(di Daniela Giammusso)
(ANSA) - Vuoi capire un popolo e la sua cultura? Siedi alla sua tavola e assaggia la sua cucina. Nell'anno in cui anche Expo ha celebrato il tema del Food nella sua accezione più ampia e in tutta la ricchezza delle sue varietà, con file lunghe ore solo per vedere come i giapponesi cucinano il pesce palla o come i paesi nordici pensano di sopperire alla carenza di risorse nel futuro, è ancora il cibo il grande protagonista di un nuovo trend prepotentemente in crescita. E' il nuovo ''turismo culinario'': in fondo nulla di strano per noi italiani, che del cibo abbiamo fatto la nostra eccellenza e uno dei nostri punti di forza nella competizione internazionale, ma anche una passione ''casalinga'' tanto forte da essere forse gli unici al mondo capaci di sedersi a tavola, mangiare e intanto vagheggiare di altri pranzi, menù, ricette della nonna.
E quel ''pallino'', quella voglia di sapori buoni, ce lo portiamo dietro anche in vacanza. Soprattutto quando scegliamo mete lontane, spiega Silvia Romagnoli, Travel Stylist di CartOrange, il più grande network italiano di consulenti di viaggio. Arricchire il soggiorno con ''le escursioni tradizionali non basta più - dice - Per questo già da qualche anno abbiniamo ai nostri viaggi una serie di esperienze culinarie selezionate, per vivere una vera immersione nella cultura del luogo''.
E quel ''pallino'', quella voglia di sapori buoni, ce lo portiamo dietro anche in vacanza. Soprattutto quando scegliamo mete lontane, spiega Silvia Romagnoli, Travel Stylist di CartOrange, il più grande network italiano di consulenti di viaggio. Arricchire il soggiorno con ''le escursioni tradizionali non basta più - dice - Per questo già da qualche anno abbiniamo ai nostri viaggi una serie di esperienze culinarie selezionate, per vivere una vera immersione nella cultura del luogo''.
Al bando dunque improbabili ''spaghetti Napoli'' a Bali o le ''real carbonara'' di Berlino, in vacanzaora gettonatissime sono le cene tradizionali in famiglia, soprattutto in Giordania, Turchia e India, perché imparando sapori, ricette e provenienza dei cibi direttamente da chi li prepara si scoprono anche tradizioni che mai si potrebbero conoscere in un normale ristorante.
''In India ad esempio - prosegue la Romagnoli - dove è costume mangiare con le mani, le famiglie insegnano ai nostri ospiti quali sono i movimenti giusti, la loro sequenza e le regole di etichetta. Gesti autentici che valgono più di mille descrizioni di una guida turistica''. E i corsi di cucina, dal sushi workshop in Giappone alla spesa al mercato in Vietnam, sono diventati il nuovo souvenir di viaggio, perché una volta tornati a casa si possono riproporre agli amici ricette e sapori conosciuti all'estero. Ecco allora che in Armenia si può assistere alla preparazione del tolma (involtini di foglie di vite farcite) e del lavash, il pane tradizionale, da gustare in una cena accompagnata da danze e musiche. In Cina si partecipa alla cerimonia del tè, in Uzbekistan si degustano i vini di Samarcanda, pranzando nello yurte durante l'attraversamento del deserto. In Nuova Zelanda è possibile partecipare a una cena tradizionale Hangi e a Montreal si passeggia alla scoperta delle eccellenze gastronomiche della città, tra mercati, caffè ed empori.
Questo è reciproco: in Italia si fanno corsi di cibo tradizionale italiano per i turisti. A Roma c'è One Day Chef all'ombra della Basilica di San Giovanni: sottotitolo ironico Rome was cooked in a day e si fanno percorsi tematici ad esempio c'è la sessione di primi piatti in cui si insegnano Bucatini all' amatriciana, Spaghetti alla carbonara, pomodoro e basilico e Linguine al pesto.
E se il trend tra i viaggiatori italiani è in crescita, ma ancora agli inizi (d'altronde la cucina migliore al mondo l'abbiamo in casa), la curiosità verso la buona tavola è ancora più forte all'estero. Secondo una recente indagine di Babbel, l'app che aiuta a imparare facilmente le lingue, il cibo smuove in media il 9% dei viaggiatori nel mondo, ben il 10% degli abitanti dei Paesi di lingua tedesca e l'11% di quelli di lingua inglese. Certo, obbietterà qualcuno, a paragonare salsicce e crauti con le lasagne o un farcitissimo pasteis de Belem, la vittoria è scontata.
E se il trend tra i viaggiatori italiani è in crescita, ma ancora agli inizi (d'altronde la cucina migliore al mondo l'abbiamo in casa), la curiosità verso la buona tavola è ancora più forte all'estero. Secondo una recente indagine di Babbel, l'app che aiuta a imparare facilmente le lingue, il cibo smuove in media il 9% dei viaggiatori nel mondo, ben il 10% degli abitanti dei Paesi di lingua tedesca e l'11% di quelli di lingua inglese. Certo, obbietterà qualcuno, a paragonare salsicce e crauti con le lasagne o un farcitissimo pasteis de Belem, la vittoria è scontata.
Ma a testimoniare la curiosità è anche il successo dei nuovi corsi Babbel per conoscere le parole delle prelibatezze delle cucine nel mondo. E allora, numeri alla mano, si può azzardare che agli italiani piace ''caliente'', con le lezioni sui menù spagnoli e sudamericani (ma anche turchi), tra i più seguiti di casa nostra. Viceversa, i più curiosi verso il corso sulla cucina italiana sono ancora i tedeschi (48%). Secondi, a sorpresa, i nostri grandi rivali ai fornelli, i francesi (22%), seguiti dagli inglesi (14%). E a giudicare dai risultati, tagliatelle al ragù, tortellini e tigelle battono tutti: con l'acquolina in bocca assicurata, la più cliccata è infatti la cucina emiliano-romagnola.