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Etruschi, artigiani raffinati e innovativi. Nei musei archeologici di Tarquinia e di Cerveteri, patrimonio dell’Unesco

la coppa di Eufronio, esposta nel museo archeologico di Cerveteri © ANSA

CERVETERI - Etruschi maestri artigiani. Nuove prospettive da Cerveteri e Tarquinia: è la mostra che i musei archeologici delle due cittadine del Lazio settentrionale ospitano fino al 31 ottobre e che raccontano con l’esposizione di pezzi d’arte unici al mondo la loro raffinata e innovativa abilità artigianale, in particolare nella produzione metallurgica e tessile. La doppia esposizione, a cura di Andrea Cardarelli e Alessandro Naso e organizzata dal Polo museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli, è una straordinaria opportunità per scoprire i musei - palazzo Vitelleschi a Tarquinia e castello Ruspoli a Cerveteri - e le necropoli delle due antiche città etrusche, strettamente connesse. 
I nomi di Cerveteri e di Tarquinia, infatti, sono uniti storicamente agli Etruschi e alla loro millenaria cultura grazie ai tanti reperti archeologici rinvenuti e alle testimonianze epigrafiche accumulate nei secoli in entrambe le cittadine. Questa peculiarità è valsa alle necropoli di Cerveteri e di Tarquinia la tutela dell’Unesco, che 15 anni fa le ha inserite nella lista del patrimonio culturale dell’umanità.
Gli Etruschi abitarono questo territorio, tra Lazio e Toscana, dal IX secolo a.C.; la loro cultura raggiunse il culmine nel VI secolo a.C. prima di scomparire sotto il dominio della civiltà romana. I siti archeologici e le necropoli delle due città hanno consentito agli studiosi di conoscere e di approfondire la storia etrusca e di apprezzare la loro arte attraverso reperti, vasi, statue, tombe, gioielli, iscrizioni e decorazioni. Molte opere sono visitabili tutto l’anno nelle necropoli e nei musei archeologici, ma oggi nell’esposizione aperta da martedì a domenica, dalle 8.30 alle 19.30 in entrambe le sedi, è possibile ammirare oggetti di raro pregio, come per la prima volta il corredo della tomba tarquinese con la cenere situla, una specie di vaso cilindrico del VII secolo a.C. recante il nome in caratteri geroglifici del faraone Bocchoris; o la tromba-lituo, uno scudo e una scure in bronzo finemente decorati; oppure, ancora, il famoso calice “cratere di Euphronios”, e una prestigiosa spada e un elmo bronzeo della prima età del Ferro, esposti accanto a due campioni, realizzati secondo le antiche tecniche degli etruschi, riprese in un video che mostra le diverse fasi della produzione.
Oltre alla mostra sull’artigianato etrusco, che mette in risalto l’alta qualità e la straordinaria perizia raggiunta dagli artigiani nella loro produzione metallurgica e tessile, è stata organizzata fino al 7 settembre la rassegna “Immaginario etrusco” con musica, arte, teatro, visite a tema e spettacoli che celebrano i 15 anni di tutela dell’Unesco e che aiuta a conoscere meglio Cerveteri e Tarquinia con i loro musei e le misteriose necropoli.
Civitavecchia separa le due cittadine: a nord, verso la Toscana, si arriva a Tarquinia attraverso lunghi tratti di vegetazione mediterranea e saline, che già nell’antichità rifornivano Roma e i borghi limitrofi. Alle spalle grandi e preziosi borghi d’arte, adagiati nell’entroterra con le loro chiese e basiliche, si susseguono a necropoli e a piccoli porticcioli di etrusca memoria, rendendo questo tratto di mare un suggestivo museo all’aperto. A sud, invece, c’è Cerveteri, a una trentina di chilometri da Roma. L’antica Caere etrusca è un’accogliente cittadina circondata da testimonianze etrusche e da grandi necropoli, in particolare dalla monumentale Banditaccia, la più imponente, nel tratto di terra tra il fosso Manganello e il fosso Vaccina, in direzione di Monte Romano.
ansa

“Etruschi Maestri Artigiani". Le più importanti testimonianze riunite nella mostra di Cerveteri e Tarquinia”

Tarquinia (VT), Necropoli di Monterozzi Tomba dei Leopardi; 

Nel 2004 le necropoli etrusche della Banditaccia a Cerveteri e dei Monterozzi a Tarquinia sono state inserite nelle liste del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Le grandi pitture murali di Tarquinia con scene di vita dai colori accesi e il paesaggio dei maestosi tumuli di Cerveteri che rivelano la devozione e il rispetto verso i defunti, testimonianza di un’unica antica e grande civiltà urbanizzata nell’Italia pre-romana, sono stati riconosciuti “capolavoro del genio creativo dell’uomo”. Per celebrare questo anniversario Edith Gabrielli, direttrice del Polo Museale del Lazio in cui dal 2018 rientrano le due aree archeologiche e i rispettivi musei, ha avviato un progetto complessivo di valorizzazione che vede nell’inaugurazione della mostra “Etruschi Maestri Artigiani. Nuove prospettive da Cerveteri a Tarquinia” una prima fase del rinnovamento degli allestimenti che interessano il sito Unesco nella sua unitarietà. E a settembre il nuovo percorso nelle necropoli. I due centri sono inseriti nel programma di spettacoli, musica, teatro e visite a tema Art-city ‘19 organizzato da Marina Cogotti tra le necropoli e i musei a partire dal 4 luglio, data del riconoscimento Unesco, fino al 7 settembre. “Lavoriamo per il territorio, in armonia con gli enti locali – spiega Gabrielli alla presenza dei sindaci di Cerveteri e Tarquinia Alessio Pascucci e Alessandro Giulivi – L’obiettivo è il turismo internazionale ma non solo, occorre far riscoprire il patrimonio alla gente che abita accanto”.  

Due musei storici prestigiosi, il museo di Tarquinia ospitato in Palazzo Vitelleschi, capolavoro architettonico che vanta la compresenza di elementi gotici e rinascimentali, divenuto museo statale nel 1916, conserva straordinari capolavori della scultura etrusca in   terracotta come i “Cavalli alati” del santuario dell’Ara della Regina che decoravano  il frontone, rinvenuti nel 1938 durante gli scavi di Pietro Romanelli e il gruppo marmoreo di Mitra che uccide il toro asportato dalla Civita di Tarquinia e recuperato dall’Arma dei Carabinieri. Il Museo Cerite ospitato nella rocca della famiglia dei principi Ruspoli del XIII secolo, aperto nel 1967 e allestito dall’architetto Franco Minissi, conserva i corredi delle necropoli del Sorbo, di Monte Abatone, di Casaletti di Ceri  e del Laghetto, della Banditaccia. Fra i tesori ritornati a casa definitivamente, dopo essere rimasti per un po’ di Tempo a Villa Giulia due capolavori della ceramica attica a figure rosse di Eufronio, la Kylix finita al al Getty Museum di Malibù e il Cratere  con la morte di Sarpedonte rinvenuto negli anni Settanta in una tomba a camera in località Greppe Sant’Angelo restituito dal Metropolitan Museum di New York nel 2008. 
L’attenzione alla magia dei luoghi e all’unicità delle raccolte museali, si tratta di due musei importanti, dalle grandi potenzialità, così come ricche di prospettive sono le aree connesse archeologiche, hanno indotto a un approccio diverso. Non l’ennesima esposizione temporanea, ma una valorizzazione delle raccolte presenti nei musei integrate da pochi ma significativi prestiti tali da dare ulteriore senso ad alcuni contesti e specifici manufatti, affidate a due validi studiosi Andrea Cardarelli e Alessandro Naso (catalogo Artem). Che hanno riletto le raccolte esistenti ponendo particolare attenzione al loro aspetto tecnico, alla straordinaria perizia artigianale raggiunta dagli  etruschi nel corso del primo millennio a. C. Fermandosi in particolare sulla metallurgia della prima età del ferro per Tarquinia e la produzione tessile del periodo villanoviano per Cerveteri. Durante la prima età del ferro il campo metallurgico appare il più dinamico dei settori artigianali  raggiungendo livelli di notevole raffinatezza formale con produzioni varie e decorazioni realizzate a cera persa. La tomba di guerriero di Monterozzi 3 della necropoli delle Arcatelle ha restituito oggetti di particolare interesse. Coma la fibula serpeggiante  “a due pezzi” e la spada con manico fuso ad antenne realizzato a parte. Proviene da una tomba femminile della stessa necropoli il carrello cultuale in bronzo che inscenava il movimento del carro del sole.  
Gli etruschi mostravano competenze talmente elevate che a Roma all’epoca di Tarquinio Prisco che secondo la tradizione regnò dal 616 al 579 a. C. vennero commissionate opere a scultori etruschi. Una fama che giunse anche in Grecia se nella seconda metà del V sec. a. C. il commediografo Ferecrate celebrò  “gli etruschi esperti della tecnica che producono oggetti di ogni tipo”. Riferimenti validi non solo per oggetti di bronzo, come trombe o candelabri, ma anche per le scarpe. In particolare i sandali femminili dalle alte suole, oggi ultima moda, che venivano rivestite di lato da lamine di bronzo decorate a sbalzo con scene figurate. Quelle che Fidia adotta per la statua in avorio e oro di Atena nel Partenone dell’Acropoli di Atene. E per dare concretezza all’operazione, per far comprendere quante e quali competenze servano per produrre un oggetto artistico o di artigianato è stato deciso di riprodurre come oggetti campione alcuni manufatti di bronzo che rivestono un particolare significato per prestigio  e  valenza socio-economica, come un elmo e una spada. Tutta l’operazione è stata ripresa in un video visibile in sala.
In mostra prestiti veramente eccezionali  come i pezzi dei Musei Vaticani che tornano per la prima volta nel luogo in cui furono trovati. Oggi sono conservati nella seconda sala del Museo Gregoriano Etrusco dei Vaticani dedicata interamente alla Tomba Regolini Galassi, cosiddetta dai nomi del generale Vincenzo Galassi e dell’arciprete Alessandro Regolini che la scoprirono  in uno scavo 1836- ’37  nella necropoli del Sorbo a sud di Cerveteri.  Una tomba in parte intagliata nel tufo e in parte costruita a blocchi squadrati e chiusa da una falsa volta, coperta da un tumulo di terra.  E ricchissima,  certa la presenza di due defunti, una donna di rango principesco nella cella terminale, un uomo, cremato, nella cella di destra. Ha restituito resti bronzei del trono, una fibula d’oro, una biga, una serie di scudi da parata e del vasellame di argento. E sono questi oggetti in argento, anforette, coppe, Skyphos più un prezioso pendente trapezoidale in oro, decorato a sbalzo e granulazione ad essere in mostra nella prima sala del Museo Cerite. Vengono dai Vaticani anche il calice smontabile in bucchero e l’oinochoe fenicia in bucchero rinvenuti nel 1869 nella necropoli della Banditaccia nella tomba Calabresi, cosiddetta dal nome dello scavatore. 
Dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia  viene la splendida “Hydria Ricci”, rinvenuta alla Banditaccia, il vaso che conteneva l’acqua che andava miscelata al vino nel cratere. Uno dei capolavori assoluti della produzione ceretana che rimanda alla pratica del simposio, a Dioniso e alla coltivazione della vite come opera di civilizzazione. E’ un prestito del Museo Diocesano “Carlo Chenis” di Tarquinia il busto reliquiario di San Teofanio con lo stemma di Bartolomeo Vitelleschi, mentre dal Convento di San Francesco viene il busto reliquiario di S. Agapito.
Museo Nazionale Archeologico Cerite Piazza Santa Maria Cerveteri tel 06-69941354 - Necropoli della Banditaccia – Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia Piazza Cavour 1 tel.0766- 856036 - Necropoli di Monterozzi . Orario: da martedì a domenica 8.30 – 19.30, fino al 31 ottobre 2019. Informazioni: www.art-city.it 
qaeditoria.it

segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - Turismo Culturale

A Tarquinia la più antica tomba etrusca dipinta

È stata scoperta a Tarquinia ( Vt) la più antica tomba dipinta nella necropoli dei re e principi etruschi – definiti dalle fonti antiche «lucumoni» – del VII secolo a.C. Il ritrovamento è avvenuto durante la terza campagna di scavi dell’Università degli Studi di Torino e della soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, coordinata da Alessandro Mandolesi.
Le ricerche hanno portato alla luce un imponente accesso, con larga gradinata a cielo aperto, relativo al più grande tumulo funerario di Tarquinia di età orientalizzante, detto «della Regina» (ovvero dei decenni centrali del VII sec. a.C.), che con quello «del Re» costituisce una maestosa coppia di sepolcri.
Attraverso questo ingresso gli archeologi sono arrivati alla tomba di un personaggio di spicco della comunità, di rango probabilmente reale. Il locale è in gran parte rivestito di un consistente intonaco bianco in gesso alabastrino, secondo una modalità nota a Cipro, in Egitto e nell’area siro-palestinese.
L’intonaco ha restituito tracce di pitture costituite da una fascia orizzontale di colore rosso, che doveva svilupparsi su tutti i lati dell’ingresso, sopra la quale si individua, al momento, una raffigurazione di incerta lettura, che potrebbe essere un animale dalle valenze religiose. I labili dipinti sono ottenuti secondo la più antica tecnica pittorica (assimilabile alla tempera) ricordata dalla storiografia artistica (in particolare da Plinio il Vecchio), inventata in Grecia fra l’VIII e il VII secolo a.C. Le fonti antiche citano la presenza a Tarquinia, nel VII secolo a.C., di importanti personaggi stranieri pienamente inseriti nel tessuto sociale. Fra questi è noto il ricco mercante greco Demarato di Corinto che, sposatosi con una nobildonna locale, era ritenuto il padre del re di Roma Tarquinio Prisco.
Se il prosieguo degli scavi confermerà la datazione dei decori, si tratterebbe appunto della più antica manifestazione di pittura funeraria tarquiniese.
Questa scoperta si aggiunge all’altra molto importante avvenuta lo scorso anno, con il ritrovamento della più antica tomba etrusca a due camere affiancate (la cosiddetta Tomba Gemina), destinata ad accogliere le spoglie di due nobili personaggi, morti forse contemporaneamente per un tragico evento.
Le ricerche si inseriscono all’interno del progetto «Via dei Principi» destinato alla valorizzazione turistico­culturale dei tumuli monumentali della necropoli di Tarquinia.
avvenire 6 agosto 2010