(Stefano Mariottini )… dichiara di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, Km 130 circa sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto all’altra. L’altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm.” È la denuncia ufficiale depositata il 17 agosto 1972 con Protocollo n. 2232, presso la Soprintendenza alle antichità della Calabria a Reggio dal giovane sub dilettante Stefano Mariottini. Fu il soprintendente di allora Giuseppe Foti che avallò la dichiarazione con un appunto a sua firma sulla denuncia dove dichiarava:“La presente segnalazione fa seguito alla comunicazione telefonica del 16 agosto 1972, ricevuta alle ore 21 che denunziava la scoperta“. La dichiarazione del soprintendente, fu fondamentale per l’attribuzione della scoperta a Mariottini. Scoperta che fu contestata a quel tempo da un gruppo di giovanissimi (Cosimo Alì, il fratello Antonio e i compagni Giuseppe Sgrò e Domenico Campagna) che affermavano di aver visto affiorare dal fondale marino un braccio di una statua (il braccio sinistro di quella che oggi conosciamo come “statua A”) proprio nel punto indicato nella denuncia presentata successivamente da Mariottini, Secondo i ragazzi, il ritrovamento fu sbandierarto a gran voce sulla spiaggia da loro stessi nella mattina del 16 agosto al rientro dalla pesca subacquea e probabilmente ascoltato da Mariottini già esperto di ritrovamenti subacquei. Il sub capì l'importanza di recuperare al più presto le due statue, per cui si affrettò a chiamare a casa il Sovrintendente in persona, Giuseppe Foti.
I sommozzatori dei Carabinieri recuperarono le due statue utilizzando un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Il 21 agosto fu recuperata la statua B, mentre il giorno successivo toccò alla statua A (che ricadde al fondo una volta prima d’essere portata al sicuro sulla spiaggia).
Durante i primi interventi di pulitura eseguiti dai restauratori del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria apparve evidente la straordinaria fattura delle due statue. Alte 1,98 e 1,97 metri, autentici esemplari dell’arte greca, furono realizzate nel V secolo a.C. con una differenza di 30 anni l'una dall'altra e presentano stilemi dorici tipici del Peloponneso o dell'occidente greco. L’équipe di tecnici di Reggio Calabria, lavorò alla pulitura delle due statue fino al gennaio 1975, quando la Soprintendenza reggina ebbe la certezza che sarebbe stato impossibile eseguire un completo e valido restauro delle statue utilizzando solo i limitati strumenti che erano a disposizione del proprio laboratorio. Si decise allora, di trasferirle al Centro di Restauro di Firenze, costituito dopo l’alluvione del 1966. Le ipotesi sulla provenienza e sugli autori delle statue sono diverse, ma non esistono ancora elementi che permettano di attribuire con certezza le opere ad uno specifico scultore.
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