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Il turismo accessibile vale 800 miliardi

Ha senso parlare di Turismo accessibile oggi, mentre le carrozzine scendono in piazza a chiedere il rispetto dei diritti (tra cui quello all’autonomia e alla sopravvivenza stessa)? Mentre i tagli al settore sociale colpiscono nel profondo le persone con disabilità? È una delle tante domande che mi sono posto mentre preparavo la relazione di apertura per la prima Unwto conference on Accessible tourism in Europe organizzata dall’Omt, l’Organizzazione mondiale del turismo nella Repubblica di San Marino il 19 novembre (sul palco: Teleb Rifai, segretario generale dell’Omt, e Pascal Lamy, attuale presidente della commissione etica dell’Omt) a cui Invisibili è stato invitato.
Sì, ha senso, ma a patto che vengano rispettate alcune “regole”. La prima delle quali è che il turismo accessibile e l’intera filiera, dopo la fase di lancio, siano capaci di autosostenersi e non tolgano risorse al settore sociale. Le istituzioni italiane ed europee devono indicare il percorso politico, etico e sociale di questo settore e poi lasciare che il mercato faccia il resto, intervenendo solo e per breve tempo, per raddrizzare eventuali storture. Il turismo accessibile (settore che ha visto la luce nei primi anni ‘90 ed è entrato a far parte delle strategie di sviluppo economico che la Commissione europea adotterà nel prossimo quinquennio) è impresa e non assistenza sociale. Perché la persona con disabilità è un turista, un ospite e un cliente esattamente come gli altri.
La locandina della prima Unwto conference a San Marino
La locandina della prima Unwto conference a San Marino
E i dati economici presentati alla conferenza di San Marino (i riassunti degli interventi – in inglese) e riportati anche durante il convegno organizzato dalla Regione Veneto ad Asiago il 21 novembre dal titolo Turismo accessibile: un nuovo modello di business per le imprese in Europa, mi fanno dire che il mercato c’è, ma mancano gli imprenditori (e i pochi italiani, coraggiosi, che ci sono faticano a “farsi capire dai possibili partner”). Nel 2012, il mercato del turismo accessibile valeva 800 miliardi di euro (considerando anche l’indotto) e occupava oltre nove milioni di persone – tra cui migliaia di persone con disabilità. “A Bruxelles abbiamo condotto numerose ricerche sul tema e abbiamo immaginato tre scenari futuri di abbattimento di barriere architettoniche e culturali a favore del turismo accessibile – spiega Antonella Correra, responsabile del turismo alla Direzione generale impresa e industria della Commissione europea -. Anche nel caso in cui l’impegno sia minore – solo con interventi di messa a norma o con una leggera formazione del personale – si otterrebbe un incremento del fatturato europeo del 18% equivalente a 140 miliardi. Un mercato che non conosce saturazione: più si migliora più cresce. E offre un ritorno dell’investimento (Roi) in circa un anno”. Il “non fare”, ovvero non attuare nessuna politica di miglioramento dell’accessibilità, secondo i dati europei costa 420 miliardi di mancati guadagni, la metà dell’operazione di salvataggio della Grecia. “Nella ricerca che presento in anteprima abbiamo chiesto – prosegue Correra alla presentazione di Asiago – agli imprenditori cosa li frena e la risposta è stata ‘Non sappiamo come fare, abbiamo paura di sbagliare’”. E nel dubbio non si fa! Mentre chi ha scelto la via dell’inclusione lo ha fatto “per rispondere a precise richieste del mercato – conclude Correra – che vale in Europa tra gli 80 e i 120 milioni di persone (le misurazioni statistiche sono differenti da paese a paese e non permettono un dato preciso n.d.r.).
Non ci vuole un economista per capire come questo dato sia in forte crescita, non fosse altro per l’invecchiamento continuo della popolazione, come sottolinea il Sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo della Repubblica italiana, Francesca Barracciu: “Il turismo accessibile riguarda mamme con bambini, over 65, persone con disabilità. Una fascia di turisti che nel 2011 ha rappresentato il 20,3% del totale, nel 2013 il 26,5%, e nel 2050 si prospetta che arrivi al 31,8%”. Una fetta di mercato da catturare e per questo “va ripensata tutta la filiera turistica – prosegue il Sottosegretario – dai trasporti alla sanità, dagli svaghi all’ospitalità. Si deve riaffermare l’equivalenza: ricchezza per l’economia uguale benessere per chi viaggia”.
La seconda regola è quella di fare sistema e creare informazione reale. Ci sta provando Necstour la rete che lega tra loro una ventina di regioni europee e si occupa di sostenibilità e competitività nel turismo. Mentre le migliaia d’iniziative che portano accessibilità in Europa faticano a trovare un unico interlocutore. Si moltiplicano tuttavia singoli esempi positivi: San Marino ha studiato percorsi dedicati per rendere più facile la visita della città abbarbicata sul monte Titano. Anche l’Unesco si sforza di rendere fruibile il suo patrimonio artistico (tra i percorsi accessibili più recenti quelli di Lucca, Avila in Spagna e Sozosol in Bulgaria). Il Sud Italia non resta a guardare: il comune di Castellana grotte (Ba) ha reso accessibili le grotte sul suo territorio, mentre Bernadette Lo Bianco, esperta e docente di turismo ha aperto al mondo della disabilità sensoriali le bellezze di Noto e di Siracusa. A Nord l’iniziativa del Castello di Rivoli (To) che dopo aver attivato percorsi di visita in Lingua italiana dei segni (Lis), sarà anche il primo museo di arte contemporanea ad affidare a storici dell’arte sordi la conduzione di attività in Lis (primo appuntamento il 29 novembre).
Tutte “buone pratiche che si perdono nel mare del chiacchiericcio da social e arrivano frammentate ai destinatari. Quindi “l’informazione deve arrivare chiara, comprensibile e oggettiva – spiega Roberto Vitali, patron di V4A – Non siamo noi a dare consigli all’utente con necessità speciali, è lui che deve scegliere se quel luogo è adatto o meno alle sue esigenze”. E in questo gli enti pubblici devono facilitare e non ostacolare (ricordo che il 31 dicembre scade il termine per “adottare per legge” i Peba, i Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche e che gli amministratori locali dei comuni saranno perseguibili per omissione di atti d’ufficio se non lo faranno).
Il segretario generale Unwto Taleb Rifai sul palco della convention
Il segretario generale Unwto Taleb Rifai sul palco della convention
E ancora – e siamo alla regola – parliamo di turismo realmente per tutti e non per pochi. Io sono paraplegico e ho girato un terzo di mondo, ma raramente sono riuscito a individuare situazioni che includessero le tante tipologie di disabilità. La disabilità è un poligono dalle migliaia di sfaccettature, non esiste un disabile uguale a un altro: ma ancora troppo spesso, anche da parte degli “esperti”, si tende ad assimilare il concetto di disabilità con la persona in sedia a rotelle. Troppo spesso si parla di luoghi accessibili solo perché è presente una rampa o un ascensore. E le persone con disabilità sensoriale? Quanti musei sono attrezzati per loro? E chi porta con sé un disagio intellettivo? Ogni estate leggiamo di persone con disabilità intellettiva cacciate dagli alberghi o relegate in un angolo “per non disturbare gli altri clienti”, fatte mangiare in camera per non creare scompiglio nella sala ristorante… Nel 2014, con un Expo alle porte è ora dire basta a queste barbarie, a questo ledere la dignità umana (consiglierei di rileggere l’articolo 3 della Costituzione). Troppo semplicistica l’equazione turismo accessibile uguale abbattimento delle barriere architettoniche. Sono ben altre le barriere da abbattere, le paure, irrazionali e ingiustificate, da sconfiggere, le conoscenze da acquisire.
La persona con disabilità però deve imparare a diventare un viaggiatore o meglio un Consum-Attore. Sì perché sarebbe troppo facile scaricare la colpa e l’onere del turismo accessibile solo sul settore del turismo. Le persone con disabilità non sanno viaggiare, spesso non sono informate o non hanno l’accortezza di fornire a chi li ospiterà tutte le informazioni che possono fare la differenza tra un incubo e un sogno. Il viaggio è scambio anche umano, di conoscenze reciproche.
Infine, gli operatori devono tornare a regalare emozioni. Con il rispetto pedissequo delle norme e delle leggi si costruiscono meravigliose scatole vuote. Si devono riempiere le strutture con “cose da fare”, esperienze da vivere, sport da praticare. Non si potrà mai prendersi una vacanza dalla propria disabilità, ma si possono vivere momenti in cui la disabilità può apparire qualcosa di esterno a noi, di lontano. Difficile sì, impossibile no.
corriere.it