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Tv: Viaggio nell'Italia del Giro tra cultura e umanità Racconti di Camurri in 20 episodi su Rai2, Rai Storia, Rai Sport

Viaggio nell'Italia del Giro © Ansa

 Cultura, bellezza e umanità ma soprattutto la voglia instancabile di cercare "la parte più luminosa" delle persone e delle loro storie dal luogo dove scorre il fuoco dell'Etna fino ai segreti di Roma. E' un bellissimo viaggio in bicicletta - che fa andare veloce ma permette di non perdere nessun particolare della natura e della bellezza che ci circonda e fa sentire il sole e il vento sul viso - quello proposto da Edoardo Camurri con "Viaggio nell'Italia del Giro", il programma di Rai Cultura in onda fino domenica 27 maggio alle 14.00 su Rai2, alle 18.00 su Rai Storia e, in "pillole", alle 20.00 su Rai Sport.
"Per ogni tappa - racconta all'ANSA lo scrittore, giornalista e conduttore - abbiamo cercato un tema guida, una parola chiave che legasse le storie tra di loro. C'è il tema dell'amore, quello della ferita, della crepa, della crisi, del fuoco e poi tutti gli altri. Per ogni tappa abbiamo cercato un fil rouge che ci aiutasse a far brillare meglio le storie che incontravamo durante il percorso".
    Venti puntate - ciascuna delle quali anticipa la tappa che i corridori percorreranno - a partire dalla Sicilia con "la meravigliosa storia delle miniere di sale dell'Agrigentino - racconta Camurri - e la vicenda di Gaetano Fuardo che a Piazza Armerina inventò la benzina solida che poteva essere un'invenzione meravigliosa ed ecologica ma finì molto male".
    Fino ad arrivare alla Capitale. "Racconteremo una Roma segreta - anticipa Camurri - ma è una Roma nascosta che dà senso alla Roma che vedi. A partire dal nome segreto della città: la tradizione lo tramanda ma nessuno lo conosce. Si racconta che chi lo sa, ha in mano le chiavi della città. E' una cosa antichissima e svela una Roma che davvero non ti aspetti".
    "L'altra novità - aggiunge - è che in ogni puntata io racconto in prima persona delle storie, ad esempio quella di Vincenzo Bellini e Paolo Ciulla, questo falsario meraviglioso di Caltagirone, che danno la struttura per gli incontri che facciamo in prima persona".
    E se gli si chiede di scegliere una della tante storie incontrate lungo queste venti tappe ricchissime di incontri, Camurri risponde ridendo: "Ogni scelta è un ecatombe di possibili per cui è assai difficile fare una scelta perché l'Italia è talmente ricca che ogni 500 metri si cambia mondo in tutti i sensi, dalle facce che incontri, a quello che mangi e quello che vedi. Noi siamo un po' come dei rabdomanti che aprendo le antenne della sensibilità provano a recepire quello che succede e le storie più belle. Il nostro intento è proprio quello di ritrarre la parte più luminosa delle persone che incontriamo".
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A Bari 'L'icona russa' Anche raffigurazione San Nicola di Myra e opera Vladimir Tatlin



BARI - Testimonianze del rapporto tra il popolo russo e Dio, ma anche esempi di modelli da seguire nel vivere quotidiano, 37 icone del 17/mo e 18/mo secolo, provenienti da musei moscoviti, saranno ospitate nel Castello Svevo di Bari dall'1 maggio al 30 giugno prossimo grazie alla mostra 'L'icona russa: Preghiera e Misericordia'. L'esposizione è stata presentata oggi nel capoluogo pugliese, città che custodisce le sacre reliquie di San Nicola che ne è anche il Santo Patrono. Motivo per cui, è stato sottolineato, Bari è l'unica città in cui la mostra, che è stata prima a Roma e Palmanova (Udine), è arricchita con una preziosa icona raffigurante 'San Nicola di Myra', risalente al 14/mo secolo. La curatrice dell'esposizione, Liliya Esveeva, ha sottolineato che nella spiritualità dei russi "a volte la venerazione di San Nicola sostituiva Gesù, ed era quindi prediletta dagli iconografi: la figura di San Nicola - ha aggiunto - era molto vicina al popolo, fungendo anche da modello". Le 37 icone provengono da collezioni di due musei, quello Centrale di cultura e arte russa antica Andrej Rublev, e il musei provato dell'Icona russa. In mostra ci sono anche un'opera di Vladimir Tatlin, 'Composizione con superirci trasparenti' (1916), e una scultura contemporanea, 'Madre di Dio Grande Panagia' di Dmitrij Gutov (2012): entrambe appartengono a collezioni private. Il tema della preghiera e della misericordia, dunque, non resta confinato all'ambito delle opere d'arte medioevali ma trova prosecuzione nell'epoca dell'avanguardia russa e nell'arte russa contemporanea. "E' grande - ha detto il mecenate e fondatore del museo dell'Icona russa, Michail Abramov - l'interesse dell'Italia per l'iconografia russa, e l'accoglienza è sempre calorosissima". Ai visitatori saranno presentate icone mariane (la Madre di Dio Odigitria di Suja, la Madre di Dio Odigitria di Tichvin, e la Madre di Dio della Passione'); un ciclo cristologico (la Trasfigurazione, l'Entrata del Signore a Gerusalemme, la Resurrezione di Cristo); e anche l'Arcangelo Michele, San Nicola Taumaturgo (di Zarajsk), Il Miracolo di san Giorgio e il drago, i Martiri Quirico e Giulitta, la Grande Martire Parasceve. E infine raffigurazioni di santi monaci russi. Il periodo storico scelto, è stato sottolineato, è quello in cui Russia ed Europa vissero un intenso avvicinamento culturale.(ANSA).

'Murali', a Forlì festival di Street art Dall'11 al 20/5. Tra gli artisti Millo, Eron e Camilla Falsini

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FORLI' - Millo, Eron, Camilla Falsini, Zed1 e Gola sono tra gli artisti di fama che parteciperanno dall'11 al 20 maggio al festival di street art 'Murali', promosso dal Comune di Forlì. Tema conduttore saranno i principi fondamentali della Costituzione italiana, in omaggio al 70/o anniversario.
    Gli interventi sono co-finanziati da aziende del territorio che adotteranno le opere degli artisti.
    Il festival intende recuperare e valorizzare pareti del centro storico in continuità con interventi realizzati nel passato in città, come i murales cileni di via Roma, i mosaici nei sottopassi, le opere della 'Galleria a cielo aperto' di via Regnoli e l'intervento di Gomez in via Anderlini. Sotto la direzione artistica di Marco Miccoli, il calendario di 'Murali' prevede anche eventi collaterali con l'obiettivo di coinvolgere la città sulla Street art. Venerdì 11, nel parco di via Dragoni, apertura con band emergenti, writing-contest e il lancio di 'muri scuola' per giovani artisti da graffitare insieme a writers esperti.(ANSA).
   
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Antico e grandioso sito buddhista a rischio in Afghanistan

Sito buddhista Afghanistan Mes Aynak © ANSA

Ancora statue di Buddha in pericolo in Afghanistan. A minacciarle stavolta non sono solo i taleban, che nel 2001, distrussero, nel loro furore iconoclastico, i colossi scavati nella roccia della valle di Bamiyan. I rischi arrivano adesso dagli appetiti economici di un gruppo minerario cinese e, in seconda battuta, di multinazionali statunitensi. Sotto il sito archeologico di Mes Aynak, uno tra i più grandi del mondo, con centinaia di templi buddhisti, posati su civiltà risalenti a 5 mila anni fa e circondato da un panorama degno di Machu Picchu, si trova infatti un giacimento di rame dalle potenzialità enormi, dato in leasing ai cinesi nel 2007. Da allora è una battaglia senza tregua tra chi vuole salvare la memoria e, un domani, il ritorno del turismo culturale in Afghanistan, e chi pensa al profitto immediato. Grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica suscitata dal documentario “Saving Mes Aynak”, firmato dal regista Brent Huffmann e dal capo della missione archeologica afghana Qadir Temori, il ministero dell’Informazione e della Cultura afghano ha autorizzato proprio in questi giorni una terza fase triennale di scavi archeologici, che saranno finanziati dalla Banca Mondiale. Nell’ottobre 2017, l’Unesco aveva offerto la sua protezione al sito, senza però dichiararlo Patrimonio dell’Umanità, come speravano in molti. 
A Mes Aynak, una vallata brulla, increspata di scavi e fortificazioni in una zona tradizionalmente sotto il controllo dei taleban, gli archeologi locali e internazionali hanno riportato alla luce negli ultimi anni monasteri buddhisti a più piani, migliaia di statue, manoscritti, monete, monumenti sacri, mura, costruiti tra il II e il VI secolo dopo Cristo. Tutto ciò edificato su strati di città più antiche. Per poter disseppellire con accuratezza il sito ci vorrebbero decenni e enormi investimenti, ma il tempo stringe - come racconta il documentario “Saving Mes Aynak”. La China Metallurgical Group Corporation ha promesso investimenti per 3 miliardi di dollari, infrastrutture, lavoro per migliaia di abitanti locali, altrimenti a rischio di essere arruolati dai taleban. In caso di rinuncia da parte di Pechino, si sono già fatte avanti imprese americane, spiega il sito di “Saving Mes Aynak”. 
Il sito è circondato da più di 100 postazioni di controllo e pattugliato giorno e notte da un corpo di 1.700 agenti di polizia. Gli scavi sono già in pericolo, non solo per i possibili attacchi dei taleban, ma soprattutto per quotidiani furti e depredazioni di oggetti preziosi. 
Il clima violento dell’Afghanistan di oggi appare – spiega l’archeologo Qadir Temori - in netto contrasto con lo spirito di tolleranza e convivenza che si viveva ai tempi del fiorire del complesso buddhista agli inizi dell’era cristiana. Mes Aynak era un centro spirituale di primaria importanza e si trovava in un’area estremamente civilizzata, punto di incontro non solo tra le grandi religioni asiatiche, buddhismo, induismo e zoroastrismo, ma anche di scambi culturali e commerciali tra antichi greci, persiani, popoli dell’Asia centrale e indiani. “Era il centro del mondo”, afferma ancora Qadir Temori, con la speranza che, anche nell’Afghanistan moderno alla fine si possano conciliare “le esigenze della cultura e dell’economia, in un nuovo clima di dialogo e sicurezza”.
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