura padana, diverse sculture in marmo e terracotta; un nutrito nucleo di oggetti d'arte applicata che costituivano parte del sontuoso guardaroba ducale, oltre a diverse collezioni specifiche quali quelle dei disegni, dei bronzetti, delle maioliche, delle medaglie, degli avori e degli strumenti musicali. Tra le opere di maggiore rilievo si segnalano La Pietà di Cima da Conegliano, la Madonna col Bambino del Correggio, il Ritratto di Francesco I d'Este del Velazquez, il Trittico di El Greco, il busto marmoreo di Francesco I d'Este del Bernini ed il Crocefisso di Guido Reni.
3) EVA DEGLI INNOCENTI (MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI TARANTO): 41 anni, archeologa. Nata a Pistoia, si è laureata a Pisa dove ha frequentato anche la Scuola di Specializzazione di Archeologia; ha poi conseguito il dottorato di ricerca europeo presso l'Università di Siena in Storia, archeologia e archivi del Medioevo. E' stata Direttrice del Servizio dei beni culturali e del museo/centro d'interpretazione Coriosolis della Comunità dei Comuni Plancot Ple'lan in Bretagna. Dal 1995 al 2008 ha condotto scavi archeologici in Italia e in Tunisia.
Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto è fra i più importanti d'Italia e fu istituito nel 1887. Il Museo occupa fin dalle origini l'ex Convento dei Frati Alcantarini, costruito a metà del XVIII secolo e, in seguito ad interventi di ingrandimento a metà del XX secolo, l'adiacente corpo settentrionale dell'Ala Ceschi. Nelle vetrine risaltano le bellissime oreficerie, arricchite da paste vitree e pietre colorate, le terrecotte policrome ancora di tradizione greca, ossi, avori, e soprattutto vetri colorati importati che caratterizzano le sepolture ad incinerazione di età imperiale, fino ai frammenti di eccezionale eleganza di un sarcofago in marmo con scena di assalto alle navi. La sezione dedicata alla città dal tardoantico all’età bizantina offre una vasta documentazione dei pavimenti musivi dell’edilizia pubblica e privata, con motivi geometrici e figurati policromi e materiali da scavi stratigrafici recenti (Villa Peripato, Palazzo delli Ponti, Cattedrale di S. Cataldo) che hanno fornito dati rilevanti per la ricostruzione del centro antico in tali fasi cronologiche. 
4) PAOLO GIULIERINI (MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI): 48 anni, archeologo. Nato a Cortona, si è laureato in archeologia e specializzato in etruscologia nell'Università di Firenze. Direttore del Museo dell'Accademia Etrusca e della città di Cortona, dove lavora dal 2001. Ha maturato una lunga esperienza nella direzione museale.
Il primitivo impianto dell’edificio, rimasto incompiuto e destinato alle Scuderie Vicereali, di cui resta oggi solo il portale in piperno sul lato occidentale lungo via Santa Teresa, fu costruito nel 1585 per ordine del viceré di Spagna, don Pedro Giron, dall’architetto Giovanni Vincenzo Casale. La struttura venne trasformata, tra il 1610 ed il 1615, ad opera dell’architetto Giulio Cesare Fontana, al fine di trasferirvi gli Studi (antica Università). Il progetto iniziale, che prevedeva la realizzazione di una fabbrica caratterizzata da un corpo centrale a due piani, sopraelevato rispetto alle due ali laterali ad un solo livello, non fu portato a termine essendone stati completati solo l’ala occidentale ed il corpo centrale. La facciata, riccamente decorata, presentava una successione di finestre e nicchie alternate, interrotta soltanto dal portone principale e dai due secondari laterali. Le finestre, con cornici variamente ornate, erano sormontate da vasi marmorei situati sui frontoni e da medaglioni con mezzi busti, mentre nelle nicchie erano statue antiche con integrazioni moderne. Il cornicione del palazzo era completato da una balaustrata in marmo con vasi e pinnacoli. Anche il corpo centrale era sormontato da statue ai lati del timpano, e da vasi ed obelischi ad affiancare una piccola struttura ad arco con la campana dell’orologio. Nell’edificio l’Ateneo napoletano rimase per oltre un secolo e mezzo fino al suo trasferimento nel Real Convitto del Salvatore nel 1777. Sul finire del Settecento gli architetti Ferdinando Fuga, prima, e Pompeo Schiantarelli, poi, si apprestarono ad ampliare il vecchio Palazzo degli Studi per convertirlo a Museo universale, secondo il modello culturale enciclopedico allora in voga: «per uso del Real Museo di Portici, la Quadreria di Capodimonte, la Gran Libreria Publica, le Scuole per le tre Belle Arti (Pittura, Scultura ed Architettura), e la Stanza per lo studio del Nudo». In questi anni il Palazzo perse quasi tutte le sue decorazioni scultoree e, innalzato di un piano, assunse l’aspetto più compatto ed imponente che ancora oggi lo caratterizza. I laboratori per le Scuole di Belle Arti furono collocate nelle stanze dell’ala orientale del primo piano articolate intorno al grande Salone della Meridiana, così chiamato per la presenza di un orologio solare installatovi quando in origine l’ambiente fu destinato ad Osservatorio astronomico. La sala, affrescata da Pietro Bardellino con un’epigrafe celebrativa ed una scena allegorica dedicata a Ferdinando IV insieme alla moglie Maria Carolina come protettori delle scienze e delle arti, nonché, alle pareti, diciotto tele di Giovan Battista Draghi di soggetto storico, fu poi trasformata in Biblioteca. Tra il 1821 ed il 1825 l’architetto Pietro Bianchi, dopo averne terminato i lavori di restauro, completò l’edificio, con l’ampliamento dell’angolo nord-orientale, curando inoltre la sistemazione della statua di Ferdinando I di Borbone raffigurato sotto le spoglie di Minerva, eseguita da Antonio Canova, in una nicchia appositamente disegnata nel mezzo dello scalone monumentale del Museo. Il primo allestimento del Real Museo Borbonico, intrapreso da Michele Arditi nel 1807, poté considerarsi concluso nel 1830 secondo i criteri dell’epoca, tipologici e per classi di materiali, con l’aggiunta di altre immissioni per donazione o acquisto e dai reperti provenienti dagli scavi eseguiti nei territori del Regno di Napoli. Nel 1860, con l’Unità d’Italia, il Real Museo Borbonico divenne proprietà dello Stato, assumendo la nuova denominazione di “Museo Nazionale”. Tra il 1863 ed il 1875 oltre ad arricchirsi della notevolissima collezione Santangelo, esso venne completamente riordinato da Giuseppe Fiorelli, secondo un criterio tipologico. Alla nuova riorganizzazione operata da Ettore Pais tra il 1901 ed il 1904 fecero seguito sistemazioni di singole collezioni, rese possibili anche dalla disponibilità di nuovi spazi creatisi con i trasferimenti, nel 1925, della Biblioteca nel Palazzo Reale di Napoli e, nel 1957, della Pinacoteca nell’attuale Museo di Capodimonte. Rimasero così in questa sede soltanto le ricche collezioni di antichità, cosicché il Museo iniziò ad assumere la sua odierna identità di Museo Archeologico. L’edificio museale è anche sede della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.

5) CARMELO MALACRINO (MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI REGGIO CALABRIA): 46 anni, archeologo e architetto. Nato a Catanzaro, si è laureato in architettura a Firenze e specializzato in Archeologia e architettura antica ad Atene. Dal 2010 è ricercatore di storia dell'architettura nel Dipartimento di architettura e territorio dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria. Nel 2005 ha conseguito un dottorato in Storia dell'architettura a Venezia.
Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria rappresenta uno dei rari esempi di edificio progettato e realizzato per accogliere collezioni museali. Palazzo Piacentini si affaccia sulla Piazza De Nava, nel centro storico della città. L'area è molto ben servita da un punto di vista dei trasporti, adiacente alla stazione ferroviaria Reggio-Lido e proprio grazie all'ottima posizione di cui gode risulta facilmente raggiungibile sia da mezzi pubblici che privati, sia per chi si muove all'interno del centro cittadino (presenti numerosi parcheggi) sia per chi arriva dall'esterno (non è lontano il collegamento all'Autostrada A3). Il Museo è stato oggetto di un significativo intervento di recupero (c.a. 11.000 mq) che è consistito nella riqualificazione architettonica dell'edificio storico e nella realizzazione di una struttura ampliata ed organizzata sia sotto l'aspetto del percorso museale che dell'allestimento. Il completamento della nuova struttura offre al pubblico un Museo moderno, progettato in base a standard qualitativi internazionali, sia in termini di allestimenti che per la multimedialità, interattività ed aree espositive. Il MArRC è uno dei Musei archeologici più rappresentativi del periodo della Magna Grecia, con importanti collezioni, noto al mondo grazie all'esposizione permanente dei famosi Bronzi di Riace, accoglie anche una vasta esposizione di reperti provenienti da tutto il territorio calabrese. Il nuovo percorso museale ha inizio dall'alto, con una sezione dedicata alla Preistoria e si sviluppa fino al piano terra attraverso l'esposizione delle grandi architetture templari dei territori di Locri, Kaulonia e Punta Alice, garantendo una continuità spaziale e logica che ha il suo epilogo con l'esposizione dei materiali, ognuna provvista di testi esplicativi e supporti dedicati, ha l'obiettivo di "raccontare" al visitatore la Storia della Calabria. Al piano seminterrato la dotazione delle Sale espositive è integrata da tre spazi destinati alle Mostre temporanee.
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