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Il mistero della cappella etiope dell’arca dell’Alleanza in cui nessuno può entrare

Verificare con i propri occhi è impossibile. Ma è forse proprio questo che rende così affascinante la cappella della chiesa di Nostra Signora Maria di Sion di Aksum, in Etiopia: solo il suo guardiano - addestrato per uccidere a mani nude - può accedervi. Questo perché al suo interno, protetta da sette serrature, è presumibilmente custodita l'arca dell'Alleanza, la cassa di legno con coperchio d'oro contenente le Tavole dei dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè sul monte Sinai. E anche se molto probabilmente si tratta solo di una riproduzione, il mistero ha comunque reso questa cattedrale africana uno dei posti meno accessibili al mondo. Dalla sua fondazione, la chiesa ortodossa di Maria di Sion è stata distrutta e ricostruita almeno due volte. Era il luogo tradizionale in cui gli imperatori etiopi venivano incoronati ed è tutt'oggi è un luogo di culto e meta di pellegrinaggi. La cappella dell'arca dell'Alleanza non si trova al suo interno, ma nel giardino, adiacente alla vecchia chiesa: una struttura appositamente costruita per custodire la reliquia dopo che un «calore divino aveva rotto le pietre del precedente santuario». Solo il monaco guardiano può vedere la sacra cassa e pregare al suo cospetto: un incarico a vita, conferito dal predecessore poco prima della morte. Una usanza che va avanti dalla notte dei tempi, ovvero da quando - tradizione vuole - l'Arca venne portata in Etiopia con Menelik I dopo la visita al padre, re Salomone, nella seconda metà del decimo secolo avanti Cristo. L'unico non guardiano ad aver visto quello che la cappella custodisce è stato Edward Ullendorff, professore emerito alla School of Oriental and African Studies di Londra, nel 1941. All'epoca era un ufficiale dell'esercito britannico, e riuscì ad entrare nella cappella con la scorta di due soldati. Lo studioso è morto nel 2011 ma ha riferito di aver visto una «ricostruzione medio-tardo medievale», «certamente non l'Arca originale», «una come tante altre viste in numerose chiese in Etiopia». Una testimonianza autorevole ma impopolare, che in ogni caso nessun altro può smentire o confermare.
lastampa.it

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