Un
pullman turistico scarica una comitiva nel cratere Ramon, maestosa
depressione nel deserto del Neghev, in Israele. (foto Hadas
Parush/Flash90)
Operatori soddisfatti
tanto in Israele quanto in Giordania e nei Territori Palestinesi.
Migliorati i dati rispetto al 2018. Non è mancato qualche disagio nei
periodi di maggiore afflusso.
(c.l.)
– Continua a crescere il numero dei turisti e viaggiatori stranieri in
Israele. Il 5 gennaio il ministro competente, Yariv Levin, ha comunicato
che 4 milioni e 550 mila persone hanno trascorso almeno una notte nel
Paese durante il 2019. L’incremento rispetto al 2018 – quando gli arrivi
furono 4 milioni e 120 mila – è pari al 10,6 per cento, ma sale al 55
per cento se si fa il raffronto con tre anni fa.
In casa palestinese il computo nell’anno appena concluso è stato di
circa 3 milioni e 521 mila turisti, inclusi coloro che hanno messo piede
anche solo a Betlemme, senza pernottarvi (dati riferiti dall’agenzia
Wafa). La ministra del Turismo Rula Maayah si rallegra per
l’intensificarsi degli accordi di collaborazione con istituzioni e
partner stranieri. Per cominciare, la presenza palestinese è ormai
assicurata in tutti i forum e le manifestazioni turistiche
internazionali.
In Giordania nel 2019 gli arrivi sono stati di oltre 4 milioni e 535
mila turisti, il 7,6 per cento in più rispetto all’anno prima.
Le strategie di marketing israeliane
Le entrate generate dal turismo lo scorso anno in Israele sono state
pari a circa 5,7 miliardi di euro. Il comparto ha dato impiego a 153
mila persone; 13.600 i nuovi posti di lavoro. Il ministro Levin ha messo
in evidenza l’ampiezza e l’accelerazione dei progressi registrati: «Ci
sono voluti tre decenni, a partire dal 1948, per raggiungere il milione
di turisti in un anno. Abbiamo dovuto attendere altri 16 anni per
arrivare alla cifra di due milioni, nel 1994». I tre milioni sono stati
superati nel 2017 e il traguardo dei 4 milioni è stato raggiunto nel
2018.
Levin attribuisce i recenti successi ai cambiamenti introdotti nella
politica commerciale: non ci si concentra più, in primo luogo, sul
turismo religioso, ma si punta molto anche sui viaggi di piacere (un mix
di spiagge, buon cibo, sport, cultura, paesaggi…). Per intenderci, il
modello è quello della campagna
One Break Two Sunny Cities: Tel Aviv – Gerusalemme,
ma si punta anche sulla località balneare di Eilat, in riva al Mar
Rosso, come destinazione ideale per il turismo invernale. Il prossimo
passo sarà la valorizzazione turistica del deserto del Neghev e della
vallata dell’Arava. «Sono aree – spiega il direttore generale del
ministero del Turismo, Amir Halevi – che, secondo noi, hanno un grande
potenziale quanto a incremento dei flussi turistici e crescita
economica».
Negli ultimi anni, Israele ha anche offerto incentivi alle compagnie
aeree internazionali per aprire nuove rotte verso il Paese, inaugurato
il nuovo aeroporto di Eilat e, grazie all’alta velocità, migliorato
drasticamente i collegamenti ferroviari tra l’aeroporto internazionale
Ben Gurion e le città di Tel Aviv e Gerusalemme.
Si può ancora migliorare
Malgrado i buoni esiti, l’orizzonte del turismo in Terra Santa non è
privo di nubi e potrebbe risentire delle minacce che aleggiano nel più
ampio contesto mediorientale. L’impennata di tensione registrata a
inizio anno dopo che gli Stati Uniti hanno ucciso a Baghdad il generale
iraniano Qassem Suleimani, capo delle forze speciali Al Quds sembra però
non impensierire particolarmente il ministero del Turismo israeliano.
Anche se il direttore generale Halevi è convinto che Israele possa
puntare ai 5 milioni di arrivi, la crescita in questo 2020 potrebbe
essere invece compromessa dalle ristrettezze imposte dal bilancio
statale: non è escluso che possano essere ridimensionate le risorse
stanziate negli ultimi anni per le campagne pubblicitarie e di
marketing a livello planetario.
L’afflusso massiccio di visitatori in Terra Santa in alcuni periodi
dell’anno – soprattutto in concomitanza con le festività religiose – può
causare qualche grattacapo tanto alle agenzie di viaggio, quanto ai
pellegrini e turisti. Capita di trovare alberghi affollatissimi, lunghe
file per l’accesso ai siti di maggiore interesse, santuari, musei o
parchi naturali che siano. Senza contare gli imbottigliamenti nel
traffico.
Secondo il giornale finanziario israeliano
Globes, «la
ricettività nei prossimi anni dovrebbe migliorare grazie a un maggior
numero di camere messe a disposizione dalle catene alberghiere già
operanti e dall’ingresso nel mercato di nuovi operatori e società
immobiliari.
A margine possiamo notare che si registra una crescita accelerata nel
numero di alloggi messi a disposizione dalla piattaforma Airbnb: solo a
Tel Aviv gli appartamenti disponibili sono stati più di 10 mila.
terrasanta.net