Un frammento di una redazione antichissima in siriaco del Vangelo di Matteo (Mt 11,30-12,26) è riemerso in un codice della Biblioteca Vaticana, nascosto sotto un più tardo testo greco. È il fatto noto in filologia come “palinsesto”: una pagina manoscritta cancellata e scritta nuovamente. La scoperta è avvenuta da parte di un ricercatore austriaco, Grigory Kessel, grazie all’impiego della fotografia ultravioletta. Il frammento è certamente non più tardo del VI secolo. Il ritrovamento è stato pubblicato sulla rivista scientifica “New Testament Studies”, Cambridge University Press.
Si tratta del codice catalogato come Vat. Iber. 4, contenente gli Apophthegmata patrum in greco. Acquisito dalla Biblioteca Vaticana a metà del XX secolo, era noto agli studiosi nel 1953 ma da allora il manoscritto era stato considerato perduto. Riscoperto nel 2010, nel 2020 è stato digitalizzato e le immagini a luce naturale e UV sono state caricate nel progetto della Biblioteca Vaticana Digitale.
Il ritrovamento è importante non tanto per le differenze testuali tra versione siriaca e greca, già note, ma perché i testi antichi che attestano la siriaca sono pochissimi. Per molti decenni i due soli manoscritti identificati con certezza erano il Sinaiticus (scoperto come palinsesto nella biblioteca del monastero di Santa Caterina sul monte Sinai) e il Curetonianus, conservato alla British Library. La situazione è cambiata solo nel 2016 quando Sebastian Brock ha presentato la parte esistente di un terzo manoscritto, sulla base di immagini multispettrali prodotte dal Sinai Palimpsests Project. Il frammento attesta dunque la presenza di un quarto testimone.
Grigory Kessel ha calcolato che il codice originale siriaco originale, un Evangeliario, aveva una dimensione di 160 fogli, o sedici quartine. La porzione ritrovata rappresenta circa lo 0,6% del testo completo dei quattro Vangeli ed è identico al Curetonianus, il quale a sua volta diverge dal Sinaiticus.
La storia del codice Vat. Iber. 4 è complessa. Il manoscritto vaticano è in realtà un membrum disjectum (un elemento staccato e disperso) in origine parte di un manoscritto georgiano conservato presso il monastero di Santa Caterina, con segnatura Sin. geo. 49 e contenente una raccolta di innografia liturgica. Questo manoscritto georgiano “madre” è in tutto e per tutto un palinsesto ed è stato prodotto con parti di diversi manoscritti in varie lingue. Nella sua forma attuale il codice Sin. geo. 49 manca delle prime venti quartine e di alcuni fogli alla fine. L’analisi della grafia ha portato gli specialisti a proporre che sia stato copiato da un noto scriba georgiano, Iovane Zosime, attivo nella seconda metà del X secolo, prima in Palestina e poi presso il monastero sul Sinai. La parte restante del manoscritto, conservato presso il monastero, non sembra contenere altri fogli appartenenti allo stesso evangeliarui del frammento vaicano.
La scoperta, osserva Kessel, «e in particolare il suo notevole accordo con il Curetonianus, merita di essere studiata nel contesto della storia della trasmissione del testo evangelico in siriaco. È particolarmente degno di considerazione se questo nuovo testimone può contribuire alla valutazione del testo attestato dal Curetonianus come più diffuso e autorevole, rispetto al testo del Sinaiticus».
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