Collocata nella cattedrale siro - cattolica di Baghdad una reliquia di
Giovanni Paolo II, che non potè compiere quel viaggio a causa della
guerra di Mariaelena Finessi
«Siamo tutti figli di Abramo,
sotto l’unica bandiera dell’Iraq». Monsignor Liberio Andreatta,
amministratore delegato e vice presidente dell’Opera romana
pellegrinaggi, è di ritorno da un viaggio tanto atteso: quello nella
terra di Abramo, «là dove la storia della salvezza ha avuto inizio». Ad
Ur, «simbolo delle promesse e della libertà per tutti credenti
nell’unico Dio e che rappresenta le comuni origini che uniscono ebrei,
cristiani e musulmani». Dal 12 al 19 dicembre, monsignor Andreatta ha
condotto nel Paese asiatico una delegazione dell’Orp - composta da
sacerdoti e giornalisti - per compiere il tradizionale «gesto
profetico», cioè un gesto simbolico. «Si chiama "profetico" perché
richiama i segni biblici, i segni che Dio ha compiuto per la salvezza
dell’uomo e li ripropone nel tempo», spiega il sacerdote che, come dono
agli «uomini di buona volontà» che abitano quella terra dilaniata da
così tanti anni di sofferenza, ha portato alcuni oggetti benedetti da
Papa Francesco.
Quello realizzato in Iraq, Paese
musulmano a maggioranza sciita, è il primo gesto profetico dopo
un’interruzione di alcuni anni, e nasce nel segno di Giovanni Paolo II.
In pellegrinaggio nella terra che Wojtyla non poté visitare a causa
della guerra è stata portata e collocata nella cattedrale siro-cattolica
di Baghdad proprio una reliquia del Pontefice polacco: un frammento
della veste, sporca di sangue, che indossava il giorno dell’attentato
del 13 maggio 1981. Quindi una statua del beato Pontefice lasciata alla
cattedrale caldea, un’icona processionale donata alla cattedrale armena e
infine una «lampada della pace», dono per la cattedrale latina.
Conservata fino a oggi nella chiesa romana di San Giovanni della Pigna
in attesa di essere portata a Baghdad, la lampada - di cui esistono
altri tre esemplari a Gerusalemme, Nazareth e Betlemme - era stata
benedetta da Giovanni Paolo II nel 2001. «Pensavo di trovare un popolo
triste e invece il nostro arrivo ha risvegliato in loro la speranza di
poter ricominciare a vivere insieme, senza divisioni». Monsignor
Andreatta racconta così l’accoglienza riservata loro dai pochi cristiani
che ancora vivono in Iraq, a dispetto di una emorragia che li ha visti
partire per altre mete, sconfitti dalla sofferenza e dalla povertà.
«C’era in loro uno stato d’animo colmo di gioia nel vedere dei fratelli
cristiani arrivati dall’Europa. A torto colpevolizzati per la guerra
condotta dall’Occidente, i musulmani li hanno considerati responsabili
del conflitto armato». È una «questione culturale», precisa Andreatta.
«Per i musulmani il potere civile e religioso si identificano».
Occidente come sinonimo di cristianità: «Non riuscendo a dividere le due
sfere, hanno vissuto la guerra come una nuova crociata ma oggi è in
atto una riconciliazione. Certo, si tratta di un cammino difficile però
speranzoso».
A Babilonia sono rimaste cinque famiglie
cristiane. «Qui ci hanno raccontato che da quattro anni non si vede un
prete, non celebrano le ricorrenze religiose. Il vescovo ausiliare di
Baghdad, Warduni, che era con noi, sorprendendo tutti ha promesso che
sarà lui a celebrare per loro la Messa di Natale». Tra le varie tappe,
la delegazione ha raggiunto Nassiriya e nel giardino della Camera di
commercio - edificio costruito sull’area dove sorgeva la base italiana
colpita dall’attentato che 10 anni fa uccise 19 militari - è stato
piantato un ulivo, simbolo di pace. I pellegrini hanno poi attraversato
la zona delle paludi, detta delle «Marshland». Gli abitanti, discendenti
diretti dell’antico popolo sumero, vivono in piccole case galleggianti.
Un ambiente naturale di meravigliosa bellezza che, insieme al
patrimonio archeologico di cui è ricco il Paese, rappresenta
un’attrattiva per il turismo. Terminata la sistemazione delle strutture
ricettive e delle stesse infrastrutture, sarà possibile dare il via ai
pellegrinaggi nel Sud dell’Iraq, «dove c’è sicurezza». Monsignor
Andreatta conclude, lanciando la sfida: «Dal 2014, per piccoli gruppi,
porteremo i pellegrini in viaggio laggiù».
in Roma Sette
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