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Promosso da Università Cattolica del Sacro Cuore e Arcidiocesi di Milano con il patrocinio del Comune dal 13 al 17 marzo va in scena la prima edizione del Festival della Spiritualità

Dall’alba alla sera, cinque giorni per fare esperienza dello straordinario nell’ordinario, con protagonisti d’eccezione dalla letteratura alla scienza, dalla filosofia alla musica, fino alla poesia: dal 13 al 17 marzo prende il via a Milano, in luoghi diversi della città, la prima edizione di SOUL Festival di Spiritualità, promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Arcidiocesi di Milano con il patrocinio del Comune di Milano. Tutti gli eventi sono gratuiti previa prenotazione al sito www.soulfestival.it.
 
Un programma sorprendente con cinquanta incontri e appuntamenti sui temi della spiritualità - fra lezioni e dialoghi, spettacoli e concerti, performance artistiche, laboratori esperienziali, momenti meditativi, attività per le scuole - proposti attraverso la visione di tradizioni spirituali e discipline differenti, e sviluppati attorno al filo conduttore di questa edizione ‘meraviglia, la vigilia di ogni cosa’ dal comitato curatoriale composto da Luca BressanArmando BuonaiutoValeria Cantoni Mamiani Aurelio Mottola, con la partecipazione di un illustre comitato scientifico.
 
Il festival è reso possibile grazie ai Main Partner Intesa Sanpaolo e Humanitas University , al Partner CFMT - Centro di Formazione Management del Terziario e al contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Rocca. Si ringraziano A2A e Comieco e, per la Media Partnership, Rai CulturaTGR Rai e Radio Marconi.
 
Ad aprire la manifestazione sarà mercoledì 13 marzo la lecture di Alessandro Baricco Tutto mi meraviglia nell’Aula Magna dell’Università Cattolica e, a concluderla, domenica 17 marzo Una voce come di bambino, dalle Confessioni di Sant’Agostino, con Massimo Popolizio, interprete tra i più stimati della scena teatrale e cinematografica, accompagnato nella Basilica di San Lorenzo Maggiore dai suggestivi canti della tradizione di Taizé.
 
Tra questi due momenti, un intenso alternarsi di appuntamenti e di interpreti capaci di interrogarsi e dialogare attorno alla spiritualità e alla meraviglia, offrendoci sguardi nuovi e inattesi. Ad ospitarli saranno luoghi significativi e ricchi di suggestione, grazie alla partecipazione di importanti istituzioni culturali, artistiche, educative, sociali, laiche e religiose della città, a partire dai Partner culturali del festival: Fondazione Corriere della Sera, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Memoriale della Shoah di Milano, Philo - Pratiche filosofiche, Piccolo Teatro di Milano, Triennale Milano.
«Questo Festival intende raccogliere e dare voce a un bisogno espresso da molti soggetti nella città di Milano: ricordare a tutti noi e a questa città che si sta muovendo molto velocemente verso il suo futuro qual è il fondamento senza il quale nulla potrebbe funzionare, qual è l'anima della città, qual è il legame che tiene uniti i diversi popoli che abitano lo spazio urbano. Per la Diocesi questo evento si presenta anche come un grande laboratorio in cui sperimentare nuovi linguaggi e nuovi format per dire un messaggio che custodiamo da secoli e che siamo convinti possa essere anche oggi una buona notizia per tutti», afferma l’Arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini.
 
«Soul nasce da una felice sintonia fra la nostra Università e la Curia di Milano: insieme abbiamo proposto l’intuizione alla base di Soul ai molti partner che hanno scelto con generosità di accompagnarci in questa avventura.  L’idea è semplice: in questi tempi tumultuosi e difficili, prendersi cura della comunità - in questo caso la Città di Milano - significa riscoprire ciò che è meno evidente e visibile, eppure si svela capace di dare un senso all’esistenza e di richiamarci al bene comune. La spiritualità in questo contesto si esprime come attenzione a ciò che è peculiare dell’essere umano. La prima edizione del Festival ruota attorno al tema della meraviglia, capace di ridare significato alle routine quotidiane e di far emergere in noi, e in ciò che ci circonda, la bellezza spesso nascosta dall’abitudine e dall’esteriorità», dichiara il Prof. Franco AnelliRettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
 
«È ricchissima di suggestioni e di spunti di riflessione questa edizione d’esordio del Festival Soul, che propone alla città cinque giorni di appuntamenti per concedere a tutti noi la possibilità di stupirci: una possibilità che a volte il solo fermarsi, staccandosi dalla frenesia del quotidiano, ci offre – afferma l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi –.  La ricerca di senso, che fa parte della nostra natura di esseri umani, è sottesa ad ogni nostra azione quotidiana: avere l’occasione di riscoprirla in un momento di pausa e di riflessione è un’occasione preziosa, e meravigliosa, per ritrovarsi e affrontare con rinnovata consapevolezza le proprie giornate e i propri progetti».

Ascoltare, pensare, dialogare, meditare, sperimentare: SOUL Festival di Spiritualità è un progetto che mira a offrire occasioni di riflessione attorno all'“umano che è comune” , colto nelle sue molteplici manifestazioni, in costante dialogo con diverse sensibilità culturali e tradizioni religiose.
 
Alla base dei cinque giorni, il desiderio di rispondere al passo febbrile della smart city con un’iniziativa che pone al centro la ricerca di significato che anima ogni essere umano, provando a suggerire altri ritmi e itinerari del pensiero, delle relazioni, dell’indagine interiore. Dalla cena monastica al Refettorio Ambrosiano - una parentesi di sospensione e rarefazione per condividere cibo e ascolto con musiche e letture dal racconto Il pranzo di Babette di Karen Blixen - alle passeggiate di meraviglia e di stupore in diversi luoghi di Milano , fino all’incontro all’alba sulle terrazze del Duomo, guidato da mons. Mario Delpini, a ricordarci che ogni giorno è un nuovo inizio che la vita ci dona.
 
A ispirare riflessioni e momenti di confronto saranno, fra gli ospiti del festival, noti scrittori, filosofi, teologi e studiosi: al Piccolo Teatro Strehler Massimo Recalcati si sofferma sulla meraviglia suscitata dai miracoli di Gesù nei racconti evangelici; alla Basilica di San Nazaro in Brolo lo scrittore Alessandro D’Avenia propone una lezione sull’ambivalenza della parola ‘stupefacenti’; il Museo Diocesano accoglie la riflessione del filosofo e teologo Vito Mancuso sulla necessità per i manager di oggi di trovare stabili fondamenti nella frenesia e nella richiesta di performatività, oltre all’incontro A occhi bendati sulla Terra, che vede lo scrittore Paolo Giordano e il cardinale José Tolentino de Mendonça confrontarsi sull’incanto della natura e sulla sua custodia, che è custodia della nostra stessa vita. Sempre al Museo Diocesano, Massimo Cacciari dedica una lezione a thauma, la meraviglia, che è all’origine della ricerca filosofica, mentre presso Triennale Milano Stefano Boeri , architetto, urbanista e Presidente dell'istituzione, interviene sulla progettazione dei luoghi sacri a partire dalle esperienze dello studio di valorizzazione dello Stupa di Ramagrama, sito archeologico buddhista presso Lumbini, in Nepal, e della Abrahamic Family House progettata ad Abu Dhabi dall’architetto David Adjaye.
I mezzi di comunicazione sono dalle loro origini “macchine della meraviglia”, apparati di costruzione di esperienze di stupefazione e incanto, nel bene e nel male. Ne discutono alla Fondazione Feltrinelli il sociologo della comunicazione Fausto Colombo e lo storico dei media Massimo Scaglioni con la scrittrice e saggista Cristina Battocletti Lodo Guenzi , musicista, attore di teatro e cinema e frontman del gruppo Lo Stato Sociale. Sempre alla Fondazione Feltrinelli si tiene anche l’incontro con la filosofa Ilaria Gaspari, accompagnato dal live drawing dell’illustratore Michele Tranquillini, dedicato alla figura di Alice nel paese delle meraviglie, icona della curiosità infantile creata nel 1865 dal genio di Lewis Carroll. Nella Sagrestia di Santa Maria delle Grazie Claudia Baracchi Gabriella Caramore alternano riflessioni e narrazioni, ripercorrendo le vite e il pensiero di Simone Weil e Pavel Florenskij, tra le figure più luminose del Novecento. Alla Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana Romano Madera analizza la meraviglia in una lezione che spiega come a quest’esperienza ci si possa avvicinare con una disposizione psichica, dell’anima, che è tanto originaria quanto potenziale frutto di esercizio.
 
E ancora: perché è importante parlare di meraviglia quando il mondo è attraversato da conflitti tanto sanguinosi quanto irrisolvibili? Ne parla lo scrittore e poeta Tahar Ben Jelloun, in conversazione con Alessandro Zaccuri . Il tema del conflitto e della meraviglia nell’incontro dell’altro è centrale anche nel dialogo fra Agnese Moro e Grazia Grena, partecipanti a percorsi di giustizia riparativa, insieme al criminologo Adolfo Ceretti e ai giuristi Gabrio Forti e Claudia Mazzucato alla Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana , che riflettono sul peso della ‘catena del male’ e sulle aperture che possono nascere dagli incontri difficili. Il biblista Luciano Manicardi e lo psichiatra Vittorio Lingiardi si confrontano invece su altre condizioni che possono offuscare l'esperienza del meraviglioso, come cinismo, disincanto, mancanza di curiosità e di desiderio, per indagare le radici di ciò che ci impedisce di sorprenderci.
Il Memoriale della Shoah ospita gli incontri La lettura infinita, lezione in cui Alfonso Arbib , rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, si sofferma sulle scintille di meraviglia che scaturiscono dallo studio della Scrittura, e Shabbat, il tempo sospeso, dove Davide Assael, fondatore e presidente dell’associazione Lech Lechà, e il filosofo Silvano Petrosino riflettono sulla necessità di ritrovare anche nell’odierna società accelerata pause di sospensione, come accade nello Shabbat, ozio comandato che rallenta il quotidiano per vederne meglio la luce. Prende le mosse dalle caratteristiche della società di oggi, in cui sembra che tutto possa essere valutato secondo criteri di convenienza o efficacia, anche il dialogo tra il monaco benedettino Michael Davide Semeraro e il monaco zen Carlo Tetsugen Serra  che indagano, ognuno a partire dalle rispettive tradizioni, l'incalcolabilità dell’esperienza spirituale, estranea a ogni scala di misura.
 
La relazione con la scienza viene esplorata in diversi momenti del festival: la Fondazione Corriere della Sera ospita il dialogo Meravigliarsi ai tempi dell’IAemozioni e tecnologia tra il docente di Psicologia della comunicazione Giuseppe Riva e il sacerdote ed esperto di nuove tecnologie Luca Peyron; nel campus di Humanitas University l’intervento della direttrice generale del CERN di Ginevra, Fabiola Gianotti, allarga i confini del festival oltre il circuito culturale più tradizionale: si intratterrà sulla meraviglia dell’infinitamente piccolo nella fisica delle particelle elementari; al Piccolo Teatro Grassi l’immunologo Alberto Mantovani racconta l’esperienza del ricercatore scientifico, fatta di tentativi, fallimenti, attese e talvolta meravigliose scoperte, a cui fa eco il preludio e alcuni movimenti della suite n.1 di Bach per violoncello.
 
Non potevano mancare al centro del palinsesto alcuni fra i maggiori capolavori artistici simbolo di Milano: nella Sagrestia di Santa Maria delle Grazie lo storico dell’arte Pietro Marani e la scrittrice Melania Mazzucco riflettono sulle reazioni del cuore umano davanti all’inatteso, soffermandosi sulla composizione dell’Ultima Cena di Leonardo, mentre al Castello Sforzesco il filologo e critico letterario Carlo Ossola e lo storico dell’arte Victor Stoichita dialogano sulla bellezza incompiuta davanti alla Pietà Rondanini di Michelangelo. Il cartone della Scuola di Atene, capolavoro di Raffaello, viene esplorato nei suoi ricchissimi dettagli dalla storica dell’arte e direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta con Benedetta Spadaccini alla Pinacoteca Ambrosiana. Nell’incontro Oltrecolore alle Gallerie d’Italia – Milano, museo di Intesa Sanpaolo, il teologo gesuita Antonio Spadaro si sofferma sulle opere di quattro protagonisti dell’arte statunitense del Novecento - Edward Hopper, Mark Rothko, Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat - per i quali il colore sembra costituire una soglia dell’oltre.
 
Protagonista anche la musica, con il NefEsh Trio che ci porta nei racconti chassidici di Martin Buber al Memoriale della Shoah e con il concerto al buio nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, dove il fisioterapista e musicoterapeuta Wolfgang Fasser, diventato cieco in giovane età, conduce il pubblico alla scoperta della meraviglia che si cela sotto l’oscurità, accompagnato dalle musiche del quartetto Shalom Klezmer di cui è parte. Alla Fondazione Feltrinelli L’abîme des oiseaux, per clarinetto solo, dal Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, composto nel lager nazista di Görlitz, contrappunta l’intervento del teologo e musicologo Pierangelo Sequeri e riapre la contemporaneità alla meraviglia della vibrazione creatrice della musica. Sarà presentato al Piccolo Teatro Grassi Naturale sconosciuto, rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri con la guida di Cesare Ronconi, nuova produzione a cura del Teatro Valdoca. Nella Basilica di San Nazaro in Brolo luce e musica sono invece protagoniste della performance installazione sonora e luminosa dal titolo Meravigliosa energia. Arpa di Luce, di e con l’artista musicista Pietro Pirelli, presentata in collaborazione con A2A.
 
Numerose anche le visite guidate e i workshop, come quello con Maia Cornacchia che conduce le persone in due passeggiate dedicate alla meraviglia che sorge nell’attenzione aperta, quelli di fotografia dedicati agli studenti del Liceo Agnesi condotti dal fotografo Pietro Bologna, o ancora il workshop con l’analista filosofa Susanna Fresko, realizzato in collaborazione con Philo – Pratiche filosofiche, che si propone di far sperimentare attraverso pratiche ispirate all’esperienza dello Shabbat la grande valenza spirituale di questa pratica millenaria; Sempre in collaborazione con Philo – Pratiche filosofiche il laboratorio di pratica artistica con il pedagogista e psicologo Uber Sossi, e l’incontro con Massimo Diana e Marina Vicario , per esplorare la pratica della Compagnia di Spiritualità Laica, un’esperienza per coltivare la dimensione spirituale anche per chi non si riconosce in una specifica confessione religiosa.
La Fondazione Corriere della Sera apre le porte al pubblico con una visita guidata alla scoperta dello  Spirito solidale di Milano nell’Archivio storico del Corriere della Sera e con la proiezione del documentario La buona crescita. 200 anni di Cariplo, prodotto da 3D Produzioni, in collaborazione con Rai Documentari e con il sostegno di Intesa Sanpaolo,  che ripercorre due secoli di Cariplo e di vita lombarda con Neri Marcorè in veste di narratore e preziosi filmati d'archivio: un viaggio nella storia d'Italia e della Lombardia alle cui eccellenze - produttive, culturali, del sistema sanitario - Cariplo ha dato un contributo decisivo. Visite in archivio anche alla Fondazione Feltrinelli  con due appuntamenti, il primo dedicato al tema della tolleranza, il secondo alle pubblicazioni della casa editrice e alle collezioni della fondazione.
 
Attraverso i cinque giorni del festival, seguendo il tema di questa prima edizione - ‘meraviglia, la vigilia di ogni cosa’ - siamo invitati a vedere lo straordinario nell'ordinario, con un’attitudine nuova e accogliente. Se attraversassimo spazi e tempi del nostro quotidiano con sguardo aperto, saremmo infatti colpiti da quanto sia frequente intorno a noi ciò che eccede l’ovvio e il ripetitivo : qualcosa che anima i dettagli e illumina l’ordinario, sorprese grandi e piccole, grazie sacre e profane in cui gli automatismi dell’abitudine si interrompono e lasciano affiorare l’inatteso. 
 
Il festival è curato da Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani, Aurelio Mottola (ideatore).
 
Si ringrazia il Comitato scientifico: Fausto Colombo, Claudia Mazzucato, Massimo Scaglioni, Silvano Petrosino, Giuseppe Lupo, Anna Maria Fellegara, Ivana Pais, Pierangelo Sequeri, Elena Granata, Francesco Castelli.
Famiglia Cristiana
 

Cammini e spiritualità: così l’Enit promuove l’entroterra italiano


 I cammini legati alla spiritualità “sono una grandissima risorsa in Italia. Nel tempo probabilmente non li abbiamo promossi abbastanza, basti pensare che il cammino di Compostela è conosciuto da chiunque mentre c’è spesso difficoltà a sapere dove siano i cammini italiani. Come agenzia abbiamo deciso di promuoverli ancora di più, anche perché i turisti non vengono più in Italia semplicemente per le città d’arte ma vogliono vivere quel territorio e spesso i cammini sono una bellissima offerta per far conoscere il territorio e raccontarlo”. Lo ha detto Sandro Pappalardo, consigliere d’amministrazione Enit a margine della conferenza stampa per il cammino dei Cappuccini nelle Marche, nato nel 2021 e rilanciato anche come ideale anticipazione dei 500 anni dell’Ordine nel 2028, con uno spot e nuove iniziative, tra le quali una guida prossimamente edita da Terre di Mezzo.

“Facciamo promozione in tutto il mondo, presentiamo i nostri prodotti nelle borse internazionali per il turismo e questo faremo anche per i cammini – aggiunge Pappalardo -. Il turismo è una filiera molto complessa, solo la sinergia permette di fare una  progettualità concreta e che porta benefici a tutto il Paese”.

Il cammino dei Cappuccini, realizzato dal progetto di Fra Sergio Lorenzini (Ministro provinciale dei frati minori cappuccini delle Marche dal 2019), è un percorso molto ricco sotto il profilo spirituale, storico, artistico e naturalistico, percorribile a piedi e in bike. E’ lungo quasi 400 km con 17 tappe previste (toccano tutte le province della regione e oltre 25 comuni). Inizia da Fossombrone, ha il suo fulcro a Camerino (luogo di nascita dei cappuccini) e il suo epilogo ad Ascoli.

Lungo il cammino ci sono circa 170 strutture ricettive affiliate ad un prezzo di favore ed è possibile per  pellegrini e turisti anche dormire e fermarsi nei conventi legati dal percorso, “dove non vengono ospitati in una foresteria, ma stanno insieme a noi, mangiano nel refettorio, possono partecipare alla nostra preghiera e alla messa. E’ qualcosa che coinvolge molto sia chi ha lo spirito religioso, sia chi approccia quest’esperienza in maniera laica” spiega Fra Sergio Lorenzini.

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Viaggi e Spiritualità. Alla scoperta della Bibbia

Nel III secolo a.C. ad Alessandria d’Egitto 72 saggi tradussero per la prima volta il testo biblico in una lingua diversa dall’ebraico: così la versione dei Settanta rese universali le Scritture
Una pagina del Codex Vaticanus che riprende la Bibbia dei Settanta scritta in lingua greca

Una pagina del Codex Vaticanus che riprende la Bibbia dei Settanta scritta in lingua greca
da Avvenire
Vige nella tradizione ebraica l’usanza del siyum: quando si finisce di studiare un intero trattato del Talmud si fa una festa. Lo stesso quando si porta a compimento un’opera importante, che ha richiesto tempo e molte energie. Dovremmo fare ora un bel siyum perché abbiamo tra le mani l’ultimo volume della versione italiana, con greco a fronte (testo fissato da Alfred Rahlfs nel 1935), della Septuaginta, nome tecnico con cui è conosciuta la prima traduzione della Bibbia dall’ebraico in greco. Fu compiuta nel III secolo avanti Cristo, da ebrei che vivano in Alessandria d’Egitto allora sotto il dominio della dinastia ellenizzata dei Tolomei, in controllo anche della terra di Israele e di Gerusalemme. L’intera opera in quattro volumi (circa cinquemila pagine) è interamente edita dalla Morcelliana di Brescia. Venne progettata quindici anni fa dal filologo e storico Paolo Sacchi, dell’università di Torino, e il primo volume ossia ilPentateuco (la Torà vera e propria) vide la luce nell’estate del 2012. Seguono nel progetto i due tomi dei Libri storici, poi il volume dei Libri poetici (più noti come Sapienziali), e in questi mesi l’ultimo, forse il più difficile da tradurre, il volume dei Profeti. In quest’impresa di enorme valore culturale e religioso si è cimentato il meglio dei nostri studiosi italiani (grecisti, semitisti e storici del Vicino Oriente antico): da Sacchi a Paolo Lucca, da Corrado Martone a Luca Mazzinghi, da Pier Giorgio Borbone a Liliana Rosso Ubigli, da Piero Capelli ad Anna Passoni Dell’Acqua, e con loro un gruppo di giovani talenti che hanno non solo tradotto ma anche controllato, annotato e commentato ogni minimo dettaglio di questa Bibbia in greco sanza la quale, il giudizio è puramente storico, il cristianesimo non sarebbe mai nato.
Nella sua introduzione generale (che ogni lettore non devozionale della Bibbia dovrebbe conoscere) Paolo Sacchi si chiede che senso abbia oggi questa “traduzione di una traduzione” e perché cimentarsi con il greco, visto che ormai da tempo, si potrebbe dire dall’epoca di Girolamo, le traduzioni dell’Antico Testamento (più propriamente detto Tanakh) tendono a essere fatte a partire dall’originale ebraico. Delle molte risposte possibili, lo studioso torinese sceglie quella forse meno intuitiva ma più profonda: la Septuaginta non è solo una “traduzione” della Bibbia ebraica, ne è già una prima «interpretazione » (così la definisce nel I secolo Filone Alessandrino, il filosofo ebreo che tentò di coniugare gli insegnamenti e le leggi di Mosè con la metafisica di Platone). Attraverso questa traduzione il tesoro della rivelazione custodito dal testo ebraico si aprì e fu reso accessibile per la prima volta in un’altra lingua, destinata a diventare universale, almeno nella sfera occidentale del mondo: la lingua colta della poesia omerica, della filosofia e della scienza. Non fu un passaggio scontato. L’ebraico era considerato lingua sacra, dunque intoccabile, e l’esigente monoteismo etico che la Torà di Israele veicolava non sembrava affatto traducibile nella lingua degli dèi olimpici e dei sofisti ateniesi. Per legittimare questa traduzione, agli occhi degli stessi ebrei della diaspora, occorreva avvolgerla in un “miracolo”. E tale fu considerato l’evento straordinario, narrato dalla Lettera di Aristea (scritto anonimo del II secolo a.C.) e poi dallo stesso Filone, che spiega il nome di questa traduzione,Septuaginta appunto la Settanta, e come essa sia stata “ispirata” da Dio stesso e dunque non inferiore al testo ebraico.
Narra la storia che il re Tolomeo di Alessandria volesse una traduzione delle leggi sacre agli ebrei per la sua grande e (poi) proverbiale biblioteca e che ne commissionasse una copia tramite il direttore Demetrio direttamente al sommo sacerdote del Tempio di Gerusalemme. Questi gliela mandò, ma insieme a ben settantadue saggi traduttori, sei per ognuna delle dodici tribù di Israele, i quali, rinchiusisi nell’isolotto di Faro, produssero la famosa traduzione in una versione fedele ossia, come credeva con certezza Filone, perfettamente corrispondente all’originale ebraico. Una variante della storia (del mito) vuole che ognuno traducesse per conto proprio e che alla fine tutte le settantadue versioni concordassero nei dettagli. Ecco come il “miracolo” sancì il valore religioso della traduzione. E poiché settanta era il mitico numero ebraico dei popoli e delle lingue della terra, il testo venne subito rinominato semplicemente la Settanta. Questo testo fu divenne così d’uso comune tra gli ebrei ellenizzati che poco e nulla sapevano ancora di ebraico; in questa veste greca circolava nelle sinagoghe della diaspora mediterranea, cui si rivolse all’inizio la predicazione di Paolo di Tarso; questa è la Bibbia che, uscendo dal mondo ebraico, raggiunse e conquistò i non ebrei alla causa del Dio di Israele.
Certo, filologicamente e storicamente questi passaggi sono stati più complessi, assai meno lineari di quanto si dica, e i traduttori commentatori della nuova versione in italiano non mancano di puntualizzarli. Le domande abbondano: esiste davvero concordanza tra ebraico e greco? Su quale sefer ovvero rotolo ebraico venne fatta quella prima trasposizione in greco? In quanti decenni (e dove) venne completata la traduzione del Tanakh? Davvero esisteva un solo “testo originale” da tradurre o invece ne circolavano diversi e niente affatto concordanti? Perché, se la Settanta era considerata una versione ispirata da Dio, alla fine del IV secolo Girolamno (e con lui papa Damaso) vollero una traduzione in latino, la Vulgata, fatta di nuovo consultando l’ebraico? Se solo in parte abbiamo risposte soddisfacenti a queste domande, resta il fatto che la storia della Bibbia comincia, almeno fuori da Israele, con l’avventura di questa affascinante traduzione. Essa spiega tra l’altro la discrepanza tra i libri del Tanakh, ossia il canone della Bibbia ebraica (chiuso nel I secolo d.C. circa) e i libri dei diversi canoni della Bibbie cristiane: copta, greco-orientale, latino- cattolica, protestante. E ciò a dispetto del fatto che tale Bibbia greca fosse usata anche dagli ebrei nella terra di Israele, ad esempio nella scuola di Jochanan ben Zakkaj, il più autorevole “fariseo” (nel senso più positivo del termine) che a Yavne aprì una scuola di Torà fondando il giudaismo rabbinico come lo conosciamo ancora oggi.
Come ha spiegato a suo tempo Francesca Calabi, esperta di giudaismo ellenistico, «solo nel II secolo la Settanta venne abbandonata dal mondo ebraico sulla base di molti dubbi circa la fedeltà all’originale». Inoltre in greco molte espressioni erano state adattate a una diversa sensibilità culturale e snaturate rispetto all’ebraico e molti antropomorfismi erano stati interpretati o meglio rimossi (ad esempio «camminare con Dio» era divenuto un «compiacere Dio»; l’attributo divino «uomo di guerra » fu reso addirittura con «colui che distrugge le guerre»; l’ordine dei dieci comandamenti era stato modificato; quello dei profeti pure, e via elencando). Dal II secolo fu chiaro che la “setta” dei giudeocristiani usava la Settanta come unico testo di riferimento e da quel momento i maestri di Israele la rifiutarono. Si fecero allora nuove traduzioni in greco del Tanakh, più fedeli all’ebraico, ma ormai la Settanta era già divenuta fuori da Israele semplicemente “la Bibbia”, con la sua diversa ripartizione dei libri, con le aggiunte e con tutte quelle modiche (si pensi alla «giovane donna» trasformata in «vergine » in Isaia 7,14) che serviranno da legittimazione teologica al Nuovo Testamento. Ecco perché conoscere la Settanta è fondamentale per capire la storia della cultura occidentale.
L’editrice Morcelliana ha appena completato la pubblicazione della traduzione italiana de “La Bibbia dei Settanta” nota anche comeSeptuaginta o LXX (con testo greco a fronte) in quattro volumi, sotto la direzione di Paolo Sacchi e la cura redazionale di Marco Bertagna, nella collana Antico e Nuovo Testamento. Il primo volume è ilPentateuco, corrispondente alla Torà ebraica, curato da Paolo Lucca, uscito nel 2012 (pp.1022). Il secondo volume dei Libri storici, corrispondente più o meno ai Profeti anteriori nel Tanakh, è stato diviso in due tomi, a cura di Pier Giorgio Borbone, apparsi nel 2016 (pp.1656). Il terzo volume porta il titolo di Libri poetici (vi sono degli scritti sapienziali del Tanakh, ma anche testi che non fanno parte del canone ebraico), uscito nel 2013 a cura di Corrado Martone e Paolo Lucca (pp.1232). Il quarto e ultimo libro è quello dei Profeti ovvero Profeti posteriori nel Tanakh, uscito ora a cura di Liliana Rosso Ubigli (pp.1184, euro 78).