Al via a Genova il 16 giugno il 18/o Suq Festival - Teatro del Dialogo che sino al 26 giugno, trasformerà la Piazza delle Feste del Porto Antico in un colorato bazar dei popoli con una scenografia teatrale unica in Italia, e un programma culturale internazionale con artisti, scrittori, giornalisti, esponenti di associazioni umanitarie, e tutte le Comunità di immigrati della Liguria. Al Suq si vive il bello dell'immigrazione senza trascurare le tematiche di attualità e i problemi, ma in uno spirito di convivialità. Simbolicamente verrà inaugurato con una grande tavolata della pace durante la quale si spegneranno le 18 candeline del Suq maggiorenne.
Diretto da Carla Peirolero, anche ideatrice con Valentina Arcuri, il Suq Festival, oltre a una grande popolarità (oltre 70.000 presenze nel 2015), vanta il Patrocinio dell'UNESCO- Commissione Nazionale Italiana e il riconoscimento di "best practice" europea per il dialogo tra culture, a conferma dell'importanza di una manifestazione divenuta ormai simbolo del dialogo e di una integrazione possibile tra genti e culture. La formula del Festival, sperimentata e di successo, incrocia un programma culturale e artistico con presenze internazionali e un'attenzione particolare all'altra sponda del Mediterraneo e una scenografia esotica che ospita 40 tra botteghe artigianali e 15 cucine dal mondo.
giovedì 16 giugno ore 21.00
Mesciua
18 anni in una sera: la rivista teatrale del Suq
ideazione e regia Carla Peirolero
con Roberta Alloisio, Enrico Campanati, Carla Peirolero e con Franco Minelli chitarra, oud
Eyal Lerner fiati, Laura Parodi canto, Esmeralda Sciascia canto, percussioni
Souvenir artistici di Paola Bigatto, Modou Gueye, Mirna Kassis, Pino Petruzzelli,
Anahita Tcheraghali, Tatiana Zakharova, Orchestra Bailam
18 anni in una sera: la rivista teatrale del Suq
ideazione e regia Carla Peirolero
con Roberta Alloisio, Enrico Campanati, Carla Peirolero e con Franco Minelli chitarra, oud
Eyal Lerner fiati, Laura Parodi canto, Esmeralda Sciascia canto, percussioni
Souvenir artistici di Paola Bigatto, Modou Gueye, Mirna Kassis, Pino Petruzzelli,
Anahita Tcheraghali, Tatiana Zakharova, Orchestra Bailam
Per celebrare i 18 anni di una Compagnia che ha mischiato generi e linguaggi prima che la parola multidisciplinare diventasse così frequentata, Mesciua, è uno spettacolo che si compone di una carrellata di numeri e souvenir artistici, assoli e non, con lo stile di una “rivista”, contemporanea e multietnica. La mesciua è una zuppa ligure povera ma saporita, fatta con cereali e legumi avanzati. Le donne andavano al porto quando scaricavano le navi e raccoglievano nei loro grembiuli queste preziose granaglie che cadevano dai sacchi per poi recuperarle e cucinarle. Un cibo tradizionale che nasce dal riciclo. Così anche lo spettacolo recupera brani di prosa, musica, danza appartenenti a differenti produzioni artistiche di questi anni, legate dal filo del dialogo e dell’impegno nella conoscenza e nell’educazione all’arte e alla tradizioni di paesi lontani, che in parte si sono avvicinati a noi per il fenomeno dell’immigrazione. Li propone, intervallate da qualche souvenir di colleghi che hanno accompagnato la crescita della Compagnia e del Festival, come nel caso di Modou Gueye, artista e presidente di Sunugal, con cui recentemente si è realizzato il progetto La Fabbrica del Dialogo con il Suq delle Culture, a Milano. Allegretto ma non troppo, verrebbe da dire con linguaggio musicale, con andamento vivace e accattivante, grazie anche alla musica popolare ed etnica che fa da colonna sonora. Nella cornice mediterranea del Porto Antico di Genova, l'equipaggio del Suq è pronto a ripartire per un viaggio verso il futuro e verso continue contaminazioni internazionali.
venerdì 17 giugno ore 21.30
sabato 18 giugno ore 16
Mimmo Cuticchio. La voce del cunto
la memoria e il futuro si fondono nell’arte del cunto, e parlano diintegrazione
di e con Mimmo Cuticchio
regia Mimmo Cuticchio
Mimmo Cuticchio. La voce del cunto
la memoria e il futuro si fondono nell’arte del cunto, e parlano diintegrazione
di e con Mimmo Cuticchio
regia Mimmo Cuticchio
L’arte del cunto è questione di artigianato e memoria, ritmo e invenzione. Puparo per trasmissione paterna, maestro in quest’arte, appresa per osservazione silente da Peppino Celano, Mimmo Cuticchio recupera e supera la tradizione ottocentesca. Da sempre convinto che all’interno dell’ Opera dei Pupi ci fosse un messaggio che parla di integrazione e rispetto delle diverse idee e tradizioni, ma anche di esilio, partenze, ritorni, commistioni e solidarietà, recentemente ha tratto fuori dal suo inesauribile bagaglio narrativo, tre “cunti” su migrazione e solidarietà, che così motiva: “Lo Straniero, questo sconosciuto. Parte integrante di una città che sempre più, oggi, guarda al Sud, al Mediterraneo. E’ il nostro passato e il nostro futuro, si ritrova neimigranti di oggi e negli emigrati di ieri, lo straniero è presente tra i nativi stessi delle nostra città, specialmente a Palermo dove sopravvivono “enclave” di profonda emarginazione. Ed è anche una figura retorica archetipica protagonista della tradizione classica teatrale”.
Mimmo Cuticchio a pieno titolo dunque inaugura le proposte di ospitalità della Rassegna, arrivandoci con la sua Voce del Cunto. E il cunto si fa con la spada. È cosa diversa dal cantastorie con chitarra e cartelli. Serve fendenti in aria e batte il ritmo. Con questo modo orale di percussione, respiro e mimica del viso, Cuticchio scandisce il racconto in imprevedibili successioni di peripezie. Intreccia una serie di rispondenze, sospensioni, riprese, in un sistema di incastri, senza mai dare l’impressione di un vortice causale degli eventi.
Con voce tonante o carezzevole, aspra o struggente, disossa il dire dalla retorica della declamazione e dell’andamento cantilenante, e abbraccia la via in cui il racconto epico-cavalleresco gioca con i volumi, articola le variazioni tonali della voce e diventa corpo sonoro. Rappresentare e giocare ancora con le sue arti, più che un’azione di sopravvivenza, è una vitalità espressiva, è un bisogno di metamorfosi intenso e profondo. L’arte di Mimmo Cuticchio si perpetua nel cambiamento, nella ricerca infaticabile di codici performativi e logiche rappresentative di ciò che è sostanzialmente immutabile: la sua identità e la sua memoria
Con voce tonante o carezzevole, aspra o struggente, disossa il dire dalla retorica della declamazione e dell’andamento cantilenante, e abbraccia la via in cui il racconto epico-cavalleresco gioca con i volumi, articola le variazioni tonali della voce e diventa corpo sonoro. Rappresentare e giocare ancora con le sue arti, più che un’azione di sopravvivenza, è una vitalità espressiva, è un bisogno di metamorfosi intenso e profondo. L’arte di Mimmo Cuticchio si perpetua nel cambiamento, nella ricerca infaticabile di codici performativi e logiche rappresentative di ciò che è sostanzialmente immutabile: la sua identità e la sua memoria
domenica 19 giugno ore 21.30
Tante facce nella memoria
voci di donne per una pagina di storia da ricordare
a cura di Mia Benedetta e Francesca Comencini
testi liberamente tratti dalle registrazioni di Alessandro Portelli
con Mia Benedetta, Bianca Nappi, Carlotta Natoli, Lunetta Savino,
Simonetta Solder, Chiara Tomarelli
regia Francesca Comencini
voci di donne per una pagina di storia da ricordare
a cura di Mia Benedetta e Francesca Comencini
testi liberamente tratti dalle registrazioni di Alessandro Portelli
con Mia Benedetta, Bianca Nappi, Carlotta Natoli, Lunetta Savino,
Simonetta Solder, Chiara Tomarelli
regia Francesca Comencini
Tante facce nella memoria racconta sei storie di donne partigiane e non, che nel '44 vissero l'eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia dopo il tragico attentato di via Rasella del 23 marzo 1944.
“Una cosa di cui io non m’ero mai molto reso conto prima è che lì alle Fosse Ardeatine sono morti tutti uomini e hanno lasciato tutte donne: questa è una storia che non viene mai raccontata: le vite delle persone che sono rimaste, sua madre, sua sorella, cioè voi vi siete trovate...”
Scrive così Alessandro Portelli nel suo libro “L’ordine è già stato eseguito” (Ed. Donzelli), e da questa sua considerazione nasce l’idea di mettere in scena le voci di queste donne, le loro testimonianze, la loro storia che si ricongiunge e intreccia con la parte di una storia d’Italia e di Roma in particolare, profondamente significativa per la costruzione di ciò che siamo adesso.
Partigiane, parenti delle vittime, testimoni, figure di resistenza all’occupazione di Roma: sono loro le protagoniste di questo spettacolo che poggia su una vitalissima memoria orale, emotiva, sensitiva. La lucidità di Marisa Musu, il coraggio di Carla Capponi, l’intelligenza popolare di Gabriella Polli e di Ada Pignotti, la passione della Simoni e della Ottobrini, ricostruiscono attraverso il proprio sguardo personale un periodo storico tragico della nostra Storia recente. A dare loro voce, altrettante attrici, sensibili e affermate, dirette dalla regista Francesca Comencini.
“Una cosa di cui io non m’ero mai molto reso conto prima è che lì alle Fosse Ardeatine sono morti tutti uomini e hanno lasciato tutte donne: questa è una storia che non viene mai raccontata: le vite delle persone che sono rimaste, sua madre, sua sorella, cioè voi vi siete trovate...”
Scrive così Alessandro Portelli nel suo libro “L’ordine è già stato eseguito” (Ed. Donzelli), e da questa sua considerazione nasce l’idea di mettere in scena le voci di queste donne, le loro testimonianze, la loro storia che si ricongiunge e intreccia con la parte di una storia d’Italia e di Roma in particolare, profondamente significativa per la costruzione di ciò che siamo adesso.
Partigiane, parenti delle vittime, testimoni, figure di resistenza all’occupazione di Roma: sono loro le protagoniste di questo spettacolo che poggia su una vitalissima memoria orale, emotiva, sensitiva. La lucidità di Marisa Musu, il coraggio di Carla Capponi, l’intelligenza popolare di Gabriella Polli e di Ada Pignotti, la passione della Simoni e della Ottobrini, ricostruiscono attraverso il proprio sguardo personale un periodo storico tragico della nostra Storia recente. A dare loro voce, altrettante attrici, sensibili e affermate, dirette dalla regista Francesca Comencini.
lunedì 20 giugno ore 17 e ore 21.30
Scusate se non siamo morti in mare
se questo è il presente, quale sarà il futuro?
di Emanuele Aldrovandi
con Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi, Matthieu Pastore e Daniele Pitari
regia Pablo Solari
se questo è il presente, quale sarà il futuro?
di Emanuele Aldrovandi
con Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi, Matthieu Pastore e Daniele Pitari
regia Pablo Solari
Scusate se non siamo morti in mare - Un cartello esposto da alcuni immigrati durante una manifestazione a Lampedusa.
In un futuro non troppo lontano la crisi economica – che invece di finire si è aggravata – ha trasformato l’Europa in un continente di emigranti. I cittadini europei, alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore, cercano di raggiungere i paesi più “ricchi”, ma devono farlo clandestinamente perché questi paesi, nel frattempo, hanno chiuso le frontiere.
Fra i tanti mezzi per espatriare illegalmente uno dei più diffusi è il container: i clandestini salgono a bordo, pagano mille dollari alla partenza e mille all’arrivo, senza sapere dove verranno scaricati.
I personaggi di questa storia sono quattro e non hanno nome, sono identificati dalle loro caratteristiche fisiche: il Robusto, la Bella e l’Alto sono i tre migranti e il Morbido è il proprietario del container.
Il testo è diviso in quattro parti. La prima è al porto in attesa della partenza, la seconda è il viaggio per mare dentro il container, la terza è in mezzo al mare dopo il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano e la quarta è un epilogo quasi onirico, forse un’allucinazione: l’arrivo delle balene.
Partendo dal presente e immaginando un possibile futuro, il testo s’interroga sulla migrazione, sia come fenomeno politico che come evento naturale.
In un futuro non troppo lontano la crisi economica – che invece di finire si è aggravata – ha trasformato l’Europa in un continente di emigranti. I cittadini europei, alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore, cercano di raggiungere i paesi più “ricchi”, ma devono farlo clandestinamente perché questi paesi, nel frattempo, hanno chiuso le frontiere.
Fra i tanti mezzi per espatriare illegalmente uno dei più diffusi è il container: i clandestini salgono a bordo, pagano mille dollari alla partenza e mille all’arrivo, senza sapere dove verranno scaricati.
I personaggi di questa storia sono quattro e non hanno nome, sono identificati dalle loro caratteristiche fisiche: il Robusto, la Bella e l’Alto sono i tre migranti e il Morbido è il proprietario del container.
Il testo è diviso in quattro parti. La prima è al porto in attesa della partenza, la seconda è il viaggio per mare dentro il container, la terza è in mezzo al mare dopo il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano e la quarta è un epilogo quasi onirico, forse un’allucinazione: l’arrivo delle balene.
Partendo dal presente e immaginando un possibile futuro, il testo s’interroga sulla migrazione, sia come fenomeno politico che come evento naturale.
giovedì 23 giugno ore 21.30
Tong Men – G
seconde generazioni: ironiche acrobazie di identità di un italo cinese
di Cristina Pezzoli e Shi Yang Shi
con Shi Yang Shi
seconde generazioni: ironiche acrobazie di identità di un italo cinese
di Cristina Pezzoli e Shi Yang Shi
con Shi Yang Shi
prima produzione italo-cinese
Tong Men‐G racconta la storia di Yang, nato a Jinan, nel Nord della Cina, nel 1979. A 11 anni è arrivato in Italia insieme alla madre. Yang non sa chi è.
Come molti ragazzi di seconda generazione conosce poco sia la storia della sua 'vecchia patria' che della nuova; è abitato da brandelli e macerie di identità e culture, ma è obbligato a trovare nuovi equilibri e sintesi tra la cultura del luogo in cui é nato e quella di dove é cresciuto. “Sono cinese perché sono nato in Cina o italiano perché sono cresciuto in Italia?” Attraverso le vite dei suoi antenati, Yang fa un viaggio alla ricerca delle sue origini e ha modo di conoscere da vicino alcuni momenti della grande storia del suo paese d'origine. Grazie alle memorie raccolte direttamente dai parenti che vivono ancora in Cina, registrate e tradotte, ha preso corpo il “Libro degli Antenati”: la trisavola materna, i bisnonni paterni, il nonno materno e il padre, ne sono i protagonisti. Le loro vite attraversano la guerra civile in Cina tra nazionalisti e comunisti, l’invasione giapponese, la rivoluzione culturale di Mao fino ad arrivare agli anni Ottanta con la morte di Zhang Cheng – “Sincerità” – lo zio materno down che chiude la prima parte della storia. Nella seconda parte, lo spettacolo racconta la “riprogrammazione culturale” di Yang avvenuta a partire dal 1990, quando a 11 anni arriva in Italia, insieme alla madre, mostrando le contraddizioni, le possibilità, il precario equilibrio della condizione di uomo orientale/occidentale che vive in Italia da oltre 20 anni e che dal 2006 è cittadino italiano. L'ultimo capitolo di Tong Men-G prende inizio da un video e da una data: 1 dicembre 2013, giorno in cui a Prato scoppia un incendio in una fabbrica cinese e 7 operai che ci dormivano dentro, muoiono carbonizzati.
Da anni Yang insieme ad altri artisti del Compost, realtà di produzione indipendente che ha sede a Prato, crea azioni di arte sociale che hanno l'obbiettivo di favorire il dialogo tra la comunità cinese e quella italiana; da dicembre ad oggi, il Compost è stato coinvolto in una difficile opera di mediazione culturale tra le due comunità e Yang spesso si è trovato e si trova a fare da interprete in situazioni reali dove il conflitto e la tensione tra italiani e cinesi sono altissimi. La trasfigurazione teatrale mette in scena una di queste situazioni con un registro tragicomico. Italia vs Cina: Yang-Arlecchino traduttore e traditore di due padroni, a chi dà ragione? Da che parte sta? E come si esce da un conflitto che sembra non poter essere conciliato, come in ogni tragedia degna di questo nome? Toni Men-G è il primo spettacolo prodotto in Italia con un protagonista di origine cinese; é in doppia lingua e rivolto ad un pubblico misto.
Come molti ragazzi di seconda generazione conosce poco sia la storia della sua 'vecchia patria' che della nuova; è abitato da brandelli e macerie di identità e culture, ma è obbligato a trovare nuovi equilibri e sintesi tra la cultura del luogo in cui é nato e quella di dove é cresciuto. “Sono cinese perché sono nato in Cina o italiano perché sono cresciuto in Italia?” Attraverso le vite dei suoi antenati, Yang fa un viaggio alla ricerca delle sue origini e ha modo di conoscere da vicino alcuni momenti della grande storia del suo paese d'origine. Grazie alle memorie raccolte direttamente dai parenti che vivono ancora in Cina, registrate e tradotte, ha preso corpo il “Libro degli Antenati”: la trisavola materna, i bisnonni paterni, il nonno materno e il padre, ne sono i protagonisti. Le loro vite attraversano la guerra civile in Cina tra nazionalisti e comunisti, l’invasione giapponese, la rivoluzione culturale di Mao fino ad arrivare agli anni Ottanta con la morte di Zhang Cheng – “Sincerità” – lo zio materno down che chiude la prima parte della storia. Nella seconda parte, lo spettacolo racconta la “riprogrammazione culturale” di Yang avvenuta a partire dal 1990, quando a 11 anni arriva in Italia, insieme alla madre, mostrando le contraddizioni, le possibilità, il precario equilibrio della condizione di uomo orientale/occidentale che vive in Italia da oltre 20 anni e che dal 2006 è cittadino italiano. L'ultimo capitolo di Tong Men-G prende inizio da un video e da una data: 1 dicembre 2013, giorno in cui a Prato scoppia un incendio in una fabbrica cinese e 7 operai che ci dormivano dentro, muoiono carbonizzati.
Da anni Yang insieme ad altri artisti del Compost, realtà di produzione indipendente che ha sede a Prato, crea azioni di arte sociale che hanno l'obbiettivo di favorire il dialogo tra la comunità cinese e quella italiana; da dicembre ad oggi, il Compost è stato coinvolto in una difficile opera di mediazione culturale tra le due comunità e Yang spesso si è trovato e si trova a fare da interprete in situazioni reali dove il conflitto e la tensione tra italiani e cinesi sono altissimi. La trasfigurazione teatrale mette in scena una di queste situazioni con un registro tragicomico. Italia vs Cina: Yang-Arlecchino traduttore e traditore di due padroni, a chi dà ragione? Da che parte sta? E come si esce da un conflitto che sembra non poter essere conciliato, come in ogni tragedia degna di questo nome? Toni Men-G è il primo spettacolo prodotto in Italia con un protagonista di origine cinese; é in doppia lingua e rivolto ad un pubblico misto.
venerdì 24 giugno ore 21.30 prima nazionale
sabato 25 e domenica 26 giugno ore 21.30
Chiesa San Pietro in Banchi
Hagar, la schiava
di Adonis
tratto dal romanzo “Storia lacerata nel corpo di una donna” (Ed. Guanda) adattamento scenico Giuseppe Conte
regia Giuseppe Conte con Enrico Campanati
con Carla Peirolero, Enrico Campanati
scenografia Arianna Sortino
In collaborazione con il Comune di Albisola Superiore
Hagar, la schiava
di Adonis
tratto dal romanzo “Storia lacerata nel corpo di una donna” (Ed. Guanda) adattamento scenico Giuseppe Conte
regia Giuseppe Conte con Enrico Campanati
con Carla Peirolero, Enrico Campanati
scenografia Arianna Sortino
In collaborazione con il Comune di Albisola Superiore
Poema drammatico sulla libertà femminile a partire da una storia, quella di Hagar, la concubina di Abramo, che ricorre nella Bibbia e nel Corano, e fa, dunque, da cerniera alle grandi religioni monoteiste. Non a caso l’allestimento viene ospitato nella Chiesa di san Pietro in Banchi che nella scorsa edizione aveva fatto da cornice alla Teresa mon amour di Julia Kristeva.
E’ la voce della donna che parla alla luna, agli astri, al deserto, e parla di sé, del proprio corpo, con una mirabile energi a lirica e uno sconvolgente intento di rivendicare un ruolo diverso, nuovo, decisivo nel mondo. La donna è Hagar, la schiava e concubina di Abramo poi ripudiata, la madre di Ismaele. Adonis si cala nella voce e nel corpo di lei, scrive versi al femminile, carnali, cosmici, che glorificano l'amore come potenza ever siva, contro ogni rigidità mortuaria di poteri, religioni e dogmi. La donna dice: "La natura è come me. / Siamo due seni in un solo corpo". E a quelli che disprezzano lei e l'amore chiede: "Perché allora l'universo scrive i suoi segreti / con mano di innamorato?"
Il corpo di donna, che fiorisce, che è un universo d'amore, che è incanto, inizio, nodo che tiene insieme visibile e invisibile, è il vero protagonista di questo spettacolo dove si possono trovare riferimenti, oltre che alla Bibbia, anche alla cultura sumera, egizia, greca, echi della poesia occidentale più amata dall'autore, ritornanti e splendide immagini di Artemide e di Iside.
Un tuffo nella memoria per lanciare un appello: la libertà femminile, l’emancipazione, le pari opportunità devono essere l’obiettivo di tutti, ovunque nel mondo.
E’ la voce della donna che parla alla luna, agli astri, al deserto, e parla di sé, del proprio corpo, con una mirabile energi a lirica e uno sconvolgente intento di rivendicare un ruolo diverso, nuovo, decisivo nel mondo. La donna è Hagar, la schiava e concubina di Abramo poi ripudiata, la madre di Ismaele. Adonis si cala nella voce e nel corpo di lei, scrive versi al femminile, carnali, cosmici, che glorificano l'amore come potenza ever siva, contro ogni rigidità mortuaria di poteri, religioni e dogmi. La donna dice: "La natura è come me. / Siamo due seni in un solo corpo". E a quelli che disprezzano lei e l'amore chiede: "Perché allora l'universo scrive i suoi segreti / con mano di innamorato?"
Il corpo di donna, che fiorisce, che è un universo d'amore, che è incanto, inizio, nodo che tiene insieme visibile e invisibile, è il vero protagonista di questo spettacolo dove si possono trovare riferimenti, oltre che alla Bibbia, anche alla cultura sumera, egizia, greca, echi della poesia occidentale più amata dall'autore, ritornanti e splendide immagini di Artemide e di Iside.
Un tuffo nella memoria per lanciare un appello: la libertà femminile, l’emancipazione, le pari opportunità devono essere l’obiettivo di tutti, ovunque nel mondo.
Ali Ahmad Sai'id Esber, questo il vero nome di Adonis, è uno dei più importanti poeti e intellettuali del mondo arabo.
20 giugno Giornata Mondiale del Rifugiato
Incontro con Giuseppe Conte e Adonis
Nell’ambito del Premio Agorà V Edizione
Nell’ambito del Premio Agorà V Edizione
Due poeti, rappresentanti di due sponde del Mediterraneo, uniti nel promuovere temi legati alle donne, al loro ruolo nella società, attraverso la poesia e l’impegno intellettuale. Si ritrovano al Suq Festival Teatro del Dialogo, intorno ad Hagar, la schiava, per parlare di questo loro impegno e per ricevere il Premio Agorà.
Il Premio nato nel 2011 da un’idea del Professor Nadir Mohamed Aziza, già Direttore Generale de l’Osservatorio del Mediterraneo e di Carla Peirolero Direttrice del Suq Festival Teatro del Dialogo, è un riconoscimento che ogni anno viene attribuito ad eminenti personalità della cultura (letteratura, cinema, arti visive, teatro) che hanno collaborato e contribuito al dialogo interculturale tra i popoli e le generazioni. Il Premio fa parte di un network: Med 21 - Reseau des Prix pour l’Excellence en Méditerranée che ha sede a Parigi e che coinvolge università e istituzioni del Bacino del Mediterraneo.
Il Premio nato nel 2011 da un’idea del Professor Nadir Mohamed Aziza, già Direttore Generale de l’Osservatorio del Mediterraneo e di Carla Peirolero Direttrice del Suq Festival Teatro del Dialogo, è un riconoscimento che ogni anno viene attribuito ad eminenti personalità della cultura (letteratura, cinema, arti visive, teatro) che hanno collaborato e contribuito al dialogo interculturale tra i popoli e le generazioni. Il Premio fa parte di un network: Med 21 - Reseau des Prix pour l’Excellence en Méditerranée che ha sede a Parigi e che coinvolge università e istituzioni del Bacino del Mediterraneo.
Incontro con Goffredo Fofi Educare alla memoria: lo sguardo di un maestro
La sua visione da intellettuale engagé è da sempre volta alla costruzione di una rete alternativa alla cultura del consumismo e della omologazione culturale. E’ divenuto nel tempo una voce autorevole del panorama culturale nazionale. Il suo impegno critico si è incentrato soprattutto sul rapporto tra realtà sociale e la sua rappresentazione artistica. La sua partecipazione verso le minoranze e i "diseredati" lo ha anche spinto ad occuparsi di bambini dei quartieri popolari; fu infatti tra i fondatori a Napoli della Mensa dei bambini proletari. È direttore della rivista Lo Straniero, da lui fondata nel 1997 e ideatore del Premio Lo Straniero. Come consulente editoriale, direttore di riviste e critico militante ha scoperto, incoraggiato e seguito gli inizi di parecchi scrittori, più o meno di successo, come Alessandro Baricco, Raul Montanari, Sergio Atzeni, Stefano Benni, Giulio Angioni, Maurizio Maggiani, Roberto Saviano. Attualmente dirige la rivista Gli asini e collabora con il quotidiano Avvenire e con le riviste Panorama, Internazionale.
La sua visione da intellettuale engagé è da sempre volta alla costruzione di una rete alternativa alla cultura del consumismo e della omologazione culturale. E’ divenuto nel tempo una voce autorevole del panorama culturale nazionale. Il suo impegno critico si è incentrato soprattutto sul rapporto tra realtà sociale e la sua rappresentazione artistica. La sua partecipazione verso le minoranze e i "diseredati" lo ha anche spinto ad occuparsi di bambini dei quartieri popolari; fu infatti tra i fondatori a Napoli della Mensa dei bambini proletari. È direttore della rivista Lo Straniero, da lui fondata nel 1997 e ideatore del Premio Lo Straniero. Come consulente editoriale, direttore di riviste e critico militante ha scoperto, incoraggiato e seguito gli inizi di parecchi scrittori, più o meno di successo, come Alessandro Baricco, Raul Montanari, Sergio Atzeni, Stefano Benni, Giulio Angioni, Maurizio Maggiani, Roberto Saviano. Attualmente dirige la rivista Gli asini e collabora con il quotidiano Avvenire e con le riviste Panorama, Internazionale.
20 giugno nel nome di Don Gallo
Tutta la giornata mondiale del Rifugiato (il 20 giugno) sarà dedicata a focus sul tema dei Rifugiati e profughi, quindi di grande attualilà, e argomento molto sensibile. Alle ore 19 incontro con Loris De Filippi, Presidente di Medici Senza Frontiere, e rappresentanti dello SPRAR Sistema Protezione Rifugiati
Musica
M’Barka Ben Taleb
Un viaggio musicale attraverso la memoria del Mediterraneo
Di origini tunisine, M'Barka da diversi anni vive e lavora in Italia, dove ha inciso nel 2005 il suo primo album da solista, Alto Calore. Prevalentemente autrice di brani di musica etnica, ha ricantato in arabo diverse canzoni napoletane. L'intento dell'artista è quello di esaltare il legame profondo tra le due culture musicali mediterranee, quella tunisina e quella napoletana, combinandole con sonorità neo-melodiche. Tale intento è sfociato nel progetto Fusi tra due mondi, in cui i brani classici della canzone napoletana vengono arrangiati con sonorità nord-africane e ricantati in arabo. Un recente progetto internazionale, inoltre, l'ha portata alla collaborazione con Abdullah Chhadeh, suonatore di qanun.
Un viaggio musicale attraverso la memoria del Mediterraneo
Di origini tunisine, M'Barka da diversi anni vive e lavora in Italia, dove ha inciso nel 2005 il suo primo album da solista, Alto Calore. Prevalentemente autrice di brani di musica etnica, ha ricantato in arabo diverse canzoni napoletane. L'intento dell'artista è quello di esaltare il legame profondo tra le due culture musicali mediterranee, quella tunisina e quella napoletana, combinandole con sonorità neo-melodiche. Tale intento è sfociato nel progetto Fusi tra due mondi, in cui i brani classici della canzone napoletana vengono arrangiati con sonorità nord-africane e ricantati in arabo. Un recente progetto internazionale, inoltre, l'ha portata alla collaborazione con Abdullah Chhadeh, suonatore di qanun.
Al Raseef الرصيف ع e Feral Cor
Il futuro nell’incontro di giovani sonorità
Due giovani band: una di origine palestinese e una quasi tutta genovese si fondono per un esperimento che si proietta verso nuove alchimie musicali utilizzando stili e lingue diverse. In un mondo futuro sempre più interconnesso anche la musica fa la sua parte. Al Raseef è una street band che suona musica folk arabo-balcanica composta principalmente da strumenti a fiato. Il gruppo nasce nel 2011 nato per le strade di Ramallah (Cisgiordania) ed è composto da Alaa Alshaer (chitarra), Ayham Jalal (clarinetto), Midhat Husseini (tuba), Tamer Nassar (sax) e Yassar S'adat (trombone).
Dopo diversi problemi legati alle frontiere da oltrepassare per arrivare fino a qui, oggi i giovani palestinesi sono riusciti ad arrivare a Genova dove studiano jazz al Conservatorio. In Italia si è unito al gruppo il percussionista genovese Lorenzo Bergamino. Gli Al Raseef sono stati selezionati per l’Arabs Got Talent.
Il sogno dei giovani palestinesi è per tutti lo stesso: tornare alla propria terra per condividere i propri talenti con chi non ha avuto le loro stesse opportunità.
Il futuro nell’incontro di giovani sonorità
Due giovani band: una di origine palestinese e una quasi tutta genovese si fondono per un esperimento che si proietta verso nuove alchimie musicali utilizzando stili e lingue diverse. In un mondo futuro sempre più interconnesso anche la musica fa la sua parte. Al Raseef è una street band che suona musica folk arabo-balcanica composta principalmente da strumenti a fiato. Il gruppo nasce nel 2011 nato per le strade di Ramallah (Cisgiordania) ed è composto da Alaa Alshaer (chitarra), Ayham Jalal (clarinetto), Midhat Husseini (tuba), Tamer Nassar (sax) e Yassar S'adat (trombone).
Dopo diversi problemi legati alle frontiere da oltrepassare per arrivare fino a qui, oggi i giovani palestinesi sono riusciti ad arrivare a Genova dove studiano jazz al Conservatorio. In Italia si è unito al gruppo il percussionista genovese Lorenzo Bergamino. Gli Al Raseef sono stati selezionati per l’Arabs Got Talent.
Il sogno dei giovani palestinesi è per tutti lo stesso: tornare alla propria terra per condividere i propri talenti con chi non ha avuto le loro stesse opportunità.
Coro Shlomot
La storia del popolo ebraico tra musica e racconti
Con Eyal Lerner e il Coro Shlomot, accompagnati da Silvio Maggiolo
Non poteva mancare in una Rassegna che si occupa di memoria e futuro, un approfondimento sulla storia del popolo ebraico. Il Coro Shlomot , nato nel 2011 dalla volontà del musicista israeliano Eyal Lerner, e con il sostegno della Comunità Ebraica, è ora composto da una trentina di membri attivi e ha un repertorio di circa 35 canzoni. Si è esibito in molte città oltre a Genova, e recentemente anche ad Aschwitz. In alcune circostanze accompagna Eyal Lerner nel suo spettacolo sulla storia del popolo ebraico e sulla memoria della Shoah. Il coro è aperto a tutti, senza preferenza di età o religione
La storia del popolo ebraico tra musica e racconti
Con Eyal Lerner e il Coro Shlomot, accompagnati da Silvio Maggiolo
Non poteva mancare in una Rassegna che si occupa di memoria e futuro, un approfondimento sulla storia del popolo ebraico. Il Coro Shlomot , nato nel 2011 dalla volontà del musicista israeliano Eyal Lerner, e con il sostegno della Comunità Ebraica, è ora composto da una trentina di membri attivi e ha un repertorio di circa 35 canzoni. Si è esibito in molte città oltre a Genova, e recentemente anche ad Aschwitz. In alcune circostanze accompagna Eyal Lerner nel suo spettacolo sulla storia del popolo ebraico e sulla memoria della Shoah. Il coro è aperto a tutti, senza preferenza di età o religione
E poi...
venerdì 17 giugno ore 18
Studenti in scena
La Compagnia di giovani studenti universitari in scena al Suq Festival con Gulliver Story, testo ispirato al capolavoro di Swift e riletto dall’antropologo Marco Aime ne "Gli specchi di Gulliver". Lo spettacolo ha coinvolto 20 studenti universitari, tra questi anche studenti di origine cinese, iraniana, panamense. Progetto formativo promosso dalla Compagnia del Suq e da ARSEL Liguria – Agenzia Regionale per i servizi educativi e per il lavoro.
Studenti in scena
La Compagnia di giovani studenti universitari in scena al Suq Festival con Gulliver Story, testo ispirato al capolavoro di Swift e riletto dall’antropologo Marco Aime ne "Gli specchi di Gulliver". Lo spettacolo ha coinvolto 20 studenti universitari, tra questi anche studenti di origine cinese, iraniana, panamense. Progetto formativo promosso dalla Compagnia del Suq e da ARSEL Liguria – Agenzia Regionale per i servizi educativi e per il lavoro.
suq in workshop
Laboratori per bambini, lezioni di cucine dal mondo, di scrittura e di danza, biblioteche e angolo lettura. Suq per bambini: ogni giorno laboratori di percussioni africane, letture multilingue di grandi testi classici, corsi di narrazione e di teatro musicale. Workshop di cucina etnica e cucina ligure a cura rispettivamente di Chef Kumalé e Sergio Rossi. Lezioni di danza: tutti i giorni lezioni di danza di diverse tradizioni in collaborazione con Associazioni. Workshop di scrittura a cura di Officina Letteraria: laboratori per scrivere insieme le nostre storie. Le storie nascono da incontri, apparentemente casuali, a volte non facili. Gli altri sono l’unica opportunità che abbiamo di arricchire la nostra esperienza. Uno spazio al Suq dove ospitare gruppi di lettura, corsi di lingue, thè con gli scrittori ma anche dove farsi scrivere il proprio nome dal calligrafo arabo e da quello ebraico.
Laboratori per bambini, lezioni di cucine dal mondo, di scrittura e di danza, biblioteche e angolo lettura. Suq per bambini: ogni giorno laboratori di percussioni africane, letture multilingue di grandi testi classici, corsi di narrazione e di teatro musicale. Workshop di cucina etnica e cucina ligure a cura rispettivamente di Chef Kumalé e Sergio Rossi. Lezioni di danza: tutti i giorni lezioni di danza di diverse tradizioni in collaborazione con Associazioni. Workshop di scrittura a cura di Officina Letteraria: laboratori per scrivere insieme le nostre storie. Le storie nascono da incontri, apparentemente casuali, a volte non facili. Gli altri sono l’unica opportunità che abbiamo di arricchire la nostra esperienza. Uno spazio al Suq dove ospitare gruppi di lettura, corsi di lingue, thè con gli scrittori ma anche dove farsi scrivere il proprio nome dal calligrafo arabo e da quello ebraico.
mercato teatro mediterraneo
Nell’antichità i Suq erano luoghi culturali per eccellenza, e così è il Suq Festival, dove ogni giorno si può fare il giro del mondo, assaggiando cucine diverse, conoscendo lingue e mestieri artigianali, approfondire il turismo responsabile. Artigiani genovesi ed etnici, ristoratori di tanti paesi, associazioni di immigrati e umanitarie sono gli animatori della scenografia “vivente”, dal fascino esotico, con tutti i colori e i profumi del Mediterraneo.
Nell’antichità i Suq erano luoghi culturali per eccellenza, e così è il Suq Festival, dove ogni giorno si può fare il giro del mondo, assaggiando cucine diverse, conoscendo lingue e mestieri artigianali, approfondire il turismo responsabile. Artigiani genovesi ed etnici, ristoratori di tanti paesi, associazioni di immigrati e umanitarie sono gli animatori della scenografia “vivente”, dal fascino esotico, con tutti i colori e i profumi del Mediterraneo.
ansa
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