Archeologia. Laguna di Venezia, scoperta una chiesa altomedievale

Sul margine occidentale della laguna, nel comune di Mira, gli scavi hanno riportato alla luce una basilica a tre absidi, una chiesa a tre navate e un frammento di stele funeraria di età romana

Mira, in provincia di Venezia, sono emerse le fondamenta di una chiesa altomedievale nei pressi dell’abbazia dei Santi Ilario e Benedetto. I primi scavi archeologici nella zona del monastero, situato nella frazione di Dogaletto ai margini occidentali della laguna, iniziarono nell’Ottocento e rivelarono una basilica medievale triabsidata, frammenti di mosaici pavimentali (oggi conservati nel cortile del Museo Archeologico di Venezia), sarcofagi e lapidi tombali. Le ricerche sono riprese solo negli anni 2000 con una collaborazione tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e il comune di Mira. Dopo un’interruzione durata fino al 2020 e grazie a un finanziamento comunale, l’esplorazione dell’area è ricominciata: attraverso un’indagine geofisica è stato possibile individuare strutture archeologiche ancora sepolte. Gli ultimi scavi, avviati lo scorso agosto, hanno riportato alla luce i basamenti di alcuni pilastri della basilica triabsidata, di cui gli studiosi avevano soltanto una fotografia d’epoca. A questi si aggiungono le fondazioni di una chiesa più antica a tre navate, di dimensioni inferiori, e un frammento di stele funeraria di età romana raffigurante una donna con il capo velato.


«Prima di queste nuove indagini non era certo se qualcosa del monastero delle origini fosse ancora conservato al di sotto delle campi di granturco che ricoprono l'area», ha raccontato Sauro Gelichi, docente di Archeologia cristiana e medievale all’Università Ca’ Foscari e direttore scientifico degli scavi, «ma già dai primi giorni le nostre aspettative sono state ripagate». Il comune di Mira ha già sviluppato un progetto per valorizzare il sito di Sant’Ilario, con l’obiettivo di trasformarlo in un parco archeologico permanente e collegarlo alla laguna e alla palladiana Villa Foscari, patrimonio dell’Unesco.

Oltre ai notevoli rinvenimenti archeologici, i lavori di scavo hanno rappresentato un’occasione per sperimentare tecniche di ricerca innovative nel campo della neuroscienza applicata a contesti artistici e culturali. Durante le indagini, infatti, sono stati utilizzati strumenti come l’eye tracker e caschetti sensoriali. Secondo Elisa Corrò, responsabile della supervisione esecutiva delle indagini, «i recenti progressi negli studi neuroumanistici offrono un’importante opportunità per la sperimentazione di nuove tecnologie digitali nell'ambito del patrimonio culturale. Da questa prospettiva le scoperte archeologiche a Sant'Ilario sono risultate un banco di prova eccezionale».

avvenire.it

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