L'arrivo
del premier Renzi a Vinitaly, quasi una toccata e fuga fra i padiglioni
della fiera nell'ultimo giorno, è stato letto come un segnale dai molti
significati, giacché era la prima volta che un premier arrivava in
questa manifestazione. La sua visita, infatti, non era prevista nei
programmi, ma è maturata nel corso delle prime giornate. Ossia
l'esigenza di essere presente là dove c'era un segnale di positività. Il
comparto del vino italiano è infatti cresciuto, soprattutto all'estero,
e anche l'Italia può crescere, ha detto Renzi ad una platea di
produttori e di giornalisti. C'è poi l'Expo sullo sfondo di una sfida
per la crescita, che avrà appunto la regia di Vinitaly per esprimere il
valore di quello che va oltre un prodotto: il vino è anche territorio,
occupazione, socialità. Ora, tutto questo potrà sembrare demagogia
spicciola, ma dopo aver passato quattro giorni a contatto con tanti
produttori, soprattutto giovani e molti anche di quel Sud Italia che
soffre, un qualcosa che è più di una speranza appare quanto mai
evidente. I dibattiti, le degustazioni, i confronti sono stati molti e
in tutto questo bailamme con l'impronta latina della festa, è emerso
anche che la propensione dei giovani è per un'agricoltura più pulita,
rispettosa dell'ambiente e quindi pure della salute di chi lavora e di
chi consuma. Se questa strategia fosse stata studiata a tavolino non
sarebbe riuscita così bene, invece fa parte di un processo spontaneo che
risponde alla legge mai scritta della ciclicità degli eventi, che si
ripropongono a distanza di tempo. E se oggi in agricoltura si produce
come facevano i nonni di quella che è la nuova generazione di
produttori, nella ristorazione sta accadendo la tendenza a ricreare
luoghi meno paludati, dove addirittura non serve la prenotazione per
sedersi a un tavolo. E si può mangiare anche un solo piatto, come nelle
osterie di un tempo. A Milano, sui Navigli, che è una delle zone più
belle della città dove si sta animando il fuorisalone del Mobile e si
animerà anche quello dell'Expo, ha fatto capolino un negozio che vende
vino sfuso. Ed è sempre pieno di curiosi. Cos'è allora questa ciclicità?
È il ritorno all'essenziale, che non vuol dire impoverirsi, ma
perequare le situazioni perché tutto ciò che di buono produciamo e
consumiamo possa esistere. Nei desiderata del Governo in carica c'è un
po' di questo, non ci sono dubbi. E quando si rompe un ciclo tutto
accade perché doveva accadere, senza proteste eclatanti, senza troppe
resistenze. E non sembra vero.
avvenire.it
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