Panettone, Christams Pudding e cappone in galera, se viaggiare è anche un po' mangiare
Per il solstizio d’inverno, che anticamente coincideva con le feste in onore di Saturno, divinità dell’agricoltura e dell’abbondanza, i romani preparavano grandi banchetti e offrivano cibo al dio affinché tornasse nell’aldilà. Ancora oggi, in occasione delle feste natalizie, si continua la tradizione di celebrare le divinità preparando sulle tavole imbandite le migliori ricette tramandate di generazione in generazione, diverse per ogni regione e città. Alla cena di magro, la sera del 24 dicembre, segue in genere il pranzo di carne del giorno di Natale: è il tempo delle riunioni familiari dove consumare il pasto insieme ha un valore simbolico di condivisione e di pacificazione, dove anche solo la preparazione del cibo rappresenta un’importante cerimonia affettiva. Le ricette per le feste sono strettamente legate alla cultura, alle tradizioni e alla storia dei singoli Paesi: le materie prime e i metodi di cottura sono cambiati ma restano immutati alcuni ingredienti e i sapori che, tuttavia, sempre più spesso si accostano a nuovi cibi esotici.
Ecco sei tipiche ricette tradizionali di diversa provenienza: il cappone in galera, tipico della cucina ligure e simile alla panzanella toscana; lo storico Christmas Pudding, budino ricchissimo d’origine inglese; il Lutfisk, stoccafisso dei Paesi nordici; i dolci Lebkuchen a base di pan di zenzero, tipici della Germania; la bevanda canadese e statunitense Eggnog, che corrisponde al nostro zabaione ma molto più alcolico, e il classico panettone milanese.
Cappone in galera
L’antica cucina ligure propone per le feste, tra gli altri, il cappone in galera, una specie di paella a base di pesce che i marinai cucinavano il giorno di Natale, illudendosi che fosse cappone. Il piatto appartiene alla cucina più povera; la tradizione vuole che venisse consumato dai marinai a bordo delle galee, le imbarcazioni da carico e da pesca: la ricetta si chiamava Cundijun sulla Riviera di Ponente e altrove Capponadda, che nulla aveva a che fare con la caponata siciliana a base di melanzane, olive, capperi e pomodori. Si trattava, invece, di una galletta secca – così non si ammuffiva - intrisa di acqua salata e aceto sopra cui si servivano, freddi, acciughe sotto sale, capperi, bottarga di muggine o tonno, olive, uova sode, cipolle e olio d’oliva. Tutti questi ingredienti poveri e semplici della tradizione sono rimasti ma oggi rivisitati con l’aggiunta di molluschi e crostacei, pomodori e peperoni. Il piatto deve riposare per assorbire meglio i sapori e al posto della galletta si usano fette di pane raffermo, come quelle che in Toscana servono per preparare la panzanella.
L’antica cucina ligure propone per le feste, tra gli altri, il cappone in galera, una specie di paella a base di pesce che i marinai cucinavano il giorno di Natale, illudendosi che fosse cappone. Il piatto appartiene alla cucina più povera; la tradizione vuole che venisse consumato dai marinai a bordo delle galee, le imbarcazioni da carico e da pesca: la ricetta si chiamava Cundijun sulla Riviera di Ponente e altrove Capponadda, che nulla aveva a che fare con la caponata siciliana a base di melanzane, olive, capperi e pomodori. Si trattava, invece, di una galletta secca – così non si ammuffiva - intrisa di acqua salata e aceto sopra cui si servivano, freddi, acciughe sotto sale, capperi, bottarga di muggine o tonno, olive, uova sode, cipolle e olio d’oliva. Tutti questi ingredienti poveri e semplici della tradizione sono rimasti ma oggi rivisitati con l’aggiunta di molluschi e crostacei, pomodori e peperoni. Il piatto deve riposare per assorbire meglio i sapori e al posto della galletta si usano fette di pane raffermo, come quelle che in Toscana servono per preparare la panzanella.
Christams Pudding
Nato in Inghilterra come semplice piatto di frumento cotto nel latte, il pudding subì numerosi cambiamenti: nel Medioevo si arricchì con brodo di manzo, farina d’avena, uova, frutta secca, noce moscata e zenzero; alcune modifiche alla ricetta vennero fatte all’epoca di Elisabetta I con l’aggiunta delle prugne secche ma l’attuale versione del plum pudding, storico e delizioso budino inglese, risale alla fine del Seicento con una forma perfettamente sferica. Poi, nel XIX secolo le prugne secche furono sostituite da uva sultanina e frutta candita. L’attuale Christmas pudding risale all’epoca vittoriana: in una larga terrina si mescolano 450 grammi di mollica di pane bianco, un cucchiaino di zenzero e spezie miste, 2 cucchiaini di sale, 225 grammi di strutto, 250 grammi di zucchero di canna, 110 grammi di frutta candita a pezzetti, 450 grammi di uva sultanina e 85 grammi di carote grattugiate. A parte si mescolano 3 cucchiai di brandy, due di latte e 110 grammi di zucchero, per poi aggiungerli agli altri ingredienti. Il composto si versa in un recipiente di ceramica ben imburrato e si copre con carta oleata; si avvolge il tutto (compreso il recipiente) in un panno e si cuoce a bagnomaria per 5 ore se il pudding è piccolo o 9 per uno più grande. A cottura ultimata, si lascia raffreddare a lungo e si serve con il rhum o il brandy butter, una salsa a base di burro, zucchero, noce moscata e cannella, con rhum o brandy.
Nato in Inghilterra come semplice piatto di frumento cotto nel latte, il pudding subì numerosi cambiamenti: nel Medioevo si arricchì con brodo di manzo, farina d’avena, uova, frutta secca, noce moscata e zenzero; alcune modifiche alla ricetta vennero fatte all’epoca di Elisabetta I con l’aggiunta delle prugne secche ma l’attuale versione del plum pudding, storico e delizioso budino inglese, risale alla fine del Seicento con una forma perfettamente sferica. Poi, nel XIX secolo le prugne secche furono sostituite da uva sultanina e frutta candita. L’attuale Christmas pudding risale all’epoca vittoriana: in una larga terrina si mescolano 450 grammi di mollica di pane bianco, un cucchiaino di zenzero e spezie miste, 2 cucchiaini di sale, 225 grammi di strutto, 250 grammi di zucchero di canna, 110 grammi di frutta candita a pezzetti, 450 grammi di uva sultanina e 85 grammi di carote grattugiate. A parte si mescolano 3 cucchiai di brandy, due di latte e 110 grammi di zucchero, per poi aggiungerli agli altri ingredienti. Il composto si versa in un recipiente di ceramica ben imburrato e si copre con carta oleata; si avvolge il tutto (compreso il recipiente) in un panno e si cuoce a bagnomaria per 5 ore se il pudding è piccolo o 9 per uno più grande. A cottura ultimata, si lascia raffreddare a lungo e si serve con il rhum o il brandy butter, una salsa a base di burro, zucchero, noce moscata e cannella, con rhum o brandy.
Lutfisk
Per Natale nei Paesi scandinavi si cucinava il classico stoccafisso o merluzzo macerato per una settimana in acqua e soda. Generalmente si condiva con panna, besciamella o burro fuso, salsa di mirtilli o di barbabietole, perché la procedura per lavarlo dava al pesce un odore forte e pungente e una tipica consistenza gelatinosa. Ogni Paese – dalla Finlandia alla Svezia e alla Norvegia – cominciò ad aggiungervi le proprie prelibatezze, creando tante varianti. Oggi, il tradizionale piatto è presente sulle tavole norvegesi nella sua versione più classica: il merluzzo viene lasciato nell’acqua fredda per 5 giorni, cambiando spesso l’acqua; poi viene immerso in una soluzione di acqua fredda e soda per altri due giorni: il pesce si gonfia e si copre di gelatina. Poi, per altri 4 giorni, va immerso nell’acqua fredda per renderlo commestibile. Prima di cuocerlo si ricopre di sale, che si leva dopo mezz’ora sotto l’acqua corrente; a questo punto si mette in un tegame, si sala, si copre con un coperchio e si lascia cuocere a vapore a fuoco molto basso per 20 minuti. Un’alternativa è cuocerlo in forno per 40 minuti, avvolto in un foglio di alluminio, oppure lo si cucina bollito, immergendolo per pochissimo tempo nell’acqua, avvolgendolo in una garza per evitare che si sfaldi.
Per Natale nei Paesi scandinavi si cucinava il classico stoccafisso o merluzzo macerato per una settimana in acqua e soda. Generalmente si condiva con panna, besciamella o burro fuso, salsa di mirtilli o di barbabietole, perché la procedura per lavarlo dava al pesce un odore forte e pungente e una tipica consistenza gelatinosa. Ogni Paese – dalla Finlandia alla Svezia e alla Norvegia – cominciò ad aggiungervi le proprie prelibatezze, creando tante varianti. Oggi, il tradizionale piatto è presente sulle tavole norvegesi nella sua versione più classica: il merluzzo viene lasciato nell’acqua fredda per 5 giorni, cambiando spesso l’acqua; poi viene immerso in una soluzione di acqua fredda e soda per altri due giorni: il pesce si gonfia e si copre di gelatina. Poi, per altri 4 giorni, va immerso nell’acqua fredda per renderlo commestibile. Prima di cuocerlo si ricopre di sale, che si leva dopo mezz’ora sotto l’acqua corrente; a questo punto si mette in un tegame, si sala, si copre con un coperchio e si lascia cuocere a vapore a fuoco molto basso per 20 minuti. Un’alternativa è cuocerlo in forno per 40 minuti, avvolto in un foglio di alluminio, oppure lo si cucina bollito, immergendolo per pochissimo tempo nell’acqua, avvolgendolo in una garza per evitare che si sfaldi.
Lebkuchen
Il pranzo di Natale in Germania profuma di vaniglia, zucchero, cannella e zenzero: il ricco menu è a base di oca o anatra arrosto, carni accompagnate da un passato speziato di mele, che termina con tantissimi dolci. Lebkuchen, torta o biscotto speziato al miele o pan di zenzero, è la vera specialità delle feste natalizie in Germania: dalle pasticcerie alle bancarelle dei mercati, dai ristoranti alle case, ovunque si diffonde nell’aria l’aroma inebriante del pan pepato. Originario dei Paesi scandinavi, dove ancora oggi si preparano gli originali biscotti speziati Pepparkakor allo zenzero, cannella, cardamomo e chiodi di garofano, il pan di zenzero Lebkuchen si diffuse in Germania e in Austria come dolce nato da un impasto di miele, zucchero finissimo o di canna, zenzero, cannella e chiodi di garofano. Il nome Lebkuchen significa letteralmente “torta di vita” e ogni città o regione segue una propria ricetta. I più tradizionali sono quelli di Norimberga e gli ingredienti sono: frutta secca, agrumi, canditi, uova, miele, farina, zucchero, marzapane e alcune spezie come la cannella, lo zenzero, l’anice, i chiodi di garofano e la noce moscata; in alcuni casi i dolci vengono ricoperti di glassa o di cioccolato. Anche in Sassonia sono molto rinomati e in particolare a Pulsnitz si sforna il pane speziato secondo la ricetta tradizionale; qui, tra l’altro, si tiene l’unico mercatino di Natale dedicato interamente al pan di zenzero.
Il pranzo di Natale in Germania profuma di vaniglia, zucchero, cannella e zenzero: il ricco menu è a base di oca o anatra arrosto, carni accompagnate da un passato speziato di mele, che termina con tantissimi dolci. Lebkuchen, torta o biscotto speziato al miele o pan di zenzero, è la vera specialità delle feste natalizie in Germania: dalle pasticcerie alle bancarelle dei mercati, dai ristoranti alle case, ovunque si diffonde nell’aria l’aroma inebriante del pan pepato. Originario dei Paesi scandinavi, dove ancora oggi si preparano gli originali biscotti speziati Pepparkakor allo zenzero, cannella, cardamomo e chiodi di garofano, il pan di zenzero Lebkuchen si diffuse in Germania e in Austria come dolce nato da un impasto di miele, zucchero finissimo o di canna, zenzero, cannella e chiodi di garofano. Il nome Lebkuchen significa letteralmente “torta di vita” e ogni città o regione segue una propria ricetta. I più tradizionali sono quelli di Norimberga e gli ingredienti sono: frutta secca, agrumi, canditi, uova, miele, farina, zucchero, marzapane e alcune spezie come la cannella, lo zenzero, l’anice, i chiodi di garofano e la noce moscata; in alcuni casi i dolci vengono ricoperti di glassa o di cioccolato. Anche in Sassonia sono molto rinomati e in particolare a Pulsnitz si sforna il pane speziato secondo la ricetta tradizionale; qui, tra l’altro, si tiene l’unico mercatino di Natale dedicato interamente al pan di zenzero.
Eggnog
E’ la bevanda di Natale, alcolica e a base di uova (egg) e latte speziato con caramello e noce moscata; nog, invece, indicava una birra molto forte che è stata poi sostituita da un mix di rum, brandy e whisky. L’eggnog si beve quando fa molto freddo in Gran Bretagna, in Canada e negli Stati Uniti: si versano in un recipiente un uovo, 2 cucchiai di liquore a scelta e 3 abbondanti di latte; ottenuto un composto omogeneo, si aggiungono la noce moscata e un cucchiaio di sciroppo di caramello. Prima di berlo si possono aggiungere dei cubetti di ghiaccio per contrastare il composto bollente. Una variante della bevanda alcolica è il gløgg danese, un vin brulé con acquavite, uva sultanina, mandorle, zenzero e chiodi di garofano: anch’esso è servito bollente, indispensabile per riscaldarsi durante il gelido inverno del Nord.
E’ la bevanda di Natale, alcolica e a base di uova (egg) e latte speziato con caramello e noce moscata; nog, invece, indicava una birra molto forte che è stata poi sostituita da un mix di rum, brandy e whisky. L’eggnog si beve quando fa molto freddo in Gran Bretagna, in Canada e negli Stati Uniti: si versano in un recipiente un uovo, 2 cucchiai di liquore a scelta e 3 abbondanti di latte; ottenuto un composto omogeneo, si aggiungono la noce moscata e un cucchiaio di sciroppo di caramello. Prima di berlo si possono aggiungere dei cubetti di ghiaccio per contrastare il composto bollente. Una variante della bevanda alcolica è il gløgg danese, un vin brulé con acquavite, uva sultanina, mandorle, zenzero e chiodi di garofano: anch’esso è servito bollente, indispensabile per riscaldarsi durante il gelido inverno del Nord.
Panettone
E’ il dolce di Natale più famoso nel nostro Paese: il panettone è nato a Milano nel Duecento come pane arricchito di lievito, miele e uva secca. Nel Seicento aveva la forma di una focaccia, fatta di farina di grano e chicchi d’uva, mentre nell’Ottocento era una specie di pane di farina di grano arricchito con uova, zucchero e uva passa. Uno degli artefici del panettone moderno – farina, lievito, latte, uova, zucchero, burro, limoni, arance, uvetta, vaniglia e cedro - è il pasticcere Paolo Biffi, che preparò il dolce per Pio IX e glielo spedì con una carrozza nel 1847; la creazione dell’attuale confezione del panettone, invece, è databile alla prima metà del secolo scorso, quando l’imprenditore Angelo Motta propose la forma di cupolone. Molte sono le storie e le leggende legate alla nascita del panettone, ma due sembrano le più attendibili: la prima è ambientata a fine ‘400 e narra di Ugo, figlio di un nobile condottiero, che si innamorò della giovane Adalgisa. Per stare accanto all’amata s’improvvisò pasticcere come suo padre, il famoso Toni, e creò un pane di farina, lievito, burro, uova, zucchero, cedro e aranci canditi. Ludovico il Moro e la moglie, la duchessa Beatrice, vista la grande passione del giovane, convinsero il condottiero a far sposare il figlio con la popolana. Il dolce, “Pan del Toni”, divenne subito un successo senza precedenti. La seconda versione narra che per la vigilia di Natale, alla corte del duca Ludovico il Moro, era stata predisposta la preparazione di un nuovo dolce a forma di cupola. Purtroppo durante la cottura il pane che conteneva alcuni acini d’uva si bruciò; il cuoco, disperato, venne consigliato da uno sguattero di nome Toni di servire ugualmente il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Agli invitati questo strano pane piacque molto e nacque così il “pan del Toni”.
E’ il dolce di Natale più famoso nel nostro Paese: il panettone è nato a Milano nel Duecento come pane arricchito di lievito, miele e uva secca. Nel Seicento aveva la forma di una focaccia, fatta di farina di grano e chicchi d’uva, mentre nell’Ottocento era una specie di pane di farina di grano arricchito con uova, zucchero e uva passa. Uno degli artefici del panettone moderno – farina, lievito, latte, uova, zucchero, burro, limoni, arance, uvetta, vaniglia e cedro - è il pasticcere Paolo Biffi, che preparò il dolce per Pio IX e glielo spedì con una carrozza nel 1847; la creazione dell’attuale confezione del panettone, invece, è databile alla prima metà del secolo scorso, quando l’imprenditore Angelo Motta propose la forma di cupolone. Molte sono le storie e le leggende legate alla nascita del panettone, ma due sembrano le più attendibili: la prima è ambientata a fine ‘400 e narra di Ugo, figlio di un nobile condottiero, che si innamorò della giovane Adalgisa. Per stare accanto all’amata s’improvvisò pasticcere come suo padre, il famoso Toni, e creò un pane di farina, lievito, burro, uova, zucchero, cedro e aranci canditi. Ludovico il Moro e la moglie, la duchessa Beatrice, vista la grande passione del giovane, convinsero il condottiero a far sposare il figlio con la popolana. Il dolce, “Pan del Toni”, divenne subito un successo senza precedenti. La seconda versione narra che per la vigilia di Natale, alla corte del duca Ludovico il Moro, era stata predisposta la preparazione di un nuovo dolce a forma di cupola. Purtroppo durante la cottura il pane che conteneva alcuni acini d’uva si bruciò; il cuoco, disperato, venne consigliato da uno sguattero di nome Toni di servire ugualmente il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Agli invitati questo strano pane piacque molto e nacque così il “pan del Toni”.
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