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Un 2024 all'insegna delle camminate sui luoghi cari al Santo di Assisi

 

A gennaio 2024 ha preso avvio la nuova iniziativa Itinerari Laudate Deum curati dall’Associazione di promozione sociale Francescani nel Mondo aps in collaborazione con l’Ufficio per la pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport del Lazio, l’Ordine Francescano Secolare del Lazio, il Centro Sportivo Italiano e il Movimento Laudato Si.

Francescani nel Mondo nata nel 2016, nell’Anno della Misericordia, è un’associazione di promozione sociale, aperta a tutti che opera prettamente nel volontariato. Essere “nel mondo per il mondo” per incontrare chi desidera nella propria vita e storia rendere attuali i valori di fraternità e solidarietà a servizio dell’uomo e del creato. È strumento operativo e sociale dell’Ordine Francescano Secolare del Lazio. Una frase semplice che può riassumere il suo operare è “Camminare, incontrare, servire”.

Tra gli obiettivi che ha più a cuore l’Associazione rientra ovviamente la cura del creato e questa si traduce anche nella promozione del patrimonio paesaggistico e spirituale legato ai luoghi francescani del Lazio e non solo… e quale modo migliore di viverli e fruirli se non camminando, cantando, pregando? Ecco, quindi, l’idea di un gruppo Camminate reso possibile anche grazie al supporto del Centro Sportivo Italiano.

Il progetto prevede un calendario di iniziative ed escursioni, urbane o naturalistiche di tipo non agonistico, in via di definizione.

Il primo evento promosso è stato domenica 13 gennaio 2024 dal titolo “Roma con gli occhi di Francesco” per vivere i luoghi che hanno visto la presenza di san Francesco di Assisi a Roma e vivere la grazia dell’indulgenza plenaria donata dalla Chiesa per gli 800 anni del presepe di Greccio. Sono diverse in questi anni, infatti, le ricorrenze per la Famiglia Francescana. L’itinerario ha preso avvio dalla Chiesa di san Francesco a Ripa a Trastevere, dove Francesco soggiornò e che ai tempi ospitava un lazzaretto. Oggi è bello che i frati Minori li presenti ospitino tante persone svantaggiate con storie difficili cui fraternamente affiancarsi per offrire occasione di riprendere in mano la propria vita. E poi via lungo le strade della città… Santa Maria in Trastevere, l’attraversamento del suggestivo Tevere e i fasti del Circo Massimo dove si trovano i ruderi della Torre Moletta proprietà della famiglia di Frate Jacopa de’ Settesoli nobildonna romana molto amica di Francesco e di cui anche si ricordano i buoni mostaccioli regalati al santo in punto di morte. Dopo le strade sul colle del Celio eccoci arrivare a san Giovanni in Laterano, luogo che ha visto l’incontro di san Francesco con il Papa: è stato il punto di arrivo di una memorabile giornata.

L’appuntamento successivo è stato a inizio marzo 2024: “Roma sulla orme di Francesco” vede ancora un itinerario urbano alla scoperta delle presenze della famiglia francescana lungo i secoli: la chiesa dell’Ara Coeli, la Basilica dei SS. Cosma e Damiano, la Basilica dei Ss. Apostoli e la chiesa di San Bonaventura al Palatino che ospita nei viali di accesso la via Crucis ideata da san Leonardo da Porto Maurizio, patrono delle missioni popolari… per finire con un semplice pranzo al sacco fraterno nel giardino del convento dei Frati Minori.

Già in programma anche per 21 aprile “Sora Acqua e Madre Terra” nel parco degli Acquedotti a Roma accompagnati da erboristi, storici e agronomi, lo Speco di Narni e la ciclabile del fiume Nera per il 12 maggio e a fine luglio 826-28) La Verna ed escursioni alle Foreste Casentinesi per la ricorrenza degli 800 anni delle Stimmate e tanti altri in via di organizzazione.

Cammini dunque aperti a tutti, al passo di tutti, con la cura per tutti. In definitiva questi itinerari desiderano in fondo essere un’occasione per vivere gli ambienti, riflettere sui temi dell’uomo e contemporanei, conoscere e valorizzare progetti ed esperienze di bene comune, promuovere fraternità tra le persone, promuovere un turismo sostenibile, pregare e naturalmente lodare Dio… “Il mondo canta un Amore infinto come non averne cura?” (Esortazione apostolica laudate Deum 6,65).

turismo.chiesacattolica.it

(Post a cura di Giuseppe Serrone - turismoculturale@yahoo.it)

A Perugia. Il Maestro di San Francesco, l'artista che inventò l'immagine del Poverello

 Maestro di San Francesco, “San Francesco fra due angeli” (particolare). Museo della Porziuncola – foto Michele Alberto Sereni

Tra la morte di Francesco e gli affreschi di Giotto intercorre poco più di una settantina di anni. Oggi è impossibile non pensare al santo di Assisi senza associarlo al pittore toscano. Ma non è lui a raccontarlo per primo. I decenni alla metà del Duecento sono il vero momento cruciale per la definizione dell’immagine – nel senso più ampio del termine – di Francesco. Della sua tradizione e, per alcuni aspetti, forse anche del suo tradimento. È un processo in cui religione, politica, spiritualità concorrono in una maniera inestricabile e ai nostri occhi difficile da comprendere, ma la cui portata investe tutta l’Europa, cambiandone per sempre il rapporto con il sacro.

C’è dentro tutto questo nella mostra che dal 10 marzo al 9 giugno la Galleria Nazionale dell’Umbria dedicherà a “L’enigma del Maestro di San Francesco. Lo stil novo del Duecento umbro”. Effettivamente il Maestro di San Francesco è per molti versi un mistero: un laico o un frate? Un umbro o un forestiero? I pareri tra gli storici dell’arte sono diversi e discordanti. Forse la cosa può turbare chi ha bisogno che ogni rebus sia risolto. Ma questa figura non ci ricorda solo che il concetto di autorialità nei secoli è molto cambiato, ma soprattutto che la ricerca è una questione sempre aperta.

Al di là del mistero sulla sua identità, anche culturale, in ogni caso ci sono pochi dubbi che il Maestro di San Francesco sia «il più grande pittore italiano attivo a metà Duecento, e nel secolo secondo solo a Cimabue», come afferma Veruska Picchiarelli, curatrice della mostra insieme ad Andrea De Marchi e Emmanuele Zappasodi. La mostra presenterà l’intero corpus a oggi noto dell’artista, inquadrandolo tra gli altri due pilastri della pittura del Duecento, Giunta Pisano (il primo a virare dall’iconografia del Christus triumphans a quella del Christus patiens) e Cimabue, ed estende il racconto alla sua eredità nella pittura umbra, dal Maestro di Santa Chiara al Maestro del Trittico Marzolini. Una mostra, insomma, che fa luce su un secolo potentissimo e negletto, in cui la pittura gareggia con le altre arti e dove le crociate e la presenza di francescani in Terrasanta contribuiscono un ritorno di fiamma del bizantinismo in Italia. Un secolo destinato a essere cancellato nella narrazione, e forse nella nostra capacità di guardare, dalla misura umanistica e razionale del Trecento di Giotto.

L’esposizione presenta prestiti da tutto il mondo, una vera impresa per la rarità e la fragilità di queste opere. Il fulcro su cui fa leva tutto il racconto è il San Francesco fra due angeli dal Museo della Porziuncola, del 1255, dipinto sull’asse che servì a Francesco da letto in vita e soprattutto in morte. È un’opera storicamente fondamentale: per la prima volta viene dipinta la ferita sul costato, e proprio sul legno che l’aveva rivelata. «Questa è allo stesso tempo un’icona e una reliquia – commenta Picchiarelli –. Un’iscrizione, come un’autentica, riporta il testo della Bolla con cui Alessandro IV certificava la ferita per il fatto di averla vista egli stesso al momento del transito, mettendo così ufficialmente fine a una lunga controversia».

La mostra rientra nelle celebrazioni per l’ottavo centenario dall’impressione delle stimmate, avvenuta alla Verna nel settembre 1224. Un mistero su cui Francesco aveva sempre avuto riserbo e che viene “scoperto” solo al momento della morte. Gli storici hanno lavorato in modo approfondito attorno alle tensioni che attraversano l’ordine francescano e la Chiesa rispetto all’immagine, intesa nel senso più largo, di Francesco. Le tappe fondamentali sono la canonizzazione, le diverse stesure della vita di Tommaso da Celano, poi cancellate – letteralmente – dall’affermarsi ufficiale della vulgata delle due Legendae di Bonaventura (1263 e 1266) che certificano Francesco come alter Christus .

«È il Maestro di San Francesco l’artista che inventa l’iconografia del santo come alter Christus» spiega Andrea De Marchi: «Le raffigurazioni più antiche di Francesco lo rappresentano come un taumaturgo. Poi lentamente si costruisce una nuova immagine del santo grazie a Bonaventura, che è il vero ideologo dell’Ordine francescano già tempo prima della sua elezione a Generale nel 1257. A questo punto Francesco non è più un santo come tutti gli altri». La focalizzazione sulle stimmate a livello iconografico accompagna in tempo reale l’elaborazione di Bonaventura, anticipando cronologicamente la pubblicazione di quella testuale. La quale poteva dunque appoggiarsi su una sorta di “credo” visivo, attestato in particolare da un ciclo di dipinti murali nella basilica inferiore, che metteva in parallelo le storie della Passione di Cristo con scene della vita di Francesco, culminanti negli episodi delle stimmate e del transito: con la ferita sul costato bene in mostra.

«Bisogna capire quali tempi fossero – spiega De Marchi –. Completate in tempi record, le basiliche volute da papa Gregorio IX, per tutti gli anni ’30 e ’40 rimangono nude, spoglie come una chiesa cistercense. Ma nel 1250 muore Federico II, ponendo fine ad anni difficili per la Chiesa. Innocenzo IV, a lungo in esilio a Lione, ritornando verso Roma resta due anni a Perugia e sei mesi ad Assisi. Si radica qui, intuisce che questo movimento poteva rigenerare la Chiesa: un’idea che viene raccolta e amplificata da Alessandro IV, nipote di Gregorio IX. La basilica è articolata in due spazi, con differenti funzioni: quella superiore è il santuario papale, quella inferiore una sorta di grande “arca” del corpo di Francesco, all’epoca invisibile sotto l’altare. Ma negli anni ’50 parte l’offensiva più forte per distruggere gli ordini mendicanti da parte del clero regolare e dei professori di Parigi.

Bonaventura capisce che i francescani hanno bisogno di un sistema concettuale più robusto e avvia una nuova costruzione escatologica, mistica: perché in Francesco c’è la salvezza del mondo e della Chiesa. Il papa, in una fase di ricostruzione e contrasto a derive ereticali, comprende la portata della scommessa bonaventuriana e investe. E vince». La decorazione della basilica è il manifesto di questa operazione la cui portata è europea: «Nella superiore ecco le grandi vetrate, le prime in Italia, con maestri francesi e tedeschi. E, al loro fianco, il Maestro di San Francesco. Sotto il Maestro e la sua bottega ricoprono ogni centimetro disponibile con storie e motivi decorativi dai colori intensi e vivi come nelle miniature ottoniane. Una esplosione di luce, che gareggia con l’oreficeria, proprio perché la basilica inferiore è un immenso reliquiario».

Ecco perché è necessario completare la visita alla mostra, dove tra l’altro verrà allestita una sala immersiva con le ricostruzioni digitali, con un viaggio ad Assisi (l’esposizione è realizzata in stretta collaborazione con il Sacro Convento). Nonostante le distruzioni che li avrebbero investiti solo mezzo secolo dopo con l’apertura delle cappelle laterali poi affrescate da Giotto, Lorenzetti, Simone Martini, i dipinti del Maestro di San Francesco sono ancora lì, ignorati dai più. Si buca, si rompe. Ma le storie non vengono obliterate da nuovi affreschi. Restano lì anche nella loro natura frammentaria e deteriorata, senza però che la forza ne sia davvero intaccata.

E forse non solo perché nella prima metà del Trecento il cantiere rallenta per problemi economici e per la cattività avignonese: «Resistono forse e soprattutto proprio in qualità di reliquia francescana – commenta Emanuele Zappasodi – Un concentrato di forze magnetiche, di pathos monumentale che traduce visivamente una nuova e moderna santità. Uno stile in sintonia con le laudi di Jacopone. È un’arte per commuovere. Il sentimento accompagna e arricchisce la dimensione teologica: è la grande novità. Immagini che si stampano nella memoria e invitano, con Francesco, alla imitatio Christi. È la modernità di un ordine che, sulla scia di Francesco, si rivolge alla società nuova del Duecento, che parla al popolo nessuno escluso, come racconta la Predica agli uccelli, al mondo delle città che crescono».
AVVENIRE.IT

Fino al 29 aprile lo Spazio Pime di Milano ospita una esposizione dedicata alle opere dei maestri italiani e stranieri che hanno illustrato la vicenda e la figura di San Francesco

Francesco d’Assisi? Lo hanno fatto a strisce. E non c’è santo che abbia avuto lo stesso trattamento. «Sì, il Poverello d’Assisi è senza dubbio il santo più rappresentato a fumetti, e ha saputo attirare un’attenzione trasversale, dunque non solo da parte di autori ed editori di ispirazione cristiana. Certo, c’è chi ha saputo essere più fedele alla sua figura, al suo carisma, alle fonti, alla storia, c’è chi ha “romanzato” di più, chi ha toccato vertici d’arte, chi è rimasto più sul “didascalico” e chi è andato addirittura fuori dal seminato. Ma tutti, per vie diverse, confermano quanto sia profonda la traccia lasciata da san Francesco nella cultura popolare». Parola di Paolo Guiducci, caporedattore della rivista Il Ponte e direttore della rivista Fumo di China. Da anni direttore organizzativo del festival Cartoon Club di Rimini, è autore di saggi dedicati al mondo del fumetto e organizzatore di mostre. E ora figura – con padre Stefano Gorla, barnabita – come curatore della mostra “Nostro Fratello d’Assisi - Storia di una esperienza di Dio. San Francesco a fumetti”, ospitata fino al 29 aprile allo “Spazio esposizioni temporanee” del Pime, in viale Monterosa 81, a Milano.

L’esposizione è a ingresso libero ed è aperta tutti i giorni (tranne le domeniche e il 25 aprile) dalle 9 alle 18,30. Cosa vi si offre? Un percorso per immagini che allinea pannelli illustrati e albi originali restituendo un viaggio affascinante fra grandi autori italiani come Dino Battaglia e maestri stranieri – come, presenza sorprendente, il John Buscema colonna della Marvel con le sue interpretazioni di super eroi come l’Uomo Ragno, Silver Surfer, Conan il Barbaro, Thor e i Fantastici Quattro.

Ecco: ci sono tanti modi per fare “a strisce” Francesco. «Quelli di Dino Battaglia e di Luca Salvagno sono due “pilastri” per come hanno saputo coniugare qualità artistica e fedeltà alla storia restituendo i tratti veramente cristiani del Poverello», spiega Guiducci illustrando i materiali in mostra. «Battaglia, con la sua opera di altissimo livello, ha lavorato sui “Fioretti” del santo usciti sul Messaggero dei Ragazzi nel 1974 e poi raccolti in un volume pubblicato anche all’estero. Il suo è un Francesco a 360 gradi come quello di Salvagno: anche il suo lavoro, pubblicato sul Messaggero dei Ragazzi nel 2000 e poi in volume, è in bianco e nero. E invece delle tradizionali “strisce” ha costruito grandi tavole orizzontali su due pagine, concepite come affreschi dentro i quali si muovono i personaggi e la storia».

“Francis Brother of the Universe” s’intitola il Poverello “secondo Buscema”, «pubblicato dalla Marvel nel 1980 e arrivato in Italia con scarso successo solo pochi anni fa – riprende il curatore –. Qui abbiamo lo stile classico del Buscema dei super eroi e anche Francesco appare come una persona, a suo modo, con super poteri. Fra parentesi: la Marvel ha pubblicato anche versioni a fumetti di figure della Chiesa come Giovanni Paolo II e Madre Teresa». Operazione analoga, con altro stile ed esiti, l’ha fatta la francese Bayard Jeunesse «con la collana Les Chercheurs de Dieu che ha dedicato albi a figure anche del nostro tempo come l’Abbé Pierre, dom Helder Camara e Teresa di Calcutta. Non poteva mancare Francesco, narrato con taglio asciutto e con grande attenzione agli anni giovanili. Il volume finisce con il santo debole, malato, che saluta i suoi frati cantando».

Tornando agli autori italiani: «Ci sono fumetti storici come “Rose fra le torri” (1946) e “la leggenda della pietra bianca” (1963) disegnati da un altro grande maestro, Franco Caprioli – dove Francesco è collocato dentro una vicenda romanzata. E ci sono esperienze recenti molto interessanti: come il Francesco di Maurilio Tavormina uscito a puntate sul Messaggero dei Ragazzi nel 2015. Qui Francesco si vede solo alla fine, e tutta la storia è raccontata dal punto di vista di un suo nipote, Piccardo, che con i suoi amici si mette alla ricerca del Poverello, tutti affascinati dal carisma del santo. E c’è “La conversione di san Francesco” della giovane toscana Astrid Lucchesi, lavoro recentissimo, del 2018, dove si passa dalle prime tavole molto cupe alle successive, sempre più dominate dalla luce».

La mostra fa spazio anche all’irriverente Altan «col suo Francesco improbabile e cinico ribattezzato Franz, che decide di farsi santo per ripicca verso il padre padrone e prepotente. Ma qui siamo nel campo della satira», annota Guiducci. E santa Chiara? «Ahimé, ha poco spazio, quando va bene la sua figura e la sua vicenda sono risolte in due o tre pagine». Potevano mancare i frati? No: «E uno degli albi più popolari di sempre, Tex, ne mette tanti, fin dal numero 15 della collana. E c’è una storia, “I cospiratori”, nella quale Tex e Kit Carson si travestono proprio da frati». Insomma: quando c’è di mezzo il “Padre Serafico”, si può anche scherzare con i santi. E farli a strisce. Purché a fin di bene.

Lunedì 17 aprile lincontro con i curatori Gorla e Guiducci

Lunedì 17 aprile alle 18,30 nello “Spazio esposizioni temporanee” del Pime di Milano (viale Monterosa 81) si terrà un incontro con padre Stefano Gorla e Paolo Guiducci, i curatori della mostra “Nostro Fratelli d’Assisi - Storia di una esperienza di Dio. San Francesco a fumetti”, ospitata nella stessa sede fino al 29 aprile. Padre Gorla, barnabita, già direttore del settimanale “Il Giornalino”, si occupa di fumetti, cinema d’animazione, e critica dei media e linguaggi giovanili. Guiducci è direttore della rivista “Fumo di China” e direttore organizzativo del festial “Cartoon Club” di Rimini.

Tempo di “Centenari Francescani in Lombardia”

La mostra “Nostro Fratello d’Assisi” è uno degli eventi del progetto “Francesco 2023-2026. Centenari Francescani in Lombardia” promosso dalla Fondazione Terra Santa col sostegno di Fondazione Cariplo. Un percorso triennale e una trama di iniziative per celebrare e attualizzare gli 800 anni dell’approvazione della Regola Bollata e del presepe di Greccio (1223), dell’evento delle stimmate (1224), della stesura del Cantico delle Creature (terminata nel 1225) e della morte di Francesco (3 ottobre 1226). Evento d’apertura del percorso, la mostra “Si è fatto nostra via: la Regola e la vita”, al Museo dei Cappuccini di Milano (via Kramer 5) fino al 17 giugno.

avvenire.it

Cilento, da patria dieta mediterranea a luogo sacro. Tracce passaggio di S.Francesco e apostoli

(ANSA) - MILANO, 31 MAR - Da patria della dieta mediterranea a luogo di testimonianze sacre. Il Cilento, quell'area tra colline e mare che si snoda dalla Campania, nel salernitano, fino alla Basilicata, punta ad affermarsi come meta da turismo religioso. Per il Cilento pare sia passato l'Apostolo Paolo diretto a Roma dove venne martirizzato. E ad Agropoli, una delle perle della zona, nel 1222 avrebbe parlato ai pesci San Francesco su uno scoglio, che porta ancora il suo nome.

Si intitola appunto 'San Francesco ad Agropoli..ed ivi predicando accorse una gran moltitudine di pesci' , una ricerca di Giuseppe Palma e di Gianfranco De Feo, due cilentani che hanno già all'attivo altri studi alla scoperta di tutti gli aspetti, non ancora abbastanza svelati, della zona. "Possiamo certo dire, senza ombra di dubbio, che il Cilento antico, per la sua felice posizione geografica, di preziosa e fondamentale importanza strategica - affermano gli autori - si è rivelato quale crocevia e culla della crescita e della propagazione del Cristianesimo in tutto il mondo".

Nel Cilento arrivarono, dalla Bretagna a Velia (già sede di interessanti complessi archeologici), le spoglie dell'Evangelista S. Matteo, per essere traslate prima nella piana di Casalicchio a Casalvelino, altra località turistica marina, e poi a Salerno, di cui è patrono. Ma è in particolare sulla figura di San Francesco che si concentra la ricerca.


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Il più antico sito francescano delle Marche giace nel più completo abbandono

Si trova nel comune di Acquaviva ed è forse stato fondato proprio da San Francesco
Di Nicola Rosetti
SAN BENEDETTO DEL TRONTO, 08 Gennaio 2013 - Anche se ai più non è noto, la nostra diocesi può vantare di avere nel suo territorio uno dei più antichi siti francescani della storia. Si tratta della chiesa di San Francesco e dell’annesso convento che si trovano nel comune di Acquaviva.
Purtroppo il sito, nonostante la sua importanza, versa in pessime condizioni.
Pare, ma non è certo, che questo complesso venne fondato proprio dal Poverello di Assisi che numerose volte visitò la terra marchigiana. Di certo la struttura è annoverata fra i 24 conventi che erano in possesso dell’ordine francescano nel 1228, cioè a due anni dalla morte del Santo
L’attuale struttura si innesta su una precedente di epoca bizantina (V-VI sec.). Attraverso una botola posta all’interno della chiesa è ancora possibile vedere le mura di fondazione risalenti a questo periodo
Nel 1653 Papa Innocenzo X, constatando che nel convento risiedevano pochi frati, ne decise la chiusura.
Attorno al convento caduto in disgrazia sorsero miti e leggende. Alcune fonti parlano di campane che suonavano senza essere attivate da nessuno e di lampade votive perennemente accese senza che venissero alimentate da olio nuovo.
Nel convento giunse in visita anche il malato Francesco Acquaviva d’Aragona, figlio del Duca di Atri, che guarito e divenuto cardinale, risollevò le sorti del convento con cospicue donazioni. I battenti del convento furono riaperti nel 1713 come anche ricorda una lapide posta su un muro esterno dell’edificio.
Nel 1865, a seguito delle leggi anticlericali del neonato stato italiano, il convento incamerato dal Regno e donato al comune di Acquaviva che in seguito lo restituì al demanio. Infine il convento venne venduto a privati.
Vista dall’esterno la chiesa presenta una semplice facciata a capanna. Il campanile a vela è dotato di due campane. L’interno è composto da una sola navata con abside quadrata, una particolarità molto rara, osservabile in genere nelle sole chiese appartenenti all’ordine cistercense.
Il convento invece è composto da vari piccoli ambienti dove i frati vivevano in comunità e fra questi particolarmente suggestivo è il chiostro a pianta quadrata. La parola chiostro deriva dal latino “claustrum” che vuol dire “chiuso” ed infatti esso esclude la vista verso l’esterno per indirizzare lo sguardo solo verso il cielo. Al centro del chiostro si trova un pozzo.
Allo stato attuale, solo la chiesa, di proprietà del comune di Acquaviva, ha potuto beneficiare di un intervento di restauro, mentre il convento giace nel più assoluto abbandono.
Speriamo che il Crocifisso parli ancora al cuore di qualcuno come un giorno fece con San Francesco e dica: “Va’ e ricostruisci la mia chiesa che è tutta in rovina”. La salvezza di questo complesso potrebbe venire da qualche imprenditore o da un privato del settore alberghiero che potrebbe riadibire la struttura, pur rispettandone i vincoli architettonici, in un luogo di recezione turistica.
(Articolo tratta da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)

Luoghi dello spirito: Greccio, là dov'è nato il presepe

A Greccio, provincia di Rieti, quasi 800 anni fa, san Franceso rappresentò la Natività. Oggi la tradizione si ripete. E nella Valle Santa i fedeli visitano i santuari francescani.

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Il santuario di Greccio (Rieti), situato nel piccolo comune abbarbicato sulla montagna, fu molto amato da san Francesco che qui, nel 1223 allestì una rievocazione sacra della nascita di Gesù. Nacque così il presepe, che da allora, in tutto il mondo, ricorda la Natività.

Fu realizzata tra i Monti Sabini una Betlemme umile e semplice e lì ogni anno a Natale si torna indietro nel tempo, con una rappresentazione sacra che ricorda l’arrivo di san Francesco sul Monte Lacerone, nel 1209, l’ascensione alla grotta della Natività, il suo presepe. Si ammirano sei quadri viventi, che  ricostruiscono  minuziosamente usi e costumi medievali, immersi nella bellezza dei luoghi. L’evento dura un’ora, ci sono circa 2.000 posti in tribuna riscaldata,  queste sono le date: 24 dicembre, ore 22.30; 26 dicembre, ore 17.45; 1° gennaio, ore 17.45; 6 gennaio, ore 17.45; 7 gennaio, ore 17.45; 8 gennaio, ore 17.45.

Greccio si trova nel cuore del Cammino di Francesco, un itinerario inaugurato nel 2003 nel territorio della conca di Rieti, la Valle Santa reatina. Le tappe portano nella Rieti medievale, con i suoi palazzi e le sue chiese, nei Santuari di Greccio, La Foresta, Poggio Bustone e Fontecolombo,  nel bosco del Faggio di San Francesco a Rivodutri, nell’antico borgo di Posta, perla della Valle del Velino, sulle vette del Terminillo.
Il santuario di Greccio.
Il santuario di Greccio.
Lungo il Cammino di Francesco è presente la segnaletica in legno e, nei centri abitati, le frecce direzionali sulla pavimentazione.  Il cammino si può fare a piedi, in mountain bike, a cavallo, in automobile (questa modalità è stata resa possibile per tutti coloro che hanno difficoltà motorie). Nella provincia di Rieti il Santo soggiornò e lungo “per una speciale predilezione e per lo splendore dei molti miracoli”.

Ogni santuario, oggi, ricorda momenti importanti della vita di Francesco. Il santuario di Fontecolombo è il monte scelto per stilare la Regola definitiva del suo Ordine. Qui tutto è sacro: gli edifici, la fonte d’acqua purissima e il bosco stesso, perché racchiude il Sacro speco, la grotta in cui fu scritta la Regola. Qui  san Francesco fu operato agli occhi.

Il santuario di Santa Maria della Foresta, nato intorno alla chiesina di san Fabiano, è un convento di straordinaria suggestione. Chi cerca la pace e vuole, come lui,  fuggire dalla “pompa del mondo” trova in questo convento appartato un luogo ideale.  Immerso nel verde intenso dei boschi, probabilmente ispirò l’immortale Cantico delle Creature.

Il santuario di Poggio Bustone è uno dei luoghi più vicini allo spirito di san Francesco, apre l’animo del pellegrino alla meditazione e alla contemplazione. Qui egli arrivò nel 1209 con sei compagni, nel Sacro Speco ricevette il perdono dei peccati giovanili. Lungo il sentiero che porta alla grotta, tra querce secolari e aceri campestri, si incontrano sei edicole erette intorno al 1650 a ricordo di fatti miracolosi.

Sia che si voglia assistere alla rappresentazione del presepe vivente a Greccio o che si voglia visitare uno dei santuari è possibile fermarsi in strutture disposte lungo il cammino di Francesco, che offrono la loro ospitalità ai pellegrini.

Rosanna Precchia