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Enit / Turismo, il Piemonte fa rotta sulla Cina



Fino al 17 maggio la Regione Piemonte, in coordinamento con VisitPiemonte, la società in house per la valorizzazione turistica e agroalimentare della Regione Piemonte partecipata anche da Unioncamere, fa rotta sulla Cina con alcuni importanti appuntamenti a Pechino e a Shanghai. Ieri, nella sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, VisitPiemonte ha raccontato la regione a media e operatori cinesi nel corso della presentazione “An unexpected experience of art, culture, food and wine, landscape: Torino, Piemonte, Italy…a surprise every day!”. Oggi sarà la volta di Shanghai, dove il Piemonte, e le altre regioni italiane presenti a ITB China, avranno l’opportunità di incontrare oltre 600 buyers cinesi alla cena di gala allo Shangri–La Hotel Pudong, che li vedrà ospiti di ITB China ed ENIT Italia, main sponsor di ITB China 2019. Dal 15 al 17 maggio il Piemonte entrerà nel vivo di ITB China, la fiera b2b dedicata esclusivamente al networking di settore e alla promozione del travel management in Cina, in programma al World Expo Convention & Exhibition Center di Shanghai. VisitPiemonte accoglierà media e operatori allo spazio ENIT Italia, insieme all’ATL Turismo Torino e provincia, l’ATL Biella e l’ATL Distretto Turistico dei Laghi, oltre ad un gruppo selezionato di tour operator. Il 16 maggio in conferenza stampa, sarà presentata l’offerta turistica della regione. A seguire media e operatori cinesi saranno invitati a scoprire i segreti del re dell’aperitivo, nato a Torino, con una speciale “Esperienza Vermouth”.


(© 9Colonne

Enit / TALY AT HAND A ROMA: LA MEETING INDUSTRY PROMUOVE IL BELPAESE

Italy at Hand

Convention Bureau Italia apre le iscrizioni per il suo evento di punta Italy At Hand, The Event dal 7 al 9 novembre a Roma. Anche per la seconda edizione dell’appuntamento Mice interamente dedicato all’Italia è previsto il format dello scorso anno: l’incontro tra 45 buyer internazionali e 35 espositori italiani“per una tre giorni di business unconventional in perfetto stile italiano”, spiega una nota. “L’unicità risiede nel fatto che ogni anno ha luogo in una destinazione diversa, per far conoscere a fondo tutta l’Italia più autentica ai migliori decision maker dell’industria Mice internazionale”, continua.

L’obiettivo di CBItalia è quello di portare i migliori buyer d’Europa fortemente interessati alla destinazione Italia e altamente profilati dal convention bureau nazionale. Sono state aperte le iscrizioni per la selezione degli espositori e sarà possibile iscriversi fino al 21 luglio. Destinazioni, hotel, provider tecnologici, agenzie di organizzazione di eventi rappresentano l’audience dell’appuntamento che il Convention Bureau Roma e Lazio e il partner creativo Gvst Group stanno mettendo a punto. “Siamo pronti ad intraprendere questa nuova sfida e a replicare, e soprattutto duplicare, il grande successo dello scorso anno: 888 business meetings, 24 partner nazionali e internazionali coinvolti, ospiti eccezionali come Ray Bloom e Oscar Farinetti – commenta la presidente del Convention Bureau Italia Carlotta Ferrari -. Vorremo svelare Roma e la sua straordinaria bellezza a tutti i professionisti del mondo degli eventi”.

Il  Italy at Hand, che è la seconda grande occasione di Roma di presentarsi a un settore ad alto reddito. Anche gli incontri di Iapco si terranno nella capitale.
missionline.it
Il settore degli eventi e dei congressi è cruciale per le destinazioni di viaggio: la classifica di Icca, l’associazione internazionale che riunisce gli stakeholder della meeting industry, è appena stata pubblicata e vede l’Italia al sesto posto con 522 incontri nel 2018. Siamo scesi di una posizione rispetto all’anno scorso. I congressisti (o ‘turismo per business’ come lo classifica l’ente di promozione turistica nazionale, Enit) rappresentano il 20% del mercato incoming dei viaggi.

Enit / Italia: prima destinazione internazionale per i matrimoni dei britannici



L’Italia è la prima destinazione internazionale per i matrimoni dei britannici. Motivo per cui Enit partecipa, per il terzo anno, al National Wedding Show di Londra con uno stand condiviso da 5 regioni: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria.
Secondo l’indagine DwItaly 2018, condotta dal Centro Studi Turistici di Firenze per Convention Bureau Italia, lo scorso anno le coppie straniere sono arrivate in prevalenza proprio dalla Gran Bretagna, rappresentando il 28,1% del totale. Seguono: Stati Uniti (21,9%), Australia (9,4%), Germania (5,5%) e Canada (4,5%). La regione preferita è la Toscana (30,9%), quindi Lombardia, Campania, Veneto e Lazio; in ascesa Puglia e Sicilia.
Il destination wedding in Italia è caratterizzato da una formula che include ilmatrimonio celebrato in hotel di lusso, prevalentemente in estate, con rito religioso o simbolico.
Fonte: TTG Italia

Micac, Enit, Turismo, Italia. Gli stranieri scoprono i borghi italiani e il turismo slow


I turisti stranieri amano lo stile di vita autentico e “a misura d’uomo” dei borghi italiani con le sue tradizioni e i piaceri della tavola. Nell’anno che il Mibac ha dedicato al turismo “lento”, i dati parlano chiaro: nel 2017 sono stati circa 3,7 milioni gli arrivi (+7,5%; +12,2% stranieri e +4,4% italiani) e 14,3 milioni le giornate di presenza (+7,9%); la permanenza media nelle strutture è di 3,9 giorni, più alta rispetto alla media nazionale (3,4 giorni), mentre i turisti stranieri contribuiscono per il 45% al totale delle presenze. In crescita anche l’offerta ricettiva, con 216 mila posti letto in 10.335 esercizi ricettivi. Per il 2018 i dati provvisori disponibili (i definitivi usciranno il mese prossimo) rilevano una lieve crescita delle presenze (14.6 milioni, pari al +2% rispetto al 2017), l’aumento degli stranieri (+7,2% degli stranieri) e la diminuzione degli italiani (-2,2% degli italiani).
I dati sono stati illustrati dall’Associazione “I Borghi più belli d’Italia” nella sede romana dell’Enit che ha anche annunciato l’uscita della guida “I Borghi più belli d’Italia” (edita dalla Ser – Società Editrice Romana) disponibile entro il mese di maggio in edicola, in libreria e online.
La pubblicazione, giunta alla quattordicesima edizione, quest’anno presenta 293 piccoli centri storici certificati, inferiori ai 15 mila abitanti, tutti dotati dei requisiti di bellezza urbanistica, architettonica, di qualità della vita, di accoglienza: un’edizione rinnovata, corredata da tantissime fotografie, che permette al futuro visitatore di scoprire la i luoghi e i paesaggi, l’arte, la storia, le tradizioni e i prodotti enogastronomici, ma anche di avere informazioni pratiche, legate alle strutture ricettive e commerciali.
“La nostra Associazione sta portando avanti un nuovo progetto per il 2019, il Borgo plastic free – ha annunciato Fiorello Primi, presidente de I Borghi più belli d’Italia – vogliamo fare una guerra totale alle microplastiche: bisogna preoccuparsi della bellezza dei borghi, ma anche della nostra salute”. Il presidente ha poi sottolineato che, se i dati del turismo sono positivi, resta comunque il problema della destagionalizzazione, con i borghi che nei mesi estivi sono presi d’assalto e il resto dell’anno si svuotano: “la stagionalità è legata anche al lavoro, che difficilmente può essere stabile se il turismo nei borghi c’è solo d’estate”, ha detto, “il problema è complesso e va aggredito su più fronti. Noi stiamo pensando a promuovere il turismo sociale, legato ad anziani, famiglie in difficoltà e disabili, e quello degli italiani all’estero, che magari hanno le loro radici familiari in uno di questi piccoli centri e vogliono ritrovarle”.
travelnonstop.com

Enit / G20: Giappone, Centinaio alla riunione dei ministri dell'Agricoltura


Tokyo, 11 mag 09:19 - (Agenzia Nova) - Ieri Centinaio ha incontrato a Tokyo il ministro dell'Agricoltura, delle foreste e della pesca giapponese, Takamori Yoshikawa. Tra gli argomenti, stando a quanto riferito dal profilo Twitter del ministero italiano, c’è stata l’apertura del mercato giapponese all’export di kiwi prodotto in Italia. Centinaio ha poi incontrato il vicecommissario dell’Agenzia del Turismo giapponese, Akihiko Kanai. In agenda anche scambi con i rappresentanti del Sistema Italia in Giappone (Ambasciata, Ufficio Ice, Ufficio Enit, Delegazione di Bankitalia, Camera di Commercio Italiana in Giappone, Istituto Italiano di Cultura a Tokyo), i tour operator giapponesi e selezionati rappresentanti della comunità d'impresa italiana. La missione del ministro si concluderà lunedì 13 maggio. (Git)

Venezia. Apre la 58ª Biennale d'arte all'insegna del circo

«Mondo cane», installazione nel padiglione belga

Il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta, parlando a un gruppo di giornalisti invitati per un light lunch, martedì scorso ha fatto un rapido bilancio su come sia cambiata negli anni la funzione di questa mostra, che è la più antica del genere sulla scena internazionale. Limitandosi anche solo al periodo dal Dopoguerra in poi, quando nel 1948 ebbe luogo la prima edizione seguita alla pausa imposta dal conflitto mondiale, Baratta ha così riassunto l’andamento a grandi linee: la Biennale non è più uno spazio nel quale si tengono contemporaneamente tante personali o monografiche riunite sotto lo stesso cappello espositivo. Il modello era quello delle Kunsthalle, ed era anche la formula sulla quale si basò proprio l’edizione del 1948, dove nel padiglione greco era ospitata la collezione di Peggy Guggenheim che portava con forza alla ribalta la pittura astratta, e poi si potevano vedere mostre antologiche dedicate a Klee, Chagall, Arturo Martini (scomparso l’anno precedente), Kokoschka, Rouault, Picasso, Braque, Moore, Wotruba, gli espressionisti tedeschi, gli impressionisti... e molte di queste rassegne avevano curatori d’eccezione, Longhi, Argan, Guttuso, Arcangeli, Read, Ernst... Alle personali erano poi subentrate negli anni monografiche su gruppi ed esperienze nuove. Ma oggi, ormai da varie edizioni, non è più così. Era evidente dalla lieve tensione compiaciuta delle labbra mentre parlava, che Baratta identifica questa svolta anche con se stesso, da quando cioè salì al comando nel 2008, dopo brevi esperienze precedenti.
È scomparsa, ha detto, anche la figura dell’artista come “attore sociale”; non più dunque un propagatore dell’arte come sintomo delle malattie del proprio tempo, o per così dire del riflusso concettuale in realtà diventato lingua internazionale del nichilismo ascetico, dell’arte-nirvana o, peggio, dell’arte indistinguibile dall’oggetto comune secondo il principio che chiunque è artista e qualsiasi cosa può essere arte. Oggi, pensa Baratta, viviamo in una scena dell’arte superaffollata, e il compito dell’artista è portare un cortocircuito nella capacità dello spettatore di digerire ciò che un tempo si chiamava opera d’arte ma ora è inevitabile definire piuttosto oggetto artistico. L’artista non è più chi usando tecniche e linguaggi codificati (sempre soggetti a essere decostruiti e ricostruiti con ordine diverso) ci pone davanti a un’opera che interpreta criticamente un canone e una storia, che si introduce in una continuità con le dissonanze tipiche di ogni atto libero e autonomo (l’élan vital bergsoniano, per intenderci); no, oggi l’artista è total free, nel senso di totalmente libero e totalmente gratuito, usa le materie e i materiali che vuole come gli pare e piace. Non conosce il limite, perché il limite è contrario all’idea di libertà che passa nel nostro tempo. Un’arte che chiunque può fare e che non richiede la conferma di un giudizio critico è piuttosto uno spazio nel quale si entra e si esce come semplici comparse di una giostra che colpisce lo spettatore con trovate, provocazioni, esagerazioni, pensieri buoni (o malefici)...
È anche il senso dell’ammonimento compreso nel titolo della Biennale d’arte che apre i battenti domani: May You Live In Interesting Times, che tu possa vivere in tempi interessanti. Il saggio cinese che usava questo monito non intendeva, come molti si augurano oggi, vivete sereni; in realtà, questo invito a vivere tempi interessanti per i cinesi vale piuttosto come una maledizione perché quell’augurio ha a che fare con la complessità, demone della nostra era postmoderna. Ma quando Baratta nella presentazione in catalogo gioca sul doppio registro maledizione/opportunità, ecco che mette in campo senza dirlo una regola base del capitalismo a cui l’arte di oggi deve quasi tutto anche quando, come sostiene il curatore di questa edizione, l’americano Ralph Rugoff, cerca di essere il balsamo di una storia segnata dal colonialismo.
Se quella maledizione è ricaduta su di noi, come disse un diplomatico britannico, oggi è evidente che continua ad agire in un sistema dell’arte gravemente menomato e tenuto in pugno dal potere economico-culturale: Mercato-Musei-Case d’asta-Galleristi-Curatori. Ed è bene ribadire che i curatori non sono affatto necessariamente critici, sono manager che inventano contesti e messinscene di idee e concetti capaci di dare un retroterra a ciò che spesso sale alla ribalta solo per la determinazione (sostenuta dal denaro) di alcuni influenti personaggi. Oggi, per esempio, l’arte internazionale è dominata da una oligarchia, di cui fanno parte sul piano collezionistico-mercantilistico figure come Pinault e Gagosian.
Qual è il punto debole del sistema dell’arte? Senza dubbio la fine della critica d’arte. Senza la critica d’arte, manifestazioni come la Biennale diventano lunapark o teatri circensi. Si veda – come emblema – l’allestimento Mondo cane di Jos de Gruyter & Harald Thys nel padiglione belga che è un teatrino di finti vecchi automi: suonatori ciabattini arrotini e filatrici ma anche nuovi Frankenstein. Si ride anche, ma è appunto l’emblema di un baraccone dove ogni scelta ideale e artistica convive con l’altra annullandone il potenziale critico e la forza estetica. L’Arsenale presenta anche opere degne di nota e la cura impressa da Rugoff alla mostra è pulita, in parte richiama con minor forza evocativa l’allestimento della Biennale di Gioni. Si segnalano le installazioni di Alexandra Birken con tante figure umane nere (ombre?) afflosciate su scale e travi, ilMicroworld di Liu Wei con lastre di acciaio composte in un conflitto di vuoti e di pieni dentro una grande stanza, le tristi fotografie di Soham Gupta (non a caso intitolate Angst), e quelle ad altissima definizione di Anthony Hernandez su mondi fatiscenti e discariche e materie povere; e ancora: le grandi ruote da autocarro rivestite di catene e sospese a mezz’aria di Arthur Jafa, che mostrano come la scultura possa essere anche lontana dai canoni soliti (anche quelli poveristici appunto)... Sono emergenze che non indicano però nuove strade, un comune sentire, altri scenari dove leggere il futuro. Forse la maggior coagulazione nel modo di vedere viene dai Paesi asiatici, e questo testimonia semmai come il dominio del mercato americano sia messo a dura prova anche nell’arte dal mondo cinese, indiano e giapponese.
Penso che con questa Biennale dovrebbe chiudersi un ciclo, che ha assecondato la dittatura dello spettatore cioè ne ha accarezzato gli istinti consumistici e ludici ma senza scavare nelle contraddizioni del nostro tempo anche prefigurando un dissonante ritorno alle forme e alla capacità tecnica di ordinarle. Al contrario di quel che pensa Baratta, se questa Biennale è diventata il modello per altre manifestazioni analoghe (ma non Documenta, per esempio), forse è il momento di fare scelte diverse e tornare al passato, a una Biennale-Kunsthalle dove il modello espositivo riviva in forme nuove. Del resto, Baratta sa bene che questa formula non è mai tramontata, si è soltanto dislocata su tutta Venezia, in una sinergia con altre istituzioni che aiuta la Biennale a fare risultato. In questi giorni si sono aperte in Laguna mostre di Burri, Baselitz, Scully, Forg, Kounellis, Immendorf, Gorky, Halley... Ridefinendo il modello, si deve tornare e riconoscere un ruolo centrale alla critica.
Avvenire