È l'anello debole del sistema commerciale, è la truffa facile che sembra messa sul piatto d'argento della tavola dei malintenzionati. Stiamo parlando del bio alimentare, salutato da un successo incredibile negli ultimi tempi e, come tutte le cose di successo, soggetto alle imitazioni più disparate.
Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza ha sgominato i falsari che favorivano l'importazione
di prodotti biologici con attestazioni discutibili ottenute nei paesi dell'Est europeo. Un duro colpo, scarsamente ripreso dai media, benché il mondo del bio che subisce danni da queste operazioni truffaldine riguardi 45mila agricoltori italiani. Il giro d'affari del comparto biologico, fra esportazioni e consumi interni, si aggira sui 3 miliardi di euro – ha sottolineato la Coldiretti – che in questa occasione ha voluto giustamente ribadire quanto siano anacronistiche le ritrosie verso la tracciabilità del prodotto nazionale. «Occorre che sia facilmente riconoscibile in etichetta la produzione ottenuta con materia prima e standard nazionali, per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevole». Ma davanti ad una richiesta di genere lapalissiano, poi arrivano i
distinguo di questi o quegli interessi, che di fatto allargano le maglie alla truffa. L'Italia, da questo punto di vista è sotto scacco proprio perché ha una fragilità storica, quasi come i suoi confini a contatto col mare. Sono tanti i prodotti da difendere, ma soprattutto si deve gestire una situazione produttiva polverizzata in migliaia di realtà, che sono una forza sul territorio e anche un fenomeno di flessibilità economica, ma risultano deboli da difendere. Eppure questa faccenda del biologico falso amareggia perché in questi venti anni, man mano che è cresciuto il fenomeno, ho visto con i miei occhi il crescere di una coscienza nelle giovani generazioni. Una rivoluzione culturale non pianificata e organizzata, ma divenuta una concatenazione di fatti che poi sono andati nella direzione di un'agricoltura pulita, sostenibile e – aggiungo io dopo averne verificato i risultati su un medio periodo – anche buona.
Dove si insidia allora la truffa? Nel fatto che queste coltivazioni che hanno rese minori e di fatto costi maggiori, in taluni casi hanno portato a un prezzo importante del prodotto finale. Penso ai vini biologici e biodinamici, che nonostante il fattore prezzo hanno attecchito sul mercato. La truffa arriva nel momento in cui uno cerca di tagliare la prima parte, quella del lavoro, per tenere buona solo quella del raccolto. Ma in mezzo c'è qualcosa di irriducibile, che a questo punto va ricercato da chi acquista: il racconto, il volto di chi è arrivato a realizzare un prodotto che ha dentro di sé dei valori. Se questa parte è incerta, se il biologico non ha un volto, meglio diffidare e rivolgersi ad altri... tanto l'offerta ormai è diffusa e dà ampie soddisfazioni a tutti.
avvenire.it
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