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Nelle Langhe di Cesare Pavese Passeggiata nel sito Unesco sulle tracce dello scrittore, nato 110 anni fa a Santo Stefano Belbo

Langhe iStock. © Ansa


SANTO STEFANO BELBO - "Oggi vedevi la grossa collina a conche, il ciuffo d’alberi, il bruno e il celeste, le case e dicevi: è com’è. Come deve essere. Ti basta questo. E’ un terreno perenne. Si può cercar altro? Passi su queste cose e le avvolgi e le vivi, come l’aria, come un bava di nuvole. Nessuno sa che è tutto qui". Nel marzo del 1947 Cesare Pavese affidava alle pagine del suo diario, che divenne il libro “Il mestiere di vivere", l’amore profondo per le Langhe piemontesi, la terra dove era nato 110 anni fa. Lo scrittore ambientò i suoi romanzi più cari tra le colline ricoperte di vigneti e gli antichi borghi arrampicati sulle alture della sua terra, tra le Langhe della provincia di Cuneo, dal 2014 patrimonio dell’Unesco.
Una passeggiata nei luoghi cari allo scrittore che testimoniò la bellezza e la forza del territorio delle Langhe non può che cominciare nel luogo natio, Santo Stefano Belbo. «Immagini primordiali … mi si sono dischiuse in questi luoghi, anzi in questo luogo, a un certo bivio dove c’è una gran casa, con un cancello rosso che stride, con un terrazzo dove ricadeva il verderame che si dava alla terra e io ne avevo sempre le ginocchia sporche ». Sono le parole di Pavese all’amica Fernanda Pivano che descrivono la cascina di San Sebastiano, dove era nato e che oggi ospita un museo a lui dedicato. Qui sono esposti oggetti semplici, tra cui il letto, la scrivania, alcune fotografie e le pipe mentre da una portafinestra lo sguardo spazia sulla valle del Belbo. Fuori dalla casa un sentiero erboso costeggiato da pini conduce alla Gaminella, panoramica collina descritta ne “La Luna e i falò” come uno dei luoghi più suggestivi della zona, una collina grande «come un pianeta», dalla cui cima si ammira l’universo pavesiano: i crinali, i “ciglioni”, la cascina della Mora, la palazzina del Nido e la collina del Salto.
Nel borgo di Santo Stefano, dominato da una torre medievale, locali, murales e targhe sui palazzi ricordano la figura letteraria di Cesare Pavese: nel cuore del borgo è nata la fondazione a lui dedicata che, per promuovere il territorio e divulgare l’opera di Pavese, ha creato percorsi turistici e culturali da fare individualmente grazie alla segnalazione di cartelli affissi per le strade e i palazzi del borgo oppure con visite, accompagnati da guide locali. Nel centro-studi della fondazione si ammirano esemplari autografi, una collezione di volumi a lui dedicati e manoscritti, tra cui “Dialoghi con Leucò” che contiene il suo ultimo messaggio prima del suicidio. Fanno parte della fondazione anche la chiesa dei santi Giacomo e Cristoforo, auditorium usato per le conferenze e le mostre, e la biblioteca civica. Le passeggiate organizzate tra i luoghi di Pavese includono anche la stazione, dove partivano e arrivavano i suoi personaggi, e la collina di Moncucco, protagonista della poesia”I mari del Sud”: «Mio cugino ha parlato stasera. Mi ha chiesto se salivo con lui: dalla vetta si scorge nelle notti serene il riflesso del faro lontano, di Torino». Le visite guidate arrivano anche fuori Santo Stefano e, precisamente, sulla strada per Canelli, dove sorge la casa museo di Nuto, la «finestra sul mondo», bottega artigiana di Pinolo Scaglione, detto “Nuto”, co-protagonista de “La luna e i Falò” e grande amico di Cesare Pavese, dove sono esposti numerosi oggetti in legno, opere e fotografie dello scrittore.
Costeggiando il torrente Belbo, si attraversa una piana circondata da lunghe file di pioppi fino a Cossano Belbo, dove, nel romanzo “La Luna e i Falò”, andarono ad abitare i genitori adottivi di Anguilla. Nel borgo, amato anche dallo scrittore Beppe Fenoglio, ci sono la fontana dello Scorrone, che Pavese chiama «Scarrone», e la panoramica chiesa della Madonna della Rovere, da dove si ammira tutta la vallata. 
Proseguendo verso sud si arriva a Castino «un paese sempre battuto da un vento frizzante e di là si vedono fumi lontani, piccini, nei vapori. Verso sera, specialmente, pare di essere in cielo». Dal borgo la vista sulla valle con il sinuoso profilo delle colline è ampia e piacevole. «Mentre andavo rimuginavo che non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto». Lo scriveva Cesare Pavese sempre ne “La Luna e i Falò”, narrando delle vigne, protagoniste delle Langhe, oggi da scoprire camminando tra i filari, pedalando in mountain bike su e giù per le colline, visitando borghi e castelli e riposandosi nei ristoranti e nelle vecchie osterie, degustando gli ottimi vini e gli strepitosi piatti del territorio.

Informazioni e prenotazioni delle visite: www.fondazionecesarepavese.it

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