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Ottobre, week end con il gufo

Falchi e avvoltoi non sempre se la passano bene. Giudicati erroneamente aggressivi e pericolosi, questi uccelli predatori, anello fondamentale nella catena alimentare animale (una coppia con i piccoli può in una notte cacciare fino a 100 roditori) rappresentano invece un mondo affascinante e tutto da scoprire, al punto da dar vita ad turismo naturalistico ad hoc, da praticare proprio ad inizio autunno con l’abbassarsi delle temperature.
In che modo? Frequentando alcuni dei centri didattici da poco nati lungo la penisola (vicino alla capitale c’è I Falchi di Rocca Romana ma ne esistono altri in Veneto, Piemonte e Toscana) per conoscere e vedere volare da vicino gli esemplari delle varie specie. Ma anche trascorrere week end in mezzo ai boschi con i volatili al seguito, in compagnia di un istruttore. O notti misteriose insieme a gufi e civette. Provenienti da allevamenti specifici (in Italia ne esistono 15), certificati dal Corpo Forestale dello Stato e assimilabili quindi agli animali domestici.  E come tali amati e protetti. Un revival di antiche pratiche di falconeria? Un’occasione per l’ennesimo corteo medievale? Assolutamente no. “Quella che promuoviamo è una falconeria alternativa, slegata dall’attività venatoria”, spiega Daniele Cominetti, ornitologo, divulgatore, appassionato di rapaci e coordinatore del centro didattico Il Mondo nelle ali, nato nel 2010 a San Germano Chisone (TO) con ben 23 esemplari ospitati. “Immergersi nella natura per ore, seguiti in volo da un rapace è un’emozione che non ha eguali. Specialmente in questa stagione dalle luci e dagli scorci inusuali, meno scontati di quelli delle classiche giornate di sole. Il rapace, allevato fin da piccolo, riconosce nel proprietario all’inizio un genitore e poi un amico. Una volta in volo potrebbe scegliere di non tornare: ma ogni volta che si posa sul pugno conferma il suo fortissimo legame di fiducia e di collaborazione alimentare. Perché andare a cacciare il cibo quando ha un papà che glielo procura? Prendere dimestichezza con gli animali non è difficile, basta non volerli toccare troppo. Perché se il barbagianni, più socievole e dalla simpatica mimica (può ruotare il capo fino a 270°) ama farsi coccolare, il falco, più regale e indipendente, non gradisce troppo il contatto diretto, pur stando volentieri con l’uomo. Anche perché poi deve perdere tempo a ricomporsi le piume”.
Tra le attività turistiche proposte da Cominetti, istruttore della Sef (Scuola equestre di formazione), da segnalare quella innovativa di falconeria a cavallo, dedicata agli appassionati di “ali e criniere”: al momento i tour si svolgono nei boschi di Cumiana e nella Val Chisone, in Piemonte, ma presto verranno estesi ad altre zone d’Italia (previsto dal 25 al 27 ottobre prossimi un corso di equitazione ad hoc - info 347/4302242).
Ma quali i rapaci più affascinanti? Senza dubbio il falco pellegrino, così chiamato perché diffuso in tutto il pianeta: dotato di 80 decimi di vista e di un sistema di zoom, è il rapace più veloce al mondo, capace di buttarsi in picchiata sulla preda a 385 km/h. E poi il gheppio, simpatico falchetto dal becco di ricurvo, in grado di rimanere fermo in volo sopra una potenziale preda, secondo la cosiddetta tecnica “dello spirito santo”. “Purtroppo i nostri bimbi conoscono meglio opossum e armadilli, scoperti in tv, che i nostri gufi”, spiega ancora Cominetti, che da 10 anni svolge attività didattica con i suoi rapaci nelle scuole.
“E sono anche convinti che vedano solo di notte: quando invece il gufo vede benissimo anche di giorno. Ed è pure sveglio”. Rimane un dubbio: e cioè la certezza della provenienza dei rapaci utilizzati in falconeria. “ Purtroppo i delinquenti che rubano i piccoli dai nidi esistono ancora”, afferma l’ornitologo, “ma la stragrande maggioranza degli esemplari proviene da allevamenti, con tanto di certificazione del DNA alla nascita (per verificare siano nati da una coppia domestica) e di anello inamovibile alle zampe. Non scordiamo che se i falchi pellegrini sono scampati all’estinzione il merito è stato anche degli allevatori, che hanno contribuito alla loro reintroduzione in natura”. (www.ilmondonelleali.com)
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