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La cultura e i resti del passato sono le anime del turismo italiano

Ora i lavori comunali di riqualificazione della passeggiata tra la pievanale di S. Giustina e la storica chiesetta delle Grazie sono in dirittura d'arrivo. Cosicché la lunga colata di grigio cemento finirà nascosta dalla pavimentazione in cubetti di porfido. Si affermerà che quanto esposto non costituisce nulla di strano e che si tratta di normali lavori d'abbellimento di una zona del paese. E, infatti, sarebbe proprio così, se parte dell'area in questione, quella più prossima alla chiesa di Santa Giustina, non fosse d'interesse archeologico dimostrato dai ritrovamenti registrati, prima dell'interruzione estiva dei lavori, di stratificazioni contenenti ceramica e frammenti di terracotta come pezzi d'anfora d'epoca romana. In quella fase e non potendo fare altrimenti le ricerche, affidate all'archeologo Flavio Cafiero da Veneto Strade, furono limitate alla sola analisi e documentazione della sezione prima di consentire la costruzione del muro delimitante la sede stradale. Come dire che l'approfondimento delle indagini era stato rimandato, alla ripresa autunnale, con il rifacimento del marciapiede. Occasione che, purtroppo, non è stata assolutamente colta. Senza minimamente entrare in quelle che sono le implicazioni connesse alla mancata tutela dei beni culturali regolata dal Codice Urbani, una riflessione deve essere fatta sul valore culturale, scientifico ed economico-turistico costituito dai resti dell'insediamento che non sono stati indagati e compresi e che pertanto costituiscono una perdita non secondaria nella conoscenza dell'estensione dell'abitato romano scoperto per la prima volta nel 1999 in Borgata Tarin, nel 2000 in piazza S. Giustina e poi in piazza Vigo. In ogni modo i numeri di visitatori, registrati nei vari musei cadorini la scorsa estate circa 10.000, parlano più d'ogni altra cosa o polemica contro una strana concezione del progresso ancora troppo in voga in Cadore e più complessivamente in troppi centri della provincia. Insomma tutti quelli che hanno a cuore la sopravvivenza
dei nostri centri montani, dovranno prendere atto che la cultura è la base d'ogni processo rivolto al futuro. (e.p.)

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