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Turismo musicale, se le note fanno viaggiare. L'Italia è la meta preferita, tra concerti e grande classica

di Cinzia Conti

Volare negli States per ascoltare Riccardo Muti con la sua Chicago Simphony Orchestra oppure godersi Ligabue a Campovolo, correre a Napoli e Firenze per le memorabili direzioni di Zubin Mehta o raggiungere Verona per i 40 anni della Rimmel di De Gregori, spostarsi a Milano per bearsi di Roberto Bolle e Svetlana Zacharova nel balletto di gala conclusivo dell'Expo oppure andare a San Siro da Lorenzo.

    E' il turismo musicale, uno dei più culturali, esperienziali ed emozionali che si possano immaginare. Un turismo che in Italia è ancora un po' "acerbo" ma in altri Paesi (dalla Germania alla Austria alla Svizzera tedesca) sta vivendo un momento di grande maturità e fulgore. E quando sono le note a comandare, siano esse classiche, pop o jazz, l'Italia è la meta preferita.

    A fare il punto su turismo che scardina piacevolmente le consuete rotte turistiche e gli stanchi itinerari da catalogo, che fa vedere sotto luce nuove anche mete inflazionatissime, che destagionalizza l'offerta e la domanda e non conosce la crisi è un incontro organizzato a TTG Incontri da Sipario Musicale, tour operator specializzato nel settore da più di 20 anni in collaborazione anche con l'Accademia di Santa Cecilia di Roma, la più antica e prestigiosa d'Italia.

"Non ci sono ancora studi specifici ma secondo i dati raccolti dalla professoressa Sara D'Urso dell'università di Milano - spiega Andrea Cortellazzi, direttore Marketing di Sipario - si tratta di un piccolo ma potente popolo di 15 appassionati di musica classica e opera che vengono appositamente in Italia ogni anno e almeno 5 mila che vanno all'estero. Sono numeri che aumentano a dismisura se consideriamo la musica pop ma in quel caso di tratta di viaggiatori mordi e fuggi che poco fanno per l'indotto della destinazione scelta".

    In Italia purtroppo si è un smarrito quel grande culto della classica e del teatro che c'era una ventina di anni fa. Infatti il cliente tipo connazionale è abbastanza anziano, colto, benestante o addirittura big spender e fa del viaggio musicale una sorta di conferma del proprio status symbol. Quindi vuole solo cose esclusive, alberghi e ristoranti di lusso e anche viaggi in business. Il cliente straniero è ugualmente colto e appassionato, anche di più ma appartiene a tutte le fasce di età e di portafoglio. Quindi pur di godersi il suo concerto preferito se non è agiato dorme in periferia, mangia e viaggia low cost".

    "Essere specializzati - conclude - vuol dire potere organizzare per il cliente appassionato una cena con i maestri, incontri con musicologi e altre iniziative dedicate. Il turismo musicale per attrarre i più giovani può essere abbinato al design, al fashion a tutto il lifestyle italiano. Penso a Milano dove c'è la Scala, San Siro ma anche il quadrilatero della moda etc. E all'Auditorium base dell'Accademia di Santa Cecilia, creazione modernissima di Renzo Piano che però ha forti rimandi con l'antichità di Roma. E infine ci sono anche realtà private molto interessanti, come ad esempio Villa Medici Giulini immersa nel verde, vicinissima a Milano e anche dotata di una grandissima collezione di strumenti antichi".
ansa