L'emozione che fa tremare Diane Kruger, quella che paralizza Joaquin Phoenix, quella che fa saltare con esuberanza il 43enne regista svedese Ruben Ostlund Palma d'oro con il grottesco The Square, il pianto tenero della regista opera prima Camera d'or Leonor Serraille e l'appello della madrina Monica Bellucci a fare largo nell'immediato futuro alle cineaste. Sono i momenti da ricordare della cerimonia di chiusura del 70/mo festival di Cannes. Il palmares a Cannes è sempre una grande sorpresa e nulla mai trapela rispetto ai premiati, vengono chiaramente richiamati dal festival poche ore prima, ma senza sapere cosa andranno a vincere (e se andranno a vincere, ci sono casi storici di depistaggio a confermarlo), così ogni anno si ripete qui nell'ultima sera la magia dell'emozione immediata, quella che fa tremare la voce, che fa commuovere o straparlare. La cerimonia per quanto essenziale vive ogni anno di questo.
Diane Kruger è stata toccante: questa bellissima attrice e modella tedesca, dalla grande carriera internazionale, testimonial di moda e beauty, sulle copertine dei magazine più importanti, sintesi stupenda di come i due mestieri si possano incontrare alla pari e senza pregiudizi, è salita sul palco e intimidita per il premio, la palma per la migliore interpretazione femminile, con la macchina che le ha inquadrato le mani che tremavano, ha ringraziato e ricordato come "tutto sia cominciato qui a Cannes, grazie mille volte" e poi rivolta al regista tedesco di origine turca Fatih Akin che l'ha diretta nel ruolo da premio di In The Fade l'ha definito "mio fratello, colui che mi ha dato la forza".
Quasi senza parole Joaquin Phoenix, il violento investigatore privato di You were never really here di Lynne Ramsay: quando annunciando la palma per la migliore interpretazione maschile la macchina lo inquadra, lui ha sgranato gli occhi ebete poi è salito sul palco e oltre che ringraziare impacciato si è scusato "per le scarpe da ginnastica" che indossava sotto il completo scuro, "questo premio è per me totalmente inaspettato". Composto e ispirato (ma forse un po' deluso visto che fino a pochissimo prima della cerimonia era dato per il primo premio) Robin Campillo, lo sceneggiatore e regista francese nato in Marocco alla sua prima volta nel concorso di Cannes: 120 battements par minute (in sala in Italia con Teodora), vincitore del 'secondo' premio il Grand Prix, ringrazia i suoi attori "al servizio di una storia collettiva molto forte" che ripercorre le prime battaglie della comunità omosessuale alla fine degli anni '70 per le cure all'Aids. Euforico lo svedese Ostlund esuberante per la Palma d'oro a The Square, una storia in pieno gusto del cinema di Almodovar e Sorrentino, ritratto grottesco dell'arte contemporanea e critica feroce dell'era disinvolta della promozione social. Abbracciando i suoi protagonisti Dominic West, Elisabeth Moss e Claes Bang, non ha fatto che saltellare urlando 'Oh my God".
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