Calano i fedeli, la nuova vita delle chiese

Piste per skate. Librerie. Persino una discoteca. Negli Usa e nell'Europa del Nord è già un fenomeno noto: le strutture non più destinate al culto per mancanza di fedeli si trasformano. E tornano al servizio della comunità con altri usi. Dal Garden Museum di Londra al Domenicanen Bookstore di Maastricht
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L’odore di incenso non si sente più, però quello di birra è forte. Oggi il Church Brew Works di Pittsburgh è uno 
dei pub più famosi della Pennsylvania. Tutto diverso 
da quando tra i banchi non 
si vedeva nessuno: anche durante le funzioni la grande navata centrale (che ora ospita il bancone) rimaneva vuota. Oggi, lì dove c’era l’altare si accalcano in tanti.

«È un fenomeno nuovo. Mai 
si era avuta una così forte e diffusa secolarizzazione delle comunità, e di conseguenza anche dell’architettura», ragiona Jeanne Kilde, che studia questo intreccio all’università del Minnesota. In passato era successo, ovviamente, che i templi diventassero chiese, 
ma oggi assistiamo alla trasformazione in palestre, supermercati, case private 
e bar. Gli esempi sono tanti nel mondo e non fanno che crescere, anche in Europa.

C’è l’avveniristica libreria del Dominicanen Bookstore, a Maastricht, ricavata da un convento del XIV secolo 
con gli scaffali tra le navate; sempre in Olanda, dove 
si stima saranno chiusi più 
di 2000 portoni sacri nei prossimi dieci anni, c’è la ex chiesa di San Giuseppe ad Arnhem, che oggi funziona come pista da skate, e la Oude Kerk che oggi ospita 
la cerimonia di premiazione del World Press Photo.

A Munster, in Germania, 
San Sebastiano ora veglia 
sui bambini dell’asilo; oltremanica, a Bristol, la settecentesca cattedrale di Saint Paul è oggi una scuola di circo, mentre a Londra, a pochi passi dal Parlamento, ha da poco aperto i battenti 
il Museum of Garden History in quella che un tempo era Santa Maria di Lambeth.

È impossibile contare ristoranti, alberghi 
e case private nate dalla trasformazione di edifici 
un tempo sacri. A New York c’è persino una discussa discoteca, il Limelight (più volte chiusa per spaccio) al posto della Chiesa episcopale della Santa Comunione. Una manciata di esempi per un trend molto più diffuso e che negli anni, guardando alle statistiche sui fedeli e sulle vocazioni, non potrà che crescere.

In Germania per esempio, dal 2000 a oggi, hanno chiuso i battenti circa 400 chiese cattoliche e 100 protestanti. Destino comune per centinaia di migliaia di edifici in Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Francia e Spagna. Che farne allora per non lasciarle in abbandono? Alcune diocesi si sono improvvisate agenti immobiliari. In Scozia è nato il sito churchofscotland.org.uk, in Francia patrimoine-religieux.fr, in Olanda reliplan.nl.

Un mercato, o un business che i fedeli non sempre capiscono. Anzi, non mancano i casi di parrocchiani saliti sulle barricate. «Per loro non si tratta mai di un passaggio indolore: lo spazio dedicato 
al culto è considerato sacro, inviolabile, ha molto 
a che fare con l’identità», riprende Kilde: «qualunque trasformazione viene considerata una profanazione». Il caso 
più celebre di “resistenza parrocchiale” è quello 
della diocesi di Boston. 
Dopo che il cardinale 
Sean O’Malley ha deciso 
di venderla per pagare 
i risarcimenti dovuti 
nelle cause per pedofilia, 
è stata occupata e ancor 
oggi tutto resta bloccato.
Diverso il caso delle decine di chiese e sinagoghe diventate moschee, o templi Hindu o Buddhisti, confessioni il cui numero di fedeli è in grande ascesa. Celebre quello di Jersey City dove lo stesso edificio è nato cattolico, poi è passato a una congregazione ebraica e nel 2001 si è trasformato in moschea.

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