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Al via Cannes 70, nuovo cinema è sfida

Cannes alza il sipario della 70/a edizione il 17/5, celebrando innanzitutto se stesso con feste e omaggi, ma anche consapevole della necessità di andare oltre la sua stessa storia, accogliendo le sfide del nuovo cinema. E' anche il primo festival del dopo strage di Nizza: potenziati tutti i controlli, con metal detector all'ingresso del Palais du festival, barriere anti sfondamento sulla strada, controlli accurati. Se l'apertura con il film fuori concorso Les Fantomes d'Ismael di Arnaud Desplechin con Marion Cotillard, Charlotte Gainsbourg, Alba Rohrwacher, Mathieu Amalric, Louis Garrel sembra appartenere al cinema di tradizione, nella selezione sono molti i film che testimoniano le nuove realtà di produzione, i colossi Netflix e Amazon, di fruizione del cinema (lo streaming), di evoluzioni tecnologiche come la virtual reality.
    Tra gli eventi il ritorno di Twin Peaks di David Lynch, 25 anni dopo, e Top of the lake di Jane Champion con Nicole Kidman.
    Splendida madrina, la nostra Monica Bellucci.
   
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La mostra. A Roma storia e mito della Menorà, il più antico simbolo ebraico

La mostra che si apre in Vaticano lunedì 15 maggio, organizzata in collaborazione tra i Musei Vaticani e il Museo Ebraico di Roma, è intitolata "Menorà: culto, storia e mito". La Menorà, il candelabro a sette braccia il cui nome ha la stessa radice di or, luce, è il maggiore e il più antico dei simboli ebraici. La sua storia va dal testo biblico al candelabro del Tempio portato a Roma nel trofeo di Tito alle raffigurazioni nelle catacombe ebraiche al moderno stemma dello Stato di Israele, dove è affiancata da due rametti d'olivo. Il logo della mostra raffigura appunto un particolare segmento dai bassorilievi dell'arco di Tito, che rappresentano il trofeo romano sulla Giudea sconfitta: prigionieri ebrei portano sulle spalle la grande e pesante Menorà in oro. È, di tutte le immagini che abbiamo della Menorà, quella che più si avvicina alla realtà, dal momento che pochi anni soltanto erano passati dal corteo vittorioso di Tito e la Menorà del Tempio era ancora presente agli occhi degli artisti che la scolpirono. Ma una raffigurazione della Menorà in una pietra di una sinagoga di Magdala, scoperta nel 2009 e datata intorno alla distruzione del Tempio, mostra un'immagine differente da quella di Roma, sia nei bracci, non arcuati ma ottagonali, sia nella base. 

La Menorà era simbolo di saggezza e di illuminazione. Essa ricordava anche, come ricordano i testi, il roveto ardente, e con i suoi sette bracci è stata ancora interpretata come il simbolo della creazione che appunto richiese sette giorni per realizzarsi. La lucerna centrale simboleggerebbe il Sabato. Essa è stata interpretata anche alla luce delle dottrine cabalistiche. La Menorà fu per secoli il simbolo stesso dell'ebraismo. Solo a partire dal XVII secolo essa cominciò ad essere affiancata dal magen David, la stella di David, che ritroviamo ora sulla bandiera di Israele.Nella storia della Menorà, realtà, culto e valore simbolico sono strettamente intrecciati. La sua costruzione è disposta e minuziosamente descritta nella rivelazione fatta da Dio a Mosè, come si legge in Esodo 25, 31-40. La sua base era adorna di immagini di fiori e frutti. Inizialmente era collocata nel Tabernacolo, il santuario trasportabile che accompagnava gli ebrei nel deserto, poi nell'anticamera del Tempio. Scomparve nell'esilio babilonese e fu ricostruita e collocata nel secondo Tempio. Ce la descrive Giuseppe Flavio, che fu testimone della sua traslazione a Roma. 

La Menorà doveva restare accesa dal tramonto all'alba, ma una o più delle sue lampade restavano accese anche durante il giorno. Nella riconsacrazione del Tempio ad opera dei Maccabei, nonostante fosse sufficiente per un sol giorno, l'olio delle lampade rimase miracolosamente acceso per otto giorni. Da lì la festa di Hannukka, caratterizzata dall'accensione del candelabro a nove braccia, la hannukia. Come il rilievo datole nei bassorilievi dell'Arco di Tito dimostrano, la Menorà ebbe un ruolo speciale nel trionfo di Tito. Era al tempo stesso un oggetto di gran pregio, costruita com'era in oro puro, e il simbolo della Giudea sconfitta. Inizialmente, fu custodita nel Tempio della Pace, il nome attribuito al Foro di Vespasiano, tra i Fori e la Suburra. Durante il sacco di Roma del 455 ad opera dei Vandali di Genserico, fu trasportata a Cartagine con il resto del bottino. Di là fu portata a Bisanzio da Belisario, il generale di Giustiniano, quando questi conquistò Cartagine nel 533, per essere portata in un ulteriore trionfo descrittoci da Procopio. Ed infine sembra essere approdata a Gerusalemme, non sappiamo dove né come. 

Da allora se ne sono perse le tracce, forse è stata fusa nel sacco di Gerusalemme ad opera dei Persiani nel 614. Si tratta però di notizie prive di fonti certe. Infatti, ben presto, di fronte ad un candelabro errante, e sostanzialmente, dopo Tito, volto a far ritorno nel luogo delle sue origini, la sua localizzazione cominciò ad essere avvolta nelle nebbie del mito. La questione si complicava per il fatto che già nei primi secoli si parlò di una duplicazione del candelabro. Quale era quello originario, strappato al Tempio nel 70 e divenuto il simbolo dell'identità di un popolo in diaspora?A Roma, dove l'esistenza della Menorà era quotidianamente testimoniata dai bassorilievi dell'arco di Tito, l'idea che essa non avesse mai lasciato la Città era diffusa. Ne ritroviamo traccia, sia pur vaga, in alcuni testi talmudici e perfino nel viaggio di Beniamino da Tudela, un viaggiatore ebreo del XII secolo. Una delle leggende fiorite intorno al candelabro lo diceva affondato nel Tevere. Era una diceria che risaliva ai secoli del sacco dei Vandali, e che ha forse come punto reale di riferimento il fatto che il bottino fu trasportato fino al mare sul Tevere. 

Un'altra leggenda lo diceva invece nascosto sotto il Laterano. Priva di basi documentarie, la leggenda sulla presenza a Roma della Menorà è tuttavia sopravvissuta nei secoli, fino ad arrivare agli scavi tentati nel Tevere alla fine del XIX secolo e alla richiesta che sarebbe stata fatta in anni recenti al Vaticano di cercarla nei suoi sotterranei e di restituirla allo Stato di Israele. L'altra ipotesi, che ha una maggiore corrispondenza nelle fonti, è quella che essa sia a Gerusalemme, nascosta o perduta. È questa, ad esempio, la tesi su cui si basa un romanzo di Stefan Zweig, Il candelabro sepolto, scritto nel 1937 e pubblicato in italiano da Skira, per la prima volta autonomamente dagli altri scritti di Zweig, nel 2013 con una bella postfazione di Fabio Isman. In anni molto recenti, nel 2002, aveva per un momento rinforzato la tesi del Tevere la scoperta di una lapide nei giardini del Tempio secondo cui il candelabro sarebbe stato visto, all'inizio del V secolo, in fondo al Tevere a sud dell'Isola Tiberina. Un falso del XIX secolo, ha scoperto l'allora direttrice del Museo Ebraico, la scomparsa Daniela di Castro, creato forse per dar lustro alla già illustre storia degli ebrei a Roma. Il candelabro del Tempio continua ad restare inafferrabile.
Avvenire

È italiana la coppia che ha scalato tutti gli 8mila: Meroi e Benet

«Bisogna andare in montagna con quel tocco di paura che ti fa riconoscere il momento giusto di girare i tacchi e tornare indietro». Senti chi parla: Nives Meroi, 36 anni, tarvisiana, considerata una tra le più grandi alpinisteitaliane, la stessa che oggi, 11 maggio 2017, ha scalato con successo la vetta dell'Annapurna (8.091 metri), coronando il sogno di raggiungere in coppia, assieme al marito Romano Benet, tutti le quattordici cime che superano 8mila metri di altitudine.
Romano Benet e Nives Meroi in coppia e assieme sono diventati l’emblema di un alpinismo d’alta quota onesto, leale e coerente. Un alpinismo fatto anche di rinunce: scalano senza ossigeno e senza portatori d'acqua, mentre lo fanno si sentono come «due solitudini unite in cordata, che perseguono ciascuno il bene dell’altro come il proprio».
Prima di loro solo 34 scalatori al mondo hanno completato la «collezione» degli Ottomila (secondo i dati del sito 8000ers.com), di cui solo la metà senza ossigeno. Il primo assoluto fu Reinhold Messner nel 1986, mentre la prima donna fu la coreana Eun-Sun Oh nel 2010. Nives Meroi fu a lungo "in corsa" anche per quest'ultimo primato ma decise di fermarsi per assistere il marito colpito da una rara malattia - un'aplasia midollare - nel 2009. Solo nel 2012 la coppia è quindi tornata a scalare.
Della lista delle 14 montagne superiori a 8.000 metri come riporta Wikipedia fanno parte nove massicci collocati nella catena dell'Himalaya e quattro in quella del Karakorum che taglia Pakistan, India e Cina. Il Nanga Parbat, in Pakistan, è invece l'unico che non fa parte di queste due catene essendo situata in Kashmir.

Nives Meroi: una curiosità letteraria

Lo scrittore Erri De Luca che ha dedicato pagine emozionanti all'alpinismo, alla sua passione per le montagne, dall'incontro con Nives Meroi, alpinista italiana tra le pochissime ad aver scalato tutti quattordici giganti che nel mondo superano gli ottomila metri di altezza, scrisse un libro, Sulla traccia di Nives. Di lei De Luca scrive: «Ho seguito per un po' la sua traccia, ma in alto si perde dove non ho respiro. Lei scala senza bombole d'ossigeno e senza aiuto di portatori d'alta quota».
De Luca segue, «come uno sherpa culturale», Nives e il suo compagno, anche sull'Himalaya e ne ha riportato questo libro che è costruito come un lungo dialogo tra lui e Nives, nel contesto di una notte d'alta quota, quando i due non riescono a dormire e si raccontano delle storie. Nascono riflessioni, meditazioni sulla bellezza e sul rapporto che si instaura tra cielo e terra, ma anche imbarazzi, soprattutto di Nives
Avvenire

Oro, argento, rame, metallico è glamour

Oro, argento o rame, lo stile metallico è glamour sotto ai raggi del sole, ma impazzerà anche nella prossima stagione invernale, soprattutto nelle notti da red carpet. L'estate è già un continuo brillare di colori metallici come l'oro fuso, che scivola leggero sul corpo, di silhouette anni Trenta ruggenti proprio come in quegli anni, di lurex che che accende il guardaroba con i suoi lampi di luce.
    Insomma, bagliori, riflessi e tessuti laminati, fanno del 2017 l'anno dei colori metallici. Un metal trend in evoluzione rispetto all'anno scorso, in cui dominavano oro e argento, senza le sfumature iridescenti che invece faranno risplendere anche gli accessori della prossima stagione fredda, non solo le borse e i sandali da sera, ma anche gli stivali e i tronchetti, dal color bronzo all'oro rosa.
ansa

Il Portogallo vince Eurovision Song Contest, Gabbani sesto

E' il Portogallo con Salvador Sobral e il pezzo 'Amor Pelos Dois' il vincitore della 62/ma edizione dell'Eurovision song contest tenutasi a Kiev. Grande delusione per l'Italia, tra i favoriti della vigilia, con Francesco Gabbani e la sua 'Occidentali's Karma', reduce dal trionfo sul palco di Sanremo che si piazza solo al sesto posto. 
Giunta alla sua 62/a edizione, la manifestazione internazionale che raccoglie il meglio della produzione europea si è tenuta in Ucraina, paese vincitore della scorsa edizione che si era svolta a Stoccolma. 
ansa

Stazioni da incorniciare, da Napoli Toledo a Mosca

Da luoghi di passaggio a piccoli capolavori artistici: così urbanisti, archistar e artisti hanno trasformato le semplici e spesso anonime stazioni della metropolitana. Nelle grandi città le banchine e i passaggi diventano gallerie d’arte e laboratori di creatività; li contraddistinguono l’uso dei colori, delle luci e delle forme avveniristiche. Ecco alcune tra le stazioni più spettacolari, che meritano una visita e dove aspettare il treno è l’occasione per potersi godere appieno l’atmosfera, i murales e le opere d’arte.
Stazione Toledo, Napoli 
Ha ricevuto premi, elogi e consensi la linea 1 della metropolitana di Napoli, dove le stazioni e i corridoi sotterranei sono stati decorati da più di 90 artisti, locali e internazionali. Un sondaggio del Daily Telegraph l’ha incoronata la metropolitana più bella del mondo; progettata dall’architetto catalano Oscar Tusquets e inaugurata nel 2012, la metro è rivestita da mosaici colorati che riportano scene e immagini della città e dei suoi dintorni. In particolare la stazione Toledo, nel quartiere di san Giuseppe, regala la sensazione di immergersi nell’oceano grazie alle decorazioni bianche e blu e a tutte le sfumature del mare in un gioco spettacolare d’acqua e di luci.
T-Centralen, Stoccolma 
Le 90 stazioni della metropolitana di Stoccolma, decorate da più di 140 artisti, sono proprio come una galleria d’arte, ricca di installazioni sotterranee, mosaici, murales e persino uno scavo archeologico con colonne romane. La stazione T-Centralen è la più spettacolare e suggestiva: qui il soffitto cavernoso, dipinto nel 1950 da Vera Nilsson e Siri Derkert, è ricoperto da piante rampicanti color blu che ricordano primitive pitture rupestri.
BurJuman station, Dubai
E’ famosa per i lampadari a forma di medusa e per le decorazioni ispirate al mondo marino, realizzate in tutte le sfumature del blu. L’avveniristica stazione BurJuman, punto di scambio tra la linea rossa e quella verde di Dubai, la più lunga rete metropolitana automatizzata del mondo, in realtà si chiama Khalid Bin Al Waleed e sorge vicino all’omonimo centro commerciale.
Olaias, Lisbona
Progettata dall’architetto Tomás Taveira in occasione dell’Expo ’98, la stazione Olaias della metropolitana di Lisbona è caratterizzata da colori e materiali unici che ripropongono un enorme e geometrico contenitore di azulejos, le tipiche piastrelle colorate portoghesi. La presenza di colonne di metallo fa da contrasto al gioco lineare delle forme geometriche della stazione. Hanno collaborato alla realizzazione dell’opera anche gli artisti portoghesi Pedro Cabrita Reis, Graça Pereira Coutinho, Pedro Calapez e Rui Sanchez.
Champ-de-Mars, Montreal
Caratterizzata da vetrate con motivi geometrici, la stazione canadese di Montreal contiene una delle opere astratte più famose di Marcelle Ferron, artista del Quebec. La serie di vetrate, realizzata nel 1968, e la posizione della stazione le consentono di ricevere molta luce solare che, illuminando i disegni colorati, forma uno spettacolare e vivace effetto arcobaleno. Per aumentare l’effetto cromatico, le pareti della stazione e del chiosco adiacente sono ricoperte di piastrelle blu e crema; anche il tunnel che collega la metro alla superstrada Ville-Marie è decorata con murales.
Szent Gellért tér, Budapest
Le decorazioni a mosaico della stazione di Szent Gellért, nella capitale ungherese, sono quasi ipnotiche: le piastrelle colorate che decorano le pareti a volta della stazione, recentemente disegnata dall’artista Tamàs Komoròczky, ricordano immagini geometriche spaziali. La stazione si trova sulla linea 4, sotto l’università di tecnologia ed economia, in corrispondenza della piazza omonima, che prende il nome dal patrono di Budapest.
Westfriedhof, Monaco di Baviera 
Progettata dal designer tedesco Ingo Maurer, la stazione Westfriedhof , sulla linea U1 di Monaco di Baviera, è un susseguirsi di grandi lampadari a cupola con luci blu, rosse e gialle che illuminano le sedute e contrastano con le pareti spoglie e grezze in calcestruzzo, che ricordano le grotte. Colorata, creativa e funzionale, la stazione bavarese è ricoperta da neon futuristici che illuminano piattaforme e tunnel. Anche le altre stazioni della metropolitana, sempre disegnate da Ingo Maurer, sono un tripudio di geometrie colorate.
Formosa Boulevard, Kaohsiung
La metropolitana di Taipei regala un’installazione che lascia senza fiato: la “cupola della luce” è un’imponente opera d’arte con più di 4.500 pannelli di vetro, realizzata dall’artista italiano Narciso Quagliata per la stazione di Formosa Boulevard, a Kaohsiung. La spettacolare cupola in vetro colorato ha un diametro di 30 metri per un totale di 660 metri quadrati di superficie, sulla cui vetrata è rappresentata la storia dell’uomo attraverso gli elementi dell’aria, dell’acqua, della terra e del fuoco.
Slavjanskij Bul’var, Mosca
E’ un’elegante stazione di snodo tra due linee importanti della metropolitana di Mosca, una delle più antiche al mondo. La stazione Slavjanskij Bul’var, al di sotto dell’omonimo viale, è stata disegnata dall’architetto Volovich, caratterizzata da una sola volta, poco profonda, che si appoggia sulle mura ricoperte in marmo verde, e sormontata da profili in alluminio dove sono stati fissati elementi di illuminazione. Il pavimento è ricoperto da granito grigio.
Bund Tunnel, Shanghai
Non è tecnicamente una stazione ma un tunnel che, con un sorprendente gioco di centinaia di luci, collega le zone Puxi e Pudong sotto il fiume Haungpu di Shanghai. Nella città cinese dove si trova la metropolitana più lunga del mondo, il tunnel offre 647 metri di giochi multimediali e psichedelici, accompagnati da effetti sonori, godibili e apprezzabili dai vetri della carrozza automatizzata.
ansa