FELTRINELLI 1+1  IBS.IT

Un caffè all’Isola del Diavolo

Con chi parli in viaggio. Storie estive, sì, ma non i soliti resoconti di vacanze. Sono gli incontri che ci interessano: raccontateceli. Chi incontri, cosa ti emoziona, quale ricordo porti a casa, i vostri diari, le vostre foto da condividere con i lettori di Domani

Un caffè all’Isola del Diavolo

05-07-2010
di Ippolito Mauri

Quando a Orly chiamano il volo, corro per evitare la coda, plotoni di ragazzi da ore in agguato. Viaggeremo assieme e non capisco come sia venuto in mente al professore e alle tre signore che li accompagnano, di portarli in gita scolastica alla Caienna. Sessant’anni fa chi partiva per la Caienna sapeva di non tornare. La condanna era per la vita anche se gli anni non arrivavano a dieci: all’ex galeotto si proibiva di riprendere la nave. Nessuno doveva raccontare. Nascevano villaggi di capanne nella foresta. Il sangue si mescolava e ai vecchi prigionieri restava la nostalgia: scappare, impossibile. Per mare tifoni e pescecani; le paludi verso il confine erano e sono labirinti avvelenati. E’ diventato un posto di vacanza: com’è possibile ?
Difficile trattenere la curiosità se il viaggio dura dodici ore. Il professore risponde che la Guayana francese (ma anche le due Guayane accanto: inglese e Suriname) affoga nella foresta di un’Amazzonia non sconvolta dalla speculazione brasiliana. In fondo è territorio metropolitano, municipio di Parigi. Per chiamare Parigi basta un gettone. Le leggi sono francesi e i francesi amano la natura. L’amore deve cominciare a scuola, ecco la gita. Insomma, discorsi così. Avevo preso l’aereo per raccontare di un’ Ariane che stava per depositare in orbita il satellite destinato ad allargare le bande delle comunicazioni d’Europa, videotelefoni, mille canali TV. Avevo accettato il viaggio tecnico-noioso perché affascinato dai brividi che accompagnavano un nome maledetto nei romanzi delle giovinezze di una volta: Emile Zola e il suo Dreyfus, storia di un capitano accusato di tradimento quando non aveva tradito. Nella Parigi fine Ottocento é condannato a scontare il bagno penale all’ Isola del Diavolo, mare della Caienna. E poi i libri di chi muore lasciando pagine strappacuore; e chi scappa per inventare un romanzo di bugie, Henry Carriere, detto Papillon. Imbottiglia racconti di altri galeotti, diventa un best seller e un film. Montagna di soldi scialacquati in Venezuela. Ormai il secolo è un altro e se un liceo di La Rochelle sceglie la Guayana per il viaggio culturale, e se i giornalisti volano in Guayana per testimoniare il futuro nello spazio, la foresta dalle nebbie bollenti strette all’equatore, sbiadirà i ricordi come fantasmi di una inciviltà svanita. Pensieri di chi arriva nel posto sconosciuto, eppure la realtà è sempre diversa.
Il filo di un canale divide la Caienna in due città, quasi una frontiera. Abito nella città dalle abitudini bianche, torpore della colonia assonnata tra mare e foresta e lo smarrimento di una piccola provincia francese nascosta sotto l’aria condizionata, viali deserti fino a quando non tramonta il sole e si accendono grappoli di lampioni. Gendarmi dalla tenuta coloniale passeggiano in calzoni corti. Calore insopportabile. Tutto qui ? Due passi dopo il ponte che attraversa il Crique, fiume che taglia la città, ecco la capitale immaginata da lontano. Tetti di latta. Donne e uomini fumano, carte in mano o lavorano a maglia al riparo di verande pronte a crollare. Dietro le finestre illuminate dei bordelli, le ragazze ridono sotto le pale dei ventilatori. Una giostra volante fa girare seggiolini vuoti mentre i tamburi del merengue improvvisamente tacciono e la voce di Yves Montand racconta le foglie morte, Parigi dei maglioni neri di Simone de Beuavoir e Juliette Greco, sempre cinquant’anni fa. Il tempo sembra fermo ma non è vero. Cerco tra le facce arabe, cinesi, profughi del Laos negli anni della guerra Vietnam, indios chiari, indios marron; cerco il sorriso sdentato di un discendente di chi non ce l’ha fatta a scappare quando la Guayana era l’inferno. Incontri impossibili, ma il turista sentimentale non si arrende. Ascolto racconti di racconti. Leggende sulla sopravvivenza di sei, dieci forse venti «bagnards » (galeotti del bagno penale) ai quali hanno tagliato le catene quando le grandi prigioni sono state chiuse, ancora cinquant’anni fa. Erano ragazzi dalle mani sporche e sono invecchiati. Vegetano nella città non francese troppo stanchi per cercare l’oro fra le paludi della febbre gialla o per rincorrere bellissime farfalle che i visitatori portano in Europa millantando cacce miracolose. L’ accento del «vieux pays», Parigi perduta, si impasta coi dialetti precipitosi di chi mescola le lingue inventando l’esperanto dei poveri: il creolo un po’ olandese dei clandestini del Suriname o il portoghese di chi scivola attraverso i confini spugnosi dell’Amazzonia brasiliana. Ma la Francia e l’Europa non sono così lontane, almeno nei caffè dove da ogni specchio sorridono le facce di protagonisti delle nostre abitudini, enfants du pay, nati e celebrati qui. Florent Modula, centrocampista che il Lione ha venduto al Chelsea, quattro volte campione di Francia, motore della nazionale. Guai fare domande: mi trascinano sul campo dove ha tirato i primi calci. C’è anche il vecchio Henry Salvador, inventore della bossa nova, figlio di un guardiano del penitenziario: la sua voce ha sciolto i languori di tre generazioni.
 
Nell’albergo attorno alla base spaziale di Kourou (60 chilometri dalla capitale) un ingegnere italiano spiega, che se in passato dalla Guayana si scappava, adesso arrivano da ogni paese attorno. Il cosmodrono è diventato il volano di una ricchezza più immaginata che reale, ma è lo specchio al quale nessuno resiste: quei giganti che spariscono nelle nuvole. Apparizioni nella città del futuro. Tennis, piscine, laboratori sofisticati come nell’altra America. Intanto arrivano cercatori d’oro, tagliatori di mogano, turbe di affamati di ogni Amazzonia. Neri- Marrons accampati nei gironi delle baracche rimodellate sulle antiche baracche dei galeotti. Perché Kourou era un penitenziario duro. Sono rimasti le spoglie del mondo di ieri che abbracciano il mondo bianco di domani. Nel cerchio d’oro di Ariane vivono mille tecnici europei paradossalmente prigionieri della stessa filosofia che incatenava i penitenziari. Rovesciata: la chiave si gira da dentro. Vivere fuori, quasi impossibile. E dentro è un ghetto di lusso scandito da abitudini la cui lontananza psicologica col resto del paese è più larga della distanza Caienna-Parigi. Campus universitario disteso sulla spiaggia di un’isola immersa nel fiume. Attorno, caffè e librerie. Qualche chilometro in là, la vecchia gendarmerie è diventato l’ospedale di un terzo mondo drammaticamente a africano. E la fabbrica del ghiaccio sembra un mulino abbandonato.
Ai giornalisti che aspettano la partenza di Ariane regalano un prontuario che scandisce il conto alla rovescia, secondo per secondo. I motori si accenderanno fra cinque giorni. Un’occhiata mi dice che mancano 12 milioni e 817 mila secondi. Calcolo che diventa una specie di gioco ma anche ossessione: mi accompagna nella scoperta di un paese grande mezza Italia, 170 mila residenti e altrettanti clandestini. Non resisto, ogni tanto controllo: i secondi del countdown sono diventati 12 milioni e 321 mila e le due realtà continuano a sovrapporsi.
Finalmente in barca alle isole della Salute, quindici chilometri davanti a Kourou, pellegrinaggio all’Isola del Diavolo, monumento che racconta la storia della colonia. Ritrovo i ragazzi della gita scolastica. Con professori che fanno sapere come sono andate le avventure nella foresta sulle colline di Kaw: coccodrilli che sfiorano le barche e il silenzio sbalordito nell’immensità della natura, silenzio che all’isola del Diavolo i liceali di La Rochelle hanno subito infranto. Mentre noi adulti sfioriamo con malinconia le rovine della baracca dove il capitano Dreyfus ha sofferto i cinque anni di prigionia aspettando il nuovo processo che doveva liberarlo, i ragazzi gridano la meraviglia attorno ai cacciatori di pescicani, mezzi sangue che sbarcano il lunario così. Rompono noci di cocco con coltellini svizzeri. Terrorizzano le tartarughe giganti padrone di uno sperone diventato riserva protetta. Sono ricresciute le piante tagliate dai carcerieri per tenere d’occhio i galeotti. Adesso l’illusione delle palme che galleggiano nel mare. Non è azzurro come i fogli del turismo fanno credere. Marron torbido per il fango che i fiumi trascinano dall’Amazzonia. Al diavolo la storia. Una signora prova a leggere ai volonterosi qualche pagina del diario di Dreyfus. Ascoltiamo guardando i resti della baracca. Incatenato al letto per mesi, tormentato dagli insetti, febbre gialla che non lo fa dormire. Deve cuocere il pasto in pentole arrugginite: brodaglia immangiabile. Quando gli permettono di leggere Shakespeare e Montaigne spediti un anno prima dalla moglie, gli insetti che tormentano il capitano fanno nido nelle pagine dei libri. Dreyfus prova a ripulirli ogni mattino, alla fine deve arrendersi. Confessa al diario: devo resistere al suicidio finché posso. Il contrasto tra la felicità di chi scopre le meraviglie della natura e la malinconia di chi visita la storia della maledizione, divide l’Isola del Diavolo in due isole diverse. Che si riuniscono nel bar dell’isola Royale: dalla terrazza osserviamo il Diavolo con la meraviglia del guardare da lontano la vita degli altri. Lontano nel tempo non nello spazio perché divisi da appena un braccio di mare. E una specie di club ruspante nel quale anestetizziamo il ricordo del dolore ascoltando il racconto del signore che scalda il caffè. A Marsiglia non trovava lavoro e ha preso l’aereo, eccolo qui. Bianco, baffetti biondi, prima di tutto. Parlotta con i due gendarmi che proteggono l’isola da chissà quale contrabbando: «I pirati non muoiono mai….»: barista e poliziotti sono contenti di mostrarsi spiritosi. Solo dieci persone abitano le Isole della Salute: aspettano turisti e curiosi col libro in mano. Assieme al professore sono l’avventore più maturo. E il barista fa una confidenza: «Ha visto al museo le teste rinsecchite dei vecchi galeotti ghigliottinati ? Per caso un amico ne ha ereditate tre dal padre poliziotto. Vorrebbe venderle. Se interessa posso chiamarlo…». L’orrore si accompagna al pensiero divertente della dogana del ritorno: teste che escono da una valigia, finiremo davvero alla Caienna. Regalo al professore una copia del prontuario Ariane sapendo di trasmettergli l’ossessione. Controlla l’ orologio e rivela ai ragazzi che sbalordiscono: al lancio del satellite mancano 7 milioni e 457 mila secondi. Tutti dimenticano Dreyfus e i suoi compagni.
domaniarcoiris

I giovani in cammino sui sentieri di Frassati

la montagna come scuola di vita

 DI LAURA BADARACCHI
 S
ulla foto di una sua scalata in montagna, spedita a un a­mico, scriveva: «Verso l’alto», riferendosi al cammino di fede e alla vita eterna. Per il beato Pier Giorgio Frassati, di cui oggi si ce­lebra la memoria liturgica, ogni rampicata era «un itinerario che accompagnava quello ascetico e spirituale, una scuola di preghie­ra e di adorazione, un impegno di disciplina ed elevazione», notava Giovanni Paolo II. Dalla passione per le vette di questo ragazzo to­rinese aderente all’Azione catto­lica, stroncato il 4 luglio 1925 da una poliomielite fulminante, è scaturita l’iniziativa di intitolar­gli un percorso in ogni regione i­taliana. Per questo ieri e oggi l’Ac – insieme alla Fuci e ad altre realtà ecclesiali, al Cai e ad alcune par­rocchie – si è ritrovata in Val d’Ayas, in provincia di Aosta, su uno dei 17 «Sentieri» dedicati a Frassati, inaugurato proprio un anno fa nei luoghi dove Pier Gior­gio andava in vacanza con la sua famiglia quando e­ra piccolo. «Una fi­gura luminosa per tutta l’associazio­ne », commenta Gigi Borgiani, se­gretario nazionale dell’Azione catto­lica italiana, ricor­dando che que­st’anno si celebra anche il ventenna­le della beatifica­zione del giovane: «Un’occasione per valorizzare la santità laicale e avvicinarsi alla natura con lo spi­rito di Frassati», evidenzia.
  Dopo l’escursione sul Sentiero in­sieme al Cai e a «Giovane monta­gna » (un’associazione alpinistica di cui Frassati era membro), ieri mattina, seguita in serata dalla presentazione al Palaghiaccio del volume di Antonello Sica dal ti­tolo «In cammino sui Sentieri Frassati. Guida ai percorsi regio­ne per regione», oggi a mezzo­giorno - dopo una notte trascor­sa da molti in tenda - il canonico Franco Lovignana, vicario gene­rale della diocesi di Aosta, pre­siederà la celebrazione eucaristi­ca in località Fiéry, a 1.875 metri. Qui una targa ricorda l’inaugura­zione del Sentiero intitolato al Beato, avvenuta il 21 giugno 2009, tra i picchi del Monte Rosa che e­rano una sua meta costante e a­mata: «Ogni giorno mi innamoro sempre più delle montagne e vor­rei, se i miei studi me lo permet­tessero, passare intere giornate sui monti a contemplare in quel­l’aria pura la grandezza del Crea­tore », scriveva il 6 agosto 1923 al­l’amico Marco Beltramo.
  Ma Pier Giorgio non sarà ricor­dato
solo in terra valdostana: «In questo fine settimana i Sentieri vengono percorsi dai giovani di Ac anche nel Lazio, in Calabria e nelle Marche, dove il quinto pel­legrinaggio not­turno si è svolto tra il 2 e il 3 luglio, da Fonte Avellana a Cagli nella provin­cia di Pesaro-Urbi­no, mentre stama­ni alle 11.30 verrà celebrata la Messa sul Monte Morcia. Un’iniziativa che ha coinvolto an­che adolescenti e famiglie, resa possibile dalla col­laborazione tra Azione cattolica di Fano, Centro alpino italiano e Pastorale giovanile regionale, ri­ferisce Chiara Finocchietti, vice­presidente nazionale per il Setto­re giovani dell’Ac, che annuncia: «A breve dovrebbero esserci an­che dei sentieri Frassati interna­zionali: aspettiamo in particola­re l’inaugurazione di quelli in Ro­mania e Argentina».
  In Campania i giovani dell’Ac del­la diocesi di Teggiano-Policastro si ritroveranno oggi – come di consueto da un decennio – al bat­tistero paleocristiano di 'Marcel­lianum', nell’entroterra salerni­tano,
per percorrere un buon trat­to del primo Sentiero Frassati na­to in Italia, fino al santuario di San Michele Arcangelo a Sala Consi­lina. Le acque della sorgente, col­legata direttamente alla vasca battesimale, «vengono portate di regione in regione, per benedire i nuovi Sentieri, che a loro volta portano altre brocche con le ac­que dei loro ruscelli da versare qui, dove l’idea fu tenuta a batte­simo il 23 giugno del ’96», rac­conta Antonello Sica, ideatore e coordinatore dei Sentieri Frassa­ti. «Si tratta di un’esperienza d’in­contro con Dio nel creato, attra­verso la fatica del cammino e la bellezza della montagna, per ten­dere a quella misura alta di vita cristiana di cui lo stesso Pier Gior­gio è stato modello». Un richia­mo a reggere la cordata di coloro che vogliono – come si propone­va l’alpinista torinese – «vivere e non vivacchiare».
Una celebre immagine di Pier Giorgio Frassati tra le «sue» montagne
 avvenire

Festa del Redentore a Venezia, il programma di questa edizione 2010

Il Redentore è una delle feste veneziane più attese dell’anno, una festa tradizionale che unisce religione e spettacolo. La notte del secondo sabato di luglio le imbarcazioni dei veneziani, illuminate ed addobbate a feste, si riversano nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca per assistere allo spettacolo pirotecnico, mentre il giorno seguente si svolge la cerimonia religiosa, anticipata da una serie di regate a due remi.

PROGRAMMA

SABATO 17 LUGLIO

* 19.00 Apertura del ponte votivo che collega le Zattere con la Chiesa del Redentore all'isola della Giudecca.Ve

* 23.30 Spettacolo pirotecnico in Bacino di San Marco

DOMENICA 18 LUGLIO

Stagione remiera 2010: Regate del Redentore, a cura dell'Assessorato al Turismo del Comune di Venezia
* 16.00 Regata dei giovanissimi su pupparini a due remi

* 16.45 Regata su pupparini a due remi

* 17.30 Regata su gondole a due remi

* 19.00 Santa Messa Votiva presso la Chiesa del Redentore all'isola della Giudecca, presieduta da S. Em. Card. Patriarca Angelo Scola, presenti i parroci e le autorità cittadine

Eventi collaterali

SABATO 17 LUGLIO

* 20.00 Il Redentore al Forte Gazzera

* 23.30 Spettacolo pirotecnico (A cura della Municipalità di Chirignago Zelarino)

* 21.00 Il Redentore nell'arena di Piazza Mercato a Marghera (A cura della Municipalità di Marghera)

DOMENICA 18 LUGLIO

* 11.30 Apertura dei Giardini della Marinaressa, Riva Sette Martiri (A cura della Municipalità di Venezia Murano Burano)


Organizzatore: Venezia Marketing Eventi

----------
Albergo San Marco
MOBILIARE VENETA S.P.A.
San Marco, 877 - 30124 Venezia, Italia
Tel. +39.041.5204277 - Fax +39.041.5238447
sanmarco@sanmarcohotels.com

----------------

Hotel Canal
Santa Croce 553, 30135 Venezia,Italia
Tel. +39 041.5238480 Fax +39 041.5239106
info@hotelcanal.com

Sicilia da vedere: Noto. 3°Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche": dal 10.06 al 04.09.10

Evento: 3°Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche": dal 10.06 al 04.09.10
Noto
Neas sarebbe stata fondata da popolazioni sicane, all'epoca della caduta di Troia, sul colle della Mendola. Caduta nelle mani dei conquistatori siracusani, la città assimilò costumi e culto ellenici, e fu elevata a sede di gimnasium. Passata sotto il dominio romano, come città federata, in epoca imperiale fu dichiarata municipium latino, una singolare condizione che procurò alla città notevoli privilegi, tra cui quello di potersi governare con proprie leggi. Conquistata dagli arabi, che ne fecero una roccaforte munitissima, prese il nome attuale e fu capitale di una delle tre valli in cui essi avevano suddiviso la Sicilia. Dopo due secoli di dominio musulmano, nel 1090, Noto trattò la resa con Ruggero. La storia di Noto, però, oltre che dagli uomini è segnata dalla natura: nel 1693, infatti, fu distrutta dal terremoto che colpì l'intera Sicilia Sud orientale. Ideata come un grande teatro senza quinte, concepita come città libera ed aperta, movimentata e continua, Noto risorse sontuosa e superba, sul declivio del colle Meti, alle pendici meridionali dei monti Iblei. La vicenda architettonica della nuova città fu dominata dall'estro artistico di tre architetti, Rosario Gagliardi, Vincenzo Sinatra e Paolo Labisi i quali seppero sviluppare uno strabiliante capolavoro di unità architettonica. Tre diverse personalità che, pur vivendo ed operando in provincia, conferirono alla città un'impronta originale che esula dal rigido linguaggio barocco, arricchendolo di elementi rinascimentali, spagnoleschi e neoclassici e dando vita ad uno stile fantasioso e sognante.
L'Arco di trionfo, lungo il corso, segna l'inizio della città. Sormontato da tre simboliche sculture - una torre merlata (la potenza), un cane (la fedeltà), un pellicano (il sacrificio) - il monumento fu eretto in occasione di una visita a Noto di Ferdinando Il di Borbone che lo inaugurò nel 1838. La porta reale fu costruita col caratteristico calcare dorato utilizzato, nel secolo precedente, per edificare chiese e palazzi della città. La chiesa di San Francesco all'Immacolata si innalza, in cima ad un'imponente scalinata, sulla destra del corso. Fu costruita, con l'annesso convento, tra il 1704 ed il 1745. La chiesa è ad un'unica navata, secondo l'uso francescano. Tutte bianche, le pareti sono decorate con stucchi di stile rococò. La chiesa di Santa Chiara, opera del Gagliardi, espressione di un delicato barocco, fu costruita nel 1785. L'interno, piccolo e ovale, ornato di stucchi e putti, è scandito da dodici colonne ed è uno dei più interessanti esempi delle soluzioni spaziali di questo architetto. Il monastero del SS. Salvatore è il più grande edificio della città, costruito tra il 1710 ed il 1791 su un'area rettangolare di 11.000 mq. Piatti pilastri gemelli incorniciano al primo piano le grandi finestre il cui ricco decoro ricorda lo stile plateresco portoghese. Segue un'ala sporgente che ha la funzione di chiave nella concezione costruttiva; si eleva imponente come una torre su costruzioni e cupole circostanti, e non lascia adito a dubbi sulla superiorità di questo convento rispetto agli altri ordini. Quest'impressione è sottolineata dal ricco decoro in pietra e dalle inferriate in ferro battuto. L'omonima chiesa, edificata sul finire del Settecento, si eleva su un ampio piazzale. La sua particolarità è l'evidenza, sulla sua facciata, del passaggio dal barocco al classicismo. La cattedrale, che sorge in cima ad una monumentale scalèa, fu iniziata già pochi mesi dopo il terremoto, ma fu completata solo nel 1770. La facciata, spoglia di ornamenti e stravaganze, incorpora motivi barocchi ed elementi classici. Le tre navate della chiesa sono divise da alti pilastri con doppie lesene. Nella cappella di fondo della navata destra è custodita l'Arca argentea del santo patrono della città, San Corrado. Di fronte alla cattedrale si trova Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Progettato dall'architetto Sinatra, il palazzo, rialzato rispetto alla piazza su cui sorge, fu costruito tra il 1746 ed il 1830 su un'unica elevazione. Cento anni dopo vi fu sovrapposto un secondo piano che purtroppo ha compromesso la linea neoclassica originaria. Interessante, all'interno, il salone di rappresentanza, ricco di ori e stucchi. 

Poco lontano si trova Palazzo Villadorata, che prospetta su via Nicolaci, una stretta traversa del corso. L'ampia facciata è movimentata da panciuti balconi in ferro battuto sorretti da mensole d'ogni sorta, con figure antropomorfe e zoomorfe tra volute ed arabeschi, che rappresentano la manifestazione più accentuata del barocco netino. Costruito nel 1731, il palazzo, che fu a lungo residenza dei principi di Villadorata, di recente è stato per buona parteacquistato dal comune. Esso conta novanta vani, con le volte affrescate con dipinti settecenteschi.

Quest'impressione è sottolineata dal ricco decoro in pietra e dalle inferriate in ferro battuto. L'omonima chiesa, edificata sul finire del Settecento, si eleva su un ampio piazzale. La sua particolarità è l'evidenza, sulla sua facciata, del passaggio dal barocco al classicismo. La cattedrale, che sorge in cima ad una monumentale scalèa, fu iniziata già pochi mesi dopo il terremoto, ma fu completata solo nel 1770. La facciata, spoglia di ornamenti e stravaganze, incorpora motivi barocchi ed elementi classici. Le tre navate della chiesa sono divise da alti pilastri con doppie lesene. Nella cappella di fondo della navata destra è custodita l'Arca argentea del santo patrono della città, San Corrado. Di fronte alla cattedrale si trova Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Progettato dall'architetto Sinatra, il palazzo, rialzato rispetto alla piazza su cui sorge, fu costruito tra il 1746 ed il 1830 su un'unica elevazione. Cento anni dopo vi fu sovrapposto un secondo piano che purtroppo ha compromesso la linea neoclassica originaria. Interessante, all'interno, il salone di rappresentanza, ricco di ori e stucchi. Poco lontano si trova Palazzo Villadorata, che prospetta su via Nicolaci, una stretta traversa del corso. L'ampia facciata è movimentata da panciuti balconi in ferro battuto sorretti da mensole d'ogni sorta, con figure antropomorfe e zoomorfe tra volute ed arabeschi, che rappresentano la manifestazione più accentuata del barocco netino. Costruito nel 1731, il palazzo, che fu a lungo residenza dei principi di Villadorata, di recente è stato per buona parteacquistato dal comune. Esso conta novanta vani, con le volte affrescate con dipinti settecenteschi. Nel mese di maggio la via Nicolaci è protagonista di una tradizionale "Infiorata". La via è chiusa in fondo dalla chiesa di Montevergine, attribuita all'architetto Sinatra. Esternamente a forma concava, chiusa tra due torrette laterali, nel suo interno è ad un'unica navata, scandita da colonne corinzie. La chiesa del Crocifisso è il secondo tempio della città dopo la cattedrale. Essa sorge nella parte alta di Noto, nella piazza Mazzini. Progettata dal Gagliardi (1715) è la più ricca di opere d'arte. All'interno, oltre a due leoni stilofori in pietra, di epoca romanica, recuperati dalle macerie dell'omonima chiesa dell'antica città, si conserva la statua in marmo bianco della Madonna della Neve, del 1471, opera di Francesco Laurana.

fonte:  REGIONE SICILIA

DOVE DORMIRE
Hotel della Ferla***
Via A.Gramsci n.5 - 96017 Noto (Siracusa) - Sicilia
Telefono: 0931.576007
Fax: 0931.836360
e-mail: info@hotelferla.it
web: http://www.hoteldellaferla.it
-------------------
Hotel Villa Favorita ***
info@villafavoritanoto.it
GestHotel Group s.r.l.
Contrada Falconara
Noto (SR) 96017 Italia
TEL +39 0931820219
MOBILE 334 6516580
FAX +39 0931820220
-------------------
Hotel Corte Del Sole ***
Localita' Eloro/Pizzuta - C.da Bucachemi
96017 Lido di Noto (SR)
Per info: 0931 820210
email: info@lacortedelsole.it
---------------
Hotel Des Etrangers et Miramare *****
desetrangers@amthotels.it
tel: +39 0931/319100
Fax: +39 0931/319000
Passeggio Adorno 10/12
96100 Siracusa - Sicilia - Italia
-------------
Hotel Caiammari ****
Via Impellizzeri, Contrada Isola Fanusa
Siracusa
SR 96100 ITALIA
Telephone: +39 0931 721217
Fax: +39 0931 722104
hotelcaiammari@athenapalace.it
http://www.hotelcaiammarisiracusa.it
------------------
Grand Hotel Ortigia ****
info@grandhotelortigia.it
TEL +39 0931 464600
FAX +39 0931 464611
--------------------
Grand Hotel Villa Politi****
Via M. Politi, 2 - 96100 SIRACUSA (SR) - ITALIA
info@villapoliti.com
Tel. +39 0931 412121
Fax +39 0931 36061
----------------------
Hotel Roma 
Via Roma, 66 96100 Siracusa, Italy
 Tel. +390931 465626 Fax. +390931 465535
hotelroma@athenapalace.it
------------------------

Il Parco Carsico/Paleontologico delle Grotte di Equi

Il Parco Carsico/Paleontologico delle Grotte di Equi
Nella Lunigiana orientale, nel cuore del Parco Regionale delle Alpi Apuane, si trova il piccolo borgo medioevale di Equi Terme, arroccato ai piedi del Pizzo d’Uccello, che con i suoi 1871 metri di altezza è una delle cime più suggestive delle Alpi Apuane. 
Questa località termale era già nota all’epoca dei romani e attualmente uno stabilimento termale sfrutta le straordinarie proprietà delle sue acque solforose che sgorgano a 27 gradi e dove sono possibili tutte le cure tipiche di questi centri  come inalazioni, balneoterapia e massaggi.
Nei pressi del borgo si apre un esteso complesso carsico sotterraneo, modellato nei millenni dall’erosione dell’acqua che ha formato cavità, cunicoli, sale, stalattiti, stalagmiti e laghi sotterranei di grande suggestione.
Il percorso, attrezzato per la visita per circa 2 Km, inizia dalla Buca, già nota nel ’700, un labirinto di sale, gallerie, cunicoli con concrezioni fossili e prosegue successivamente in una cavità ancora viva, le Grotte, adorna di stalattiti, stalagmiti ed ogni forma di concrezione naturale. Attualmente è in fase di completamento il camminamento interno che collega le Grotte alla Tecchia (raggiungibile anche dall’esterno). Un antico riparo sottoroccia che fu utilizzato nel Paleolitico da cacciatori neanderthaliani e da animali, specialmente per il letargo: manufatti e resti di animali narrano infatti la storia di questa grotta a partire da 40.000 anni fa fino al Medioevo. Ricerche archeologiche anche recenti hanno infatti portato alla luce oggetti in pietra e osso appartenuti ai cacciatori e scheletri di lupo, cervo, volpe, marmotta ma anche di una fauna oggi insolita per questi luoghi, tipica del periodo glaciale e interglaciale, come l’Ursus speleus (orso delle caverne), il leone e il leopardo.
Dall’altra sponda del torrente Fagli è presente il museo del Grotte di Equi Terme, realizzato in un antico mulino ad acqua, che permette un approfondimento relativo alla primitiva presenza umana, e non solo, nella zona.
Nei pressi delle grotte un breve camminamento, in fase di completamento, permette di ammirare delle particolari formazioni create dall’erosione dell’acqua e da quella meccanica delle rocce, più conosciute col nome di “marmitte dei giganti”.

Il Complesso è gestito dalla Cooperativa AlterEco per conto del Comune di Fivizzano e con la collaborazione del Parco Regionale delle Alpi Apuane e di Legambiente 
Usciti dalle grotte, una breve escursione al “solco”, stretto e profondo canyon, permette di osservare una profonda spaccatura naturale nel fianco della montagna, creata in epoca remota dal torrente che oggi corre lungo la strada marmifera.

Apertura al pubblico:
• da metà giugno a metà settembre tutti i giorni
• fine settimana da marzo a ottobre
• durante il presepe vivente a Natale
(scaricate gli orari stagionali da questo sito o telefonate ai gestori per il dettaglio degli orari)
Apertura per gruppi e scuole: tutto l'anno su prenotazione
Attività e servizi: 
• visite guidate al pubblico
• visite, attività e laboratori didattici per le scuole

Informazioni e prenotazioni:
AlterEco soc. coop.
Via Magra 2 - 54016 Terrarossa MS)
tel. 0187422598 - fax 0187423221
cell. 348 7901036 - 3493692280
info@lunigianasostenibile.it

Sicilia da vedere: viaggio al santuario di Monte Scapello (Catenanuova - Enna)



È stato sempre vivo da parte dei pellegrini e dei turisti, arrivando a Monte Scalpello, il desiderio di conoscere le origini storiche e gli avvenimenti remoti e recenti che hanno reso celebre il Santuario come pure la storia e la vita degli eremiti che si sono avvicendati nel Santuario.
Arrivato al Santuario, ogni pellegrino viene investito da un inspiegabile misticismo e rimane silenzioso ed ammirato dinanzi alla sacralità del luogo mentre contempla e medita le gesta eroiche degli eremiti ancora oggi sepolti nell’urna sacra sita dentro la vetusta chiesetta.
Il volume, anche se non esaurisce tutta la storia del Santuario e le gesta degli eremiti vissuti in preghiera e in solitudine sul monte, è certamente un buon sussidio utile a quanti volessero conoscere le vicende di Monte Scalpello.

Nella qualità di Rettore del Santuario e Presidente del devoto ed entusiasta Comitato religioso dei festeggiamenti sono grato e riconoscente all’autore prof. Filippo Virzì che ha voluto, attraverso la presente opera, rendere un devoto omaggio al Santuario e un prezioso servizio a tutti i fedeli del Santuario stesso.
Infatti in quanti nutrono devozione verso il Santuario, ove si celebrano le lodi della Madonna del Rosario, di San Giuseppe e dei Corpora Sancta, è assai vivo il desiderio di incrementare ancor più la presenza dei pellegrini per celebrare con maggior fede e pietà i festeggiamenti religiosi annuali.
Ci si augura che attraverso una maggiore e più accessibile viabilità e ristrutturazione dei luoghi possa il Santuario divenire luogo di continui pellegrinaggi, di incontri religiosi, di settimane di esercizi spirituali, a sollievo di quanti devoti o turisti vogliano trovare un pò di pace, di serenità e di silenzio interiore e incontrarsi con Dio.
Ringraziando l’autore per l’ammirevole lavoro che sarà di vero gradimento alla comunità devota di Monte Scalpello, addito l’opera da lui composta a tutti, affinchè attraverso la divulgazione e la conoscenza si incrementi non solo la devozione religiosa del Santuario, ma anche l’interesse turistico e paesag-gistico di tutto il Monte Scalpello.
Il Rettore del Santuario – Sac. Pietro Manduca