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Rimini. Sole e caldo fanno impennare il turismo in Riviera: ritornano anche i tedeschi

per soggiornare a Rimini
Hotel Days Inn Viale Regina Elena N.171 C.A.P. 47900 Rimini (RN) IT Tel. 0541/386888 | Fax 0541/381423 | info@daysinnrimini.it
Nuovo Quotidiano di Rimini: Il caldo spinge verso il “pienino”, soddisfatti anche i bagnini: “Spiagge piene, ma con pochi italiani” / Primo weekend col sorriso / La Riviera sfrutta il meteo, i tedeschi tornano e scelgono la formula B&B. L’Aia: “Ci voleva...”. I commercianti: “Pub e discoteche, seconda giovinezza”
RIMINI. Un week-end con i fiocchi : albergatori, commercianti e bagnini salutano con soddisfazione il primo vero e proprio fine settimana da tutto esaurito, o quasi. “Finalmente, ci voleva questa bella boccata d'ossigeno – esulta la presidente dell’Associazione Albergatori Rimini Rinaldis -. Certamente il caldo di questi giorni ci ha dato una mano, ma il merito è anche della nostra riviera che continua a essere una meta di forte richiamo per tantissimi italiani, che rimangono l'80% della nostra clientela, ma anche per molti stranieri, russi ma anche tedeschi”. Proprio il ritorno dei cittadini teutonici in riviera, che si fermano in genere almeno 4-5 giorni, a differenza degli italiani che fanno spesso solo il fine settimana, è una delle poche note liete di quest'estate: “Vengono da noi tante famiglie ma anche giovani, che scelgono in massa la formula pernottamento più prima colazione. Formula, questa, destinata a trovare sempre maggiore diffusione a Rimini negli anni a venire”. Di boom a luglio di giovani tedeschi e più in generale del Centro Europa, con i russi che la fanno comunque sempre da padrone, parla anche Indino, presidente della Confcommercio provinciale: “Il binomio Rimini-città del divertimento sta per fortuna vivendo una seconda giovinezza. Pub e discoteche quindi non si possono tutto sommato lamentare. Discorso diverso invece per le attività del commercio, alle prese con una clientela, anche straniera, dalla capacità di spesa finora assai limitata”. (...)

L’edizione autunnale del Salone Internazionale della Casa e del Bijoux cambia data e apre i battenti dal 12 al 15 settembre 2013

Macef, Salone Internazionale della Casa e del Bijoux, giunge al traguardo delle 95 edizioni e torna a Fieramilano dal 12 al 15 settembre.

Qualità, affiancamento agli operatori, opportunità concrete e cambio di data: ecco il contributo che Macef garantisce a visitatori e espositori per affrontare e capire un mercato in grande trasformazione. Macef a settembre inizierà una settimana dopo rispetto a quanto abitualmente previsto dal calendario fieristico, una scelta tesa a valorizzare un nuovo posizionamento nel panorama delle manifestazioni europee. “Una nuova collocazione temporale – ha sottolineato Cristian Preiata, neo Exhibition Manager di Macef – fortemente voluta dagli operatori e che Macef è riuscita a conquistare per favorire l’affluenza di espositori e visitatori”.

• I settori di Macef tra innovazione e tradizione
Tavola&Cucina, Arredo&Decorazione, Regalo e Bijoux. Ecco i quattro settori tematici in cui si suddivide l’offerta firmata Macef. Un panorama ampio e variegato del mondo “casa” e del comparto accessori, per una proposta che unisce i grandi nomi del settore e le idee di piccoli imprenditori e giovani designer, senza mai rinunciare a stile e qualità a servizio del retail.
All’interno dei padiglioni di Macef trovano spazio sezioni che nel tempo sono diventate autentici must: Creazioni, accessori e soluzioni per l’home living e decor nati dall’estro di designer emergenti; L’Opera Italiana, dove la tradizione è di casa, con le storie di vita artigiana raccontate dalle aziende attraverso i loro migliori prodotti; e ancora Home Garden, per vivere con stile ogni angolo della propria dimora, anche all’aria aperta, Storie di cose sostenibili, per una casa sempre più accogliente ad impatto zero e Opere d’arti, uno spazio dedicato a alle gallerie d’arte che propongono opere (fotografie d’arte, quadri, sculture e installazioni) molto vicine al mondo dell’arredo.


• Macef+, la fiera digitale conferma la voglia di fare business
I numeri parlano chiaro: con oltre 8.000 buyer certificati e 440.000 pagine visualizzate il progetto digitale lanciato ufficialmente a Macef gennaio ha ottenuto numeri incoraggianti e conferma la voglia di fare business. Con questo spirito Macef+ si prepara a tornare il prossimo 23 settembre sulla piattaforma macefplus.com. Anche in autunno quindi gli operatori potranno incontrarsi in rete per conoscersi e fare affari, mettendo a frutto i contatti acquisiti al Salone o creandone di nuovi. Un mese in più per sviluppare business “in alta definizione”.

• Matching e formazione: le tante proposte a supporto del mercato
Dopo il riscontro positivo ottenuto lo scorso anno, è in calendario la seconda edizione del Summit del settore “Casa – Tavola – Regalo” sponsorizzato da Macef ed organizzato dal Gruppo 24Ore con la rivista Casastile. Un momento di confronto qualificato per gli operatori del settore che si presenta con un tema promettente: “La combinazione vincente: quali le parole chiave per interpretare il nuovo consumo?” Il dibattito, prendendo la mosse da un'indagine esclusiva sul feeling dei consumatori verso le offerte e gli approcci proposti dai punti vendita del mondo della tavola, della casa e della cucina, indagherà i possibili asset su cui puntare per intercettare i nuovi stili di consumo.
Anche quest’anno, al termine, si svolgerà la premiazione della selezione del Global Innovation Award, il riconoscimento riservato ai punti vendita più innovativi.
Macef ha inoltre siglato un accordo con Nibi, il Nuovo Istituto di Business Internazionale legato alla Camera di Commercio di Milano e Promos, che prevede l’organizzazione di tre seminari di approfondimento, condotti da esperti docenti di questo istituto. Al centro degli appuntamenti i nuovi scenari dell’internazionalizzazione, con particolare attenzione a Russia, Emirati Arabi e Stati Uniti. Gli incontri, focalizzati principalmente sul settore Decorazione e Tavola&Cucina, mireranno a fornire una panoramica dell’attuale scenario economico e sociale di questi mercati, per quanto riguarda le potenzialità e i rischi legati  alle iniziative di business (il calendario degli incontri sarà disponibile a breve).
Licensing: ecco un altro tema destinato a suscitare vivo interesse tra gli operatori e che sarà al centro di un evento che affronterà lo sviluppo di questo new trend e le sue potenzialità. Si tratta di una “prima volta”: il mondo delle Licenze prende contatto diretto con la Casa, il suo stile, le sue tendenze. Il settore home si sta rivelando una nuova frontiera di grande interesse per questo mondo: un settore in cui il delicato equilibrio tra ricerca del gusto e del fashion si mescolano al potere del brand offrendo al comparto nuovo vigore e impulso.

Infine si riconferma il programma di match-making, un’agenda di incontri che Macef gestisce direttamente per favorisce gli incontri tra buyer ed aziende ed aziende, ottimizzando il tempo a disposizione in Fiera.


• Macef e Trenitalia, promozioni speciali per “non perdere il treno” del business
Macef e Trenitalia confermano la propria partnership per rendere più agevoli gli spostamenti dei visitatori di Macef che a settembre potranno raggiungere la fiera a bordo di convogli Frecciarossa e Frecciabianca che effettueranno fermate straordinarie alla stazione di Rho Fiera. Le fermate speciali sono state programmate al mattino e nel pomeriggio per facilitare gli spostamenti degli operatori. Inoltre, i soci Cartaviaggio di Trenitalia che arriveranno a Macef in Frecciarossa e Frecciabianca potranno entrare al Salone gratuitamente.
fonte: http://www.macef.it/riflettori-puntati-su-macef-settembre

Guccini racconta il suo percorso umano, oltre che musicale, e guarda al futuro che ci attende

di BRUNETTO SALVARANI
Si intitola L’ultima Thule ed è il disco finale della carriera di uno dei più grandi cantautori-poeti d’Italia. In questa lunga chiacchierata, Guccini racconta il suo percorso umano, oltre che musicale, e guarda al futuro che ci attende.
Francesco Guccini durante il concerto in onore di Demetrio Stratos il 14 giugno 1979 all’Arena di Milano.
Francesco Guccini durante il concerto in onore di Demetrio Stratos il 14 giugno 1979 all’Arena di Milano. OLYCOM
La notte pavanese che lui canta nell’ultimo disco è ancora di là dal sopraggiungere quando, oltrepassato il Ponte della Venturina e lasciato alle spalle l’estremo lembo appenninico di terra emiliana, tocchiamo finalmente Pàvana. Non è la prima volta che, con un paio di amici, vengo a trovare Francesco Guccini: per incontrarlo, chiedergli come sta e ringraziarlo una volta di più per quello che è, e per come è. Si tratta di un piacevole rituale, «un pellegrinaggio», scherziamo fra noi affrontando la salita conclusiva, che ogni volta conferma nella sensazione di trovarsi di fronte a una persona autentica, semplice di un’antica cortesia; certo non a un divo, ma a un uomo capace di dubbi e perplessità, capitato per sbaglio in un Paese tutto diverso, che non c’entra niente con lui. Nonostante la sua popolarità, addirittura in crescendo dopo il grande successo dei suoi lavori più recenti: il volume di memorie Dizionario delle cose perdute, che per parecchie settimane nel 2012 è stato tra i più venduti in Italia, e L’ultima Thule, l’album con cui ha scelto di congedarsi dalla scena della musica, uscito alla fine dello scorso novembre e diventato in breve disco di platino. Che abbiamo ascoltato, senza timore di risultare retorici, non solo con ovvia curiosità, ma anche e soprattutto con sincero affetto. Perchè siamo cresciuti con lui.
il cantautore in una immagine recente, davanti alla sua casa di Pàvana, sull’Appennino tosco-emiliano.
Il cantautore in una immagine recente, davanti alla sua casa di Pàvana, sull’Appennino tosco-emiliano. FRANCESCO CONVERSANO
L’abbiamo sempre considerato il fratello maggiore che non abbiamo avuto, l’amico saggio cui confidare qualcosa di davvero segreto, il cantautore famoso ma in grado di resistere al fascino perverso dello star-system (abbiamo appreso solo dopo, un po’ per naturale coerenza e il resto per naturale pigrizia e naturale timidezza). Così, le sue dichiarazioni sul fatto che si sarebbe trattato della sua definitiva fatica artistica in campo musicale ha, inevitabilmente, aumentato il tasso di commozione. Perchè il sapore di tramonto di una lunga stagione che si porta dietro è – ammettiamolo – qualcosa che ci riguarda da vicino. La chiusura di un’esperienza intergenerazionale e condivisa con tanti, eppure da custodire gelosamente, e l’esaurirsi di un tempo che si apre su un altro non necessariamente peggiore, nella consapevolezza che le cose umane sono segnate dalla loro evanescenza. Ed eccolo qui, il Maestrone, ben piantato nella sua barba candida, i suoi 73 anni non celati e la sua tana appenninica avvolta di libri e di ricordi.
Il batterista Ellade Bandini
Il batterista Ellade Bandini.
FRANCESCO CONVERSANO
 
Dove si lamenta da subito di essersi deciso a tornare troppo tardi, quando già da tempo Bologna non la sentiva più sua; e dove comunque ha rimesso radici da oltre un decennio, accompagnato amorevolmente dalla moglie Raffaella, che insegna Lettere in una scuola media qui vicino, con la quale ha risistemato questa casa avita. Accompagnati da un buon bicchiere di vin santo – in onore del sottoscritto, ci tiene a precisare – si comincia a ragionare de L’ultima Thule. «Sì, ci siamo divertiti a registrarlo, stando qui, insieme con i musici – come li chiamo io da sempre – per un mese intero, e non in un asettico studio di registrazione cittadino. Come si può notare dalle riprese de La mia Thule, il documentario girato nell’occasione ». Che è andato anche in onda sulla Rai, e in cui si può constatare la straordinaria operazione che ha trasformato magicamente l’antico mulino del bisnonno Chicon – oggi un bed and breakfast gestito dai cugini del Nostro – in una sala discografica dotata di ogni genere di conforto. La cornice più giusta per un album impregnato di memorie, tra gioia e nostalgia, e di celebrazioni di quel che resta di antiche speranze. Come capita di regola ai vecchi, vi affiorano soprattutto le cose più lontane, che appaiono come le più forti e le più vere, avendolo accompagnato una vita intera.
il bassista Pierluigi Mingotti.
Roberto Manuzzi alla fisarmonica.
FRANCESCO CONVERSANO
 
Ha voluto con sè, ovvio, al modo dei marinai che si accodarono baldanzosi a Ulisse nel suo estremo folle volo, i soliti compagni: Ellade Bandini, Juan Carlos Flaco Biondini, Roberto Manuzzi, Antonio Marangolo, Pierluigi Mingotti, Vince Tempera. Marinai di lungo corso e sicuro mestiere che del loro comandante sanno ormai tutto, soprattutto di quanto c’è bisogno per accompagnarlo adeguatamente: discrezione, ordine, compostezza e una manciata di coloriture che non disturbino la comprensione delle parole e l’ascolto della voce. Tra le canzoni presenti nel disco, la sua predilezione va a Canzone di notte n. 4, la quarta – appunto – che nel corso della carriera ha dedicato a quel momento magico e unico in cui le cose tornano a essere sè stesse: «Stavolta si tratta di un pezzo che torna indietro nel tempo, alla mia infanzia, quando il mulino di Chicon ancora funzionava, luogo mitico dei miei anni giovanili, fino a chiudersi su una visione attuale, con le luci del presepe e il raggiungimento di un senso di pace e tranquillità. Quegli anni lontani sono qui evocati anche dalle due voci che, all’attacco del brano, richiamano quelle dei miei genitori che mi ricordano che a letto si va per dormire non per leggere, perchè la luce elettrica andava risparmiata.
In realtà, però, una cosa del genere non me l’hanno mai detta... Anche se è vero, piuttosto, che mio padre spesso, quando mi vedeva divorare i giornalini a fumetti, mi rimproverava perchè sosteneva che così non avrei mai coltivato la voglia di leggere! Pensa te! Io che nella mia vita non ho fatto altro che leggere, sin da bambino... Ho letto di tutto, a cominciare dai romanzetti d’appendice che trovavo in casa portati da mia zia, che faceva la cameriera in quel di Genova e per questo era considerata l’intellettuale di famiglia!». Quella della lettura è davvero un’idea fissa per Francesco, che sente ancor più da quando un fastidio agli occhi gli crea più problemi del solito per dedicarsi a quest’operazione così usuale. Tanto che, quando mi viene di chiedergli con che cosa a suo parere dovrebbe uscire un giovane dopo avere frequentato le scuole superiori, risponde al volo: «Le cose che dovrebbe aver acquisito un giovane sono... una sola: l’amore per la lettura.
il maestro Vince Tempera
Il maestro Vince Tempera.
FRANCESCO CONVERSANO
 
è questa l’acquisizione più importante, che ti consente di coltivare la curiosità per il mondo! Purtroppo, anche se conosco la scuola italiana solo per i racconti che me ne fa Raffaella, penso abbia subito un netto declassamento, e anche la lettura non sia molto considerata. Qualsiasi lettura! Ricordo che, quando mi diedero il Premio Montale, vent’anni fa, era stato premiato insieme a me l’illustre poeta Nelo Risi, che nelle interviste sui suoi autori chiave rispose: Baudelaire, Leopardi... mentre io dissi il Paperino di Carl Barks, un autentico capolavoro!». E ridacchia. D’ altra parte, assieme alla lettura, tra le sue grandi passioni c’è la scrittura, praticamente da sempre. «Sì, è vero: sin da bambino volevo fare lo scrittore, anche se i miei genitori non ne erano per nulla convinti! Tanto più che, parlando con il mio maestro delle elementari, a Modena, mio padre che gliel’aveva rivelato si era sentito replicare brutalmente: “Sì, lo scrittore! Lui che a scrivere è un cane!”. Beh, penso che quel maestro avesse risposto così soprattutto perchè, come tutti dalle nostre parti all’epoca, era impregnato di positivismo, e disdegnava le attività umanistiche... ».
Francesco Guccini durante la registrazione del suo album
Il cantautore durante la registrazione del suo album.
FRANCESCO CONVERSANO
Una passione che lo portò, alla tenera età di dodici anni, a vincere un concorso indetto dal settimanale cattolico a fumetti Il Vittorioso, il cui tema era Descrivi la tua città. Naturalmente Francesco dedicò lo scritto a Sambuca Pistoiese, iniziando così: «Nella forra tortuosa e boscosa del Limentra occidentale...». Poi il primo lavoro, accettando per stipendio pochi soldi per firmare improbabili pezzi di cronaca sulla Gazzetta di Modena («un’esperienza massacrante, ventimila lire al mese per dodici ore al giorno!»); una passione che, ora che ha deciso di smetterla con la musica («e non tornerò indietro in questa decisione, mi conoscete», anche se ride di gusto quando gli suggeriamo di dire che era stato frainteso...), avrà modo di coltivare ancor più intensamente. Intanto, con due progetti in corso: per Natale, probabilmente, dovrebbe uscire la seconda parte del Dizionario delle cose perdute («ci metterò dentro la cabina telefonica e le cartoline con le scritte prestampate, quelle con le foto dei due innamorati; oggi ormai nessuno più scrive cartoline...»).
La proiezione al cinema Odeon di Bologna del film Francesco Guccini, la mia Thule
La proiezione al cinema Odeon di Bologna del film Francesco Guccini, la mia Thule.
FRANCESCO CONVERSANO
E poi la seconda puntata della saga di Poiana, l’ispettore della Forestale Marco Gherardini, che ha fatto il suo esordio come protagonista nel noir appenninico di Malastagione, uscito un paio d’anni fa, scritto a quattro mani con lo scrittore e amico Loriano Macchiavelli: «L’Appennino non sarà come le Alpi o le Rocky Mountains, ma ogni tanto, come tutte le montagne, richiede le sue vittime sacrificali...». Verrebbe da dire: nonostante la fine della sua lunga avventura musicale, il Nostro ha «tante cose ancor da raccontare», non più nei palasport, ma dagli scaffali delle librerie. Poi si torna sull’ultimo lavoro, giunto a ben otto anni da Ritratti, del 2004. In cui Francesco, dopo L’isola non trovata (1971), recuperata dal prediletto Guido Gozzano, ricorre alla metafora di un’altra isola, quella di Thule, descritta nei diari dell’esploratore greco Pitea come una terra di fuoco e ghiaccio dove non tramonta mai il sole. Il suo Virgilio stavolta è un altro poeta che apprezza da sempre, Jorge Luis Borges (il riferimento è alla poesia Un lettore, da Elogio dell’ombra).
Ne è uscita una canzone a metà fra il bilancio e il saluto da lontano: dopo un viaggio, lungo quasi mezzo secolo, che si spegne in una lunga cavalcata barocca, con l’occhio rivolto all’orizzonte, dove tutto finisce (L’Ultima Thule attende e dentro il fiordo / si spegnerà per sempre ogni passione / si perderà in un’ultima canzone / di me e della mia nave anche il ricordo). Ma è vero che l’avevi in testa da tanto tempo? «Certo, la prima strofa l’ho scritta una quindicina d’anni fa, ma il titolo l’avevo già deciso subito dopo Radici, nel ’72: pensavo di chiuderla lì con la mia carriera di cantautore... Ero giovane, avevo speranza nella vita che andava avanti, mentre penso che qui sia già indicativa la foto usata per la copertina del disco. Scattata sull’ottantesimo parallelo, non ritrae un tempo che passa ma l’arrivo di un tempo passato, giunto su una nave senza ciurma, perchè non c’è più l’equipaggio di un tempo, che ha le vele afflosciate. Non c’è più niente da fare, se non andare e perdermi là, nell’Ultima Thule, in quel luogo mitico lontano e perso nel ghiaccio... nella fine infinita». Mentre Francesco parla, mi torna in mente un passaggio del monaco Enzo Bianchi che rileggo spesso e mi verrebbe da applicare a questa situazione, che dice più o meno: «Credo ci sia posto per una spiritualità degli agnostici e dei non credenti, di coloro che sono in cerca della verità perchè non sono soddisfatti di risposte prefabbricate, di verità definite una volta per tutte... una spiritualità che si nutre dell’esperienza dell’interiorità, della ricerca del senso e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte come parola originaria e con l’esperienza del limite; una spiritualità che conosce l’importanza anche della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare».
il bassista Pierluigi Mingotti.
Il bassista Pierluigi Mingotti.
FRANCESCO CONVERSANO
Mi torna in mente, poi, qualche verso de Gli artisti, altro pezzo de L’ultima Thule, così autobiografico e struggente e dalle atmosfere chiaramente francesi, dove lui canta: Fabbrico sedie e canzoni/, erbaggi amari, cicoria,/ o un grappolo di illusioni/ che svaniscono nella memoria,/ e non restano nella memoria. Come li spieghi, Francesco? «Orazio, il grande poeta latino, ha scritto: Ho eretto un monumento più duraturo del bronzo e più immortale dell’immortale mole delle piramidi. Io non credo che farò quella fine lì, non ho scritto canzoni più durature del bronzo e delle piramidi. Penso che ci siano canzoni che fanno parte della vita di ognuno, ognuno di noi ricorda brani legati a certi episodi del suo percorso, ma non sono molto più che grappoli nella memoria ». Ma se è così, come si spiega che molti giovani conoscano a memoria le tue canzoni e non pochi ti seguano addirittura in ogni data dei tour? «Me l’hanno già chiesto altre volte, e di solito me la cavo con una battuta, rimandando alla mia grande bellezza fisica... Non lo so, forse perchè le mie canzoni sono scritte per dire delle cose, nascono da qualcosa di vero, e di questo i giovani se ne accorgono!». Mentre lo salutiamo, dopo le foto di rito che vanno ad aggiornare il nostro già corposo album, sbuca non si capisce da dove il gatto nero che compare nella Canzone di notte n. 4. E la notte, che s’insinua in ogni anfratto,/ contro gli angoli più oscuri del paese. La lunga notte pavanese.
BRUNETTO SALVARANI
Jesus Luglio 2013

Terme, benessere e piacere etrusco

Fino a qualche tempo fa ci si potevano bagnare solo i Papi, oggi sono aperte a tutti: le terme della Tuscia viterbese si concentrano nell’area che si estende a nord dei Monti Cimini sino alla catena dei Volsini. Dalla Città dei Papi a Saturnia, quindi, passando per il ‘Bagnaccio’. La zona che si estende a nord di Viterbo è ricca di sorgenti sulfuree di origine vulcanica. Alcune libere e perse tra i campi di mais, altre all’interno di strutture ricettive convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, ce n’è per tutti i gusti, tasche e orari.
Le ‘Terme dei Papi’ sono tra le più note di Viterbo. Aperte tutto l’anno e con una grande piscina scoperta, si trovano poco fuori la cinta muraria medievale. Il complesso termale, che ospita un albergo ed un ristorante, è specializzato in cure inalatorie, fangoterapia, ‘Grotta’ e cure per vasculopatie periferiche. La convenzione con l’SSN ne rende libero l’accesso se muniti di ricetta e ticket sanitario. (http://www.termedeipapi.it/index.php?zn=infoutili&subzn=&page=1)

Il ‘Bagnaccio’ è, invece, del tutto differente. Queste erano ‘pozze naturali’ d’acqua solfurea perse nella campagna. Recentemente ristrutturate, sono state date in concessione regionale ad un’associazione omonima che ne cura pulizia e mantenimento. La campagna circostante, adibita a parcheggio, le rende meta ideale per i camper e la strada in terra bianca, unica via d’accesso, ne impedisce l’affollamento.

Ancora più a nord, nell’entroterra grossetano, l’acqua delle terme di Saturnia sgorga da tremila anni ad una temperatura costante di 37 gradi. Famose per la suggestiva cascata offrono numerose possibilità di svago come il vicino campo da golf e ristoranti gourmet. (http://www.termedisaturnia.it/it/)
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Bordeaux, il vino più buono del mondo

Lo pensano molti enologi di fama mondiale che il vino di Bordeaux sia il migliore del mondo. Di sicuro comunque è uno dei più noti e apprezzati. Prodotto nella zona della Gironda, tra i fiumi Garonna e Dordogna, si declina a partire dai vitigni di Cabernet franc, Cabernet-Sauvignon e Merlot per i rossi e in quelli di Sauvignon, Sémillon e Muscadelle per i bianchi. Anche i rosè non sono male, e sono molto ricercati. In particolare, i vigneti del Médoc sono sulla riva sinistra del Gironda, da Saint-Vivien-de-Médoc a Bordeaux, quelli dei Graves a sud di Bordeaux, lungo il Garonna fino a Langon, quelli di Blaye e Bourg tra la riva destra della Gironda e Charente Marittima, quelli del libournese sulla riva destra della Dordogna, e quelli Entre-Deux-Mers tra la Dordogna e la Garonna.
Le vigne hanno una lunga storia, molto fascinosa: si racconta che i notai di Bordeaux, visti i prezzi elevatissimi dei vini italiani, vollero creare dei vigneti autoctoni. Il commercio del vino cominciò a svilupparsi però solo nel XII secolo, quando Eleonora d’Aquitania si sposò con il re d’Inghilterra Enrico II. Dopo che, un secolo dopo, il re di Francia conquistò la Rochelle, dal cui porto si esportavano i vini bordolesi, l’Inghilterra divenne il maggiore importatore, anche grazie ai privilegi fiscali concessi ai negozianti. Quel vino era chiamato “claret” per via del suo colore chiaro, vista la miscela di uve diverse (prima del XVI secolo i vitigni ancora non avevano assunto la struttura degli attuali filari). Nel XVII secolo intanto, gli olandesi cominciarono ad esportare in Europa bevande alla cioccolata, caffè, the, birre e gin, cambiando il gusto dell’epoca.

Per questo cominciarono ad essere commercializzati anche i vini della penisola iberica, e in particolare i vini di Porto. Bordeaux rispose alzando la qualità del suo vino: la famiglia Pontiac per prima decise infatti di mettere in nuove barrique il vino e di occuparsi di curare di più le vigne. Fu allora che nacquero i vigneti del Médoc ed i grand cru bordolesi.
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Mart, autunno super con Antonello da Messina. Dal 5/10 due grandi mostre. Bray, e' esempio da seguire

(di Silvia Lambertucci)
ROMA - Il genio rinascimentale di Antonello da Messina che invade le sale del contemporaneo. E a fare da contrappunto uno sguardo sui ritratti di oggi che è anche una riflessione sull'Altro inteso come 'altro da se'. Uscito dal suo anno nero, con l'emorragia di finanziamenti e di visitatori (-50% nel 2012) che lo ha fatto precipitare nelle classifiche internazionali, il Mart di Rovereto guarda al futuro e rilancia, offrendo per l'autunno una doppia mostra di sicuro richiamo.

Costata intorno alle 900 mila euro, la rassegna dedicata al grande Antonello da Messina (così pure come l'Altro Ritratto) aprirà le porte al pubblico il 5 ottobre e si potrà visitare fino al 12 gennaio 2014. Di richiamo i grandi prestiti internazionali, come sottolinea la direttrice del Mart Cristiana Collu, con l'atout di opere che mancavano persino nell'imponente retrospettiva romana di Palazzo delle Esposizioni, come Il Ritratto d'uomo appena restaurato e prestato dal Philadelphia Museum of art, il Salvator Mundi della National Gallery di Londra, la Madonna Benson che arriverà dalla National Gallery di Washington.

"Avvicinare antichità e contemporaneo non è un'idea nuova ma funziona", fa notare Ferdinando Bologna curatore della sezione dedicata ad Antonello da Messina. Il senso "é quello di un confronto fra due incontri con la realtà avvenuti in tempi diversi", spiega. Ma anche un modo per recuperare il senso della storia, riproporlo come radice di ciò che siamo, "Antonello non è solo un pittore di ritratti. E un pittore di tutto" che con i suoi quadri racconta dunque qual'era la visione del mondo al culmine del Rinascimento.

Il progetto, curato con Federico De Melis, propone quindi un'indagine sulla figura del grande pittore del Quattrocento e del suo tempo , attraverso lo studio degli intrecci storico artistici e delle controversie ancora aperte. Curata dal filosofo Jean Luc Nancy, esponente del pensiero post decostruzionista da sempre interessato al discorso del ritratto e della reciprocità dello sguardo fra soggetto e spettatore, la seconda rassegna, L'altro ritratto, torna al contemporaneo con un'esplorazione che comprende tutte le tecniche artistiche, dalla pittura al video, e intreccia diverse generazioni.

Un percorso che parte dai grandi ritrattisti , italiani e stranieri, del Novecento come Vito Acconci, Alberto Giacometti, Gerard Richter, Lucien Freud, Francesca Woodman, Giulio Paolini, Thomas Ruff, Shizuka Yokomizo sino ai lavori più recenti di Jeff Wall, Mark Lewis, Barbara Probst, Margot Quan Knigt, passando per le sperimentazioni di Douglas Gordon e Fiona Tan. Per il Mart non finisce qui: in progetto per l'autunno, in previsione del centenario che ricorre nel 2014 anche una mostra sulla Grande Guerra, aperta dal 4 ottobre al 24 maggio. E sabato 19 ottobre riapre la Galleria Civica di Trento, la cui gestione é stata affidata proprio al museo diretto da Cristina Collu.
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Turismo: Widmann, attirare inglesi con il calcio estivo

La squadra di calcio inglese del FC Watford, allenata dalla leggenda del calcio Gianfranco Zola, attualmente si sta allenando a Malles nell’Alta Val Venosta. L'assessore Thomas Widmann ha incontrato i dirigenti della squadra. L'evento è interessante e significativo in quanto la presenza della squadra inglese può essere indubbiamente un veicolo pubblicitario importante per l'economia turistica della Val Venosta e dell'Alto Adige nel suo complesso. In questo senso Widmann sottolinea che il Watford è una squadra piuttosto importante del campionato inglese e può contare su un numero considerevole di fans composto per lo più da famiglie. Il mercato turistico britannico rappresenta un elemento importante del bilancio provinciale con circa 200.000 pernottamenti all'anno e singolarmente i turisti britannici sono tra gli ospiti che investono maggiormente nella vacanza con un esborso di circa 240 euro pro capite al giorno. (ANSA).

Turismo: Unioncamere, 23,4 mln italiani in vacanza con ''oculatezza''

Sono 23,4 milioni gli italiani, 4 in meno del 2012, che hanno programmato un periodo di vacanza questa estate. Gran parte di loro, tuttavia, ha modificato le proprie abitudini, rendendo il proprio ''consumo'' di vacanze piu' oculato. Secondo le risposte fornite nel corso di una delle consuete indagini dell'Osservatorio nazionale del turismo di Unioncamere e Isnart, il 41% degli italiani che ha svolto o pianificato una vacanza nel 2013 ha ridotto il numero di viaggi; il 13%, invece, ha privilegiato destinazioni piu' convenienti in particolare sotto il profilo dell'alloggio; il 9% ha scelto di risiedere presso abitazioni private. Per un ulteriore 28%, comunque la crisi non ha influenzato negativamente il modo di fare vacanza. I turisti italiani genereranno tra luglio e settembre 28,7 milioni di vacanze, il 73% delle quali in Italia, con la consueta forte concentrazione nel mese di agosto (66%). Rispetto allo scorso anno si registrano -2,6 milioni di partenze ma aumentano le vacanze pianificate all'estero per il mese di settembre. Resta stabile, invece, la spesa messa in bilancio dalle famiglie: ammonta infatti ad oltre 800 euro il budget medio che 23,4 milioni di italiani destineranno alle vacanze estive. 
asca

Fra mare e terra una cucina di qualità

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Un viaggio a Diamante, nella Costa dei Cedri. Siamo stati appositamente a vedere come si sviluppa l'estate in uno dei luoghi più belli della Calabria. A metà giugno, otto Comuni, coordinati dalla dinamica Ersilia Magorno di Diamante hanno deciso di mettersi insieme per promuovere la cucina e i vini di questo territorio che guadagni arrivando dalla Campania. Diamante, raccontano, è nata dall'unione di due Comuni, che intorno al 1600 decisero di reagire alle angherie del signore del tempo, che pretendeva l'odioso ius primae noctis. Il paese, con 5.000 abitanti, ha tante piazzette piene di locali e un luogo magico come il lungomare alto che si affaccia sul Tirreno. Si viene qui perché il luogo è romantico, ma anche per i tartufi, un semifreddo che viene aromatizzato al cedro, innanzitutto, ma anche al cioccolato, all'amarena e a tutti i frutti di stagione. La gelateria Diamante di Pierino è una meta fissa, sempre piena di gente, mentre dal lato opposto, sempre sul lungomare, c'è Ninì, altra gelateria da provare. Ma se il cedro è il diamante vero e proprio di queste terre, l'altro prodotto caratteristico è il peperoncino. A Diamante ci sono almeno due negozietti che lo propongono in tante versioni, insieme a tutte le specialità della Calabria: Radici di Calabria e GreenHouse Calabria, entrambi nel centro storico. E poi c'è una teoria di ristoranti, che sembrano fatti apposta per creare un sistema fra loro. A Diamante si va alla Taverna del Pescatore, ristorante di pesce classico, ma anche la Steakhouse da Nerone per chi ama la carne; per i giovani invece segnaliamo Il Diverso, che fa una cucina un poco creativa, mentre per le famiglie c'è Osteria Dei Murales, con cucina classica, e infine il Sottocoperta specializzato negli assaggi di antipasti. Tornando al cedro, bisogna recarsi a Santa Maria, per assaggiare i Panicelli, ovvero fagottini di foglie di cedro con acini di uva passa di Zibibbo e scorza di cedro, legati con filo di ginestra e cotti al forno, realizzati da Officine dei Cedri. Mentre l'azienda I Magnifici del Mezzogiorno propone una serie di sfiziosità a base di peperoncino. Fa parte di Diamante anche la frazione Cirella, che si caratterizza per l'isola omonima, abitata solamente dai conigli. Di fronte all'isola ci sono spiagge e due ristorantini che cucinano pesce: Da Lucio per il fritto misto e Acqua Salata per le trofie con vongole e zucca. Accanto a Diamante, al confine, c'è Belvedere Marittimo, altro luogo turistico dove la cucina ha livelli di altissima professionalità. Sul lungomare sono da provare il Calypso e il Povero Pesce: straordinari, anch'essi ispirati alla cucina di mare. All'interno, ecco l'Ottagono dove merita il pacchero all'ottagono (con la 'nduja) e poi il Sabbia d'Oro e il Milleluci. Altra tappa è a Sangineto, dove il Convito prepara la pasta fresca ripiena di crostacei. E infine, sulle altezze di Maierà, provate il piacere di soggiornare a Palazzo Bruni, al cui interno sono state ricavate 14 camere che guardano il mare e un ristorante che cucina anche i piatti dell'interno. Fantastico!
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Gastronomia: l'arte antica di cuocere le crescentine


Pavullo nel Frignano è un vasto Comune di 17 mila abitanti. Siamo in provincia di Modena e qui la specialità identitaria è una sorta di pane detta "crescentina" di Pavullo, che si cuoce sulle tigelle: dischi di terra refrattaria del diametro di circa 12 cm per 2 cm di spessore. La pasta da cruda è di 10 cm per 1 cm circa. Le tigelle messe nel camino si fanno scaldare fin quasi al rosso poi con l'aiuto del "tiglarol", che è uno strumento in legno che serve a tenere dritta la pila, si alternano una tigella, una crescenta, una tigella, fino a creare una pila di 30 cm circa. Ed è un'arte, perché si deve fare attenzione a non bruciare la pasta con le tigelle troppo calde. Una volta raggiunta la cottura, quando la tigella ha trasmesso tutto il calore alla crescentina, si tolgono dal tiglarol e si mettono a "passare" sotto la cenere. Questo metodo di cottura antico è però stato soppiantato dalle piastre di ferro da scaldare sul gas. Le crescente si mangiano tagliate a metà e condite con un battuto di lardo insaporito con aglio e rosmarino, sfarinate con parmigiano grattugiato; con un sugo alla cacciatora oppure con salumi e formaggi. Originaria del Frignano, la crescentina è stata scoperta negli anni Sessanta dai modenesi che venivano in villeggiatura sull'Appennino. E ogni anno a fine agosto si svolge a Pavullo la tradizionale Festa della Crescentina, che merita d'essere celebrata con sorsi di buon Lambrusco.

In viaggio su queste terre ci si imbatte in diversi caseifici che qui creano il mitico Parmigiano Reggiano. Ecco allora il
Caseificio Sociale Rio San Michele (loc. Camatta - via Giardini Sud, 327) e la Cooperativa Poggiocastro (via Giardini Nord, 32/1). Il prodotto di punta della Cooperativa Poggiocastro è il Parmigiano Reggiano ottenuto dal latte di 650 bovini, ma producono anche la Caciotta di Pavullo dal delicato sapore e uno strepitoso yogurt. Sempre a Pavullo nel Frignano c'è il Caseificio Sociale Rio San Michele per un Parmigiano Reggiano di gran vaglia, accanto a un'originale crema spalmabile, a burro e ricotta. Nello spaccio (aperto dal lunedì al venerdì) si possono acquistare anche caciotte di latte vaccino, ovino, caprino e misto pecora, mozzarella, miele, salumi, carni da fornitori diversi. Ottime poi sono le pasticcerie, che qui producono dolci speciali come il croccante. 
Alla pasticceria cioccolateria del Giamberlano (via Rossini, 14) Valter Tagliazucchi è conosciuto per gli Attributi di Raimondo (straordinari bon bon di cioccolato), quindi i bocconcini di Torta Montecuccoli, a base di caffè e cioccolato, realizzati sulle orme di un'antica ricetta, ma anche Praline di fave ricoperte di cioccolato alle cinque spezie o quelle ripiene di gin azzurro svedese o ancora quelle con un cuore di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Lambrusco. Il croccante artistico, che da sempre impreziosisce la tavola degli sposi modenesi, lo fanno alla Dolceria Sapori del Borgo Antico (via Montebonello, 53/a ). È una specialità di Tiziana Iseppi e del marito Gabriele Mezzaqui. Ma meritano anche i cioccolatini alle spezie, le praline ripiene ai gusti più originali (irish coffee, tabacco, menta fresca), e il cioccolato da spalmare, realizzati dalla figlia Sheila. Una ricetta di croccante speciale è poi custodita nel convento di Fanano.

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