Assassini, fantasmi, sangue e mistero: l’arte è ricca di rappresentazioni di soggetti inquietanti e spaventosi che manifestano il dramma psichico e svelano il lato oscuro e doloroso della mente umana. In questi giorni di Halloween, che festeggia il capodanno celtico della lotta contro l’oscurità e i demoni con feste, fuochi e parate scenografiche, ecco un viaggio alla scoperta di alcuni dei dipinti più celebri della storia dell’arte, che mostrano il terrore e l’angoscia dell’essere umano.
Saturno che divora i suoi figli di Francisco de Goya y Lucientes
Lugubre, cruda, drammatica: l’opera di Goya, realizzata tra il 1819 e il 1823 durante la fase più critica della depressione dell’artista, rappresenta il mito di Saturno o Crono, dio del tempo, che si ciba dei propri figli per impedire che questi lo spodestino dal trono. Il tema era già stato rappresentato da Rubens nel Seicento ma il pittore spagnolo conferisce al personaggio toni più duri e deliranti. Il dipinto, che appartiene al ciclo di 13 “pitture nere”, cariche di angoscia e ansia, è conservato nel museo del Prado di Madrid.
Studio del ritratto di Innocenzo X di Francis Bacon
Crea angoscia l’urlo straziante del Papa ritratto nel 1953 dall’artista irlandese Francis Bacon, che attraverso il dipinto voleva trasmettere il senso del macabro e dell’orrore dell’esistenza. Modello per il suo dipinto era una tela di Diego Velázquez realizzata tre secoli prima, ma nel quadro di Bacon, custodito al Des Moines Art Center in Iowa, l’artista utilizza i colori - il viola e il nero - e i tratti distorti, quasi grotteschi, per esprimere il disagio.
Il volto della guerra di Salvador Dalì
Il dipinto, realizzato dal pittore catalano nel 1940, esprime l’angoscia e l’inquietudine dell’uomo generati dalla guerra. Tutto nell’opera conduce al senso della morte: il paesaggio desertico, i colori della terra e la maschera in primo piano con i teschi, dove le uniche presenze sono i vermi che fuoriescono minacciosi. Il quadro è esposto al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam.
Trionfo della morte di Pieter Bruegel il Vecchio
Nel 1562 il pittore fiammingo Pieter Bruegel dipinse con toni macabri e grotteschi una città devastata dall’arrivo della morte, dove un esercito di scheletri con falce fa strage tra la popolazione di ogni ceto sociale. Tutto richiama i simboli della morte, inevitabile e spietata: la falce, il tamburo, le trombe dell’Apocalisse, gli scheletri che deridono i vivi prima di ucciderli, le esecuzioni e le torture. Il capolavoro si ammira nel museo del Prado di Madrid.
Giuditta e Oloferne di Il Caravaggio
Dipinta nel 1599 dal Caravaggio e conservata nella galleria nazionale di arte antica di Roma, la tela racconta con toni cupi e macabri la decapitazione del condottiero assiro Oloferne da parte dell’ebrea Giuditta, che voleva salvare il popolo dalla dominazione straniera. Inquietante e di grande effetto è la freddezza con cui Giuditta compie l’omicidio.
L’incubo di Johann Heinrich Füssli
E’ rivolto verso lo spettatore il mostro che appare sopra il corpo di una giovane donna addormentata, o forse morta, nella tela dipinta nel 1781 da Johann Heinrich Füssli; sulla sinistra del quadro sbuca da una tenda il volto di una giumenta. Il dipinto, conservato nel Detroit Institute of Art, crea ansia per le presenze inquietanti e i toni chiaroscuri utilizzati per le visioni oniriche. E’ forte il richiamo alla mitologia germanica con i demoni che soggiogano chi osa dormire da solo.
L’urlo di Evard Munch
Frutto artistico delle sofferenze del pittore norvegese Edvard Munch, uno dei massimi esponenti dell’espressionismo, il celebre dipinto trasmette tutto il malessere e l’angoscia dell’essere umano; nonostante ci siano persone tranquille sullo sfondo della tela, l’attenzione si concentra sul grido straziante del personaggio centrale, che stravolge i lineamenti del viso e persino i colori del cielo. Il dipinto, realizzato nel 1893, si ammira nella Galleria nazionale di Oslo.
Teste di giustiziati di Théodore Géricault
Cupo, inquietante, macabro: il soggetto dell’opera Teste di giustiziati, realizzata nel 1818 da Théodore Géricault, rivela l’interesse morboso che il pittore romantico aveva della morte. Il dipinto, che si può ammirare nel Nationalmuseum di Stoccolma, è in realtà un esercizio artistico per la realizzazione dell’opera più famosa di Géricault, La zattera della Medusa. Anche in questo dipinto emerge la potenzialità espressiva e drammatica che il pittore, fortemente influenzato da Caravaggio, ottenne dagli studi sull’anatomia e la psiche dei malati mentali e dei condannati a morte.
Trittico del Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch
Diviso in tre pannelli, l’opera pittorica di Hieronymus Bosch, realizzato tra il 1480 e il 1490, mostra a sinistra il paradiso terrestre con Dio, Adamo ed Eva; al centro un mondo popolato da persone festose e, a destra, una visione dell’inferno, macabra, cupa e ricca di simboli strani. E’ quest’ultima la parte che più inquieta e fa rabbrividire: qui, nelle tenebre, vivono creature indemoniate che tormentano e torturano gli esseri umani a causa dei loro vizi (superbia, avarizia, gola e lascivia), spesso tramite strumenti musicali. L’opera è conservata al museo del Prado di Madrid.
Il grande drago rosso e la donna vestita di sole di William Blake
Famoso per le sue descrizioni visionarie ed esoteriche, il poeta e pittore britannico William Blake realizzò dal 1805 al 1809 un ciclo di 4 inquietanti acquerelli, esposti al Brooklyn Museum of Art, raffiguranti il drago rosso. Fonte d’ispirazione era l’Apocalisse di Giovanni: “Apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato”.
ansa
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