Archeologia. Scoperto uno dei complessi termali romani più estesi della Sicilia

Emerso nel sito archeologico di Halaesa Arconidea, nel Messinese, l'impianto ha una dimensione di circa 800 metri quadrati. I lavori di restauro lo renderanno accessibile al pubblico
Gli scavi archeologici di Halaesa Arconidea

Gli scavi archeologici di Halaesa Arconidea -

Nella città siculo-greca di Halaesa Arconidea, oggi sito archeologico di Tusa, in provincia di Messina, sono stati scoperti i resti di un impianto termale romano. Si tratta di uno dei complessi più estesi emersi fino a oggi sull’isola, con una dimensione di circa 800 metri quadrati. Il ritrovamento è avvenuto durante la quinta campagna di scavi condotta dall’Università degli Studi di Palermo in collaborazione con il Parco archeologico di Tindari e il comune di Tusa. Tra i resti termali, il gruppo di archeologi ha riportato alla luce due vani con il pavimento a mosaico, un cortile con le ali porticate e un ricco apparato decorativo. A questi si aggiungono un reticolo di strade e un tratto di fortificazioni che permetterà di ridefinire l’assetto urbanistico del luogo. La città aveva vie perpendicolari, con quella principale pavimentata da lastre quadrate, mentre le mura fortificate, costruite nel IV secolo a.C., si estendevano lungo i rilievi. Halaesa Arconidea fu fondata nel 403 a.C. su una collina, oggi denominata Santa Maria delle Palate, che domina la costa tirrenica e la valle del fiume Tusa. Durante la Prima guerra punica, nel 263 a.C., fu una delle prime città dell’isola ad allearsi con Roma e a diventare provincia romana di Sicilia, ottenendo lo status di civitates liberae et immunes. Ciò le permise di godere di una maggiore autonomia politica e giuridica: era esente da tributi come la Decima, la tassa pagata sui prodotti agricoli, e poteva ratificare leggi proprie. Queste caratteristiche consentirono ad Halaesa Arconidea di svilupparsi economicamente e demograficamente in età repubblicana, trasformandosi in un punto di riferimento per gli scambi commerciali grazie alla sua posizione geografica. In seguito, fu una delle quattro città siciliane ad acquisire lo status di municipium prima della morte di Augusto. Ciò la rendeva una cittadina legata a Roma, ma le permetteva, a differenza delle colonie, di conservare i propri magistrati e organi istituzionali. Nella prima età imperiale mantenne un elevato grado di prosperità, come testimoniano le fonti archeologiche ed epigrafiche, ma non si hanno molte informazioni su ciò che accadde alla città nel periodo medio e tardo imperiale. Dati sulla sua storia post-romana, invece, indicano che diventò sede vescovile intorno alla metà del V secolo, dopodiché fu abbandonata. Secondo gli studiosi, la causa più probabile è un violento terremoto avvenuto nell’856. Domenico Targia, direttore ad interim del Parco archeologico di Tindari, ha annunciato che saranno effettuati degli interventi di restauro per mettere in sicurezza il sito, valorizzarlo e permetterne l'apertura al pubblico.
Avvenire

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