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Lost in translation, viaggio tra le parole intraducibili

La più celebre è forse la Saudade. Anche chi non parla il portoghese o non è mai stato in Brasile, almeno una volta nella vita ha sentito citare quel senso di nostalgia struggente per qualcosa o qualcuno che si è amato e forse perduto. Una parola sola, per indicare tutto un sentimento che è tipico di un popolo, che fa male ma insieme riecheggia di sole, onde del mare, piedi che battono il samba. Una parola, intraducibile proprio perché a forzarla nella propria lingua sembra svanire, volare via. Ovvero ''Lost in translation'', persa nella traduzione, come il piccolo, prezioso, dizionario raccolto girando il mondo da Ella Frances Sanders, giovane scrittrice e illustratrice francese, in Italia edito da Marcos Y Marcos.
Perché se i brasiliani hanno una parola per definire la ''saudade'', gli svedesi ne hanno una per la terza tazza di caffè, i tedeschi un'altra per indicare un groviglio di cavi elettrici e gli spagnoli una per il piacere di viaggiare, a prescindere dalla meta. E non è un caso: perché la lingua e le sue parole sono la prima espressione del modo di pensare di una cultura. Quasi dei grimaldelli che ne presentano subito vizi e virtù.
    Ecco allora che viene dall'India la ''jugaad'', l'arte di arrangiarsi con poco, mentre i giapponesi hanno un nome per tutto, anche per il ''boketto'', quello sguardo lasciato vagare in lontananza, verso il niente, che almeno una volta abbiamo scorto negli occhi di un anziano di paese. Parole, solo parole, ma che improvvisamente danno corpo a quell'idea che tante volte abbiamo avuto in testa, senza sapere come chiamarla. Una dopo l'altra, con i coloratissimi disegni della Sanders e la traduzione in italiano di Ilaria Piperno, ecco le nostre 10 preferite, più una. Basta pronunciarle e, come per incantesimo, ci si trova già in viaggio.
    PALEGG (norvegese) - ''Tutto ciò che si può mettere su una fetta di pane''. Formaggio, carne, pesce, pomodoro: dite quello che vi viene in mente e quasi sicuramente è ''palegg''.
    MANGATA (svedese) - ''La scia luminosa della luna che si riflette sull'acqua''.
    Immaginata nel paese dei fiordi, è qualcosa di indimenticabile.
    PISAN ZAPRA (malese) - ''Il tempo necessario per mangiare una banana''.
    Certo, può variare da persona a persona e da banana a banana, ma tendenzialmente si aggira intorno ai due minuti. Fa il paio con ''poronkusema'', in finlandese ''la distanza che una renna può comodamente percorrere prima di fare una pausa''. Pare 7 chilometri e mezzo.
    FIKA (svedese) - ''Trovarsi per un caffè e un dolcetto, per una pausa a chiacchierare in ufficio, a casa o in un locale, a volte anche per ore intere''.
    A dispetto della singolare assonanza che non sfugge ai buontemponi, almeno in italiano, il rito della ''fika'' in Svezia è una vera istituzione. Testimoniato anche dal consumo pro capite di caffè, che è quasi il doppio della media europea TSUNDOKU (giapponese) - ''Un libro comprato, ma non ancora letto, di solito impilato con altri libri mai letti''.
    Per quanto filo-orientali voi siate, non fatene però un vanto se il l'arredamento di casa sta passando dal Feng Shui al totally tsundoku.
    KUMMERSPECK (tedesco) - Letteralmente è ''la pancetta da stress'', ovvero i chili di troppo che prendiamo per fame nervosa.
    JAYUS (indonesiano) - ''Barzelletta talmente brutta e poco divertente che non si può fare a meno di ridere''. E non serve che sia indonesiana.
    IKTSUARPOK (inuit) - ''Senso di aspettativa che ti spinge a uscire ripetutamente per vedere se magari qualcuno sta arrivando''.
    Immaginarlo applicato agli eschimesi che all'Artico entrano ed escono dall'igloo è impagabile.
    'AKIHI (hawaiano) - ''Chi ascolta le indicazioni e quando si allontana prontamente le dimentica''.
    Guai a essere un 'akihi quando siete in viaggio! LUFTMENSCH (yiddish) - Sognatore, letteralmente ''l'uomo dell'aria''.
    Insomma, chi vive felicemnte tra le nuviole, dove non ci sono orari ne' scartoffie. TIAM (farsi) - ''Lo scintillio negli occhi al primo incontro''.
    Dedicato a tutte le persone incontrate nei viaggi, magari solo sulla soglia di una porta o dietro ai banchi di un mercato, ma che ci hanno lasciato un lampo di sole nel cuore.(ANSA).