Cheese non è solo la vetrina della tradizione casearia italiana ma anche una specie di tribuna da cui si lanciano messaggi che possono cambiare i consumi. Ecco perché Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, alla vigilia dell’evento giunto ormai alla quattordicesima edizione, sostiene che «mangiare un formaggio è un atto politico».
Dal ’97 a oggi l’organizzazione ha combattuto per affrancare il latte crudo quando si riteneva che tutto dovesse essere pastorizzato per esser sicuro. Si è proseguito con la battaglia contro il latte in polvere e ora si difende la biodiversità dei prati. «Il nuovo e ambizioso progetto di Slow Food Italia è quello dei prati stabili: abbiamo ulteriormente alzato l’asticella, per cercare di far capire che mangiare un tocco di formaggio piuttosto che un altro può davvero fare la differenza, per gli animali e il loro benessere, per l’ambiente e la tenuta dei territori, per i casari e anche per noi» dice Sardo, che su questo terreno ha intensificato il dialogo con il mondo biologico e biodinamico. Per il futuro ci si prepara, annuncia, a contrastare gli allevamenti industriali, che assicurano l’80% della produzione europea di carne. Insomma, gusto e idee in questa kermesse che animerà la cittadina di Bra, capitale di Slow Food, dal 15 al 18 settembre, attraverso il Mercato dei formaggi, con oltre 400 espositori, i Laboratori del Gusto e gli Appuntamenti a Tavola, la Gran Sala dei formaggi e l’Enoteca, ma anche molte conferenze e percorsi sensoriali.Se si vogliono prati stabili bisogna salvare i pastori, è il concetto base di questa edizione secondo Serena Milano, che dirige Slow Food Italia. A valorizzare il mestiere del pastore/casaro sta lavorando Salvatore Claps, Direttore del CREA ZA – Centro di ricerca Zootecnia ed Acquacoltura di Bella, in Basilicata, che nel 2022, in collaborazione con Maria Assunta D’Oronzio del CREA PB – Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, ha organizzato la prima edizione del corso per tecnici nelle produzioni lattiero-casearie tradizionali sostenibili. Una vera e propria scuola del casaro, cui fanno eco i vari corsi di pastorizia che stanno nascendo in diverse regioni italiane.
«Nei caseifici c’è un’elevata richiesta di manodopera specializzata, di persone competenti che conoscono l’intero processo e sono in grado di intervenire nei punti critici, come la promozione di questi prodotti in un mercato sempre più competitivo e globale», racconta Claps.L’esperienza della malga alpina sarà portata a Bra, invece, da Davide Nicoli, produttore del Presidio Slow Food dell’Asiago stravecchio, uno dei più giovani malgari dell’Altopiano di Asiago, dove si è specializzato in allevamento di razza rendena, le vacche tradizionali di queste montagne. Oggi gestisce la Malga Serona, nel comune di Caltrano, a circa 1260 metri di altitudine, e da giugno a settembre produce un formaggio dal gusto unico, frutto delle fioriture e delle erbe tipiche stagionali.
Altra storia di alpeggio è quella di Alice dell’Azienda Agricola Nicoletta, di Settimo Vittone, in Piemonte. Infine, Viola Marcelli, referente della Comunità Slow Food dell’Aquilano per l’allevamento transumante, è il punto di congiunzione tra la parte istituzionale e il progetto di innovazione della Cooperativa ASCA, fondata nel 1977 ad Anversa degli Abruzzi e tra le prime a diversificare l’attività e aprire le porte dell’agriturismo, un’ancora di salvezza per le aziende agricole abruzzesi, soprattutto in un’economia marginale come quella zootecnica e dell’agricoltura montana.E poiché prati stabili e formaggi naturali sono profondamente interconnessi, a Cheese Giampaolo Gaiarin, affronterà questo tema. Ricorderà, tra l’altro, che «i fermenti industriali abbassano il profilo odoroso e aromatico del formaggio, perché i fermenti industriali contengono una tipologia di batteri, al massimo due». Come sempre, Cheese è anche una scuola per chi ama il formaggio.
avvenire.it
Nessun commento:
Posta un commento