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A Ercolano tra domus e giardini pensili Il 22 e 23 visite guidate e performance teatrale al sito

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ERCOLANO (NAPOLI) - Giardini delle domus aperti al pubblico, visite ad installazioni e performance teatrale al Decumano Massimo: così il Parco archeologico di Ercolano celebra sabato 22 e domenica 23 settembre le Giornate europee del Patrimonio, evento promosso dal Mibac nei musei e nei luoghi della cultura. Per l'occasione vi sarà un ampliamento del percorso di visita verso il giardino della Casa del Tramezzo di Legno e quello pensile della domus del Rilievo di Telefo, quest'ultima ritenuta di proprietà di Marco Nonio Balbo il famoso patrono di Ercolano stretto collaboratore di Augusto. Da questa terrazza, aperta in via eccezionale per le Giornate del Patromonio in attesa di prossimi restauri, sarà possibile ammirare la facciata esterna della casa, un tempo protesa sul mare, ''decorata in modo da suggerire colonnati sovrapposti come quelli che solo un palazzo principesco poteva vantare'' spiegano dal Parco archeologico.
    Ma non è tutto. Il Parco offrirà anche visite guidate alla mostra Expanded Interiors nell'ambito dell'iniziativa Maiuri Pop: un'installazione, allestita dall'artista Catrin Huber presso la Casa del Bel Cortile, dove il rapporto tra i rinvenimenti degli scavi dell' archeologo Amedeo Maiuri sono interpretati in chiave contemporanea con una suggestiva declinazione al femminile.
    La sera del 22 settembre, a partire dalle 20.00 e fino alle 23.00 (ultimo ingresso alle 22.20) si potrà visitare il Parco arricchito da illuminazioni e suggestioni visive, con performance teatrale al Decumano Massimo e proiezioni video in due luoghi del sito. Il biglietto di ingresso sarà di un euro.
    Per info su orari e costi: ercolano.beniculturali.it 

Ritrovate Historiae di Seneca il Vecchio La scoperta della papirologa e ricercatrice Valeria Piano

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ERCOLANO - Ritrovate a Ercolano le Historiae di Seneca il Vecchio. Autrice dell'eccezionale scoperta, annuncia il direttore della Biblioteca nazionale di Napoli Francesco Mercurio, è una giovane papirologa e ricercatrice dell'Università Federico II di Napoli, Valeria Piano, che ha riconosciuto il testo nel P. Herc. 1067, uno dei più noti papiri di Ercolano conservato nell'Officina dei Papiri Ercolanesi.
    Della Historiae ab initio bellorum civilium di Seneca il Vecchio non esisteva finora alcuna notizia diretta di tradizione manoscritta. La Piano ha impiegato un anno nella ricomposizione degli scampoli, tutti catalogati con lo stesso numero di inventario e dunque provenienti dallo stesso rotolo. Gli studi e le analisi eseguite sui 16 pezzi, sul loro contenuto e sui calcoli cronologici, hanno condotto alla certa attribuzione dell'opera di Seneca il Vecchio che racconta i primi decenni del principato di Augusto e Tiberio (27a.C.-37d.C.). Il riconoscimento è stato accolto positivamente anche da altri studiosi e paleografi.
    Il P. Herc. 1067 è conosciuto come Oratio in Senatu habita ante principem e finora si riteneva conservasse un discorso di tenore politico composto da Lucio Manlio Torquato e pronunciato in Senato al cospetto dell'imperatore. L'attribuzione a Seneca il Vecchio, oltre a restituirci parte di un'opera finora ritenuta persa, conferma quanto la Villa dei Pisoni con la sua biblioteca fosse un vitale centro di studi fino a poco prima dell'eruzione del Vesuvio. I papiri carbonizzati di Ercolano riservano così un'altra straordinaria scoperta, mostrando come nella villa dei Pisoni vi fosse l'opera di uno dei grandi assenti della letteratura latina.
    Dal Mibact arriva la soddisfazione del dg biblioteche e istituti culturali Paola Passarelli, che parla di "segnale positivo di come fare sistema possa portare a questi risultati ed uno stimolo incoraggiante a proseguire in questo senso". Il binomio tutela e ricerca, commenta a sua volta il segretario generale del Mibact Carla di Francesco, "porta oggi un risultato straordinario e restituisce al mondo un'opera della letteratura latina finora ritenuta perduta".

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Archeologia. Ercolano, i papiri si leggono... virtuali

Uno dei papiri di Ercolano, il cui contenuto è stato letto in modo virtuale, 
senza la necessità di srotolarlo.
Leggere i papiri di Ercolano è una missione che impegna tutte le branche della scienza: medicina, elettrotecnica, radiologia, filologia, fisica hanno da tempo stretto una sorta di sacro patto con l’archeologia per arrivare al cuore dei fogli che la valanga di fango e lava ha carbonizzato e chiusi strettamente. Una sfida che si protrae da decenni, mettendo alla prova ingegno e creatività, tecnologie e pazienza in un percorso che è avanzato al pari delle intuizioni e delle applicazioni di macchinari ideati per altro. Da Raimondo di Sansevero alla macchina srotolatrice dell’abate Antonio Piaggio, dalle università, ai musei di tutto il mondo alla Nasa. Culla è l’Officina dei Papiri 
ad Ercolano. 

E ora il progetto di recupero dei 450 papiri non letti si arricchisce di una nuova tappa. Ieri è stato presentato all’Università Federico II di Napoli un procedimento tra i più recenti e raffinati per poter srotolare, senza toccarli, e quindi leggere i papiri ercolanesi in maniera non invasiva: la tomografia a raggi X a contrasto di fase, utilizzata a Grenoble dall’Esrf (European Synchrotron Radiation Facility), la struttura europea per la luce di sincrotrone. Descritto su Nature Communications, il risultato si deve al gruppo coordinato dal fisico Vito Mocella, dell’Istituto per la Microelettronica e Microsistemi (Imm) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Napoli, in collaborazione con i ricercatori del Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese (Cnrs), dell’università tedesca Ludwig Maximilian e dell’Esrf. A rendere complicata la lettura, spiega Mocella, è l’inchiostro utilizzato, costituito prevalentemente da nerofumo la cui densità è praticamente identica a quella del foglio di papiro carbonizzato dall’eruzione, rendendo impossibile l’utilizzo di tecniche a raggi-X classiche. Il nuovo metodo utilizzato si è rivelato invece efficace per distinguere i due materiali. 

I 2 mila papiri rinvenuti ad Ercolano - sepolta con Pompei, Oplonti e Stabia dall’eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79 d.C. - sono ciò che rimane dell’unica biblioteca dell’antichità giunta a noi. Scambiati per pezzi di legno carbonizzato, alcuni furono usati come combustibile per riscaldare i condannati ai lavori forzati addetti agli scavi. Era l’ottobre del 1752 e l’opera di rinvenimento dell’antica città di Ercolano, voluta da Carlo di Borbone, era in atto da 14 anni. 

L’elegante Villa dei Papiri era una delle tante abitazioni patrizie di Ercolano affacciate sul mare. Apparteneva a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare ed acerrimo nemico di Cicerone, e fu un centro filosofico di rilievo legato al mondo epicureo. 
Gli esperimenti dell’èquipe di Mocella sono stati condotti su due papiri conservati a Parigi presso l’Institut de France. I bordi delle lettere, spiega Mocella, «deviano la luce e diventano leggibili nelle immagini ottenute». In questo modo «sono state individuate alcune parole e tutte le lettere dell’alfabeto greco che hanno consentito di avanzare delle ipotesi sia sul periodo dello scritto (I secolo avanti Cristo) che sull’autore: si tratterebbe di uno scritto dello stesso Filodemo e destinato alla scuola da lui fondata». 

La ricerca ha permesso di scoprire anche la 'ricetta' precisa dell’inchiostro usato nei papiri: acqua, gomma arabica e nerofumo. Individuare le percentuali esatte, sottolinea Mocella, sarà cruciale per migliorare la tecnica e calibrare l’energia del fascio di luce da usare. E, annuncia, in primavera saranno condotti altri test e saranno sviluppati nuovi algoritmi per l’analisi dei dati.
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