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Le mostre di Pasqua, da Leonardo al tatuaggio. A Roma Raffaello, Tiziano e Rubens, a Milano Pascali


Dal genio di Leonardo ai capolavori di Raffaello, Tiziano e Rubens, da Pascali alla storia del tatuaggio: sono alcune delle mostre della settimana di Pasqua.

TORINO - Ai Musei Reali dal 28 marzo al 30 giugno "L'autoritratto di Leonardo.

Storia e contemporaneità di un capolavoro": l'esposizione presenta oltre 60 opere, delle quali 15 originali di Leonardo, tra cui spiccano 6 fogli del Codice Atlantico realizzati in Francia, nel periodo in cui disegnava il suo celebre Autoritratto. Arricchito da numerosi prestiti, e con testimonianze originali dell'attività di Leonardo negli ultimi anni della sua vita, il percorso è completato da una nutrita selezione di dipinti, disegni, incisioni, matrici calcografiche e fotolitografie che documentano la fortuna del celebre disegno di Torino.

ROMA - Si intitola "Raffaello, Tiziano, Rubens. Capolavori della Galleria Borghese a Palazzo Barberini" la mostra che segna l'inedita collaborazione tra le Gallerie Nazionali di Arte Antica e la Galleria Borghese: dal 29 marzo al 30 giugno infatti 50 dipinti della Pinacoteca della Galleria Borghese saranno esposti nell'Ala Sud del piano nobile di Palazzo Barberini. Tra i dipinti esposti, alcuni capolavori assoluti, quali il Ritratto d'uomo di Antonello da Messina, il Ritratto di giovane donna con unicorno di Raffaello, Susanna e i vecchioni di Peter Paul Rubens, l'Amor Sacro Amor Profano di Tiziano.

Fino al 22 aprile alle Case Romane del Celio "Fiero di te.
Opere di Emilio Conciatori", a cura di Romina Guidelli e Tanja Mattucci. La mostra, primo omaggio all'artista che con la luce "divina" e i colori ipnotici delle sue tele conquistò persino Hollywood (tanto che Stanley Kubrick volle che fosse proprio lui a creare la prima locandina del film "2001: Odissea nello spazio"), riunisce 10 opere appartenenti all'ultima produzione di Conciatori.

MILANO - "Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo", dal 28 marzo al 28 luglio al Mudec e a cura di Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni, racconta la lunga storia del tatuaggio. Dalla preistoria al contemporaneo, il percorso ha un taglio antropologico che guarda all'Italia e all'area del Mediterraneo, e presenta reperti originali o riproduzioni e proiezioni di fotografie e filmati percorrendo oltre 7mila anni di storia umana.
Dal 28 marzo al 23 settembre alla Fondazione Prada un'ampia retrospettiva su Pino Pascali, a cura di Mark Godfrey.
Articolato in 4 sezioni, il percorso include 49 opere di Pino Pascali, 9 lavori di artisti del secondo dopoguerra; una selezione di fotografie e un video che ritraggono l'artista con le sue opere.

VENEZIA - A Le stanze della fotografia dal 28 marzo all'11 agosto la mostra "Out of focus", che presenta gli ultimi dieci anni di ricerca fotografica dell'artista Patrick Mimran attraverso 30 fotografie inedite e mai esposte in Italia.
Sempre il 28 marzo apre anche "Helmut Newton. Legacy" (fino al 24 novembre), l'ampia retrospettiva curata da Matthias Harder e Denis Curti che ripercorre la vita umana e professionale del grande fotografo.

ORANI (NU) - Al Museo Nivola "Chimere", prima personale di Siro Cugusi in una istituzione italiana. A cura di Luca Cheri e Camilla Mattola, allestita dal 30 marzo al 3 giugno, la mostra è un viaggio nella produzione più recente dell'artista, caratterizzata da grandi tele che rivisitano i generi tradizionali del paesaggio, della natura morta, del nudo e del ritratto.

ALESSANDRIA - A Palazzo Monferrato fino al 6 ottobre "Alessandria Preziosa. Un laboratorio internazionale al tramonto del Cinquecento", a cura di Fulvio Cervini: articolata in 7 sezioni, e realizzata in collaborazione con gli Uffizi di Firenze, la mostra svela la civiltà creativa tra Cinque e primo Seicento della città e del suo territorio, focalizzandosi in particolare sulle arti suntuarie, a ridosso dell'avvento del Manierismo internazionale negli anni della Controriforma cattolica.
ansa.it

Alla Venaria All'ombra di Leonardo, arazzi e cerimonie papali. Con i Musei Vaticani. In mostra il baldacchino di Clemente VII

TORINO - La Reggia di Venaria inaugura la nuova stagione con la mostra All'ombra di Leonardo, Arazzi e cerimonie alla corte dei papi, organizzata dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude in collaborazione con i Musei Vaticani.
    La mostra, aperta al pubblico dal 21 marzo e fino al 18 giugno presso le Sale delle Arti, raccoglie opere provenienti, oltre che dai Musei Vaticani, dal Palazzo del Quirinale, dal Museo di Roma, dai Musei Reali di Torino, dal Museo Diocesano Tridentino, dalla Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli di Milano e da diverse collezioni private.
La mostra, a cura di Alessandra Rodolfo ed Andrea Merlotti, consente di fare un viaggio fra le più importanti cerimonie papali come la Lavanda dei piedi e la Coena Domini che si svolgevano il Giovedì Santo nel cuore del Palazzo Vaticano. In mostra ci sono il prezioso arazzo raffigurante l'Ultima Cena di Leonardo e l'arazzo per il dossale del baldacchino papale, disegnato per Clemente VII dagli allievi di Raffaello. A quarant'anni di distanza dalla sua ultima esposizione l'imponente baldacchino viene ricostruito in mostra. C'è anche il grande arazzo raffigurante Gesù che lava i piedi agli Apostoli, donato da Napoleone a papa Pio VII, mentre la brocca usata da Carlo Felice e Carlo Alberto di Savoia, ora nei depositi dei Musei Reali di Torino, è associata a due analoghe provenienti dalla Sagrestia Pontificia.

    "E' una mostra prestigiosa non solo per la preziosa collaborazione con i Musei Vaticani, ma anche perché occasione imperdibile per ammirare da vicino capolavori unici che consentono di conoscere rituali e cerimonie ricchi di simboli e significati lontani nel tempo" commentano Michele Briamonte e Guido Curto, presidente e direttore generale del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude.
    Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, sottolinea "la collaborazione importante fra le due istituzioni nel periodo quaresimale incentrata su due opere significative per la storia delle collezioni pontificie".

ansa.it


Arte. Leonardo: il segreto della Vergine delle Rocce è sulla punta del dito


Un volume di Andrea Dall’Asta rilegge il dipinto leonardesco della “Vergine delle Rocce” a partire dall'intrigante domanda: cosa sta indicando davvero l’angelo con la mano?


Leonardo da Vinci, “Vergine delle Rocce” (1483-1486), olio su tavola, particolare. Parigi, Louvre / WikiCommons

Molto si è detto e si è letto in questo anniversario leonardesco. Molta retorica (il “genio”), tanto sensazionalismo, altrettanto sfruttamento commerciale. Meno, o meno visibile nella massa delle proposte, l’aderenza alla realtà che è soprattutto storia e rigore. Ed è proprio sul filo della chiusura del cinquecentenario che arriva una delle proposte più interessanti e convincenti di rilettura di uno dei capolavori di Leonardo: perché è calata nei problemi del tempo, è teologicamente consapevole e fondata, e soprattutto è una chiave di lettura attraverso la quale tutti i pezzi del puzzle, anche quelli già “trovati”, finiscono al loro posto. È l’indagine iconografica sulla Vergine delle rocce offerta da Andrea Dall’Asta in La mano dell’angelo (Àncora, pagine 80, euro 17,00). Il volume sarà in libreria dal 19 novembre, ma il gesuita presenterà i risultati della sua ricerca questa sera al Centro San Fedele di Milano nell’incontro “La Vergine delle rocce di Leonardo da Vinci. Il segreto svelato” (nell’occasione saranno disponibili alcune copie del volume). 


Esistono due versioni della Vergine delle rocce. La prima, ora al Louvre, è certamente di mano di Leonardo, ma la sua storia appare sfuggente. L’altra versione, ora alla National Gallery di Londra, che presenta variazioni iconografiche, è forse più documentata, ma la completa paternità di Leonardo è dibattuta. Dall’Asta ricostruisce la storia delle due versioni e si concentra poi sul dipinto del Louvre e le interpretazioni formulate in questi ultimi decenni: l’episodio evangelico della Visitazione? L’incontro tra Gesù e il Battista al ritorno dalla fuga in Egitto, come riportato da fonti letterarie? O ancora sarebbe da mettere in relazione alle visioni di un mistico francescano, il beato Amedeo Mendes da Sylva, sostenitore delle tesi dell’Immacolata Concezione? Il dipinto infatti fu commissionato da parte della Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione, con sede nella chiesa di San Francesco Grande (demolita da Napoleone), officiata dai frati minori. Nel contratto firmato da Leonardo è richiesto di rappresentare una Madonna col Bambino. È un punto importante. 


L’intuizione di Dall’Asta è semplice, ma così forte da sbalestrare l’abitudine del nostro sguardo sul dipinto. L’angelo a fianco di Maria con l’indice della mano destra non indicherebbe il Battista, il precursore, l’ultimo e il più grande dei profeti, come si è sempre affermato. Una lettura che muove il dipinto verso una riflessione sulla passione e sulla morte di Cristo (il Battista è colui che riconosce Gesù come l’Agnus Dei che toglie il peccato del mondo). Così facendo la Vergine passa in secondo livello rispetto al piano percorso dai vettori Angelo-Battista-Gesù. Ecco il punto. Per Andrea Dall’Asta l’angelo dal volto dolcissimo indicherebbe il grembo di Maria. «È questo un dettaglio che non è mai stato osservato – commenta Dall’Asta – forse perché non sempre prestiamo oggi attenzione agli aspetti teologici e biblici o semplicemente perché non abbiamo più le categorie interpretative per riflettere su un’immagine sacra. Se guardiamo infatti la sua mano ci accorgiamo che questa è vista leggermente di scorcio, orientata verso il grembo di Maria, e non verso il Battista. Se la mano indicasse il Precursore dovrebbe essere vista di profilo, come quando come quando indichiamo con sicurezza un oggetto di fronte a noi. Insomma, l’indice della mano dell’angelo non è perpendicolare al Battista, ma leggermente ruotato, in quanto sta indicando il grembo della Vergine». 


Ricalibrando l’oggetto della deissi, molti interrogativi ritrovano congruenza. Al centro del dipinto è collocato il grembo della Vergine, la caverna simbolica della nascita, il luogo dell’Incarnazione, il nucleo di senso per cui ogni altro elemento assume ora significato. Come scrive Dall’Asta: «La relazione Grotta-Grembo della Vergine è ora immediata. Se l’angelo indica infatti il grembo materno, è per significare che il grembo di Maria è la vera grotta, la caverna della fecondità, il luogo dell’Incarnazione. Quella grotta è lo spazio dell’origine, degli “inizi”. Maria, la fanciulla benedetta sin dal ventre materno, è colei che genera e nell’oscurità di una caverna, nel ventre verginale di una donna, Dio nasce. La redenzione si origina da quel ventre da cui viene alla luce il figlio di Dio. Avvolta dal mantello stesso del cielo che copre la scena nello sfondo, specchio del firmamento celeste, quella fanciulla è la Madre». Certo, la critica ha più volte notato come il ventre della Vergine abbia una centralità nel dipinto, ma il fatto che l’angelo lo indichi come luogo del “mistero” chiarifica ed esplicita.

Il luogo del mistero non è il Battista, ma quel grembo materno. Leonardo non ha allestito, senza necessariamente escluderla, la messa in scena di una storia, quanto piuttosto elaborato una vera e propria riflessione teologica. Da questa intuizione, il gesuita nel volume fa discendere il senso del paesaggio dei ghiacciai che si fondono in laghi e fiumi, del panneggio dorato che cinge il grembo di Maria, il perché del suo mantello aperto e del fermaglio con la pietra preziosa, dei fiori e delle piante presenti nella caverna. Anche il pilastro centrale che sorregge la grotta acquista un’inedita densità di senso. L’ultimo enigma: perché la mano dell’angelo è stata soppressa nella versione ora a Londra? I documenti tacciono. Secondo Dall’Asta la centralità del ventre di Maria potrebbe aver sollevato dubbi per l’ambiguità con i miti pagani legati al grembo della Madre Terra, ancora presenti in alcune zone della Lombardia nel XV secolo. D’altronde è stato questo il motivo per cui un secolo dopo è stata abolita l’iconografia tanto popolare della Madonna del latte. In ogni caso, il fascino dellaVergine delle rocce del Louvre resta intatto.

Avvenire

Enit Leonardo 500 in Australia



Enit continua la promozione di Leonardo da Vinci in Australia attraverso una nuova campagna social media. Terminate le 14 settimane di programmazione dello spot "Leonardo 500" di 30 secondi sul canale TV nazionale australiano SBS realizzato con la collaborazione del Comune di Milano, Enit Sydney ha appena avviato una campagna social media su facebook e twitter per la durata di 5 mesi attraverso post-focus con i luoghi e le destinazioni che hanno influenzato la vita di Leonardo.

Mini Guida Enit 
Pubblicata la nuova mini guida di 16 pagine titolata "A Beauty to Treasure" con contenuti creati ad hoc per il mercato dell' Oceania. La rivista fa parte di un inserto speciale all'interno della rivista specializzata nel lusso "Luxury Travel Magazine" (40mila lettori) e contiene approfondimenti speciali dedicati al cinquecentenario di Leonardo, ai principali eventi in Italia, alle regioni ed una cartina dell’Italia unica nel suo genere con tutti i siti Unesco. Oltre che nelle edicole, "A Beauty to Treasure" e’ disponibile nelle lounge di Qantas, Etihad, Emirates e Cathay, in 25.134 newsletter settimanali ed è a disposizione degli agenti di viaggi Virtuoso e in 2.700 hotel 5 stelle nelle capitali australiane. La rivista verrà distribuita anche durante World Routes Adelaide, l'evento di settore che riunisce compagnie aeree, aeroporti, i principali attori dell'industria dell'aviazione e del turismo e durante il New Zeland Italian Festival, l’evento Italiano più importante in Nuova Zelanda. “A beauty to treasure” è disponibile sia in versione cartacea che digitale.



Arte. Tutte le Madonne di Leonardo da Vinci

Leonardo da Vinci, particolare dalla "Madonna con il Bambino e sant'Anna" (Parigi, Louvre)

da Avvenire

Ha forse venti anni Leonardo quando, per i monaci di San Bartolomeo a Monte Oliveto, dipinge l’Annunciazione oggi custodita agli Uffizi. È un giovane artista, agli inizi della carriera, che dichiara i suoi debiti nei confronti del maestro Andrea del Verrocchio. Ma se ci fermiamo di fronte al prato sul quale plana il volo dell’angelo, ci accorgeremo di avere di fronte ai nostri occhi una natura percorsa da fremente energia.

Annunciazione

Quei fiori e quelle erbe hanno la vitalità di piante carnivore. Qui, in questa opera precocissima, è già presente il Leonardo studioso dei fenomeni naturali, attento a percepire e a dare immagine al respiro di quella gran macchina vivente che è per lui il mondo. Mentre nel paesaggio sullo sfondo (una prospettiva di montagne, una città, un golfo di mare), un paesaggio che diresti fatto di aria e di luce, c’è già un anticipo di quelli che saranno i fondali della Vergine delle rocce del Louvre
Nell’Annunciazione degli Uffizi, in questa giovanissima ragazza che riceve l’annuncio inconcepibile e ineffabile, vive anche una profonda riflessione teologica. Gli edifici delineati in prospettiva alle spalle della Vergine, mostrano una serie di conci di pietra tagliati e dislocati in modo da presentare verso di noi i loro angoli. È un riferimento al Salmo 118: «La pietra scartata dal costruttore è diventata testata d’angolo». Il momento del concepimento angelico è anche l’inizio della storia della Salvezza, prefigura l’avvento di Cristo Redentore.
Leonardo da Vinci, 'Annunciazione' (Firenze, Uffizi)
Leonardo da Vinci, "Annunciazione" (Firenze, Uffizi)

Adorazione dei Magi

Ed ecco l’Adorazione dei Magi degli Uffizi, la più celebre “incompiuta” nella storia dell’arte italiana. Era una pala d’altare commissionata a Leonardo dai monaci agostiniani di San Donato a Scopeti, a sud di Firenze. Leonardo concepì e mise in figura l’intera composizione, distribuì il partito delle luci e delle ombre, disegnò fin nei dettagli gli episodi dello sfondo. La tavola aspettava soltanto l’ultima stesura pittorica che avrebbe sepolto quello che oggi vediamo. Ma nel 1482 Leonardo lasciò Firenze per stabilirsi a Milano, attirato dalle occasioni di lavoro e di successo che quella grande città e soprattutto la potente ricchissima corte degli Sforza potevano offrirgli. A Milano Leonardo avrebbe potuto coltivare, sviluppare e almeno in parte realizzare quelli che erano i suoi interessi prevalenti: l’architettura, l’ingegneria strutturale e idraulica, la meccanica, lo studio dei fenomeni naturali. Avvenne così che l’Adorazione dei Magi rimase incompiuta.
Chi entra nella Sala di Leonardo agli Uffizi avrà l’impressione di avere di fronte un dipinto percorso come da una scarica elettrica, tale è l’intensità espressiva, emozionale e spirituale che l’opera trasmette. Leonardo immagina l’Adorazione come un gorgo di uomini, un tumulto di emozioni e di passioni che si raccolgono e si placano ai piedi della Vergine che presenta il suo bambino. La Madonna è il pilastro centrale della composizione, è il fulcro intorno al quale la storia degli uomini si compone; una storia rappresentata da una serie di volti intensi, come prosciugati e illuminati dallo Spirito. Sulla sinistra la figura di un vecchio uomo, calvo e avvolto in un mantello, rappresenta probabilmente Isaia, colui che aveva profetizzato, con l’avvento del Messia di Israele, il tempo della pace distesa su tutta la terra. Resta, ed è l’idea formidabile che abita l’Adorazione degli Uffizi, l’immagine della Madonna che sta al centro del tumulto della storia, lo domina e lo placa.
Leonardo da Vinci, 'Adorazione dei Magi' (Firenze, Uffizi)
Leonardo da Vinci, "Adorazione dei Magi" (Firenze, Uffizi)

La Vergine delle Rocce

Ed ecco, al vertice della vita e della carriera di Leonardo, la sua Madonna sicuramente più celebre. È la Vergine delle rocce, conosciuta in due versioni custodite l’una al Louvre, l’altra alla National Gallery di Londra. Fermiamoci di fronte alla tavola del Louvre. Sappiamo che Leonardo la dipinse per una cappella della chiesa milanese di San Francesco Grande, distrutta fra il 1483 e il 1490.
Leonardo immagina che la sua sacra conversazione avvenga in un ambiente roccioso, in parte in ombra in parte svelato dalla luce. Oltre i varchi aperti nelle rocce c’è un paesaggio infinito che slontana e si moltiplica in azzurre montagne e in distese equoree. All’interno si vede la Madonna che, con una mano sulla sua spalla, stringe a sé il piccolo Gesù inginocchiato. A destra c’è san Giovannino in atto benedicente e dietro di lui un angelo che con il gesto della mano e con l’indice puntato indica il Bimbo che la Vergine accarezza, come a dire che è lui l’Agnus Dei, qui tollit peccata mundi.
Di fronte a questa Madonna affettuosa e malinconica come presaga del destino del figlio, dentro questa grotta ombrosa in cui tuttavia è possibile scrutare l’infinitamente vicino delle erbe e dei fiori fra le rocce e l’infinitamente lontano delle remote montagne e dei laghi, non si può non concordare con quanto scrisse Bernard Berenson nei Pittori fiorentini del Rinascimento (1896): «Leonardo è l’unico di cui possa dirsi, e in senso assolutamente letterale: nulla egli toccò che non tramutasse in bellezza eterna».
Leonardo da Vinci, 'Vergine delle Rocce' (Parigi, Louvre)
Leonardo da Vinci, "Vergine delle Rocce" (Parigi, Louvre)

Il “Cartone di sant'Anna”

Si data agli inizi del Cinquecento il monumentale disegno su cartone raffigurante la Vergine con il Bambino e Sant’Anna che si conserva alla National Gallery di Londra. Di committenza incognita e destinazione altrettanto misteriosa forse è da riconoscere nell’opera che, esposta a Firenze alla Santissima Annunziata, riscosse un tale successo che – la testimonianza è di Giorgio Vasari – «nella stanza durarono due giorni d’andare a vederla gli uomini e le donne, come si va alle feste solenni».
È qui all’opera il celebre “sfumato” leonardesco, la sua capacità cioè di dissolvere la forma plastica nel medium atmosferico. Il tema dominante in questa Sacra Famiglia al femminile, è quello della Redenzione che la Vergine rappresenta e della Chiesa universale, Madre e Maestra, simboleggiata da sant’Anna, mamma di Maria e nonna di Gesù. Un mondo di affetti e di tenerezza stringe la scena in un gomitolo di sorrisi. È singolare come un uomo che non ha avuto famiglia come Leonardo, appaia nella sua pittura così sensibile alla rappresentazione degli affetti domestici e al miracolo della vita che si trasmette attraverso il succedersi delle generazioni.
Leonardo da Vinci, 'Madonna con il Bambino, sant'Anna e san Giovannino' (Londra, National Gallery)
Leonardo da Vinci, "Madonna con il Bambino, sant'Anna e san Giovannino" (Londra, National Gallery)

Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnello

È una riflessione che occupa una delle sue ultimissime opere. Siamo nell’ottobre del 1517. Leonardo è nel castello di Cloux ad Amboise, dove è ospite di re Francesco I di Francia. A questa data e in questo luogo si reca in visita allo studio di Leonardo il cardinale Luigi d’Aragona. Qui viene visto e descritto il dipinto con Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnello oggi al Louvre.
Come nel disegno monumentale di Londra ciò che interessa il pittore è la rappresentazione del cerchio di affetti che lega fra loro i tre sacri personaggi. Gesù Bambino cerca di abbracciare l’agnello simbolo del suo destino. La Madonna si sforza di trattenerlo. In questo momento essa è soltanto una mamma che vuole sviare dal figlio il presagio crudele. La Madonna è a sua volta trattenuta da sant’Anna che, figura della Chiesa, vuole che la Redenzione compia il suo corso. Ritorna sullo sfondo il paesaggio caro a Leonardo: azzurre rocce scoscese, distanze incommensurabili, distese equoree.
Quest’opera segna il congedo di Leonardo dal suo universo poetico. A me piace pensare che le immagini delle Madonne da lui dipinte in cinquanta anni di attività, abbiano attraversato la sua mente quando Leonardo si spegneva il 2 maggio dell’anno 1519.
Leonardo da Vinci, 'Madonna con il Bambino e sant'Anna' (Parigi, Louvre)
Leonardo da Vinci, "Madonna con il Bambino e sant'Anna" (Parigi, Louvre)

Arte. È mistero su che fine abbia fatto il Salvator Mundi attribuito a Leonardo

Il Salvator Mundi attribuito a Leonardo. Nel 2017 è stato pagato in asta 450 milioni di dollari

da Avvenire
Sembra essere stato inghiottito dalle sabbie del deserto il Salvator Mundi al centro di una molto controversa attribuzione a Leonardo e divenuto celebre soprattutto per essere stato battuto all’asta da Christie’s per 450,3 milioni di dollari nel 2017: un record assoluto.
L’opera è infatti attualmente “dispersa”. Il Salvator Mundi avrebbe dovuto essere esposto al Louvre di Abu Dhabi già a fine 2018. E nel 2019 sarebbe dovuto finire appeso alle pareti del museo madre parigino, ma da mesi non vi è più traccia di lui.
Secondo quanto riportato dal “New York Times”, proprio il Louvre francese non sarebbe in grado di “rintracciare" l'opera e che nemmeno ad Abu Dhabi sanno dove possa essere finita. Nulla anche dal presunto compratore (ufficialmente anonimo), il principe Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al-Saud, divenuto Ministro della Cultura saudita. Anche il dipartimento culturale degli Emirati si rifiuta di rispondere alle domande, così come l’ambasciata saudita a Washington.
Disperati gli esperti che hanno avvallato la mano leonardesca nel dipinto. «Tragico» ha detto Dianne Modestini, professore all’Istituto di Belle Arti della New York University che ha restaurato la tavola: «Privare gli amanti dell’arte dal vedere un capolavoro di tale rarità è profondamente ingiusto». Lo storico dell’arte di Oxford Martin Kemp ha descritto il Salvator Mundi come «una sorta di versione religiosa della Gioconda in cui è presente una forte affermazione dell’inafferrabilità del divino». E nemmeno lui ha idea di dove sia.
La scomparsa del Salvator Mundi, così misteriosa da far dire al New York Times che si tratta di un “intrigo internazonale”, è però destinata a riaccendere la disputa sulla sua autenticità leonardesca, alimentando le voci sul timore del nuovo proprietario di un controllo pubblico. I contratti per le case d’aste includono una garanzia di autenticità di cinque anni.

Parigi. Scoperto un disegno di Leonardo: è un San Sebastiano


Per gli esperti d’arte, quasi increduli, è una scoperta rarissima. A Parigi, è stato presentato per la prima volta pubblicamente un piccolo disegno a inchiostro di Leonardo da Vinci sul tema del martirio di san Sebastiano, opera giovanile (realizzata verosimilmente fra il 1482 e il 1485) scoperta per caso da un medico della provincia francese che desidera restare anonimo. L’uomo ha ritrovato il disegno fra le carte del padre, che l’avrebbe acquistato presso un libraio. La scoperta risale allo scorso ottobre. Di un valore stimato di 15 milioni di euro, il disegno sembrava destinato alla vendita presso una casa d’aste, ma lo Stato francese ha esercitato il proprio «diritto di prelazione», dichiarando il disegno «tesoro nazionale». Lo Stato avrà adesso 30 mesi di tempo per versare la contropartita milionaria al proprietario. Il disegno proviene quasi certamente da uno dei taccuini di Leonardo, come mostrano anche le dimensioni ridotte: 19,3 cm di altezza e 13 di larghezza. La presentazione è avvenuta presso la casa d’aste Tajan, che aveva chiesto una perizia a vari esperti dell’opera leonardesca, in particolare Carmen Bambach, specialista americana presso il Metropolitan museum of art di New York. Oltre allo stile, tipico di un artista mancino, a permettere l’autentificazione sono state anche due annotazioni sul retro del disegno, realizzate nella tipica «scrittura speculare» (facilmente leggibile tramite uno specchio) spesso impiegata dal genio.

Si tratterebbe dunque del terzo san Sebastiano ritrovato sugli 8 menzionati nel Codex Atlanticus redatto dallo stesso Leonardo. Per il ministero della Cultura francese, il disegno, in ragione anche di due schizzi abbozzati sul retro, rappresenta «un nuovo elemento nella conoscenza dell’evoluzione della composizione fra le serie dei san Sebastiano e delle esperienze scientifiche di Leonardo da Vinci». L’opera, confermano anche vari esperti, offre nuove informazioni sulla riflessione leonardesca sul tema, in vista di un quadro di cui non si sa nulla, neppure se sia mai stato realizzato.
Avvenire

Nasce il tour di Leonardo con Arezzo al centro

A spasso per l'Italia, sulle tracce di Leonardo. Per godere delle sue opere, ma anche per conoscere i luoghi in cui il grande genio del rinascimento italiano visse e lavoro'. Magari potendo entrare in una bottega 'virtuale' per vederlo dipingere, studiare, lavorare alle sue macchine. Con app e docufiction fatte apposta per iPhone e cellulari, quesiti leonardeschi da sciogliere per andare avanti nel percorso.

A meta' strada fra turismo culturale e parco giochi a tema, l'idea arriva da Silvano Vinceti, il presidente del Comitato che ha dato vita alla spettacolare e contestata ricerca delle ossa di Caravaggio. E che ora, nei cento anni dal furto della Gioconda al Louvre, scava a Firenze per trovare i resti di Lisa Gherardini, dai piu' ritenuta la modella di quel ritratto assurto a icona dell'arte italiana.

Il progetto e' in fase iniziale, si cercano ancora i finanziatori pubblici e privati, costo complessivo stimato 1,3 milioni di euro. Ma Vinceti, convinto di sfondare, pensa gia' in grande. Con Leonardo a fare da apripista per un nuovo business del turismo che, nelle sue intenzioni, dovrebbe estendersi via via ai tanti grandi della cultura e dell'arte italiana, da Dante a Caravaggio, da Leopardi a Manzoni con i turisti accompagnati in tour 'a tema' per le varie regioni della penisola.

Tant'e', 'Il 'Viaggio alla scoperta dei luoghi dove ha vissuto e creato Leonardo da Vinci', progetta Vinceti, dovrebbe coinvolgere non una, ma cinque regioni. Prima di tutto la Toscana, ma anche Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, seguendo la biografia del maestro. Nonche' diversi centri storici, da Vinci a Firenze, Arezzo, Milano, Pavia, Mantova, Venezia, Cesena, Cesenatico, Roma, Civitavecchia.

Localita' che secondo il progetto dovrebbero diventare tutte tappe fondamentali del nuovo viaggio di ''cultura vissuta'. Ad accogliere i viaggiatori, in ognuna di queste 'stazioni leonardesche', un film tv o una app che racconti una fase della sua vita e del suo lavoro. Con un corredo di riproduzioni, dai disegni agli schizzi, opere pittoriche, macchine, carte topografiche.

Oltre a ''sistemi interattivi che permettano al turista di fare tutte le domande e veder soddisfatta ogni curiosita''.
Si parte allora da Vinci, con il racconto di infanzia e gioventu', si segue Leonardo a Firenze, con i 'segreti della Gioconda' e 'Lo studio di Leonardo' nel Chiostro della Santissima Annunziata, poi a Milano con le macchine leonardesche e le altre meraviglie del Museo della Scienza, il Cenacolo, il Castello Sforzesco.

E via cosi': A Pavia il racconto di Leonardo fine conoscitore dell'anatomia umana, ad Arezzo Leonardo impegnato
nell'elaborazione delle prime carte topografiche, a Mantova la cronaca dell'incontro con Isabella D'Este, a Roma l'approfondimento degli studi filosofici, teologici, ermetici.

lanazione.it