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Prima donna in Vespa nel 1954, a 96 anni rinnova la patente

Un raduno di vespisti © EPA
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Nel 1954 fu la prima donna in paese a guidare una Vespa, ieri ha festeggiato 96 anni all'indomani del rinnovo della patente di guida. Perché Derna Cosmar non soltanto è vispa e lucida ma ha anche i riflessi pronti e dunque è stata ritenuta in grado di guidare un'auto. La storia della nonnina di Moimacco, un piccolo centro in provincia di Udine, la racconta questa mattina il numero in edicola del Messaggero Veneto, corredando un lungo articolo con tanto di foto d'epoca che ritrae una Derna ventenne alla guida della Piaggio con tanto di faro sul parafanghi anteriore e non ancora al manubrio. 
La signora Cosmar è nata nel 1922 a Orzano di Remanzacco, in provincia di Udine, ma dal 1947, quando si è sposata, risiede a quattro chilometri di distanza, a Moimacco. Arzilla e determinata, Derna fece capire a tutti la sua passione per i motori quando si presentò in Vespa e senza il marito impegnato al lavoro, alla benedizione dei carri agricoli e dei mezzi di trasporto: non un momento qualunque ma il grande evento del piccolo centro. Raccontano che, superata la sorpresa, la folla cominciò ad applaudirla. Poi, agli inizi degli anni '60, Derna lasciò la due ruote per cimentarsi in un'altra avventura all'avanguardia: mettersi alla guida di una Fiat 600.
   
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A New York riapre il Four Seasons Per il ristorante dei vip chef giovanissimi e un ex Casa Bianca

The Bar Room at the new Four Seasons ( Credit Nicole Craine for The New York Times) © Ansa

A due anni dalla chiusura il leggendario Four Seasons riapre a tre isolati di distanza dalla vecchia sede del Seagram Building. La targa di ottone con il logo dei quattro alberi che apparteneva al ristorante più amato da Henry Kissinger torna a segnalare l'ingresso ai nuovi locali in un palazzo per uffici su Park e 49/a strada. Restano, nella nuova impresa di Julian Niccolini e Alex von Bidder, alcunipezzi forti dello storico menu come l'anatra arrosto. "Vecchi clienti sono già passati per assicurarsi il tavolo", ha detto Niccolini al New York Times in vista dell'apertura. Ma se il primo Four Seasons aveva chiuso perché giudicato non più all'altezza dei tempi, la sua reincarnazione proverà a rinnovarsi cominciando delle cucine.
    A dirigere i cuochi l'italiano Niccolini e lo svizzero von Bidder hanno chiamato il messicano Diego Garcia, 30 anni, con esperienze a Le Bernardini e al piccolo Gloria di Hell's Kitchen specializzato in pesce. Il suo numero due, Brandon Lajes, ha solo 26 anni. Per i dolci un veterano della Casa Bianca: Bill Yosses che ha lavorato per George W. Bush e Barack Obama dal 2007 al 2014. I locali sono firmati dall'architetto brasiliano Isay Weinfeld. A indicarlo ai proprietari come epigono di Philip Johnson è stato il critico Paul Goldberger: "Una sfida enorme.  Non volevano il solito architetto di New York, ma neanche un perfetto sconosciuto. Isay capisce la tradizione del modernismo, ma è capace di portarla al passo coi tempi".
    Clientela in media ultrasessantacinquenne all'epoca della chiusura, nel 1959, quando aprì i battenti, il Four Seasons inventò il power lunch. Per i suoi locali passarono tutti i presidenti americani tranne Richard Nixon, Jackie Onassis aveva un tavolo fisso così come la matriarca della New York bene Brooke Astor che, ormai centenaria, dimenticava di aver prenotato, ma per lei un posto c'era sempre vicino a Donald Trump, Martha Stewart, Warren Buffett.
    Il 16 luglio 2016 i ristorante aveva servito l'ultima cena ed era stata la fine di un'era. Il primo Four Seasons era costato 4,6 milioni di dollari, la sua reincarnazione da 110 coperti, 50 in meno dell'originale, viaggia sull'ordine dei 30.
Alla chiusura un'asta ne aveva disperso gli arredi storici: dalle sedie sui cui si erano accomodati gli ospiti per il 45/o compleanno di JFK alle pentole, alle stoviglie e alle posate disegnate appositamente da Ada Louise Huxtable, riprodotte adesso per l'edizione 2.0. Niccolini e von Bidder avevano ricevuto lo sfratto dal proprietario del palazzo Aby Rosen, convinto che fosse arrivata l'ora di svecchiare. Oggi meditano la rivincita.
   
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Viaggio a Treviso, Urbs Picta

Treviso Urbs Picta © ANSA
TRIESTE - Passeggiare tra i vicoli acciottolati, o sotto i portici, è un'esperienza commovente che la bellezza del Palazzo dei Trecento con l'elegante Loggia Dei Cavalieri rafforza. Un'emozione che il serpeggiare silenzioso delle acque del Sile e del Cagnan vivifica. Convogliate in canali, le acque scompaiono dietro il cortile di una villa antica, riappaiono da una bocca nella parete di una casa. Treviso splendida. C'è un inedito itinerario per visitarla, è tratteggiato dalle facciate affrescate della città. Con una specifica: dal XIII al XXI secolo.
    Tra le cancellature del tempo, l'usura del passaggio di mani e carri, la sferza di freddo, pioggia, caldo, il lavoro certosino che hanno fatto nell'arco di sei anni di studi l'architetta Rossella Riscica e la storica dell'arte Chiara Voltarel nel voluminoso "TREVISO URBS PICTA" (FONDAZIONE BENETTON; 206 PAG.; 33 EURO) somiglia a una colta caccia al tesoro cadenzata da occhiate e illuminazioni, da scorci e volte. Dapprima attraverso l'osservazione, hanno dovuto individuare uno spigolo di affresco che affiorava, scolorito, tra una parete scalcinata e un impiantito rotto di finestra; un putto acrobata che volteggiava a dieci metri di altezza, sotto una tettoia. Successivamente, catalogati i 475 edifici affrescati esistenti nel centro storico al 2017 di questa piccola ma ricca città veneta di 85 mila abitanti, hanno dovuto interpretarli, dunque ricomporli virtualmente attribuendone paternità e significato. Una sorta di gigantesco puzzle. 475 tessere per disegnare una figura che era la Treviso di un tempo.
    Una ricostruzione che considera anche quanto distrutto dall'indimenticato bombardamento del 7 aprile 1944.
    E non si tratta soltanto di opere del Duomo o del polo museale di Santa Caterina dei Servi di Maria, ma di decorazioni e pitture che abbellivano case di notabili, impreziosivano palazzi di famiglie in vista: un corredo iconografico che simile a un merletto fila di edificio in edificio, di volta in volta nel centro e oltre, in tutta la Marca e nelle grandi città vicine in un immaginario intarsio che è lo stile della Grande città madre, Venezia. Così, città dipinte del circondario sono Padova, Verona, Oderzo, Pordenone, solo per fare alcuni nomi.
    Il volume, elegantissimo, vero libro d'arte, pubblica decine e decine di foto di particolari, di luoghi d'epoca e piazze attuali e compone una nuova mappa topografica (sincronica e diacronica) della città affrescata, in una prospettiva che tiene conto delle diverse fasi storiche, fino alla condizione attuale e alle sue diverse emergenze, oltre che al futuro, con proposte concrete di salvaguardia del patrimonio, attraverso i temi del restauro e della valorizzazione. Esso ha infatti portato alla creazione di una banca dati (trevisourbspicta.fbsr.it) che conserva informazioni sulle testimonianze pittoriche all'interno della cerchia muraria di Treviso.
    Rossella Riscica parla di "decorazioni importanti, varie, complesse e di dipinti murali" che costituiscono il "tratto peculiare di Treviso", che "potrebbe apparire il vanto del tempo passato", mentre "la sfida è lanciata proprio oggi: la conservazione".
   
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Neorealismo e fotografia a New York

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Gli anni bui del fascismo, la povertà del dopoguerra, la speranza di una nazione distrutta ma desiderosa di rinascere a nuova vita, la dignità di un popolo che non vuole arrendersi alla miseria: è la grande mostra "NeoRealismo: The New Image in Italy, 1932-1960" che dal 6 settembre all'8 dicembre occuperà i grandi spazi espositivi della Grey Art Gallery, il museo delle belle arti della New York University nel cuore di Manhattan, per raccontare con la fotografia il coraggio e la bellezza dell'Italia di metà '900.
    Al centro del percorso c'è la realtà di un Paese intero, catturata e interpretata attraverso il linguaggio dell'immagine e filtrata dallo sguardo di grandi autori: un Neorealismo non letterario né cinematografico, ma fotografico, per delineare i mutamenti dell'Italia nel periodo che va dal fascismo al boom economico. Sono 180 gli scatti presentati al pubblico newyorchese, opere suggestive e intense nel loro linguaggio scarno ed essenziale, firmate da 60 artisti italiani, tra cui Mario De Biasi, Franco Pinna, Arturo Zavattini, Tullio Farabola, Enrico Pasquali, Chiara Samugheo, Ando Gilardi, Enzo Sellerio, Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Cecilia Mangini. A cura di Enrica Viganò e organizzata da Admira di Milano, la mostra offre anche l'occasione per riflettere sul ruolo che nel movimento neorealista ebbe il medium fotografico, documentandone l'evoluzione. Il Neorealismo viene raccontato attraverso 5 sezioni: "Realismo in epoca fascista", in cui la fotografia viene usata per la propaganda del regime ma anche da alcuni autori impegnati che di nascosto documentavano l'arretratezza del Paese, "Miseria e ricostruzione", che racconta il periodo successivo la fine della seconda guerra mondiale con l'Italia devastata ma percorsa da un fremito di rinascita, "Indagine etnografica", in cui si rivela quanto la fotografia sia stata essenziale per ricreare un'identità collettiva del dopoguerra, "Fotogiornalismo e rotocalchi", con i lunghi reportage pubblicati su numerose testate a testimonianza dell'uso sempre più frequente delle immagini sulla carta stampata, e infine "Tra arte e documento", dedicata ai dibattiti sul valore creativo della fotografia. A corredo della mostra anche pubblicazioni originali di rotocalchi, libri fotografici, cataloghi, poster, accanto a spezzoni tratti da film diretti da alcuni dei registi più significativi del Neorealismo, tra cui Vittorio De Sica, Roberto Rossellini e Luchino Visconti. Oltre alla Grey Art Gallery, anche il Metropolitan Museum of Art e la Galleria Howard Greenberg partecipano a questo omaggio americano all'Italia neorealista: il primo proporrà dal 18 settembre a 15 gennaio una selezione delle opere dei fotografi del dopoguerra italiano, recentemente acquisite per la collezione permanente, la seconda allestirà la collettiva (con molti degli stessi autori in mostra alla Grey Art Gallery) intitolata "The New Beginning for Italian Photography, 1945-1965", dal 13 settembre al 10 novembre.
   
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