da Avvenire
Sembra essere stato inghiottito dalle sabbie del deserto il Salvator Mundi al centro di una molto controversa attribuzione a Leonardo e divenuto celebre soprattutto per essere stato battuto all’asta da Christie’s per 450,3 milioni di dollari nel 2017: un record assoluto.
L’opera è infatti attualmente “dispersa”. Il Salvator Mundi avrebbe dovuto essere esposto al Louvre di Abu Dhabi già a fine 2018. E nel 2019 sarebbe dovuto finire appeso alle pareti del museo madre parigino, ma da mesi non vi è più traccia di lui.
Secondo quanto riportato dal “New York Times”, proprio il Louvre francese non sarebbe in grado di “rintracciare" l'opera e che nemmeno ad Abu Dhabi sanno dove possa essere finita. Nulla anche dal presunto compratore (ufficialmente anonimo), il principe Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al-Saud, divenuto Ministro della Cultura saudita. Anche il dipartimento culturale degli Emirati si rifiuta di rispondere alle domande, così come l’ambasciata saudita a Washington.
Disperati gli esperti che hanno avvallato la mano leonardesca nel dipinto. «Tragico» ha detto Dianne Modestini, professore all’Istituto di Belle Arti della New York University che ha restaurato la tavola: «Privare gli amanti dell’arte dal vedere un capolavoro di tale rarità è profondamente ingiusto». Lo storico dell’arte di Oxford Martin Kemp ha descritto il Salvator Mundi come «una sorta di versione religiosa della Gioconda in cui è presente una forte affermazione dell’inafferrabilità del divino». E nemmeno lui ha idea di dove sia.
La scomparsa del Salvator Mundi, così misteriosa da far dire al New York Times che si tratta di un “intrigo internazonale”, è però destinata a riaccendere la disputa sulla sua autenticità leonardesca, alimentando le voci sul timore del nuovo proprietario di un controllo pubblico. I contratti per le case d’aste includono una garanzia di autenticità di cinque anni.