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La mostra a Rovigo. Nell'Arcadia di Renoir l'alba del Novecento

 

Pierre-Auguste Renoir, “Roses dans un vase”, 1900 (particolare) - Pierre-Auguste Renoir, “La Baigneuse blonde”, 1882. Pinacoteca Agnelli, Torino Pierre-Auguste Renoir, “Roses dans un vase”, 1900. Kunsthaus, Zurigo

La mostra ricostruisce in modo molto puntuale ed efficace questa dimensione di lunga portata della pittura di Renoir. In un certo senso l’artista è interprete ante litteram di quel fenomeno solitamente chiamato “ritorno all’ordine” – espressione un po’ sfortunata che suona come una Quaresima dopo un Carnevale – e che Bolpagni preferisce sostituire con il rappel à l’ordre di Cocteau, o meglio ancora con il “ritorno al mestiere” usato da de Chirico nella fase postmetafisica per contrassegnare il proprio desiderio di una pratica pittorica che guarda alla storia e che è certamente valido per un Renoir lettore, per scriverne più tardi una prefazione, del trattato di Cennino Cennini. L’artista francese infatti sente il bisogno di recuperare un gap culturale e tecnico, di rifondare la propria pittura su basi di una concretezza quasi arcaica. Questo conciso Grand Tour italiano, che da Venezia arriva a Palermo toccando Firenze, Roma, Napoli e la Calabria, ha esattamente questa funzione: il fatto poi che avvenga nella fase della piena maturità e non agli inizi della sua formazione gli consente un rapporto libero, da pari, con i modelli. In Italia Renoir scopre ciò che non poteva vedere al Louvre: la pittura veneta del Quattrocento di Carpaccio e il colorismo flamboyant di Tiepolo, il Raffaello affreschista, la pittura pompeiana. E scopre quella luce, lagunare o mediterranea, che a Parigi non c’è e che presto inseguirà trasferendosi, anche per ragioni di salute, nel Midi. Tutto questo si salda con il mai sopito amore per Ingres e quindi di Rubens a cui possiamo aggiungere più avanti la pittura guizzante e per segni dell’ultimo Delacroix. Il trait d’union con il momento impressionista, come sottolinea Bolpagni, è il problema «della luce, di come catturarla sulla tela: il tema è un altro, e concer il “metodo”, la via da seguire per raggiungere tale scopo». Non è un caso che l’esito sarà una pittura di sintesi, massiva, «fuori dal tempo » la definisce Bolpagni, lontana da sofismi simbolisti, compositivamente complessa e opulenta dal punto di vista cromatico. In mostra è rappresentata da un capolavoro assoluto, La bagnaise blonde della Pinacoteca Agnelli (1882), uno dei nudi più belli di tutto l’Ottocento, e da un nutrito gruppo di bagnanti. Allo stesso tempo non è un caso che approdi alla scultura, a cui l’artista si dedica incitato di Maillol. Renoir si riaggancia dunque al tema del classicismo che è una delle anime vere della cultura francese, ma lo fa con un approccio  anticlassico”, dove il mito del Mediterraneo e la forza delle forme prende il posto dei canoni e della mimesis. Una categoria di classicismo dunque che sarà propriamente novecentesca. È così che Renoir diventa un riferimento per gli artisti degli anni Venti e Trenta. Lo dimostrano i riscontri italiani, ben documentati in mostra, con de Chirico che si dichiara apertamente debitore del francese, ma anche di scultori come Marino Marini ed Eros Pellini, mentre è una piccola mostra nella mostra l’omaggio-riscoperta ad Armando Spadini. Non solo. C’è un Renoir che apre ulteriori prospettive attraverso generi di minore impegno e per questo campo per libere sperimentazioni come nature morte (qui messe a confronto con lavori più tardi di De Pisis, Tosi e Paulucci) e piccoli dipinti di paesaggi (a cui non sarebbe dispiaciuto vedere accostati gli analoghi di Sassu). Questi ultimi insieme a una serie di tardi ritratti femminili presentano tinte acide e forme liquide che sembrano aprire piste protoespressioniste. Ma è impossibile non pensare che la via tracciata verso il mito panico sarà poi percorsa dopo un fondamentale viaggio in Italia dal Picasso “richiamato all’ordine” (e tra l’altro collezionista del secondo Renoir) come pure da Matisse. D’altra parte anche nell’«eterna e soleggiata arcadia» di Renoir “ tout n’est qu’ordre et beauté, / Luxe, calme et volupté”.

avvenire.it

Arcadia a Roma, foto a Palazzo Firenze


ROMA - L'Arcadia, regione dell'Antica Grecia che occupava le alture al centro del Peloponneso, èla protagonista della mostra Arkadia, The Untold Tale del fotografo Nikos Mourkogiannis a Palazzo Firenze a Roma fino al 5 luglio con la sovvenzione della Regione del Peloponneso e con il sostegno e il Patrocinio dell'Ambasciata di Grecia e della SocietàDante Alighieri. L'esposizione saràinaugurata domani alle 18.30 presso la Galleria del Primaticcio. Mourkogiannis è nato ad Atene, Grecia e vive a Torino dove si è laureato in Comunicazione Visiva presso l'Istituto Europeo di Design (IED). Lavora come pubblicitario freelance. Ha collaborato con diversi registi alla produzione di spot pubblicitari e cortometraggi. La sua passione per la fotografia è cresciuta insieme al suo interesse per la sperimentazione visiva. La sua ultima mostra fotografica è stata ospitata a Washington e a New York.
ansa