A Noto, nasce la friggitoria gourmet “Mar ricriu”, per fritture da asporto.



L’imprenditore Francesco Nifosi: Il mix di farine per la panatura e i prodotti rigorosamente a km 0, alla base del successo del locale.

Dallo scorso 20 luglio, la città di Noto in provincia di Siracusa, patria del barocco siciliano, si è arricchita di una nuova realtà gastronomica: la friggitoria gourmet “Mar ricriu”, situata in pieno centro storico.
In cucina lo chef Mattia Nastasi, giovanissimo, solo 28 anni, ma già conosciuto in tutta Europa per le sue innovazioni culinarie.
Per la pastella del suo fritto di pesce, fiore all’occhiello del “Mar ricriu”, assolutamente da non perdere, lo chef Nastasi, utilizza un impasto di due farine di mais e riso, in proporzioni “segrete”, che rendono la frittura non solo molto saporita, croccantissima e digeribile, ma anche bella da vedersi nei colori del sole siciliano. “L’attenta preparazione della panatura – affermano con orgoglio i proprietari, gli imprenditori Andrea Moltisanti e Francesco Nifosi - che avvolge i gioielli del mare appena pescati, la fa da padrone, ed un occhio di riguardo è riservato alla presentazione di tutte le nostre leccornie”.
Il locale specializzato soprattutto in fritto da asporto servito nel tradizionale “coppo”, offre ai clienti che desiderano soffermarsi, anche un patio interno dove poter gustare le specialità della friggitoria.     
 “ Si può amare od odiare – dice Moltisanti- ma la scottante frittura di pesciolini, calamari del mediterraneo, seppioline e gamberetti accompagnate da bollicine che siano di un ottimo vino frizzantino bianco o di una spumeggiante birra artigianale tutto rigorosamente a km zero, bisogna assaggiarla…”
 Per la frittura è usata la massima attenzione: tutto è gluten free e rigorosamente senza olio di palma..
 ‘Mar ricriu”  ha pensato anche ai più piccoli con un menù a loro dedicato, con le specialità    “’ Pe picciriddi”  come ad esempio i classici nuggets di pollo panati, amatissimi dai bambini o la mitica “  ‘turciniata” una patata tagliata a spirale con buccia.
 A completare il viaggio nel gusto fra il Barocco  di Noto e il concetto gastronomico di ‘Mar ricriu”  c’è il dessert, in siciliano, i cosiddetti “cosi aruci” che si sposano benissimo con un ottimo passito siciliano, come quello proprio prodotto a Noto o di Pantelleria.
Anche se è nata solo da pochi giorni, la friggitoria gourmet “Mar ricriu”, è diventata un punto di riferimento per i buongustai locali e della Provincia e per i numerosi turisti che durante tutto l’anno affollano la città del barocco.
https://www.facebook.com/marricriu/

A Tulsa (Usa) sorgerà Centro Bob Dylan, con oltre 100 mila oggetti artista

Bob Dylan © ANSA

TULSA - Un centro di documentazione in onore di Bob Dylan sarà costruito a Tulsa, negli Stati Uniti, e conterrà oltre 100 mila oggetti, che hanno accompagnato la vita personale e artistica del cantautore, premio Nobel 2016 per la Letteratura. Ad annunciarlo ufficialmente le autorità della cittadina dell’Oklahoma, citate dalla stampa locale. Il centro, che aprirà nel 2021, esporrà manoscritti, appunti, lettere originali del grande artista, oltre che film, video, fotografie, documenti e effetti personali, registrazioni di concerti e di prove in studio, strumenti musicali.
La struttura sarà edificata nel centro artistico di Tulsa, in Martin Luther King Boulevard, vicino al Centro di Woody Guthrie (altro immenso cantautore) e della cultura indiana americana, e sarà totalmente dedicata allo studio di Bob Dylan e della sua importanza culturale nella storia degli ultimi sessant’anni. Ospiterà mostre permanenti e temporanee e collaborerà con due istituti già esistenti: l’Archivio di Bob Dylan, ospitato ora all’Helmerich Center for American Research, sempre a Tulsa e accessibile solo agli studiosi, e l’Istituto per gli Studi di Bob Bylan all’Università di Tulsa.
Bob Dylan, nel 2016, ha scelto Tulsa come sede per i suoi archivi, in quanto la città aveva costruito nel 2013 il Centro Woody Guthrie. “Sono felice – aveva detto – che i miei archivi hanno finalmente trovato una casa, insieme ai lavori di Woody Guthrie e al prezioso materiale delle tribù degli indiani nativi americani. Per me ciò ha un grande significato e costituisce un motivo di onore”.

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La Visitazione di Pontormo alla Morgan

Pala d'altare del maestro del manierismo dopo NY al Getty © ANSA
 NEW YORK -   Uno dei più importanti dipinti del manierismo italiano, la Visitazione di Jacopo Pontormo della Pieve dei Santi Michele e Francesco a Carmignano, è arrivato negli Usa. Organizzata in collaborazione con gli Uffizi di Firenze e il J.Paul Getty Museum in Los Angeles, la mostra "Pontormo: Miraculous Encounters" ha aperto oggi alla Morgan Library di New York ponendo fino al 6 gennaio la pala d'altare nel contesto di altre opere di Maestro Jacopo, dell'iconografia della Visitazione, le sue origini, l'interpretazione e il mecenatismo. Alta più di due metri, la Pala ritrae l'"incontro miracoloso" tra Maria e Elisabetta, ambientando la scena biblica nelle strade della città dove Maria era andata a trovare la cugina. Eliminati tutti gli aspetti della narrazione, il pittore si concentrò sull'abbraccio delle due donne affiancate dalle rispettive ancelle. Sullo sfondo, attività quotidiane di vita cittadina, due commercianti che chiacchierano, una donna che stende i panni dalla finestra di un palazzo, un asinello che fa capolino da dietro un angolo: "Tutti dettagli emersi con chiarezza nel restauro di Daniele Rossi", spiega all'ANSA Bruce Edelstein, professore della New York University a a Firenze e co-curatore della mostra. Rossi, lo stesso restauratore che è tornato a far brillare Pontormo nella Cappella Capponi di Santa Felicita a Firenze, ha riportato in luce elementi spirituali e materiali di un incontro che si staglia sullo sfondo di un paesaggio metafisico ante litteram: secondo gli esperti della Morgan, ricorda opere ben più contemporanee, da de Chirico a Bill Viola nel video The Greeting (1995). Tranne una puntata a Firenze per le mostre medicee del 1980, la Visitazione non era finora mai uscita dalla Pieve per cui era stata commissionata dalla famiglia Pinadori, oppositori dei Medici. Ha viaggiato negli Usa grazie al fatto che è stato necessario restaurarla. Con la grande tavola, sono in mostra da oggi a New York l'unico disegno preparatorio conosciuto e il "Ritratto di Giovane con il Cappello Rosso" riscoperto nel 2008 in una collezione privata londinese. La Visitazione resterà negli Usa fino alla primavera avanzata: sarà esposta al Getty di Los Angeles dal 5 febbraio al 28 aprile. E intanto ieri, proprio dalla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University, è partito un crowdfunding, per aiutare i carmignanesi a riabilitare l'intero complesso della Pieve, creando un polo Pontormo fuori da Firenze.  
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Arte. Bathus, un enigma fra tempo sospeso e sfrontata innocenza


Balthus, «La rue» (1933, particolare)
Balthus, «La rue» (1933, particolare)
Come si guarda un quadro di Balthus? La domanda non è oziosa, perché è nei fatti il cuore della pittura stessa di Balthus, quell’elemento che lo sposta dalla banale contrapposizione tradizione-avanguardia e lo colloca nel pieno della modernità. A quale tentazione dobbiamo resistere o cedere? Il riconoscervi l’espressione di una pulsione morbosa, persino pedofila, com’è stato a volte insinuato (ipotesi per altro rigettata dall’artista)? Il negarla in favore di soluzioni formali, filosofiche, estetiche? È il nostro sguardo o quello dell’artista? L’ambiguità inestricabile è la trappola tesa attraverso una pittura magnetica e magistrale da Balthus con pazienza sorniona – lui che nel-l’autoritratto del 1935 si autoproclama “re dei gatti” – trasformando ogni sua tela in uno specchio (un altro refrain del suo repertorio visivo) che restituisce il profondo.
La Fondazione Beyeler a Basilea fino al 1° gennaio 2019 propone una mostra – quaranta quadri, tra cui punti fermi come La toilette de Cathy e La Rue del 1933, La jupe blanche (1937), Les Enfants Blanchard (che fu acquistato da Picasso) del 1937, Thérèse e Thérèse revant (1938), Les Beuax Jours (194446), La Partie de cartes(1948-50), il monumentale Passage du Commerce-Saint-André (1952-54), La Chambre turque ( 1965-66) – che attraversa l’intera carriera del pittore, il cui vero nome era Balthasar Klossowski de Rola. Sebbene sia nato a Parigi (nel 1908) e a Parigi avrebbe nella maturità frequentato i principali artisti, scrittori e intellettuali, la sua formazione e le sue scelte culturali lo incardinano nell’asse che dalle regioni centrali scende verso l’Italia. I genitori sono di origine polacca; trascorre l’infanzia tra Berlino, Berna e Ginevra; il poeta Rainer Maria Rilke è amante della madre e mentore del giovane Balthasar; il viaggio in Italia che compie a metà degli anni 20, dove scopre Piero della Francesca e Masaccio è per lui di fondamentale importanza. Anche per una sorta di snobismo aristocratico rifiuta le avanguardie per ancorarsi alla nobiltà della tradizione con lo stesso spirito modernista che si riconosce in Italia a pittori come Casorati e Carrà. In un certo senso gran parte del suo lavoro può rientrare nella famiglia del realismo magico; e se Balthus appare interessato a quella naïveté incongrua e bambocciante del Doganiere, seppure virata di segno, che tanto affascinò gli italiani, sono indubbi negli anni 30 i punti di contatto con la cruda ipersensibilità dalla Nuova Oggettività tedesca.
Il fatto è che la pittura di Balthus è estremamente colta e insieme personalissima: ai corpi come solidi di Piero si intrecciano rimandi a Poussin, al Quattrocento tedesco, Manet e Cézanne, le bionde veneri di Tiziano, diffusi echi caraveggeschi, moltissimo Picasso (esplicito omaggio all’amico pittore è Le Rêve II del 1956-57) o ancora Matisse… Sono illuminazioni iconografiche, spunti stilistici, colori e patine. Il puzzle di citazioni allestito da Balthus nei suoi quadri è completato da rimandi all’infanzia e soprattutto alla dimensione magica, a partire dall’amata Alice in Wonderland di Lewis Carroll (una storia simbolica e misteriosa di iniziazione e passaggio) ma anche le illustrazioni popolari dei racconti di Struwwelpeter, raccolta nota in Italia come Pierino Porcospino, dove – come nella migliore tradizione della fiaba tedesca – il moraleggiante si intreccia con il fantastico e l’orrore. A fronte della vastità della cultura visiva, i dipinti di Balthus sono costruiti su un lessico curiosamente ridotto che si definisce subito, fin dalla fine degli anni 20, in figurine che da marginali finiscono per diventare protagoniste del quadro, in un complesso meccanismo di autocitazioni. È per esempio il caso dei bambini reclinati nell’atto di giocare ai bordi di una fontana o mentre raccolgono una palla da tennis nell’erba che diventeranno i motori formali delle grandi composizioni, applicati come in un sistema di permutazioni anche al di là del primitivo rimando all’infanzia, come ad esempio per il baro della Partie des cartes.
Balthus dipinge solo bambini o anziani. Salta l’età di mezzo. I suoi corpi rallentano fino a sfiorare l’immobilità. È l’eco di Piero, ma la luce non è cristallina quanto invece melanconica e l’umore intorbidito. Le sue figure più che fuori dal tempo (non si pongono in una posizione metafisica) si collocano in una sospensione del tempo, un istante la cui durata è estesa fino al punto di sfuggire alla legge fisica. Una lentezza applicata da Balthus al suo lavoro, che procedeva con estrema calma. «Davvero lentezza e ritardo, e la pazienza a essi associata – scrive Raphaël Bouvier nel suo testo in catalogo – giacciono al cuore della sua pratica artistica». In sette decenni di carriera le tele di Balthus sono solo 450 circa. Ma soprattutto quello eternato è spesso un momento di apparente instabilità o scomodità. Pierre Klossowski parla di «immobile pantomima», indicando una matrice teatrale nel lavoro del fratello, ma è centrale e pervasiva anche la dimensione del sogno, dove i limiti dello spaziotempo saltano e le regole vengono sovvertite. Balthus, come ricorda Bouvier, «definisce le immagini ge- neralmente in termini temporali, come l’incapsulamento di “un’innocenza che viene finalmente colta, un momento strappato dal disastro del tempo che passa”». L’artista era nato il 29 febbraio: «L’ho sempre notato con un pizzico di ironia, – diceva – come un marchio di stranezza ». Un fatto sottolineato da Rainer Maria Rilke, che così scriveva al giovane pupillo: «A mezzanotte un varco sottile si apre sempre tra il giorno che è finito e quello che comincia, e una persona molto agile e capace di scivolarci dentro riuscirebbe a sfuggire al tempo. È lì mio caro B..., che tu dovresti insinuarti nella notte del 28 febbraio ». La frase di Rilke dovette restare impressa nell’artista. Il fatto è che Balthus dipinge esattamente quel punto in cui una cosa non è più e non ancora, esattamente come nella luce del crepuscolo, quando non è più giorno e né è già notte, il tempo è sospeso. Balthus sembra dipingere le sue bambine proprio nel passaggio in cui infanzia e pubertà coincidono e quindi si annullano reciprocamente. Anche questo è un momento di sospensione: della vita.
Bathus, «Thérèse» (1938, particolare)
Bathus, «Thérèse» (1938, particolare)
L’innocenza delle bambine di Balthus è in un certo senso preadamitica: non conosce il bene e il male, il lecito e l’illecito, il morale e l’immorale – non perché non li compiano (un bambino può uccidere una lucertola con un sadismo che lascia interdetto un adulto) ma perché non ha la coscienza dell’atto. L’innocenza dei bambini non è ingenuità, è uno stato di immunità. I gatti che fanno capolino nei quadri, alter ego del pittore, sono una presenza diabolica come il serpente nel giardino: ma insidiano le bambine o lasciano cadere la goccia del dubbio sul nostro sguardo e quindi sulla nostra coscienza? La sospensione del tempo può essere sospensione di giudizio? Lentezza, mistero, ambiguità, noia, carattere: nell’essere un nodo inestricabile i quadri di Balthus sono allora tutti autoritratti. C’è l’artista nella figura volitiva di Thérèse, protagonista di un dittico superbo. Bambina altezzosa e sfrontata, magnetica e inquietante, innocente e tentatrice Thérèse è la pittura stessa di Balthus.