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Amsterdam. Un inverno da gourmet. Un itinerario inusuale attraverso la città olandese, un piccolo eden per gli amanti del buon gusto e della lentezza

C'è chi ci va per gli intramontabili coffeshop, chi invece per la zona a luci rosse, Amsterdam è da sempre la capitale della trasgressione e il suo centro, per intenderci il dedalo di strette stradine e canali a sud della stazione centrale, seppur indelebilmente rovinato dal turismo di massa, rimane la meta ideale di gruppi di giovani, e meno giovani, in cerca di divertimento.  

Ma Amsterdam non è solo questo. Appena fuori dal centro turistico, appena superato il Singel, Amsterdam diventa meno frenetica, le luci si abbassano, le vampate di cannabis si disperdono nella tranquillità dei canali, gli stessi coffeshop diventano luoghi più rilassati, frequentati per lo più da olandesi, e ai negozi di paccottiglia varia si sostituiscono gallerie d'arte, negozi di vinili e cd,  gastronomie ed enoteche. 

Ed è proprio l'aspetto enogastronomico a rendere Amsterdam, al momento, una delle mete più interessanti per i gourmet di tutto il mondo. Nonostante l'Olanda non sia di certo un Paese con una forte tradizione culinaria, negli ultimi anni, soprattutto ad Amsterdam, si è potuto assistere ad un fiorire di ristoranti di assoluto livello e di botteghe del gusto che, dal cioccolato al formaggio, dal vino al sale, hanno contribuito a instillare nell'animo degli olandesi un forte interesse nei confronti dell'enogastronomia. Se i negozi di formaggi olandesi proliferano (uno dei migliori è senz'altro Tromp), non sono da meno le decine di cioccolaterie che propongono dolci e tavolette con fave di cacao provenienti dai quattro angoli del mondo (Urban Cacao e Chocolatl). Improvvisamente gli olandesi sembrano aver scoperto un interesse quasi viscerali nei confronti del buon cibo, ancor meglio se "organic". Un po' salutisti, un po' radical chic, si ritrovano tra i banchi del Noordermarkt, il sabato mattina nel bel quartiere Jordaan, a scegliere tra funghi "bio", pesce non di allevamento, pane fatto con farine integrali, mieli di apicoltori della regione e verdure dei contadini a km 0. Ecco così che anche i ristoranti si adeguano e sempre di più propongono una cucina di qualità, aperta all'innovazione e alla sperimentazione, con materie prime selezionate e sempre più spesso provenienti da produzioni biologiche. I due esempi più interessanti sono certamente il ristorante 
Bak , realizzato in un edifico industriale a ovest della stazione centrale, e il De Kas, fuori dal centro e impreziosito da una serra che permette di coltivare e utilizzare prodotti di produzione propria. Di assoluto livello anche ilLastage. Altro luogo da visitare per i gourmet è l'Albert Cuypmarkt, nel vivace quartiere De Pijp, dietro la fabbrica dell'Heineken e vicino al bel Sarphati Park. Qui caffetterie con chicchi solamente brasiliani si alternano a taverne spagnole dove mangiare jamon tagliato al coltello, e i pescivendoli sfamano studenti universitari, e turisti, a suon di merluzzo fritto e panini con lo sgombro.

Detto del cibo, l'anima di Amsterdam vibra anche a suon di musica e arte. Il jazz scorre nelle vene della città e sono numerosi i festival che vengono organizzati nel corso dell'anno. Alcune delle migliori jam session si possono ascoltare al North Sea Jazz Club, nel cuore del Westerpark, mentre per gli amanti del cantautorato un appuntamento fisso è quello della domenica pomeriggio, solitamente a partire dalle 16, al Concerto Koffie, il bar del più grande e noto negozio di vinili e cd della città, che vede ogni settimana musica live tra cappuccini e cioccolate calde. Fare l'elenco dei club e dei locali sarebbe un lavoro infinito, basti dire che il Paradiso è sempre vivo e vegeto e gode di ottima salute. 

L'arte, poi. Le gallerie spuntano come funghi, a Jordaan, de Pijp, Oude West e Zuid, eventi, presentazioni e appuntamenti si susseguono sparsi per tutta la città, in alcune delle più suggestive location di Amsterdam. Del Rijksmuseum e del Van Gogh Museum è inutile stare a parlare, valgono il viaggio da soli. Lo Stedelijk, dedicato all'arte contemporanea e al design, ospita mostre che richiamano un pubblico internazionale, l'ultima, fino al 4 gennaio 2015, dedicata a Marlene Dumas, mentre poco noto, al di fuori degli addetti ai lavori, è il Foam, il museo della fotografia di Amsterdam, che rappresenta un'eccellenza mondiale, con esposizioni importanti come quella dedicata a Vivian Maier e a JH Engstrom, workshop, e produzioni editoriali che sono tra le più interessanti nel panorama della fotografia contemporanea. 

Quindi, coffeshop e vetrine rosse a parte, una volta ad Amsterdam provate a superare il Singel, immergetevi nel Jordaan e nel De Pijp, perdetevi a Vondelpark e a Westerpark, scoprirete una città vibrante ma non eccessiva, elegante ma interessante e vivace. Tra cene gourmet e jam session sarà possibile iniziare ad apprezzarla da un altro punto di vista.
di Tommaso Clavarino  - repubblica.viaggi.it

Templi antichi, memorie coloniali, relax. Una regione tutta da scoprire

Fuori dai tradizionali itinerari turistici c'è una Cina che incanta. Un mondo affascinante, non sempre facile, dove suoni, colori, sapori e odori affascinano il visitatore e lo accompagnano alla scoperta di un mondo dove storia millenaria e modernità si incontrano e si contaminano. Una delle possibili porte di ingresso a questa Cina è la città di Xiamen ora raggiungibile dall'Europa grazie ai voli KLM in partenza dall'aeroporto di Amsterdam. La città, circa 2,5 milioni di abitanti, si trova nel sud est della Cina affacciata su un mare cosparso di isole, tra le quali anche alcune oggi politicamente appartenenti a Taiwan. 

Delle antiche tensioni non c'è più traccia, pur se in lontananza si vedono già le propaggini delle prime isole sulle quali sventola la bandiera dell'altra Cina. Anche il centro di Xiamen  è un'isola, collegata alla terraferma da uno dei tanti avveniristici ponti costruiti negli ultimi anni. L'attuale città nasce nel 1394, durante la dinastia Ming,  quando l'imperatore decide di costruire una fortezza per difendere la zona dalle incursioni dei pirati. Con il passare degli anni Xiamen si trasforma in un importante scalo mercantile cinese fino a che, nel 1842 in seguito alla sconfitta nella Guerra dell'Oppio, l'impero britannico la obbliga a diventare un porto franco aperto ai commerci internazionali. A testimoniare l'importanza della baia sulla quale si affaccia Xiamen rimane il complesso militare del forte di Hulishan costruito nel 1894. Aperto al pubblico il forte, con i suoi possenti muraglioni costruiti utilizzando anche  materiali insoliti quali il riso e lo zucchero, conserva ancora uno dei due grandi cannoni navali tedeschi acquistati dall'imperatore per difendere il porto.  Il Re dei Cannoni, come amano ricordare i cinesi, che è stato inserito nel Guinness dei Primati come il più grande cannone costiero del XIX secolo ancora esistente nel mondo e situato nella sua postazione originaria. L'ultimo colpo sparato dal cannone risale al 1937, quando aprì il fuoco contro le navi giapponesi. 


Durante la visita al forte si ammirano casematte, altre postazioni di artiglieria, tunnel, depositi di munizioni, alloggiamenti per soldati e ufficiali e si gode di un bel panorama sulla baia e la città. Non molto distante dal forte, ai piedi di una graziosa collina, si incontra il Tempio di Nanputuo vecchio di almeno mille anni. Più che un tempio è un grande complesso religioso dove, oltre a visitare l'edificio principale e alle sue imponenti statue del Buddha, è possibile passeggiare sui sentieri e le scalinate che risalgono la collina tra suggestivi tempietti, verdi scorci e punti panoramici. 

Un luogo decisamente rilassante, che invita alla meditazione. Non si può dire altrettanto del vivacissimo e un po' caotico mercato del pesce, dove si vendono pesci di tutte le dimensioni - in gran parte ancora vivi - crostacei e molluschi di tutti i tipi, oltre a giganteschi granchi, rospi e altri animali commestibili. Un intrigo suggestivo e rumoroso di vie dove destreggiarsi tra forti odori, silenziosi motorini elettrici e decine di biciclette cariche di merci e prodotti alimentari.
Divisa dalla città da un brevissimo braccio di mare si trova la suggestiva isola di Gulangyu, chiamata anche Giardino sul mare. Particolarmente amata dai cinesi, che qui vengono a sposarsi, è completamente priva di auto e regala al visitatore rilassanti passeggiate lungo stradine sulle quali si affacciano edifici costruiti dalla fine dell'Ottocento in diversi stili architettonici. Alcuni tra i più belli ospitavano i consolati delle 14  nazioni che avevano approfittato dell'apertura del porto franco successiva alla Guerra dell'Oppio. Oggi tutte le rappresentanze diplomatiche hanno chiuso e le case, in parte recuperate, sono state trasformate in bar, ristoranti e negozi di souvenir. Tra le attrattive dell'isola un interessante Museo del Piano, che raccoglie decine di antichi strumenti musicali;  la panoramica Sunlight Rock e il piacevole giardino Shuzhuang, con i suoi ponticelli in legno sul mare costruiti nel 1913 insieme ad una lussuosa villa.   

Xiamen è anche il punto di partenza per un'escursione di una giornata alla scoperta delle abitazioni di terra - solitamente circolari - costruite dal popolo Hakka nella Cina meridionale e dichiarate dall'Unesco Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Sono le Fujian Tulou, imponenti e nello stesso semplici abitazioni fortificate - alte anche 4-5 piani - costruite in fango e paglia di riso.  Edifici insoliti, in alcuni casi risalenti a oltre 1000 anni fa, che negli anni Ottanta la CIA scambiò per improbabili e misteriosi bunker missilistici e che, invece, ancora oggi ospitano intere famiglie contadine. Alcuni tra i più belli si trovano nel villaggio Hong Keng, con le stanze solitamente affacciate su uno o più cortili interni,  al piano terra le cucine e gli spazi comuni, al secondo  i magazzini e ai piani superiori le stanze degli abitanti. Alcune case, come la Fuyu Building Changdi Inn sono in grado di ospitare i turisti in semplici camere con servizi comuni. In molte è possibile fermarsi a pranzare - è consigliabile sapere maneggiare le bacchette dato che non sempre hanno posate - o a degustare e acquistare il buon tè coltivato nella zona. L'intera area è oggi un Parco Nazionale che offre al visitatore servizi di trasporto su bus elettrici e guida turistica.
di Giuseppe Ortolano - viaggi.repubblica.it

Natale: italiani non più solo a casa, chi può va lontano Nonostante crisi e Ebola, boom mercatini e villaggi vacanze

di Cinzia Conti
Moltissimi saranno fermati dalla crisi che continua a martoriare gli stipendi, parecchi saranno spaventati da Ebola, qualcun altro rinuncerà ad andare a sciare visto il caldo un po' innaturale ma basta con lo stereotipo degli italiani tutti in casa, raccolti attorno alla tavola, come in una scena di Ogni maledetto Natale. Certo in molti dovranno rinunciare come conferma il continuo calo dell'indice di fiducia del viaggiatore italiano di Confturismo-Confcommercio (ora a 55 su 100), che nell'ultima rilevazione è sceso per la prima volta addirittura nell'area di "insufficienza". Ma confrontando i primi dati delle prenotazioni, le ricerche fatte on line e i sondaggi ci fa può fare un'idea, seppur parziale: chi può partirà e in qualche caso andrà lontano e, forse a causa dell'orrida estate appena trascorsa, è gettonatissimo "il sole d'inverno".

DISPOSTI ANCHE A 9 ORE DI VIAGGI PER META DEI SOGNI - Una vacanza rilassante - secondo un sondaggio di Turkish Airlines prima compagnia aerea al mondo per numero di nazioni e di destinazioni internazionali raggiunte - è una priorità per gli italiani (nel 46% dei casi) e il 43% dei connazionali sono disposti a volare anche fino a 9 ore verso la meta delle vacanze anche sempre strettamente legati agli affetti familiari, viaggiando con genitori o figli nel 42% dei casi o con il partner nel 35% dei casi.

PASSIONE SOLE D'INVERNO, +32% NEI VILLAGGI VACANZE - Durante le prossime feste si cerca volentieri il sole d'inverno, data anche la presenza di molte mete low cost da Fuerteventura a Goa. Secondo Veratour le partenze di Natale, Capodanno ed Epifania per i villaggi vacanze registrano un +32%, Canarie e Mar Rosso in testa. La conferma sembra arrivare anche da un'analisi effettuata da Skyscanner: in testa alla classifica delle mete che stanno avendo i maggiori incrementi di ricerche online rispetto al 2013 per Natale troviamo Sharm El Sheikh con un +92%, poi Cancun con un +87%, seguita da Havana con un +84%: tre località calde quindi e con spiagge al massimo a 6 ore di aereo dall'Italia. Molto ricercate anche le crociere: Costa e Msc, che presentano una la nuova ammiraglia Costa Diadema, l'altra la Msc Armonia allungata e ristrutturata, si scatenano nelle proposte natalizie dai menù stellati (di Massimo Bottura e Carlo Cracco) alla possibilità di assistere alla messa a San Pietro o di visitare San Gregorio Armeno.

BOOM DEI MERCATINI DI NATALE SPERANDO NELLA NEVE - La montagna resta una delle mete preferite per almeno la metà degli italiani in partenza e, anche se la neve si sta facendo attendere mandando in tilt operatori e gestori, l'Osservatorio turistico della montagna italiana prevede un incremento del 3,8% di presenze rispetto allo scorso anno, soprattutto nelle destinazioni top. Continua invece la cavalcata trionfale dei mercatini di Natale che da appuntamenti tipici sono diventati un must: quest'anno nel Belpaese toccheranno quota 574 e verranno visitati, secondo una ricerca di Jfc Tourism & Management, da quasi 12 milioni di italiani.
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Qualità-prezzo hotel ecco chi ha vinto

Trivago ha pubblicato proprio in questi giorni il Best Value City Index 2015, un indice nel quale viene valutato ilrapporto qualità-prezzo degli hotel in ben cento località turistiche in tutto il mondo. Mostar è la località più soddisfacente, ovvero quella con il miglior rapporto qualità prezzo. Dall'indice emergono come mete adatte a una vacanza città generalmente poco toccate dal turismo di massa, ma anche località abbastanza famose nei quali gli hotel possono risultare, al di là del prezzo finale, sicuramente soddisfacenti per gli ospiti.
L'albergo, d'altra parte, è quasi sempre un elemento decisivo per valutare la bontà della vacanza. Strutture bellissime e economiche, o strutture care e dai pessimi servizi, sono tanti gli estremi che condizionano il pernottamento e, di conseguenza, anche le valutazioni delle città visitate.
Mostar, la città che guida l'Indice, ha conosciuto i flussi benefici del turismo solo da qualche anno, complice la situazione geopolitica. Il bellissimo comune della Bosnia-Erzegovina, il cui ponte simbolo venne abbattuto nel corso della guerra civile del 1992-1995 (che fece quasi centomila morti tra soldati e civili) e prontamente ricostruito, è risultata "soddisfacente" per oltre il 97% dei turisti, che con un costo medio inferiore ai 50 euro a notte e una qualità piuttosto alta, risulta essere in cima alla classifica.
Al secondo e terzo posto due località conosciute, ma non troppo: Novi Sad, in Serbia, e Lijang (Cina), che raccolgono un consenso tra il 96% e il 97% con costi per notte che non superano i 65 euro. In top 10 anche Plovdiv, che sarà Capitale europea della cultura nel 2019 insieme a Matera, e Szeged, in Ungheria (soddisfazione al 96% e costi inferiori a 60 euro).
Dalla quarta alla decima posizione si viaggia per tutto il mondo, passando dall'India alla Russia (o meglio, l'exclave di Kaliningrad) e fino al Marocco, mentre per trovare dei comuni italiani bisogna scendere abbastanza. Il Bel Paese è rappresentato, e questa è una notizia rilevante, da tre città del Sud: Lecce ed Alberobello, in Puglia, e Pompei in Campania. Le bellissime mete turistiche italiche si difendono degnamente, conquistando una soddisfazione media del 95%, con costi che variano dai 65 euro di Pompei ai 93 di Alberobello, prezzi questi giustificati dall'alta valenza turistica dei luoghi. Si tratta di un "upgrade" rispetto al 2014, quando a comparire nella classifica era solo San Giovanni Rotondo, città molto frequentata come meta di pellegrinaggio per la presenza del santuario di San Pio da Pietrelcina.
Giulia Eremita, marketing manager di Trivago, spiega che la classifica tiene in considerazione le sole destinazioni con un rating uguale o superiore a 89/100, e che l'Italia in tal senso si posiziona a pari numero con Grecia, Canada, Germania e Stati Uniti, mentre ad esempio la Francia ne registra solo due. La classifica non fa riferimento specifico agli stati, ma alla singola città e alla sua offerta turistico-alberghiera, toccando luoghi tradizionalmente poco visitati, ma che in questo modo possono ricevere un impulso turistico maggiore.

Serbia EAU vogliono migliorare l'offerta turistica della Serbia

Belgrado - Il Presidente serbo, Tomislav Nikolic, lunedì 24 novembre, ad Abu Dhabi, ha parlato con il Ministro della Cultura, dei Giovani, dello Sport e del Turismo degli Emirati Arabi Uniti (EAU), lo sceicco Nahyan Al Nahyan, il quale ha considerato la Serbia come una meta turistica talmente attraente da voler migliorare, attraverso diversi progetti, la sua offerta turistica. 
osservatorioitaliano.org

Stoccolma, aspettando il Capodanno tra i mercatini

di Eugenia Romanelli

Chi non ha mai visitato Stoccolma può recuperare quest’anno. Il dicembre 2014 infatti si preannuncia come vera eccellenza europea, con il suo culmine a Natale e Capodanno. Il periodo delle festività natalizie in Svezia è un momento notoriamente suggestivo già di suo: candele illuminate in ogni finestra, decorazioni e luminare per le strade del centro, vin brûlé a ogni angolo. Per non parlare della festa di Santa Lucia, il 13 dicembre, per gli svedesi ben più importante del 25.

Ma il 2014 preannuncia una maratona no-stop lungo tutto il mese tra i mercatini più belli d’Europa, con molte novità. E’ Skansen il quartiere più animato, una specie di museo all’aperto, di sicuro il più grande del mondo. Fondato nel 1891, si trova sull’isola di Djurgården, una delle 14 che formano Stoccolma. E’ una perfetta ricostruzione di cinque secoli di storia e cultura svedesi, e, tra antiche case e fattorie, personaggi in abiti d’epoca danno dimostrazioni degli antichi mestieri. In 4 case d’epoca si metteno addirittura in scena gli antichi pranzi di Natale di famiglie di classi sociali diverse. Proprio in questo scenario è allestito, dal 1903, il più grande mercato natalizio della Svezia: tra decorazioni, ricami, spezie, essenze, pelletterie, artigianato di ogni genere, giocattoli, vetri soffiati, e altri manufatti lepponi, svettano le prelibatezze locali come gelatine, confetture, marmellate, tacchino affumicato, fette biscottate e pane di ogni tipo, marzapane, senape fatta a mano e altre golosità.

Deliziose le 150 casette che ospitano le bancarelle, vero divertimento di ogni bambino. Il Kungstradgarden (il giardino dei re) è il mercatino del parco più centrale della città, nella cosiddetta city, punto di incontro dei cittadini di Stoccolma. Si può scegliere se pattinare nella suggestiva pista di ghiaccio aperta fino a notte fonda, se fare incetta di candele di tutti i tipi, o abboffarsi di muffin. Sui palchi allestiti dentro il parco, inoltre, ad ogni ora suonano gruppi live. Di notevole livello in particolare i concerti di musiche natalizie in St. Jakobs al Kungstradgarden e nella cattedrale Storkyrkan. Un altro mercato, sicuramente il più pittoresco, è quello nella Gamla Stan, la città vecchia di Stoccolma.

Fondato nel 1915, si trova sull’isola di Stadsholmen, nella storica Stortorget, una piazza in ciottolato circondata da palazzi settecenteschi tutti colorati. Un vero spettacolo di arte, storia e cultura. Le bancarelle vendono soprattutto ceramiche, ma anche maglieria, spazzole, candele e ferri battuti. Anche qui non mancano le specialità gastronomiche, e soprattutto le salsicce affumicate, le mandorle arrostite, il pepparkakor (panpepato) e le lussebullar (paste allo zafferano con uva sultanina). Anche il vino fa da protagonista: tipicissimo è lo glogg (vino speziato caldo più forte del vin brulè). Come ogni mercatino di Stoccolma, anche questo non è turistico ma frequentato dai cittadini che vi si recano per trovare gli ingredienti dello Julbord, il buffet di Natale alla svedese: si trovano in fatti sia il Rokt Renstek (arrosto di renna affumicato), sia il prosciutto speziato al forno, sia il farfiol (coscia di agnello), sia il lax, salmone affumicato, l’al (anguilla), tutte le spezie, la senape e la marmellata di more selvatiche e miele. I radical chic preferiscono tuttavia Hovstallet, il mercatino nelle suderie dei giardini reali di Rosendal, sull’isola di Djurgarden: molto esclusivo, si trovano oggetti da collezione di grande stile e cibarie biologiche.

Chi volesse pranzare o cenare, può anche sedersi nella superba serra e ordinare qualche specialità bio e ecologica locale e un eccellente glogg. Infine, unico nel suo genere, il mercatino artistico: espongono gli studenti delle famosissime scuole di design svedesi: niente di tradizionale, siamo nel girone della pura contemporaneità. Il 13 dicembre è la vera data da non perdere a Stoccolma: fin dal Settecento, si festeggia Santa Lucia, simbolo della luce (nella giornata più buia dell’anno), la più celebrata. Frotte di bambine vestono di bianco e indossano una coroncina di candele sul capo: lo spettacolo, nel buio pece di Stoccolma, è davvero straordinario. Una giovane, ogni anno, viene eletta per impersonare la Santa, e deve farlo H24, in ogni momento della sue giornata, in casa e pubblicamente. In corteo è accompagnata da folletti, damigelle e paggetti per donare i tradizionali biscotti allo zafferano e allo zenzero a chi segue la processione. Il rito si ripete ogni giorno fino al 16 dicembre, anche nelle chiese, scuole, ospedali e nei luoghi di lavoro.

Infine il Capodanno: la festa a Skansen viene trasmessa in diretta Tv e gli svedesi restano incollati allo schermo fino alla fine. Cori, orchestre, concerti, fuochi d’artificio, trasformano il quartiere in una specie di discoteca a cielo aperto. Anche Stureplan è molto animato, vero concentrato di giovani che pendolano in discoteche, bar, pub e locali, tra cui i celeberrimi Laroy, Spy Bar, Sturecompagniet, Hell's Kitchen, Ambassadeur, White Room, Berns e Le Bon Palais: i Dj set del prossimo Capodanno saranno con feste e DJ set.
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Il banchetto delle scimmie per propiziare il turismo

Per le scimmie di Lopburi, a nord di Bangkok, è una giornata speciale. Come ogni anno per propiziare il turismo si svolge il Monkey Buffet Festival, in cui viene offerto alle scimmie, per cui la città è famosa, un sontuoso banchetto a base di frutta e leccornie. Questo anno c'erano 2.500 chili tra alimenti e bibite analcoliche per un valore di quasi 10 mila euro.
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Passeggero n.500 mila per Lot, flash mob in aeroporto. Sulle note di Mamma Mia degli Abba, video spopola su Youtube

La compagnia aerea polacca Lot festeggia il passeggero numero 500mila dei dreamliner con un vero e proprio flash mob, sulle note di Mamma Mia degli Abba.
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Neve italiana. La guida low cost

di Lucia Galli

L'apertura della stagione dello sci è alle porte. Dal Piemonte al Friuli, da Courmayeur a Cortina, idee e suggerimenti per una vacanza a basso costo senza rinunce

Ancora 48 ore. Poi tutti sugli sci. Il vernissage di stagione è fra sabato 29 novembre e l'Immacolata. Da Ovest ad Est sulle Alpi la neve è arrivata ovunque e il minimo comun denominatore delle emozioni è un 30 per cento di sconto sullo ski pass con la "prestagione" natalizia. Bimbi gratis fino a 8 o 10 anni, se sciano con mamma e papà e per sognare da campioni ben quattro gare di coppa del Mondo fra Alto Adige, Trentino e la new entry Santa Caterina in Lombardia. Ecco le prime novità coi fiocchi. 

TRENTINO 
Costa 36 euro sciare in Val di Fassa fra Carezza, Fedaia, Canazei, Moena e Ciampac (www.fassa.com), poco di più, 39 euro, per le Tre Valli, Passo San Pellegrino e Alpe Lusia. Re Laurino non si era sbagliato, scegliendo come dimora i 230 chilometri di piste collegate dal circuito Sellaronda. Questo è anche il regno leggendario dello sci Nordico con la scalata all'alpe Cermis (10 e 11 gennaio) e la Marcialonga (25 gennaio) che unisce le "terre" di Fiemme (www.visitfiemme.it) e Fassa. A Madonna di Campiglio, l'altra regina del Trentino, scalda i motori la pista 3-Tre (www.3trecampiglio.it) che ospiterà lo slalom di Coppa del Mondo il 22 dicembre con pacchetti per tifosi "non campioni" a partire da 299 euro per tre notti, tre giorni di skipass e un posto tribuna per godersi la gara (www.visittrentino.it). 

ALTO ADIGE E VENETOPer festeggiare i suoi primi 40 anni, il Dolomiti superski, indiscusso passepartout delle crode patrimonio Unesco, propone "SuperBirthday": 40 euro di sconto dal 21 al 26 dicembre e poi a fine stagione 2015 per chi acquisti uno skipass di quattro giorni. In pratica si scia gratis un giorno su quattro nelle dodici valli della ski area. Cortina d'Ampezzo compresa: anche nella capitale del jet set fioccano novità declinate sul gusto e sulla storia. Come il Tour Gourmand per scoprire - accompagnati da un sommelier - le migliori baite, ed annessa cantina oppure l'itinerario, sci o ciaspole ai piedi (due ore con merenda, 300 metri di dislivello), dedicato alla Grande Guerra, organizzato dal Rifugio Col Gallina e dalle Guide alpine (
www.lagazuoi5torri.dolomiti.org). 

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FRIULI VENEZIA GIULIAPassando ad Est, il Friuli Venezia Giulia non alza i prezzi, bloccati a 22.50 euro per Forni di Sopra - Sella Nevea e 24.50 a Tarvisio - Zoncolan (32 e 35 eula ro da Natale in poi), e vanta un record: i baby sciatori sciano sempre gratis (sotto i 10 anni). Entro il 19 dicembre, e nel 2015 dal 7 gennaio al 1° febbraio e dal 16 marzo a fine stagione, il pacchetto "Happy family" fa rima con 165 euro per tre giorni in mezza pensione: i bimbi in camera con mamma è papà, non solo sciano ma dormono anche gratis, i genitori hanno lo skipass free (www.promotur.org). 

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LOMBARDIA 
Dal 10 gennaio all'8 febbraio 2015 sci gratis fino a 10 anni, accompagnati da mamma o papà (skipass prenala talizio 39 euro) anche al passo del Tonale, vista Adamello dove invece fino al 19 dicembre i genitori pagano 33 euro e i bimbi solo 9.90 euro. Sempre in Lombardia, il "piccolo Tibet" di Livigno con 115 chilometri di poste per la discesa e 30 per il fondo rinnova la sua vocazione al freeride: fuoripista, ciaspole o scialpinismo,si rafforza la collaborazione con le guide alpine per il servizio quotidiano di news aggiornate e itinerari bonificati su dove scorrazzare in sicurezza. Alle famiglie sono dedicate le settimane "Kids go free": dal 24 al 31 gennaio e dal 21 al 27 marzo i bimbi fino a 12 anni sciano e soggiornano gratis con due genitori paganti. 


VALLE D'AOSTALa "vallée" è il nostro Himalaya e per contemplare (quasi) tutti i 4.000 "italiani" l'indirizzo giusto è Pila dove si arriva comodi in ovovia da Aosta, 70 chilometri di piste, prezzo bloccato a 38 euro, bimbi gratis fino a 8 anni e sconto 30 per cento fino a 13 anni. Courmayeur, invece, si regala un nuovo 5 stelle e inaugura la stagione col Noir festival della letteratura dal 9 al 14 dicembre: fra gli ospiti Jeffery Deaver e Dario Argento. Skipass a 46 euro e pacchetti per mini break romantici di tre o sei giorni da 223 euro a persona. (www.courmayeurmontblanc.it). 

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PIEMONTENella Via Lattea delle Olimpiadi 2006, prezzo bloccato dallo scorso anno a 36 euro (35 on line, 47 per sconfinare in Francia). Qui il giornaliero è molto più di uno skipass, ma apre ad un mondo di golose convenzioni: ingressi gratuiti ai musei civici di Torino, sconti alla Coop, Longoni, Cisalfa e alle terme del gruppo QC ( fra cui Torino, Roma, Milano). Per lo sci e il dopo sci.
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Mercatini: Scoprire Merano a Natale e dintorni

di Massimo Panico

Vallate con panorami eccezionali, ottimo cibo, prodotti artigianali e mercatini tipici. La città altoatesina ha molto da offrire in vista delle Feste. E con lo sci a due passi

Merano da vivere tutto l'anno. La cittadina dell'Alto Adige e le sue splendide vallate offrono una varietà di possibilità che fanno di questo territorio tutto da scoprire meta ideale anche in autunno. Dalla Val Venosta, passando per la Val Passiria, la Val d'Adige e la Val d'Ultimo è un susseguirsi di meravigliosi borghi e comuni che negli anni hanno fatto del turismo la propria risorsa naturale. Ed è proprio in questo periodo che si possono visitare questi territori e immergersi nel Törggelen un'antica tradizione in cui i contadini invitavano a degustare il vino fatto in casa accompagnato da cibi prevalentemente a base di castagne. 

La prima distinzione da fare nella scelta del posto, magari dopo una bella passeggiata in montagna, è quella che c'è fra Buschenschänke  e Hofschänke che sono in realtà le osterie dei contadini dei masi. I Buschenschänke sono situati nelle zone vitivinicole e la loro licenza prevede tassativamente la produzione e la vendita di vino proprio. Gli Hofschänke , invece, servono piatti tipici della gastronomia altoatesina accompagnati da un buon bicchiere di vino altoatesino che però non producono loro stessi. In compenso gli Hofschänke servono carne di allevamento e produzione propria. 

Per Merano e i suoi dintorni, ma anche in tutto l'Alto Adige, i prodotti dei masi rappresentano un'immensa risorsa sia per l'economia, sia per il turismo. La garanzia di genuinità di frutta, verdura, salumi, latte e latticini attrae molto la gente che sceglie di mangiare in modo genuino. Fra i tanti posti da visitare si può andare a Lagundo, a pochi chilometri da Merano, dove c'è il Schnalshuberhof, al cui interno, nella stube bio-contadina protetta dalle Belle Arti, si respira un fascino del tutto particolare. Oppure si può scegliere di inoltrarsi verso la Val D'Ultimo al Pfrollnhof con il pane contadino fatto in casa dalla contadina Zita che offre un eccellente companatico ai saporiti salamini affumicati e alla carne bovina, sempre affumicata. E ancora, a Naturno ecco il Pirchhof, un maso che sorge sul Sonnenberg, nell'Alta Via di Merano, con una splendida vista panoramica sulla Val Venosta. L'occasione di andare per le valli alla ricerca di masi dà la possibilità di ammirare questo splendido territorio in cui resistono, nonostante il progresso, tante altre tradizioni contadine. Così, ad esempio, c'è ancora chi costruisce il fienile con la stessa tecnica usata nell'alto medioevo, cioè con tronchi d'albero, ricoperto di lunghi rami d'abete. 


L'altro appuntamento, ormai diventato un classico, è immergersi nei famigerati mercatini di Natale di Merano che dal 27 novembre animeranno l'atmosfera sulla Passeggiata lungo il fiume Passirio. Quest'anno l'ecoistituto Alto Adige ha riconosciuto ai mercatini la certificazione Green Event, nel pieno rispetto dell'ambiente. Tra le novità, ci saranno anche laboratori dove poter imparare antichi mestieri come la lavorazione del feltro.  

Inoltre, in Piazza Terme a Merano i visitatori potranno cenare all'interno di gigantesche sfere natalizie, gustando le specialità altoatesine. Altra iniziativa è quella che aprirà i battenti il 26 novembre a Lagundo (paesino a due chilometri da Merano) dove si potrà visitare la Foresta natalizia del famoso birrificio Forst. Nel corso di questo speciale mercatino natalizio saranno anche raccolti fondi per l'Onlus "L'Alto Adige aiuta". Anche qui, la novità di quest'anno sarà il Felsenkeller, il posto dove nelle antiche cantine si conservavano i blocchi di ghiaccio per il raffreddamento del mosto, gli ospiti potranno assaporare le prelibatezze gastronomiche preparate da Luis Haller, cuoco stellato Michelin, che offrirà un menu a 5 portate durante uno speciale evento gastronomico, in programma  il 5 e il 6 dicembre. Oltre a Merano anche i paesi nelle immediate vicinanze organizzano mercatini tipici nel periodo natalizio. Così accade anche a Lana, splendido paesino a pochi chilometri a Merano, che dal 29 novembre vedrà il mercatino "Polvere di Stelle" con tante bancarelle, dalla gastronomia all'artigianato, dove si possono trovare i prodotti tipici di questi posti, dal cioccolato ripieno di frutta, agli oggetti torniti in legno, dalla bigiotteria confezionata con materiali da riciclo al pane preparato secondo antiche ricette, dalla mostarda di pere "Palabirn" al distillato di frutta.

E per chi si trova da queste parti non può perdersi una visita a Castel Tirolo dove dal 6 all' 8 dicembre all'interno delle mura storiche del paese partirà la sesta edizione di una festa natalizia molto particolare. La Sala dei Cavalieri e il cortile fungeranno da spazi espositivi per gli artigiani locali che presenteranno alcuni antichi mestieri quali la lavorazione del feltro e l'utilizzo del tornio, la filatura e la tintura di lana, l'intreccio di cesti e la creazione di oggetti in ceramica e gioielli.
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#Turismo #Viaggi #Norvegia Come in una favola... Sicilian style a Oslo

Al primo giro ti butti sul prestigioso salmone: le papille gustative ringraziano Dio per averti mandato al Polo Nord. Poi fai fuori mezzo chilo di gamberetti crudi della baia, pregando ad ogni deliziosa sgusciata di non beccarti la salmonella. Infine raccogli un lungo respiro, metti in un angolo le velleità animaliste e ti fai un panino con balena. Basta fingere che sia carpaccio di bresaola, effettivamente ne ha tutto l’aspetto e il gusto.
Il primo dei miei 365 giorni in Norvegia l’ho trascorso al Fishmarket di Bergen, dove nessun banditore abbanniae si respira aria internazionale. Incontro un bel po’ di italiani al soldo come venditori di pesce. Parlano le lingue e servono manicaretti ai turisti, incantandoli con la loro ars oratoria. Molti hanno la laurea, uno mi mostra il suo libro. Facendo questo lavoretto tre mesi l’anno raccolgono un bel gruzzolo, l’equivalente di 4000 euro al mese. Sgrano gli occhi. “Tutto proporzionato al costo della vita qui, che è altissimo – spiega uno di loro leggendo il mio stupore – ma siccome lavoro dodici ore al giorno non ho il tempo di spendere. Se vivessi come un norvegese medio, non riuscirei a mettere da parte un centesimo”.

Superata la fase turistico-esplorativa del territorio, traccio i punti cardinali della mia nuova esistenza. Paese ricco, scoperta del petrolio, grande civiltà e grandi amministratori. Stipendi alti, fisco salato e servizi che funzionano a dovere. Al supermercato c’è un pertugio nel muro che ingurgita le mie lattine vuote. Un discreto ruminare meccanico, poi la macchina espelle una linguetta di carta, un buono per far la spesa. All’inizio non posso credere che qualcuno voglia comprare un po’ della mia spazzatura.

L’estate è piacevole e la luce dura. In inverno credi per fede all’esistenza del sole, che fa capolino poco più di un paio d’ore al giorno. In compenso se sei fortunato – ed io lo sono stata - vedrai l’aurora boreale. Difficilmente dimenticherai la sensazione che qualcuno lassù stia tingendo la volta celeste color verde evidenziatore. E poi assisti all'alternarsi dolce delle stagioni, cosa alla quale, da buona siciliana che vive di estremi meteorologici, non sei proprio abituata. Il progressivo passaggio dal caldo al freddo. A ottobre noti davvero come stanno d’autunno sugli alberi le foglie.

Lentamente arriva il dicembre che coccola la mia anima bambina. Mentre lavoro al pc alzo gli occhi verso la finestra e resto ipnotizzata dalla neve che precipita morbida e abbondante. Il bianco che si appiccica ai rami degli alberi denudati dall'inverno. Mi sento dentro una favola di Andersen. Di quelle ambientate nel grande Nord che mi rallegravano l’infanzia, con tanto di castelli Disney e creature magiche. E adesso so che significa aspettare la primavera.

Il quotidiano nordico è scandito da efficienza, scioltezza e rispetto per le regole. Ma anche qui ci sono eccezioni e/o distorsioni. Fai una coda chilometrica in un ufficio informazioni, arrivato al tuo turno l’operatore sfodera trentadue denti e fuga ogni tuo dubbio. Credi di aver terminato con le domande, ringrazi e fai per andartene. Hai appena roteato il tuo busto di 45 gradi, sei ancora ferma coi piedi saldi nello stesso punto e ti viene in mente un veloce quesito che stava per passarti di mente. Formuli la domanda, ma l’operatore di dice che no, ormai non hai più facoltà di parola, perché te ne sei già andata e quindi devi rifare la fila. Ribadisco che non me ne sono ancora andata, che ho a malapena girato il collo, e che comunque il numero successivo in coda non è stato chiamato. Ma il tizio ha smesso di sorridere ed è irremovibile. Torno in fila e cerco di auto-convincermi che questo sia il prezzo dell’efficienza.

Diretta all’università mi accorgo di non avere monetine per acquistare il biglietto della metro dal dispenser automatico. Prima di salire chiedo al controllore-donna se posso comprare il ticket a bordo e lei, sfoderando altri trentadue denti, mi dice di sì. Appena si chiude la porta scorrevole dietro di me la tizia inizia a scrivere la multa dicendo che mi ha beccato senza biglietto. A quel punto mi esibisco in una colossale abbanniata in inglese (mercato del pesce – però di Palermo - docet), in cui minaccio di adire le vie legali. Ed è qui che accade l’inusitato: i passeggeri presenti in carrozza, che hanno visto la scena, si uniscono alle mie rimostranze e mi difendono in norvegese. Non ho la più pallida idea di cosa stiano dicendo, ma funziona, e per un attimo mi sento la Masaniello della Bybanen. D’un tratto la mia vichinga interlocutrice diventa piccola piccola, smette di sorridere (anche lei) e inizia a tremare. Alla fine strappa la multa e mi fa scendere. "Come hai fatto a fartela annullare? Da queste parti è praticamente una specie di miracolo ” mi dice più tardi un collega autoctono. “Che ti devo dire – gongolo – that’s the Sicilian style”.

Disavventure a parte, ciò che più mi colpisce (e che invidio tanto) dell’humus norvegese è la generalizzata serenità degli sguardi. La serenità delle famiglie che sfornano bambini senza timore per cosa mettere a tavola domani, la serenità di una ragazza-madre che va all’università grazie al sussidio. O di una tipa di mezza età incontrata sulla metro che mi racconta di aver perso il lavoro e che non per questo si sente una donna finita. Che anzi consegue una laurea, presa per mano dal sistema. “Lo Stato mi sostiene durante gli studi perché sa che senza un’istruzione per me sarà difficile trovare un lavoro e sarò un peso per la società”. E con tanto entusiasmo snocciola i dati di placement dello stage che andrà a fare di lì a poco. Uno stage, a cinquant’anni. E quando inizi a sentirti un po’ meno Flinstones, nel preciso istante in cui comprendi di esserti abituato a questo modus vivendi da persona civile, sciolta ed inconsapevole delle rigidità della vita, esattamente quel giorno fai una passeggiata sul monte Floyen, che domina una città che senti ormai tua. E mentre guardi lo splendore della baia e la luce che si specchia nelle onde, chiedi a te stessa se hai mai visto nulla di più bello.

“Questa vista è bella quasi quanto quella che si gode da Monte Pellegrino, a Palermo”. “Mai stata”. “Dovresti”. E in un attimo questo dialogo rubato fra turiste torinesi mi scalda il cuore. E’il momento di tornare a casa.
livesicilia.it

L'agricoltura cresce e può dare nuova occupazione


L'agricoltura dà ancora lavoro. Nonostante tutto, contro il clima avverso, i mercati che non ripartono, la concorrenza sleale, i falsi alimentari, i campi italiani riescono a fornire occasioni di occupazione molto più che le industrie e i servizi. Guardando anche agli immigrati e alle fasce di popolazione più svantaggiata. È il segno di quanto, dopo tutto, sia moderno e importante un comparto che poco spazio continua ad avere nella considerazione dell'opinione pubblica nazionale.
I numeri dicono chiaramente di cosa si sta parlando. L'agricoltura ha fatto registrare un incremento dell'1,5% nel numero di occupati, che è pari al triplo del valore medio totale di tutti i settori. Questo è ciò che si legge da una analisi che Coldiretti ha effettuato sugli ultimi dati Istat relativi al terzo trimestre dell'anno. Si tratta di un numero che, fra l'altro, deriva da situazioni molto diverse. Al nord la crescita è stata dell'1,4%, ma al centro il balzo è stato del 12,6; mentre una leggera flessione dell'1,4% si è registrata al sud; a crescere, soprattutto, gli imprenditori agricoli (+3,6%), ma anche in questo caso con molte differenze: al centro c'è stato un balzo del 31% dei dipendenti agricoli. 
Ma quali sono le indicazioni di fondo che è possibile trarre da questi dati? Prima di tutto che, nonostante le difficoltà, l'agricoltura non solo esiste ma cresce e può dare occupazione. Poi, che la situazione potrebbe ancora migliorare. 
Stando a Coldiretti, infatti, un ulteriore incremento di occupazione potrebbe arrivare dalla vendita o dall'affitto dei terreni agricoli pubblici. I coltivatori, in questo caso, parlano di qualcosa come oltre diecimila nuove imprese agricole condotte da giovani che potrebbero nascere da oltre 140mila ettari di terreni agricoli pubblici coinvolti nell'operazione. Sempre che, come più volte è stato detto, l'attenzione "politica" al settore sia mantenuta e cresca di livello, così come quella degli istituti bancari e più in generale del sistema economico e produttivo che ruota attorno ai campi. Non ci si può dimenticare, per esempio, che i costi delle materie prime agricole continuano ad essere troppo alti mentre i margini di guadagno degli agricoltori, in molte circostanze, continuano ad essere troppo bassi. 
Rimane, poi, un dato di fondo. L'agricoltura conserva il suo carattere anticiclico. Non sarà probabilmente mai un settore dalle prestazioni eccezionali – al pari di altri comparti dell'economia –, ma certamente è dotato di caratteristiche di "resistenza" alla congiuntura avversa che lo rendono unico rispetto all'industria e ai servizi.

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Casa Gramsci diventa hotel, a Torino 160 stanze lusso Nuovo Nh Collection. Protesta Rifondazione Comunista

Casa Gramsci, l'edificio in cui soggiornò il padre del comunismo italiano, diventa un hotel di lusso. E' stato inaugurato ieri, dopo tre anni di lavori e una lunga scia di proteste culminata in un sit in di Rifondazione Comunista, il primo Nh Collection della Città. Centosessanta stanze che offrono ogni genere di confort in quello che per la sinistra italiana è stato fino ad oggi quasi un luogo sacro.

Alla memoria del padre del Pci resta dedicata un'ala dell'edificio Secentesco, ha ricordato il sindaco di Torino Piero Fassino, è stata concessa all'Istituto Gramsci. Accanto piscina, sala fitness e persino un affascinante orto sui tetti, dove crescono le verdure cucinate dai cuochi 'a cinque stelle'.

Noblesse oblige per una costruzione che nei secoli ha avuto una storia davvero affascinante: da Regio Albergo di Virtù a casa di Antonio Gramsci, che qui fondò il primo nucleo di quel che sarà l'Unità e gettò le basi per la nascita del partito. E, per finire, casa di residenza popolare. L'albergo restituisce questa casa del centro al suo antico splendore.

"In questo modo - sottolinea Fassino - saranno molte di più le persone che potranno venire in contatto con la figura e il pensiero di Gramsci", che viene ricordato da una targa sulla facciata. "Questo bellissimo e raffinato albergo, situato nel cuore di Torino - aggiunge il primo cittadino - è l'ennesima dimostrazione della nuova vocazione della città, sempre più internazionale e ormai capitale culturale riconosciuta, pronta a ospitare, milioni di turisti in vista dell'Expo". Sarà così, ma la spiegazione non convince comunque Rifondazione Comunista, che ha definito l'iniziativa una vera e propria "rimozione culturale".
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Natale, luci e colori dal mondo in attesa delle feste (alcune foto)




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La mostra. Van Gogh, tenera e ruvida terra

C’era da aspettarselo: Van Gogh, anche in tempo di crisi, genera code. Un serpentone di aspiranti degustatori (anche numerose scolaresche, molto disciplinate) risale compunto verso la piccola mostra allestita con l’ormai consueto deprecabile sistema del “taglia-incolla”, vale a dire messa su trasportando a pacchetto le opere da una sede espositiva (estera, e questa volta è toccato al Kröller-Müller Museum di Otterlo, come peraltro era già successo con la “mitica” mostra di Palazzo Reale del ’62) all’altra (nostrana).
 
Tutti in attesa del fatidico incontro col mito, e l’allestimento dell’archistar giapponese Kengo Kuma, facendo galleggiare i quadri (in certi casi al limite della visibilità: la Natura morta con cappello di paglia e gli splendidi Nidi, per esempio, non si vedono) in un mondo fluttuante che poco o nulla ha da spartire con il misticismo sociale del van Gogh “prima maniera”, sembra studiato a tavolino per creare, appunto, non l’incontro contundente con quella sua “cattiva pittura”, ma la disciplinata celebrazione di un rito. Dentro la fastidiosa scatola magica, comunque, la sostanza c’è tutta, e delle 47 opere esposte (la mostra è a cura di Katheen Adler, catalogo 24 Ore Cultura) un nucleo corposo consegna un’immagine di Van Gogh, quello del periodo olandese appunto, la cui ruvidezza è certamente, al pubblico italiano, poco consueta.
 
Incoraggiato da Anton Mauve, all’età di 27 anni, tra l’agosto del 1880 e la fine del 1881, predicatore fallito cui la Scuola di evangelizzazione di Bruxelles aveva ritirato l’incarico per “eccesso di zelo” quasi mistico, Van Gogh decise che sarebbe diventato pittore. La decisione cominciò a prendere forma a Nuenen, nella regione olandese del Nord Brabante (dov’era Zundert, il suo paese natale, e dove visse dal dicembre 1883 a fine novembre 1885), all’“accademia” del mondo contadino: quella vita nuova doveva marcire, maturare e scoppiare come un seme gettato nella terra – «Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell’arte» scriverà al fratello Theo il 28 luglio 1888 – passando per la messa in sordina delle astrazioni culturali (il che non ne fa naturalmente un pittore naif: Van Gogh fino a quel momento era stato e rimase sempre un lettore assiduo capace di passare con naturalezza dall’olandese all’inglese al francese; eseguì con puntiglio tutti gli studi artistici “da manuale” e, quanto alla conoscenza dei "classici", basterebbe ricordare quanto calorosamente raccomandasse al fratello Theo, da Londra, già nel ’73, di «andare spesso al museo» come lui già aveva fatto all’Aja, ad Amsterdan e ad Anversa), non per prescinderne, ma per sedimentare e sciogliere quella cultura nell’elemento con cui sentiva di essere lui stesso impastato, la sostanza elementare e sorgiva che fa l’occhio e la mente e i nervi sensibili alle pieghe più minute della vita, al respiro che c’è dentro le cose.
 
E si capisce come potesse riuscire a comporre quel che è umanamente incomponibile: da una parte l’ammirazione per Millet e Breton, e dall’altra il rifiuto quasi selvatico di quella douceur che ne faceva dei pittori au-bon-ton, determinato a sporcarsi le mani e il cervello con i toni polverosi e pesti in cui sono calate, appunto, le opere di quel periodo. Che certamente non sono i suoi capolavori, ma è evidente che quei colori impastati di luce che tessono la drammatica energia della sua opera maggiore maturata dopo l’incontro con la “pittura moderna” del biennio parigino, e poi ad Arles, e da Arles a Saint-Remy fino a Auvers-sur-l’Oise.
 
Senza questo espiativo ritorno al grembo della pittura non gli sarebbero mai scoppiati dentro con quella nativa necessità. Verrebbe da dire: nonostante le sue stesse intenzioni, lui che aspirava alle composizioni complesse di figure e in fin dei conti ne farà una soltanto, I mangiatori di patate (qui evocato da una Testa di donna che forse vale il dipinto, il quale però resta il grande assente in mostra: i tanti studi di contadini eseguiti in quegli anni nascono infatti tutti quanti all’ombra di quel quadro), troverà il punto di forza della sua pittura in quell’elemento antinarrativo che è per l’appunto lo spremere fuori una sostanza superindividuale da qualsiasi cosa essa tocchi: da un volto – sostanza che nel ritratto di Joseph Roulin ha i nomi di “tenerezza” e “silenziosa serenità”, scriverà nell’aprile dell’89 da Arles, e lo sentiamo nell’affetto con cui Van Gogh gioca con i riccioli della sua barba fluente – o da una natura morta o da un cielo bianco che copre come una sindone i verdi teneri della terra («Cos’altro si può fare, pensando a tutte le cose la cui ragione non si comprende, se non perdere lo sguardo sui campi di grano?» scriverà da Saint-Rémy-de-Provence nel luglio di quello stesso anno). Con il suo malinconioso sentimento del tempo, su cui lasciare che lo sguardo si perda.
 
 
Milano, Palazzo Reale
Van Gogh. L’uomo e la terra
Fino all’8 marzo 2015
avvenire.it