La festa delle campanelle ad Arpino. La cittadina delle pagine di pietra

Di Eugenia Romanelli

Domenica 9 settembre, in piazza Municipio, ad Arpino, va in scena la Festa delle Campanelle (fiera delle campanelle e della ceramica artistica). Ottima occasione per visitare la deliziosa cittadina ciociara fondata, secondo il mito, dal dio Saturno, protettore delle messi. In effetti le sue origini sembrano antichissime: abitata già dai Pelasgi (il popolo che avrebbe realizzato il gigantesco sistema fortificato delle "mura ciclopiche", ancora oggi visibile a Civitavecchia), dai Volsci e dai Sanniti, divenne poi romana (Arpino collaborò massicciamente con Roma contro Annibale). Nel Medioevo le sue sorti furono abbastanza drammatiche: dominio del duca longobardo di Benevento, Gisulfo I, poi conquistata dai Franchi, dagli Ungari e dai Saraceni, fu rasa al suolo durante l’incursione di Corrado IV (1252), quando un incendio distrusse gran parte delle vestigia romane e spinse gli abitanti a ritirarsi nella vicina Montenero.

Oggi questa località merita di essere visitata, oltre che per l’atmosfera suggestiva data dalle sue origini antichissime e dalla ricchezza storica, anche per una serie di progetti capaci di coniugare tradizione e innovazione. Primo tra tutti “Pagine”, una singolare iniziativa che vede riprodotte su pietra poesie che famosi poeti contemporanei (coordinati dallo scrittore Giuseppe Bonaviri) hanno dedicato alla città. Queste pesantissime “pagine” sono collocate in diverse zone della città e celebrano i quattro quartieri del centro storico: all’esterno della Porta di Saturno (quartiere Colle) sono incisi i versi di Giuseppe Bonaviri (“Il Bianchissimo Vento); sulla via Vittoria Colonna, presso la chiesa di S. Antonio (quartiere Ponte), quelli dello svedese Lars Forssell e di Kjell Espmark; in via Caio Mario, vicino al Castello di Ladislao (quartiere Civita Falconara), c’è “A volo d’uccello” del russo Valentin Berestov; in via M. Tullio Tirone (quartiere Arco) “Applauso per Arpino”, di Pedro J. De la Peña, mentre al Ponte Lungo “Spirito dell’Acqua” della tunisina Fadhila Chabbi. Ma sono tante e ovunque le pagine di pietra: le più belle? “La musica dell’arpa” di Lei Shuyan (Cina, 1997/98), che si trova presso la chiesa del Suffragio a Panaccio; “L’aquila tranquilla” di Wladimir Mikes (Rep. Ceca, 2000), in Salita dell’Arco; “A Saturno conditum” di Sandy Hutchinson (Gran Bretagna-Scozia, 2001), in piazza Gioacchino Conti; “L’usignolo di maggio” di Ursula Koziol (Polonia, 2003), in via Civita Falconara; “Il grande libro di Arpino” di Dante Marianacci (Italia, 2004), presso Collecarino; “I capelli di Arianna” di Ioan Flora (Romania, 2005), in via Vittoria Colonna. Anche il museo "Umberto Mastroianni" è un progetto interessante ed è l’istituzione culturale più importante della città, testimonianza di uno dei più grandi scultori del Novecento che celebrò Arpino attraverso il suo lavoro. La Fondazione raccoglie in una mostra permanente oltre cento opere tra sculture, disegni, bassorilievi, arazzi, cartoni e bozzetti scenografici (come in un museo all'aperto, alcune sculture possono essere ammirate in vari punti della città). Inoltre, ricalcando lo spirito della città, anche la “Umberto Mastroianni” è sensibile alla contemporaneità e infatti promuove artisti contemporanei allestendo personali o collettive degne di interesse. Il Museo dell'Arte della Lana invece rappresenta la storia artigiana della città, fin dai romani importante centro laniero. Inizialmente tale attività era organizzata all'interno delle famiglie che ospitavano telai ed arcolai tra le mura domestiche, ma dal Settecento assunse carattere industriale trasformando Arpino in uno dei principali centri di produzione di tessuti in lana a livello italiano ed europeo (nel 1744 Carlo III di Borbone visitò personalmente le fabbriche e conferì loro il titolo di "regio lanificio"; nel 1850, di 15000 abitanti, più della metà lavorava nell'industria laniera). Con la fine della protezione doganale, alle soglie del Novecento, furono chiusi molti lanifici, e la produzione si concluse nel Secondo Dopoguerra. Infine, il Museo della Literia: tale arte, grazie alla bottega del Maestro Luigi Embergher (1880) e del suo allievo Domenico Cerrone, godette di fama internazionale fino agli anni Cinquanta, quando chiuse la bottega. I mandolini di tipo "romano" e una produzione di cento strumenti al mese tra violini, chitarre, mandolini ed altri strumenti a corda, resero Arpino un centro mondiale del liuto visitato da esperti di ogni paese.

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