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Nel tempio della lirica a Milano la protesta dei melomani più affezionati a causa del nuovo sistema di vendita dei tagliandi che li penalizza. «Così si favorisce il bagarinaggio su Internet»

L'interno del Teatro alla Scala di Milano visto dal loggione (Ansa)

Rimostranze e grida giovedì 13 settembre al Teatro alla Scala di Milano. Ma non durante un’opera al di sotto delle aspettative, bensì nella nuova biglietteria. A inscenare la protesta ancora una volta i più battaglieri e fedeli spettatori del tempio della lirica: i loggionisti. Temuti da direttori d’orchestra, cantanti e registi che non esitano a contestare dalle gallerie quando uno spettacolo non è all’altezza, se la sono presa in questo caso con i vertici del teatro. Responsabili di aver cambiato il sistema di vendita dei biglietti che, a detta dei loggionisti, li penalizza in modo pesante. E accusano la Scala di volerli silenziare. «Temono i nostri fischi se le produzioni non rispettano la fama indiscussa della Scala», racconta Renzo, settantenne e storico frequentatore del loggione che ieri mattina era fra i molti melomani inferociti per le novità introdotte dal teatro. E il dissenso è esploso sui social. «Trovo indegno quanto è successo – scrive su Facebook Anna, anche lei habitué delle gallerie –. Per cortesia ripensateci. Amiamo molto la nostra Scala».

Per capire che cosa ha scatenato l’ira dei loggionisti, occorre fare un passo indietro. Fino ai giorni scorsi, la vendita dei nuovi tagliandi iniziava alle 9 del mattino in biglietteria e soltanto a mezzogiorno su Internet. Uno “stile” che ha cementato l’usanza delle code notturne di centinaia di appassionati davanti alla biglietteria. Tradizione nobile: cinque, sei, sette ore in attesa per ottenere un biglietto, parlare di lirica, stringere amicizie. Dal 13 settembre le vendite avvengono alle 9 in contemporanea in biglietteria e sul web. Risultato? La signora Gabriella, arzilla affezionata del Piermarini, che è arrivata alle tre del mattino davanti al teatro per un biglietto di ScalaAperta dell’atteso Ernani di Verdi e che è stata la prima a giungere agli sportelli, si è trovata già presi i posti del loggione. E lo stesso è successo per le altre decine di persone che hanno aspettato ore fuori della Scala. Da qui la rivolta. Perché erano rimaste le poltrone più care di platea o palchi o quelle con visibilità limitata. Alla fine il teatro è stato costretto a sostituire alcuni tagliandi per i reclami, seppur con soluzioni di second’ordine.

I responsabili della biglietteria hanno giustificato la nuova strategia: si vuole evitare l’irruzione dei bagarini. «Tutto falso – replica Raffaello sui social –. Così si agevola davvero il bagarinaggio, ma quello online». E Anna aggiunge: «La vendita su Internet favorisce i bagarini che sentitamente ringraziano». Mattia, trentenne estimatore di opere, chiama in causa il sovrintendente Alexander Pereira: «Ha avuto iniziative egregie come la Scala Under 30 che avvantaggia i giovani o la ScalaAperta con i biglietti a metà prezzo, ma questa volta ha completamente sbagliato danneggiando il pubblico più assiduo e attento». È già pronta una petizione dei loggionisti che arriverà a Pereira e al sindaco Giuseppe Sala. Anche perché a ottobre si vendono i biglietti della prima del 7 dicembre, Attila, con file lunghissime di cultori della lirica disposti a stare anche quattordici ore in coda. Chissà che cosa accadrà...
Avvenire

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