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Marcia indietro di Trenitalia su nuove regole bagagli e bici

 

Per ora resta tutto come è. Trenitalia sospende le nuove regole che dovevano entrare in vigore dal 1 marzo per il trasporto di bagagli, bici e monopattini, sulle Frecce. La decisione aveva suscitato forti perplessità da parte delle associazioni dei consumatori che avevano anche evidenziato la contraddizione con la spinta già avviata verso un trasporto sempre più sostenibile e integrato tra l’uso delle due ruote ed il treno. La società ha così deciso per la sospensione della stretta, “alla luce di alcune richieste, anche da parte di associazioni dei consumatori”.

Il nuovo regolamento prevedeva per chi viaggiava Frecciabianca, Frecciargento e Frecciarossa che ogni passeggero potesse portare gratis 2 bagagli, con dimensioni diverse a seconda della classe. In Standard e Premium ad esempio con una misura massima inferiore a quella di Executive e Business. Inoltre il trasporto di carrozzine, passeggini, strumenti musicali, biciclette (ma smontate o pieghevoli) e monopattini dovevano essere concesso ma con dei limiti massimi di ingombro e bici e monopattini dovevano essere obbligatoriamente trasportati in una sacca di dimensioni massime di 80x110x45 centimetri. Multe e discesa alla prima fermata per chi avesse contravvenuto alle nuove regole.

“Un’ottima notizia, una vittoria dei consumatori”, commenta Massimiliano Dona dell’Unione consumatori che rinuncia all’annunciata segnalazione in merito ad Antitrust e all’Autorità dei Trasporti. “Tutti possono sbagliare, l’importante è che se ne prenda atto”.

“Giusta la scelta di Trenitalia di confrontarsi con i consumatori prima di introdurre regole così stringenti, alcune delle quali poco comprensibili – afferma il presidente del Codacons Carlo Rienzi – Il trasporto ferroviario non può essere equiparato a quello aereo, e alcuni limiti adottati dalle compagnie aeree low cost sono incompatibili col servizio offerto da Trenitalia”.

Anche l’Udicon sottolinea la vittoria evidenziando come “la mancanza di trasparenza e di una comunicazione chiara e adeguata sulle nuove regole, avrebbe causato ingiustamente gravi danni a tutti i passeggeri”. Le nuove norme, ricordano Federconsumatori e Adoc saranno oggetto di un incontro tra tutte le associazioni e l’azienda il 6 marzo.

“Apprezziamo la scelta dell’azienda di rimandare l’avvio delle nuove misure in attesa del confronto con le associazioni dei consumatori”, dice il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso: “Ora lavoreremo assieme alla società per migliorare le regole nell’interesse di passeggeri e pendolari”.

travelnostop.com

Vacanza in bici. Fuga dallo stress

Centinaia di offerte per pedalare a tutta natura in Italia, Europa o in America.
Dal classico tour ciclabile lungo il Danubio ai fiordi norvegesi, gli italiani amano sempre più viaggiare con le due ruote. Anche in famiglia La classica fuga solitaria o la pedalata in famiglia, la gita benessere o la traversata in barca. Il viaggio in bicicletta incrocia, come direbbero i tecnici di marketing, un vasto campionario di tecniche di acquisto: perché si sceglie la vacanza su due ruote? Per avvicinarsi alla natura e allontanarsi dal traffico, per dribblare la crisi e il caro benzina, per tenersi in forma o per incentive aziendale, perché va di moda o proprio perché si odiano le mode.

Navigando, anzi girovagando sul web si trovano centinaia di offerte, per tutti i gusti: dalla gita fuori porta, al tour nella campagne francesi, dalle passeggiate in Austria alle crociere fluviali. E’ il caso, per esempio, del progetto ecosostenibile che da Venezia porta a Mantova a bordo della Ave Maria (www.avemariaboat.com), una barca 100% made in Italy, con 18 cabine e capacità di ospitare fino a 42 persone, che segue dall’acqua i percorsi ciclabili lungo i canali Fissero e Bianco, attraverso uno scenario composto dalle isole della laguna veneta, il parco del delta del Po, piccoli centri rurali e città d'arte. Molto ampio è il catalogo di Girolibero (www.girolibero.it), operatore vicentino che per il 2012 propone 200 destinazioni in Europa e nel Mondo e che dispone di un parco biciclette di tutto rispetto, con modelli studiati appositamente per cicloturisti esperti o neofiti, fino ai family tandem in grado di portare più di un bimbo (da 4 a 8 anni) e disponibili in determinate piazze tipiche (come l’Olanda) per questo tipo di vacanza sportiva.

Non mancano nei cataloghi anche di altri tour operator le passeggiate classiche lungo il Danubio, il Lago di Carinzia o di Costanza, la Costa Baltica, alla scoperta dei fiordi norvegesi, in Cornovaglia o in Irlanda lungo la Strada dei Giganti, fino alle spiagge di Cuba o della Florida, da Miami a Key West. Del resto, il trend è in crescita. In Italia ci sono quasi 5 milioni di ex-automobilisti che in dieci anni hanno abbandonato l'auto in favore della bicicletta per i loro spostamenti quotidiani e molti di questi pensano anche a far vacanza sulle due ruote. Il rapporto degli italiani con la bicicletta è stato tratteggiato qualche tempo fa in una ricerca marketing di una nota bibita analcolica. Stando a quei dati, per la maggioranza dei ciclisti pedalare rilassa, trasmette benessere interiore e favorisce una vita meno sedentaria.

Risposte che potrebbero sembrare ovvie, dato che ad essere interpellati erano i diretti interessati. Ma da quella ricerca è emerso anche una certa difficoltà a usare la bicicletta come sinonimo di rifugio dallo stress: l’oggetto che gli italiani amano avere a portata di mano quando pedalano è guarda caso il telefonino o lo smartphone (46%), seguito per il 31% da una bibita fresca. Stando al Censis, il mercato mostra un potenziale di crescita non da poco, visto che la “mobilità ciclabile” copre non più del 4% della domanda complessiva di mobilità. Nonostante ciò, nell’ultimo decennio si è registrato un aumento significativo delle persone che raggiungono almeno la loro destinazione abituale in sella a una bicicletta almeno tre o quattro volte la settimana. Erano il 6,8% della popolazione nel 2002, hanno raggiunto il 13,5% nel 2007, oggi si attestano sul 18,7%. Si tratta di percentuali ancora molto basse se confrontate con quelle del Nord Europa, dove la media si aggira intorno al 30%. Circa 10,5 milioni di italiani hanno dichiarato – sempre secondo il Censis - di usare occasionalmente la bicicletta e la quota sul totale della popolazione è passata in cinque anni dal 16,9% al 23,5 per cento. In questo mercato è dunque evidente la crescita di operatori e di offerte turistiche per i dueruotisti.
ansa

In bici dalla Siberia a Londra

Lilwall Rob - In bici dalla Siberia a casa

In bici dalla Siberia a casa TitoloIn bici dalla Siberia a casa - scheda online>>>
AutoreLilwall Rob
Prezzo
Sconto 15%
€ 16,15
(Prezzo di copertina € 19,00 Risparmio € 2,85)
Se pensi alla Siberia, anche solo di sorvolarla in aereo, il pensiero si ghiaccia all’istante, perché anche il più temerario dei siberiani vi sussurrerà rabbrividendo: «Holodna... Zeema», “freddo... inverno”. Immaginate allora di attraversarla tutta pedalando in sella a una bicicletta. Impossibile? «Niente è impossibile», vi risponderà Rob Lilwall, un giovane professore di Geografia - «frustrato e sottopagato» (tutto il mondo è Paese) - nei college londinesi che a un certo punto decide di frenare la sua vita e di compiere l’impresa, o meglio quello che considera il suo «pellegrinaggio». Accoglie l’invito-provocazione dell’amico, sin dai tempi dell’università, a Edimburgo. il caro vecchio Al e partono insieme. In bici dalla Siberia a casa (Ediciclo) è diventato così il libro-diario (caso editoriale in Inghilterra) avventuroso e avvincente, di un viaggio cominciato nel settembre 2004 e che sarebbe dovuto durare al massimo l’arco del classico anno sabbatico e invece tra emozioni intensissime, momenti di profonda spiritualità e con a ruota l’inseguimento costante della paura di non farcela e di morire, si è protratto fino all’ottobre del 2007. Così, pedalando per 56mila chilometri, Rob è partito per la Siberia che aveva 29 anni per fare ritorno a Londra a 32. Con 8mila sterline in tasca «i risparmi di una vita», si è messo in sella alla sua fida “Alanis”, la bicicletta ribattezzata come la cantante, «la Morissette», ed è partito da quella che Colin Thuborn descrive come «l’ultima misteriosa frontiera. Il posto da dove non ritornerai». Con la benedizione di un monaco americano, padre Mike, Rob e Al hanno preso il via da Magadan, il paradiso minerario, diventato l’inferno per i martiri del totalitarismo sovietico che qui venivano spediti ai lavori forzati. Prime pedalate sulla “Strada delle ossa”, dove si è consumato il destino crudele che ha inghiottito nei gulag 10, forse 50 milioni di vittime delle purghe di Stalin. Un pezzo di storia indelebile, e l’inizio di un percorso al limite della sopportazione fisica e psicologica, in cui Lilwall si è ritrovato a coprire un minimo di 42 chilometri quotidiani (un massimo di 169 km in un giorno), parlando da solo («le strade con Al si separarono in Giappone») invocando e pregando continuamente Dio, affinché lo avesse sostenuto nell’incredibile sfida.

«Coltivavo la speranza che il viaggio mi avrebbe fatto maturare come persona e come cristiano... Ma ero anche pienamente cosciente che la fede non mi avrebbe reso immune dai pericoli». Rob e Al sono passati indenni persino nel glaciale villaggio di Oymyakon: «Nel 1919 era entrato nel libro dei record per aver registrato la temperatura di -71,2 gradi», annota nel suo diario Rob che in un giorno, «da meno 36 gradi», ha visto per cinque volte forare la ruota di Alanis (157 forature in tutto il viaggio). Una volta risistemati i copertoni scivolavano via leggeri per le strade innevate e i sentieri sterrati e tortuosi del Caucaso. Sudore, fatica, e silenzi interminabili, interrotti dagli odori intensi di carne di cavallo arrostita e fiumi di vodka guadati fino ai villaggi degli yucat. «Gli yucat come i caucasici, non ci chiesero mai soldi per l’aiuto che ci davano, e alcune volte cercarono perfino di offrirci denaro e abiti di pelliccia prima che ripartissimo». Più di duecento le persone che hanno generosamente ospitato Lilwall (la maggior parte delle notti trascorse in tenda) nel suo cammino, in cui con orgoglio nella scheda delle statistiche annovera: «21 le lingue in cui ho imparato a dire ciao». Una volta attraversata la Siberia, ha imparato anche a riconoscere il volto dell’amore. L’ha scovato ad Honk Kong, negli occhi di Christine, una ragazza cinese che è diventata sua moglie e con la quale oltre alla vita oggi condivide l’impegno umanitario. A cominciare dal sostegno agli angeli dalla faccia sporca, i bambini poveri di Manila. È arrivato fino alle Filippine certo. E sempre con una semplice bicicletta, acquistata dieci anni prima, si è spinto molto più in là.
 
Non si è fermato neppure dinanzi all’Oceano, lo ha attraversato in nave ed è sbarcato in Papua Nuova Guinea per continuare a pedalare. «Devo avvisarti che viaggiare in Papua Nuova Guinea può essere piuttosto pericoloso, mi hanno minacciato a mano armata e derubato 16 volte e mi sono trovato in mezzo a una sparatoria tra tribù in guerra che usavano fucili M16...», lo aveva avvertito via e-mail un missionario prima che approdasse a Jayapura. Per le strade più impervie di Wewak, Rob ha incontrato padre Lawrence che resiste «schivando le pallottole». Ascetismo cristiano che si fonde con quello tibetano, in cui Lilwall ha appreso che «nella pratica della tolleranza, il nemico è il miglior insegnante». Alzandosi dal sellino ha scalato i 4mila metri, per fermarsi giusto il tempo di una sosta («non restavo più di due-tre giorni nello stesso luogo») in un monastero in cui i monaci gli hanno ceduto volentieri il loro letto, e quelli in segno di autentica ospitalità hanno dormito per terra. Lilwall ha assaporato il gusto intenso della tolleranza e dell’accoglienza. Un miracolo nel mondo dei conflitti globali, interrotto a tratti solo nelle tappe “belliche”, a Kabul e poi a Islamabad, quando padre Tom gli narrava della dura realtà dei cristiani perseguitati: «Il Pakistan sembra passare da una crisi all’altra. Adesso è legata ai talebani, ma dopo di questa ce ne sarà un’altra».
 
Considerazione amara, come quel bicchiere d’acqua negato sulla via del ritorno, nell’occidentalissima Taizè, dalla scortese proprietaria di un bar. «Volevo dirle di tutti i luoghi in cui ero stato e della gentilezza delle tante persone che avevo incontrato: dalla Russia alle Filippine, dall’India al Tibet, all’Afghanistan e all’Iran e invece in Europa, dove la gente era così ricca, mi veniva rifiutata dell’acqua». Il bicchiere di Rob si è riempito comunque e nella bisaccia di Alanis ha raccolto 23mila sterline che serviranno a sostenere le attività benefiche dell’associazione “Viva” - together for children - , in soccorso dei bambini del terzo mondo. Accavallettata la bici, ora il suo viaggio prosegue, a piedi. Con l’aiuto di Dio, Rob in questo momento è sulle cime cinesi, padrone del suo tempo, con il cuore colmo d’amore e pacificato, si ferma e osserva lo scorrere delle acque dello Yangtze, il fiume azzurro.

Massimiliano Castellani - avvenire.it