Il puzzle dell'Expo si sta componendo giorno dopo giorno, una risposta
agli iperscettici che continuano provocatoriamente a chiedere: «Ma
l'Expo si farà davvero?».
E nei giorni scorsi ha fatto capolino la notizia dell'adesione di Piacenza al Padiglione Italia. Notizia di per sé non sorprendente, se non fosse che Piacenza, di fatto, rappresenta qualcosa di molto speciale nella storia dell'alimentazione. E questo non solo per la qualità dei suoi cibi o per il distretto del pomodoro, ma soprattutto per il seme di Bobbio, ovvero la più importante comunità monastica italiana del Medioevo, che appunto risiede in quel territorio.
Ora, il parallelo agricoltura-monachesimo ha molti elementi di attualità. Basti pensare che durante tutto l'arco del Medioevo e sino all'anno Mille i monasteri furono i luoghi in cui vennero preservate buona parte delle conoscenze agricole romane, che qui furono affinate e codificate. Ma non solo: in questi luoghi si andava a costruire la nuova Europa, giacché vi confluivano pellegrini da tutto il mondo, portando con sé nuove conoscenze e abitudini. Una sorta di Expo itinerante, che già aveva la sua sede in Italia, Paese che – non a caso – vanta ogni record possibile e immaginabile di biodiversità.
Nei monasteri, inoltre, la regola benedettina prevedeva il lavoro e quindi la presenza di artigiani che dovevano provvedere alle operazioni di muratura, dissodare e coltivare i campi. Per questo, il monastero si sviluppa come un vero borgo che determina tutta l'economia agricola del territorio: è nei monasteri del Centro-Nord che si cominciano a produrre vino, cereali, riso. La regola di San Colombano, che venne applicata a Bobbio, prevedeva l'attenzione alla raccolta e allo studio dei testi antichi. Il che fa presupporre che proprio a Bobbio si siano mantenute le nozioni tecniche sull'aratro copiate e studiate dai monaci amanuensi sui testi romani. Da qui un incentivo alle coltivazioni di riso, cereali, olivo.
Due prodotti in particolare caratterizzarono i benedettini di Bobbio: la birra (Bobbio per tutto l'Alto Medioevo è stato il maggior centro di fabbricazione europeo), destinata ai pellegrini che si muovevano verso Roma e per il Nord Europa, e il sale, con lo sfruttamento delle saline del litorale ligure e della Val Trebbia. Da qui l'avvio della tecnica della conservazione degli alimenti.
Insomma, basterebbe evocare questa storia nel cuore dell'Expo per agganciare un evento alla sua radice, alla sua storia. Che mai, ma proprio mai, va dimenticata.
avvenire.it E nei giorni scorsi ha fatto capolino la notizia dell'adesione di Piacenza al Padiglione Italia. Notizia di per sé non sorprendente, se non fosse che Piacenza, di fatto, rappresenta qualcosa di molto speciale nella storia dell'alimentazione. E questo non solo per la qualità dei suoi cibi o per il distretto del pomodoro, ma soprattutto per il seme di Bobbio, ovvero la più importante comunità monastica italiana del Medioevo, che appunto risiede in quel territorio.
Ora, il parallelo agricoltura-monachesimo ha molti elementi di attualità. Basti pensare che durante tutto l'arco del Medioevo e sino all'anno Mille i monasteri furono i luoghi in cui vennero preservate buona parte delle conoscenze agricole romane, che qui furono affinate e codificate. Ma non solo: in questi luoghi si andava a costruire la nuova Europa, giacché vi confluivano pellegrini da tutto il mondo, portando con sé nuove conoscenze e abitudini. Una sorta di Expo itinerante, che già aveva la sua sede in Italia, Paese che – non a caso – vanta ogni record possibile e immaginabile di biodiversità.
Nei monasteri, inoltre, la regola benedettina prevedeva il lavoro e quindi la presenza di artigiani che dovevano provvedere alle operazioni di muratura, dissodare e coltivare i campi. Per questo, il monastero si sviluppa come un vero borgo che determina tutta l'economia agricola del territorio: è nei monasteri del Centro-Nord che si cominciano a produrre vino, cereali, riso. La regola di San Colombano, che venne applicata a Bobbio, prevedeva l'attenzione alla raccolta e allo studio dei testi antichi. Il che fa presupporre che proprio a Bobbio si siano mantenute le nozioni tecniche sull'aratro copiate e studiate dai monaci amanuensi sui testi romani. Da qui un incentivo alle coltivazioni di riso, cereali, olivo.
Due prodotti in particolare caratterizzarono i benedettini di Bobbio: la birra (Bobbio per tutto l'Alto Medioevo è stato il maggior centro di fabbricazione europeo), destinata ai pellegrini che si muovevano verso Roma e per il Nord Europa, e il sale, con lo sfruttamento delle saline del litorale ligure e della Val Trebbia. Da qui l'avvio della tecnica della conservazione degli alimenti.
Insomma, basterebbe evocare questa storia nel cuore dell'Expo per agganciare un evento alla sua radice, alla sua storia. Che mai, ma proprio mai, va dimenticata.
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