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Finti Basquiat, il museo di Orlando denuncia l'ex direttore

Lo scandalo dei finti Basquiat rischia di costar caro al deposto direttore dell'Orlando Art Museum.

Aaron De Groft, che aveva messo la firma sulla mostra di 25 dipinti fraudolentemente attribuiti al writer haitiano-newyorchese, e' stato portato in tribunale dal museo con l'accusa di aver tentato di approfittare della rassegna avendo ricevuto dai proprietari dei dipinti la promessa di "una significativa mazzetta" sulla loro eventuale vendita.

L'azione legale nomina cinque co-proprietari che avrebbero assoldato l'ex direttore per "mandare avanti i loro interessi economici" facendo leva sull'autorità scientifica del museo che avrebbe legittimato l'autenticità delle opere con conseguente considerevole aumento di valore. I legali del museo chiedono a De Groft una somma non specificata in danni per frode, associazione a delinquere, rottura del rapporto di fiducia e rottura del contratto. "La storia di come questi dipinti sono finiti sulle pareti dell'Orlando Museum of Art e' una realta' che supera ogni immaginazione", si legge nell'azione legale: "L'Oma ha speso centinaia di migliaia di dollari e ha messo in gioco la sua reputazione esponendo opere ora dichiaratamente false". Lo scandalo e' scoppiato 14 mesi fa. Sulla scia di un'inchiesta del New York Times, l'Fbi aveva fatto irruzione nel museo sequestrando 25 dipinti attribuiti a Jean-Michel Basquiat con una settimana di anticipo rispetto alla data di chiusura della mostra. La vicenda aveva avuto un angolo italiano dai contorni tuttora poco chiari: dipinti su cartoni di reimpiego, i quadri avrebbero dovuto partire per l'Italia una volta conclusa la rassegna in Florida, secondo quanto scritto all'epoca dal New York Times. Nel follow up del raid il museo aveva messo alla porta De Groft e creato una task force per far emergere la reputazione dell'istituzione intatta dalla crisi.
    Se autentici, i quadri avrebbero avuto un valore di oltre cento milioni di dollari, secondo Putnam Fine Art and Antique Appraisals, che li aveva valutati per conto dei proprietari.
    Peccato che uno dei cartoni recasse stampato il logo della Federal Express con caratteri entrati in uso solo nel 1994, sei anni dopo la morte di Basquiat. Funzionari del museo che avevano sollevato dubbi sull'autenticità dei pezzi erano stati zittiti da De Groft. Il quale, si scopre adesso, avrebbe scritto all'epoca una email in cui affermava di volere un 30% sul valore di vendita dei pezzi. La mail era destinata al proprietario di un Tiziano di incerta attribuzione che il direttore avrebbe voluto esporre all'Oma nei mesi a venire: "Non siamo avidi.
    Fammi vendere i Basquiat e un Pollock e poi il Tiziano seguira' con questi precedenti. Io poi andro' in pensione con Maserati e Ferrari". Mentre in un'altra email allegata all'azione legale, De Groft ipotizza una vendita dell'intera collezione di Basquiat al rapper Jay-Z per 250 milioni. "E se non lui, lo faranno i cinesi, i russi o gli arabi. In ogni caso nuoti nell'oro, amico".
   

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