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In bici dalla Siberia a Londra

Lilwall Rob - In bici dalla Siberia a casa

In bici dalla Siberia a casa TitoloIn bici dalla Siberia a casa - scheda online>>>
AutoreLilwall Rob
Prezzo
Sconto 15%
€ 16,15
(Prezzo di copertina € 19,00 Risparmio € 2,85)
Se pensi alla Siberia, anche solo di sorvolarla in aereo, il pensiero si ghiaccia all’istante, perché anche il più temerario dei siberiani vi sussurrerà rabbrividendo: «Holodna... Zeema», “freddo... inverno”. Immaginate allora di attraversarla tutta pedalando in sella a una bicicletta. Impossibile? «Niente è impossibile», vi risponderà Rob Lilwall, un giovane professore di Geografia - «frustrato e sottopagato» (tutto il mondo è Paese) - nei college londinesi che a un certo punto decide di frenare la sua vita e di compiere l’impresa, o meglio quello che considera il suo «pellegrinaggio». Accoglie l’invito-provocazione dell’amico, sin dai tempi dell’università, a Edimburgo. il caro vecchio Al e partono insieme. In bici dalla Siberia a casa (Ediciclo) è diventato così il libro-diario (caso editoriale in Inghilterra) avventuroso e avvincente, di un viaggio cominciato nel settembre 2004 e che sarebbe dovuto durare al massimo l’arco del classico anno sabbatico e invece tra emozioni intensissime, momenti di profonda spiritualità e con a ruota l’inseguimento costante della paura di non farcela e di morire, si è protratto fino all’ottobre del 2007. Così, pedalando per 56mila chilometri, Rob è partito per la Siberia che aveva 29 anni per fare ritorno a Londra a 32. Con 8mila sterline in tasca «i risparmi di una vita», si è messo in sella alla sua fida “Alanis”, la bicicletta ribattezzata come la cantante, «la Morissette», ed è partito da quella che Colin Thuborn descrive come «l’ultima misteriosa frontiera. Il posto da dove non ritornerai». Con la benedizione di un monaco americano, padre Mike, Rob e Al hanno preso il via da Magadan, il paradiso minerario, diventato l’inferno per i martiri del totalitarismo sovietico che qui venivano spediti ai lavori forzati. Prime pedalate sulla “Strada delle ossa”, dove si è consumato il destino crudele che ha inghiottito nei gulag 10, forse 50 milioni di vittime delle purghe di Stalin. Un pezzo di storia indelebile, e l’inizio di un percorso al limite della sopportazione fisica e psicologica, in cui Lilwall si è ritrovato a coprire un minimo di 42 chilometri quotidiani (un massimo di 169 km in un giorno), parlando da solo («le strade con Al si separarono in Giappone») invocando e pregando continuamente Dio, affinché lo avesse sostenuto nell’incredibile sfida.

«Coltivavo la speranza che il viaggio mi avrebbe fatto maturare come persona e come cristiano... Ma ero anche pienamente cosciente che la fede non mi avrebbe reso immune dai pericoli». Rob e Al sono passati indenni persino nel glaciale villaggio di Oymyakon: «Nel 1919 era entrato nel libro dei record per aver registrato la temperatura di -71,2 gradi», annota nel suo diario Rob che in un giorno, «da meno 36 gradi», ha visto per cinque volte forare la ruota di Alanis (157 forature in tutto il viaggio). Una volta risistemati i copertoni scivolavano via leggeri per le strade innevate e i sentieri sterrati e tortuosi del Caucaso. Sudore, fatica, e silenzi interminabili, interrotti dagli odori intensi di carne di cavallo arrostita e fiumi di vodka guadati fino ai villaggi degli yucat. «Gli yucat come i caucasici, non ci chiesero mai soldi per l’aiuto che ci davano, e alcune volte cercarono perfino di offrirci denaro e abiti di pelliccia prima che ripartissimo». Più di duecento le persone che hanno generosamente ospitato Lilwall (la maggior parte delle notti trascorse in tenda) nel suo cammino, in cui con orgoglio nella scheda delle statistiche annovera: «21 le lingue in cui ho imparato a dire ciao». Una volta attraversata la Siberia, ha imparato anche a riconoscere il volto dell’amore. L’ha scovato ad Honk Kong, negli occhi di Christine, una ragazza cinese che è diventata sua moglie e con la quale oltre alla vita oggi condivide l’impegno umanitario. A cominciare dal sostegno agli angeli dalla faccia sporca, i bambini poveri di Manila. È arrivato fino alle Filippine certo. E sempre con una semplice bicicletta, acquistata dieci anni prima, si è spinto molto più in là.
 
Non si è fermato neppure dinanzi all’Oceano, lo ha attraversato in nave ed è sbarcato in Papua Nuova Guinea per continuare a pedalare. «Devo avvisarti che viaggiare in Papua Nuova Guinea può essere piuttosto pericoloso, mi hanno minacciato a mano armata e derubato 16 volte e mi sono trovato in mezzo a una sparatoria tra tribù in guerra che usavano fucili M16...», lo aveva avvertito via e-mail un missionario prima che approdasse a Jayapura. Per le strade più impervie di Wewak, Rob ha incontrato padre Lawrence che resiste «schivando le pallottole». Ascetismo cristiano che si fonde con quello tibetano, in cui Lilwall ha appreso che «nella pratica della tolleranza, il nemico è il miglior insegnante». Alzandosi dal sellino ha scalato i 4mila metri, per fermarsi giusto il tempo di una sosta («non restavo più di due-tre giorni nello stesso luogo») in un monastero in cui i monaci gli hanno ceduto volentieri il loro letto, e quelli in segno di autentica ospitalità hanno dormito per terra. Lilwall ha assaporato il gusto intenso della tolleranza e dell’accoglienza. Un miracolo nel mondo dei conflitti globali, interrotto a tratti solo nelle tappe “belliche”, a Kabul e poi a Islamabad, quando padre Tom gli narrava della dura realtà dei cristiani perseguitati: «Il Pakistan sembra passare da una crisi all’altra. Adesso è legata ai talebani, ma dopo di questa ce ne sarà un’altra».
 
Considerazione amara, come quel bicchiere d’acqua negato sulla via del ritorno, nell’occidentalissima Taizè, dalla scortese proprietaria di un bar. «Volevo dirle di tutti i luoghi in cui ero stato e della gentilezza delle tante persone che avevo incontrato: dalla Russia alle Filippine, dall’India al Tibet, all’Afghanistan e all’Iran e invece in Europa, dove la gente era così ricca, mi veniva rifiutata dell’acqua». Il bicchiere di Rob si è riempito comunque e nella bisaccia di Alanis ha raccolto 23mila sterline che serviranno a sostenere le attività benefiche dell’associazione “Viva” - together for children - , in soccorso dei bambini del terzo mondo. Accavallettata la bici, ora il suo viaggio prosegue, a piedi. Con l’aiuto di Dio, Rob in questo momento è sulle cime cinesi, padrone del suo tempo, con il cuore colmo d’amore e pacificato, si ferma e osserva lo scorrere delle acque dello Yangtze, il fiume azzurro.

Massimiliano Castellani - avvenire.it

Luoghi dell'Infinito

Luoghi dell'Infinito
è il mensile a colori del quotidiano Avvenire dedicato agli itinerari artistici e religiosi delle civiltà umane. La rivista, impreziosita da immagini di grandi fotografi italiani e internazionali, conduce il lettore alla scoperta delle più suggestive tracce del sacro, nei luoghi "magici" dove l'infinito parla ancora attraverso il tempo: monasteri e cattedrali, chiostri e moschee, templi e sinagoghe, architetture dell'uomo e paesaggi della natura.
Luoghi dell'Infinito illustra il dialogo tra l'uomo e l'infinito attraverso la poesia e i capolavori dell'arte, attraverso genti, tradizioni, culture di tutte le latitudini. Un meraviglioso viaggio raccontato da "firme" come Dominique Lapierre, Ermanno Olmi, Alda Merini, Roberto Mussapi, Guido Oldani, Carlo Maria Martini, Enzo Bianchi, Gianfranco Ravasi, Franco Cardini, Eugenio Corti, Erri De Luca, Cosimo Damiano Fonseca, Timothy Verdon, Ulderico Bernardi, Zygmunt Bauman...

Luoghi dell'Infinito
Mensile di itinerari, arte e cultura del quotidiano «Avvenire»
Giovanni Gazzaneo (coordinatore): 

Anna Maria Brogi 02.6780364; a.brogi@avvenire.it

Valnerina: quando la fede vive d’incanto

L’acqua del Nera, pura e cristallina, scorre veloce nella Valle incantata che reca il suo nome. È da qui, da Roccaporena, il paese natio di Santa Rita da Cascia, che partiamo per uno degli itinerari spirituali, forse meno noti, eppure tra i più suggestivi nel cuore verde dell’Umbria: quello dei Santuari terapeutici.

«Santuari di frontiera, luoghi privilegiati dove almeno una volta l’anno, comunità, spesso divise per problemi inerenti al pascipascolo o al legnatico o non di rado disgiunte per il solo pettegolezzo, si sentono solidali e recuperano la loro identità paesana», scrive don Mario Sensi nel suo Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (Edizioni di Storia e Letteratura). Luoghi dove tradizione e devozione consolidata nei secoli, vuole che l’acqua di fiume, la pietra delle pievi millenarie, lo scoglio delle grotte appenniniche, porti beneficio allo spirito e alla salute psicofisica dei pellegrini. «Vorrei una rosa e due fichi del mio orto», fu l’umile ultimo desiderio di Santa Rita da Cascia. E nel suo orticello della casa di Roccaporena, sotto la neve, nel 1457, si compì il miracolo: sbocciò la rosa e maturò il fico. Nella roccia levigata dal fiume Corno, dove Santa Rita andava a pregare lasciando l’impronta dei gomiti e delle ginocchia, continuano imperterriti a salire, specie nel mese di maggio i fedeli che implorano la guarigione dei loro mali, anche “d’amore”.

Ogni Santuario ha una sua specifica funzione terapeutica. Così riscendendo a valle, a Sant’Anatolia di Narco, avvolto tra le verdi coltri dei boschi umbratili, abbaglia di luce il candido e petroso romanico dell’abbazia di San Felice. L’eremo in cui dalla Siria San Mauro arrivò con il figlio Felice e fecero il miracolo della liberazione della popolazione locale dal “miasmo” del drago. Metafora della bonifica della malsana palude, operata dai monaci di San Felice. Questi, attingevano a piene mani l’acqua del Nera che scorre sotto la cripta che custodisce il sepolcro di San Mauro e San Felice. Una fonte miracolosa, per le malattie della pelle. Uscendo dalla Valnerina e lasciandosi alle spalle Spoleto, dove nelle sue campagne non mancano altri piccoli siti di “santuari di frontiera” (come Madonna della Stella), ci si addentra nella montagna del folignate, in luoghi ancora meno noti e misteriosi, persino agli stessi umbri.

Dal piccolo borgo di Pale, appena restaurato e guarito dalle ferite dell’ultimo terremoto, si sale per un sentiero alla maestà incastonata nelle spelonche dell’eremo di Santa Maria Giacobbe. Qui il 25 maggio, festa della patrona, e per il giorno dell’Ascensione, i pellegrini usavano (qualcuno lo fa ancora) salire a piedi scalzi in segno di purificazione, prima di accedere alla magnifica cappella che conserva incantevoli affreschi di scuola giottesca. Gioielli d’arte pittorica che spesso sono stati “sfregiati” dagli stessi pellegrini che portando via un pezzo di intonaco si sentivano protetti, convinti che il potere apotropaico dell’acqua della cisterna fosse tale anche in quel pezzetto di affresco. Dalla Croce di Pale, attraversando l’antichissima via Plestina e la Flaminia, alla “croce” di quello che don Mario Sensi definisce «il singolare santuario terapeutico di Cancelli» che per volontà vescovile è sorto in epoca moderna (il primo oratorio risale al 1657).

Custode e depositario dell’«uso paraliturgico della croce» e cioè del rito del «segnare» (con l’accompagnamento della formula del paternoster) che si trasmette di padre in figlio, è Maurizio Cancelli. Quando non è intento a creare nel suo studiolo di artista, Maurizio accoglie i malati, «in particolar modo quelli con problemi muscolari e sciatiche», nella “Camera degli apostoli” attigua alla chiesetta dedicata a San Pietro e Paolo, i quali vengono invocati durante il rito della segnatura. Missione che esclusivamente gli “operatori” della famiglia Cancelli possono tramandare ed esercitare anche in altri luoghi. In questa montagna incantata, i culti e le credenze resistono, ma a volte, per volontà popolare, accade anche che cambino residenza, per poi ritornare. È il caso, poco più in basso di Cancelli, della Madonna del Riparo, nel villaggio di Roviglieto, che sorge dove nell’XI secolo venne eretto l’Eremo di Sant’Angelo de gructis.

È grazie al ritrovamento di questa grotta che alla metà dell’800, i pellegrini cominciarono a tornare alla Madonna del Riparo, dopo che per lungo tempo avevano preferito andare a cercare maggior beneficio al santuario terapeutico della Madonna delle Grazie, a Rasiglia, in cui si era verificato il miracolo della resurrezione di un bambino. Devozione materna, diffusa, e che si ritrova alle pendici del Subasio, nell’abbazia camaldolese di San Silvestro, nei pressi del magnifico borgo-presepio di Collepino dove Claudio Fabrizi, patron dell’albergo diffuso della Malvarina (nei pressi di Assisi), arriva a cavallo sulle orme di San Francesco. Qui, nell’eremo fondato dal San Romualdo, nel 1025, zampilla una fonte il cui abbeveraggio, credenza popolare vuole, ridona il latte alle puerpere e tonifica e guarisce gli animali malati. Così, il 31 dicembre, nel giorno di San Silvestro, patrono di Collepino, il “pane benedetto” oltre che agli uomini, da sempre viene offerto anche agli animali, su richiesta dei padroni, perché il Santo vegli anche sulle care bestiole.

Massimiliano Castellani - avvenire.it

'Io amo l'Italia': 100 scatti di Freed che raccontano il Belpaese

Leonard Freed, grande fotografo newyorkese membro della Magnum,  amava parlare del suo rapporto con l’Italia come di una “storia d’amore”. Un amore che lo portò a visitare il nostro paese più di 45 volte e a scattare migliaia di indimenticabili immagini.
La mostra “Leonard Freed. Io amo l’Italia”, ospitata dal Museo di Roma in Trastevere fino al 27 maggio, ne presenta una straordinaria selezione: 100 fotografie in bianco e nero scattate tra Roma, Firenze, Napoli, Milano e Palermo che raccontano la vita quotidiana, i volti e i gesti del Belpaese senza l’uso di facili stereotipi.

ansa

Rainbow Magicland riapre le porte del divertimento

Montagne russe tra ripide cascate di un tempio Maya o completamente al buio con vagoni rotanti, un 'salto' nel vuoto a 70 metri d'altezza dalla torre 'Mystica', una 'mad house' a 16 metri di profondità dedicata al grande mago Houdini con pareti e pavimento inclinanti e tante altre attrazioni per affascinare i più piccoli

Da questo sabato riaprono le porte di 'Rainbow MagicLand', il parco dei divertimenti di Valmontone
, per una nuova stagione. Seicentomila metri quadrati di 'divertimento', 36 attrazioni, una zona stuntmen, tre teatri ed alcune aree dedicate alle fatine WinX, Bombo, PopPixie e Huntik. Questi i numeri di 'MagicLand' che lo scorso anno ha raggiunto i 720mila visitatori. Tra le novità di un fitto calendario di eventi lo spettacolo 'Gladiatori' con una ricostruzione perfetta del Colosseo per assistere così ai combattimenti nell'arena.

Quest'anno la 'magia' del parco sbarcherà anche in tv ed andrà in onda su Italia1 con un programma condotto da Antonio Casanova, Davide De Zan e i Fichi d'India: nove puntate, dedicate ai grandi temi del mondo magico.

ansa

Sentieri d'acqua 2012

Sentieri d'acqua 2012 La sezione di Arona della Lega Navale Italiana ripropone "Sentieri d'acqua sul Lago Maggiore": la giornata in cui le associazioni nautiche e sportive locali invitano il pubblico a salire a bordo delle barche a vela per un giro gratuito sulle acque del Lago Maggiore.

La manifestazione si svolgerà il 25 aprile sulla banchina di Corso Guglielmo Marconi ad Arona; chi volesse approfittare dell'occasione per guardare Arona dal Lago, da una barca a vela, potrà prenotarsi il giorno stesso della manifestazione presso lo stand della Lega Navale.

Per chi ama la vela a livello sportivo ci saranno le esibizioni della Classe 10 piedi e della squadra agonistica Classe Optimist. Guardia Costiera Ausiliaria e Vigili del Fuoco simuleranno una operazione di salvataggio in acqua.

Lo spirito della giornata è quello di promuovere un uso turistico, sportivo e ricreativo a impatto zero delle acque del Verbano, per questo l'evento è stato scelto per presentare il "registro italiano delle barche solari", ovvero di quei natanti spinti da un motore elettrico alimentato da pannelli solari.

In caso di pioggia l'evento sarà riproposto il primo maggio.
Info sulla manifestazione nel sito della Lega Navale sezione di Arona: www.lniarona.it

fonte: lettertura.it