San Francesco come Gesù, il Nuovo Cristo, il Tredicesimo Apostolo venuto per salvare la Chiesa e il mondo.
C'è la mano di un pittore tra i più grandi del Duecento ma di cui non di sa nulla dietro la stagione che verso le metà di quel secolo vide nascere e svilupparsi ad Assisi il cantiere internazionale di artisti impegnati a mettere il Santo al centro della scena nel solco ideologico tracciato da Bonaventura da Bagnoregio. Fu appunto il Maestro di San Francesco, chiamato così alla fine dell' '800 dallo storico dell' arte tedesco Henry Thode, a raccogliere la lezione di Giunta Pisano che superava la rappresentazione del crocifisso con gli occhi aperti e trionfante sulla morte, umanizzandone invece nella sofferenza i tratti e le sembianze, inserendo elementi di novità come le figure intere di San Giovanni e della Madonna ai lati della croce e del Santo, anche lui con le stimmate, ai piedi sanguinanti di Gesù.
A celebrarne il valore, oscurato pochi decenni dopo da Cimabue e dalla potenza di Giotto, è la Galleria Nazionale dell' Umbria dal 9 marzo al 10 giugno con la grande mostra 'L' Enigma del Maestro di San Francesco. Lo stil novo del Duecento umbro', nell'ottavo centenario delle stimmate del Patrono d'Italia, che sarà inaugurata dal minstro Sangiuliano. I curatori - Andrea De Marchi, Veruska Picchiarelli e Emanuele Zappasodi - hanno selezionato una sessantina di opere riunendo, come mai era avvenuto, sette dei nove dei capolavori mobili conosciuti del Maestro. Il cuore pulsante del racconto in otto sezioni è la Croce Dipinta di quasi cinque metri - la più grande con quella di Cimabue mai fatta in Italia e oggi divenuta il simbolo della Gnu - realizzata nel 1272 per la chiesa di San Francesco al Prato e le porzioni del dossale d' altare dipinto sui due lati che finalmente viene ricomposto con gli arrivi dalla National Gallery di Washington, dal Metropolitan di New York e dal museo del Sacro Convento.
L' allestimento, nel suggestivo blu notte che richiama la volta della basilica inferiore di Assisi, dove l' artista dipinse le scene della vita di Gesù speculari a quelle di Francesco come Alter Christus, evoca l'abside della chiesa perugina ''in dialogo'' con tutte le opere. Il percorso muove dalla Stauroteca di Cosenza, reliquiario dorato della croce realizzato a Palermo intorno al 1170 che rimanda al mondo bizantino, e si sviluppa con le croci di Giunta Pisano (dal museo della Porziuncola e da Pisa) che riprendono l' iconografia del Cristo sofferente presa a modello dal Maestro di San Francesco. Spicca, anche per il suo valore di reliquia, la tavola che raffigura il Santo tra due angeli che, secondo la tradizione, Francesco usava come giaciglio e sulla quale fu poggiato il suo corpo dopo la morte.
Qui il Maestro mostra per la prima volta la ferita al costato del Poverello, prova di santità delle stimmate certificate dai due papi dell' epoca Gregorio IX e Alessando IV. Le due croci di medio formato dal Louvre e dalla National Gallery di Londra si affiancano a quella della Gnu prima del gran finale con la grande Croce del 1270 che arriva da Gualdo Tadino e la Pala Agiografica di Santa Chiara, dipinta da Maestro di Santa Chiara, concessa eccezionalmente dalla Basilica di Assisi. ''Il maestro di San Francesco - osserva Veruska Picchiarelli - è stato pittore raffinatissimo, un artista dei sentimenti e della commozione per l' attenzione ossessiva ai dettagli e la capacità di esprimere gli affetti e il mondo interiore''. Un protagonista che ha avuto un ruolo fondamentale nel far nascere una tradizione stilistica, ''la passione degli Umbri'', e nel dare vita all' iconografia ufficiale del Santo ''interpretando in maniera lucida le direttive dell' ordine francescano e della Chiesa''. ''Mai come allora Perugia fu davvero caput mundi - ha rimarcato Andrea De Marchi -. Con Assisi era un po' la New York dell' epoca. Quelle opere descrivono un mondo ardente e incadescente. Un grande teatro che parla profondo con la forza dell' arte''. Avvolgente, infine, è la sala virtuale che ricostruisce la Basilica Inferiore di Assisi mappata al centimetro. Al visitatore viene suggerito un percorso verso questo luogo sacro straordinario dove la navata unica, nuda e spoglia diventò intorno al 1270 ''uno scrigno multicolore, l' enorme reliquiario con le cinque storie della vita del Santo sulle pareti da un lato e di Cristo dall' altro, un calidoscopio di cui oggi restano solo larve''. Tra le decorazioni della volta erano disseminati piccoli specchi per simulare le stelle nella notte. Un' altro effetto speciale dell' artista che rappresentò ''l' ultimo fuoco di artificio dell' eredità bizantina che sarà spazzata via da Giotto''.
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