Sul Terminillo. Una famiglia, tre bimbi, due rifugi. «Il nostro sogno a porte aperte»

Una coppia, tre bambini, un cavallo, tre muli, un somarello e due cani. È la famiglia, molto allargata, che gestisce il rifugio Angelo Sebastiani, 1.820 metri, su versante del Monte Terminillo, 2.217 metri, la “montagna di Roma”, stazione sciistica fortemente voluta da Benito Mussolini che la frequentava con Claretta Petacci, assieme a molti gerarchi fascisti. Terreno di alpinismo, estivo e invernale, facile e impegnativo, su itinerari di prati, rocce, ghiaccio, che partono dal rifugio aperto nel 1961 e intitolato ad Angelo Sebastiani, sciatore, membro fondatore del Cai di Rieti e pioniere dell’esplorazione del Terminillo, partigiano assieme ai fratelli Mario, Gino ed Enrico, ucciso dai nazisti il 9 giugno 1944.

Da gennaio di quest’anno è gestito da Emanuele Ludovisi che ci vive con la compagna Claudia e i figli Noah 7 anni, Andrea 3 anni ed Ethan 9 mesi. Con loro la cavalla Minnie, i muli Alpina, Genziana e Martina, il somarello Gastone e i due cani Maya, lupo italiano, sempre in movimento, e Marley, pastore australiano, sdraiato a prendere il fresco all’ingresso del rifugio. Ad aiutare la coppia la vivacissima e simpatica cognata Michela, il tuttofare mai fermo Michele, il bravo cuoco Roberto, volontario del soccorso alpino. Emanuele e Claudia non sono “montanari” ma vengono dal mare, pur con ascendenze montane. Lui, 41 anni, è di Lido dei Pini, litorale a sud di Roma, ma il nonno è di Pettino, Appennino umbro. «Lì mi è nata da bambino la passione per la montagna». Claudia, 43 anni, l’ha conosciuta a Nettuno, sempre mare, ma originaria di Jenne, Parco regionale dei Monti Simbruini, il nonno pastore. Emanuele è da sempre appassionato di natura, scout. Eredita dal padre, prima tappezziere e poi gestore di un centro ippico, la passione per i cavalli. Ma quella per la montagna la riscopre da adulto. «Ho cominciato col Cammino di Santiago di Compostela a 29 anni». Poi arriva l’alpinismo, lo scialpinismo, la corsa in montagna, i lunghi trail. «Mi piace l’avventura, mettermi alla prova », come quando lo scorso anno in otto giorni ha salito con piccozza e ramponi su neve e ghiaccio sei grandi vette dell’Appennino Centrale, dormendo in tenda e “concatenando” le vette, gli spostamenti con una bici carica di 52 chili di materiale. «Qualcosa mi dovevo portare, per essere autonomo...», scherza quando gli facciamo notare l’ulteriore sforzo. In questo coinvolge anche Claudia, che faceva la maestra di ballo (»È la mia passione, Emanuele a ballare è un ciocco»). «Un giorno mi ha chiesto di portarla in montagna. La prima volta l’ho portata sul monte Circeo», lo splendido promontorio laziale, una vera montagna dove ci sono anche vie di arrampicata, all’interno dell’omonimo Parco nazionale. Claudia non si è fermata alla montagna sul mare. «Ora anche lei fa corsa in montagna e va molto bene », dice Emanuele con orgoglio. «È vero – ci dice Claudia, col piccolo Ethan in braccio –, gli ho chiesto di allenarmi, ma ha cominciato subito forte. Lui è estremo, io sono più da bosco a da riviera. Amo la natura, amo gli animali. Non riesco a uccidere neanche gli insetti. Fin da piccola. Davo il granturco alle formiche...».

Dall’amore per la natura e la montagna è arrivata la scelta nel rifugio. «Con Claudia fantasticavamo di gestire un rifugio, pensavamo al Trentino. Non frequentavamo il Terminillo. È stato quasi un caso». Così nel 2017 partecipano e vincono il bando per la gestione del rifugio Rinaldi, sul Terminilletto a quota 2018 metri, raggiungibile solo a piedi. «Ho vinto grazie ai muli», ricorda Emanuele. E infatti tutto arrivava e arriva ancora oggi grazie ai tre animali, perché la famiglia continua a gestire anche questo rifugio. «Quella scelta è stata coraggiosa, ci ha sconvolto la vita ma abbiamo capito che potevamo farcela da soli». Con Noah, che era già nato «ed è cresciuto nel rifugio. È molto coinvolto, scia, ha assorbito la montagna. E dice: “Io sono montanaro e devo mangiare quello che trovo”». Coi fratelli vanno a raccogliere funghi e mirtilli, «dicono “andiamo a fare fragoline”, vivono la stagionalità». Bambini molto autonomi. Così nella bacheca del rifugio i genitori hanno messo un cartello: «Non date da mangiare al cane e al piccolo Andrea per favore... Non hanno fame, sono solo ingordi. Niente tenerezza, mangiano già abbastanza. Grazie infinite». In un’altra bacheca di fronte i ricordi di Angelo Sebastiani, i suoi sci in legno, le foto d’epoca delle scalate, i diplomi di sci, la tessera del Cai. La memoria e l’impegno presente.

Così, dopo il Rinaldi, Emanuele e Claudia decidono di raddoppiare col Sebastiani. Innovando ma tornando alle origini. La struttura, infatti, negli anni aveva perso la sua caratteristica di rifugio. Raggiungibile in auto era diventata soltanto un ristorante, aperto esclusivamente per il pranzo, niente pernottamento, niente cena, nessuna attività alpinistica. Ora invece con Emanuele e Claudia, è possibile pernottare nelle tre camerate, 20 posti letto, con colazione, pranzo e cena. In perfetto stile rifugio. Inoltre sono partiti corsi di alpinismo e del soccorso alpino. Davvero aria di montagna. Anche se il sabato e la domenica sono in tanti a salire in auto solo per un pranzo tra aria buona e vista mozzafiato sul Terminillo. Ma va bene così, reddito che sostiene il resto. E i tre bambini? Noah quest’anno ha cominciato a frequentare la scuola a Lisciano, a 19 chilometri, e molto probabilmente a Pian delle Valli, 5 chilometri, la parrocchia aprirà un asilo, anche perché nella zona, oltre a Emanuele e Claudia, ci sono anche altre famiglie con bambini. Così ogni giorno si scende a valle. «Anche a Roma i genitori portano i figli a scuola in auto, e per percorsi più lunghi, ma qui non c’è traffico e vedi bei paesaggi, quasi tutta la strada è in mezzo al bosco».

Pensa positivo, papà Emanuele. Anche se proprio per la questione della strada sta combattendo una dura battaglia: «La neve non è più costante. Si passa da un eccesso all’altro, con eventi estremi. Così la montagna è più pericolosa ma la strada è un’altra cosa». Quest’anno è nevicato poco, poi a gennaio ne è arrivata tanta tutta assieme. «Siamo rimasti bloccati al rifugio per 23 giorni, senza che nessuno venisse a pulire la strada con lo spazzaneve. Poi l’hanno pulita ma solo in parte. Siamo stati abbandonati. Per fare la spesa dovevo scendere in parte col fuoristrada e poi a piedi». Ovviamente in quel periodo non hanno lavorato. Ed Emanuele per protesta, una volta liberata la strada, l’ha bloccata con la sua auto. «Farò una guerra affinché la strada sia sempre percorribile, ne faccio un caso nazionale». Anche perché il rifugio è sempre aperto, tranne novembre e maggio, mesi con poca affluenza

Tutto questo non fa certo desistere Emanuele e Claudia: «Abbiamo fatto la scelta giusta». Claudia, che lavorava al servizio Cup di Anzio-Nettuno, è ancora in aspettativa per maternità, ma poi lascerà definitivamente l’impiego per dedicarsi a rifugio e famiglia. In aiuto è arrivata anche la nonna, mamma di Claudia, che fa la bidella e si è fatta trasferire proprio nella scuola di Lisciano. Intanto, mentre la sala da pranzo si affolla – come anche il lungo sentiero che sale al Terminillo –, i tre biondissimi bambini scorrazzano liberi. Davvero c’è aria di montagna nel rifugio Sebastiani, con serenità e tranquillità. «Qui il tempo va a rilento», è quasi il loro slogan.

avvenire.it

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