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Feste e tradizioni in Tirolo Transumanze, sfilate, musica e ottimo cibo fino al 13 ottobre



C’è aria di festa nelle valli tirolesi: la “Almabtriebe”, la transumanza del bestiame, che segna la fine del pascolo e dell’estate, diventa protagonista di colorate e allegre manifestazioni che omaggiano la cultura e le tradizioni austriache. Fino al 13 ottobre nelle principali cittadine e nelle malghe del Tirolo si festeggia l’autunno con sfilate delle mandrie, musica, balli in costume e degustazioni enogastronomiche. Di feste se ne contano più di 50 in tutto il Tirolo, ognuna con tradizioni e balli caratteristici e che in comune hanno l’attenzione di adornare il bestiame e di onorare il lavoro contadino. Gli animali vengono infatti agghindati con campanelle, fiori, fiocchi e stemmi, mentre la “Moarkuh”, il capo della mandria, riporta mucche e pecore dai pascoli estivi nelle stalle per trascorrervi l’inverno. L’Almabtriebe è storicamente uno degli appuntamenti più importanti per le comunità tirolesi e un’ottima occasione per ritrovarsi e far conoscere le proprie tradizioni ai sempre più numerosi visitatori. 
Tra le più belle e originali feste della transumanza, conosciuta soprattutto per il suo divertente concorso di bellezza, c’è la manifestazione che si svolge a Sölden, nella Ötztal, il 15 settembre. E’ la grande festa dei pastori i cui festeggiamenti cominciano prima di mezzogiorno con il caratteristico “Frühschoppen”, birra e musica dal vivo, seguita dalla premiazione delle pecore e degli arieti più belli discesi dalle malghe. Subito dopo i migliori cuochi di Sölden servono piatti a base di agnello alpino e tra canti e musica popolare la festa termina con la tradizionale danza dei pastori.
La fine dell’estate in Tirolo omaggia anche il cibo locale: una tradizione molto sentita dalla popolazione è la festa del canederlo, che si celebra a Sankt Johann in Tirol il 22 settembre. Nel centro della cittadina viene apparecchiata una tavola lunga 300 metri, la più lunga del mondo, e vengono serviti oltre 25mila canederli di 22 tipi diversi, dolci e salati, da mangiare in un clima di grande festa. Sempre legata al cibo è la manifestazione che la cittadina di Galtür ospita il 29 settembre: si tratta delle olimpiadi internazionali del formaggio di malga, nella valle di Paznaun, a cui partecipano più di cento produttori di formaggio di quattro diversi Paesi (Austria, Svizzera, Germania e Alto Adige). Nel centro culturale Kulturzentrum di Galtür dalle 11 una giuria di esperti assegna l’Arpa d’oro, ambito premio alla qualità per cinque categorie di formaggio diverse. L’atteso evento attira numerosi visitatori che possono degustare i migliori formaggi di malga e passeggiare nelle valli che circondano il borgo.
Il 30 settembre a Kramsach, nel Kufstein, si svolge un altro atteso appuntamento: la festa dei masi tirolesi con sede principale nel museo a cielo aperto del borgo di Kramsach che ospita 14 esemplari di fattorie tipiche tirolesi, risalenti a epoche diverse e provenienti dall’Austria e dall’Alto Adige. In quest’incantevole scenario rurale si festeggiano le antiche tradizioni contadine con le donne vestite con i tradizionali “Kasedl” e i cappelli neri sopra le acconciature raccolte, mentre friggono le tipiche frittelle con i mirtilli. Gli artigiani e i contadini mostrano ai visitatori i lavori di un tempo: il ricamo in oro, la realizzazione di botti, cesti e vasi in terracotta, la cottura del pane e la tradizionale arte del forgiare i ferri di cavallo. Sulla grande area espositiva numerose bancarelle offrono i tipici dolci “Kiachl” o i saporiti gnocchetti al formaggio mentre un’ottima musica tradizionale accompagna la festa al termine.
Infine il 6 ottobre è il turno della festa del “Kaiserschmarren” di Neustisft, nella Stubaital: qui i migliori cuochi della valle tirolese attirano gli ospiti con tante varietà speciali del tipico dolce “Kaiserschmarren”: da quello tradizionale a quello con i semi di papavero o a base di mele o di semola. Oltre al buon cibo è assicurata tanta musica popolare di gruppi locali. La festa, anche per i bambini a cui sono dedicati molti giochi, inizia alle 11 presso il laghetto Kampler See di Neustisft.
Per maggiori informazioni e per conoscere tutti gli appuntamenti: www.tirolo.com

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Fotografia. Quel mago di Doz. Viaggio nella memoria del fotoreporter istriano

Quel mago di Doz. Viaggio nella memoria del fotoreporter istriano

da Avvenire
In un tempo “frammentato” e “a-mareggiato”, pieno zeppo di patetici “selfie made man” («sempre lì a immortalare le loro belle facce e a rendere pubbliche le loro vite, o presunte tali») il mestiere di fotografo è messo a durissima prova. Dopo aver profetizzato la fine della Storia (Fukuyama), c’è tra gli intellettuali chi sentenzia come imminente l’estinzione della fotografia. Se poi, come Nevio Doz, poeta della frammentazione e delle a-mareggiate, si sceglie di percorrere il sentiero più impervio, come quello della fotografia artistica, allora è assai probabile che la destinazione sia a un passo dall’abisso. Condizione esistenziale che il “mago” (dello scatto umano e generoso) Doz ha sperimentato spesso nella sua vita nomade, consumando scarponi e portando il suo«animo zingaro» – come ha scritto Marco Carminati in introduzione al succulento viaggio per immagini Italia. Patrimonio ambientale e cultura gastronomica (Grafica&Arte) – sulle rotte meno battute, anche dai suoi più illustri colleghi. 
Nato nel 1952 sulla sponda slava dell’Adriatico, a Volosko, piccolo borgo di pescatori che oggi fa parte del comune di Abbazia (Opatja) in Istria (Croazia), Doz è un «figlio del mare». Il mare è la sua musa, come testimoniano gli storici reportage da Camogli a Stintino, nei porti e nei luoghi marini che ha scandagliato per riportare a galla le ultime tonnare, e come conferma Frammenti e maree la mostra che ha appena inaugurato a Trieste (nella Sala della Meridiana della Camera di Commercio del Friuli Venezia Giulia, fino al 2 ottobre). Un racconto per immagini in cui rievoca simbolicamente “storie” delle genti slave («metafora di tutta l’umanità offesa e massacrata») che si sono infrante contro le «onde del male», volti su specchi riflessi e vetri frantumati da cui riaffiora ciò che rimane: «Ricordi e disperazione di chi un giorno è stato costretto a lasciare la propria terra, la propria casa, e in un istante ha perso tutto, a cominciare dalla propria dignità di uomo». 
Doz getta reti, per raccogliere «tra i pezzi di vetro» nuove forme, pensieri di speranza, nei fondali dei ricordi sbiaditi da questo tempo liquido, veloce, molestamente superficiale. «Nell’era del dannato selfie mi sono rimesso in viaggio, sempre con la mia macchina fotografica al collo. Sono tornato al mare di Volosko dove giocavo sulla riva con la mia barchetta di legno. È lì che ho sentito i pescatori raccontare le storie di uomini, di donne e bambini in fuga per colpa di una guerra che in troppe zone del mondo non è mai cessata. Noi, siamo i testimoni diretti di un esodo perenne, che fa male al cuore...». Doz spegne la tristezza con il sorriso guascone dell’uomo che si sente più fortunato, il suo “esilio” a Milano fu doloroso ma dettato da semplici ragioni lavorative dei suoi genitori. Il padre, Emilio, classe 1911, apparteneva alla gioventù asburgica «devota a Cecco Beppe» era un istriano di Umago. La madre Caterina Maradov, proveniva da Pancevo, cittadina non distante da Belgrado (Serbia) dove era nata «nel 1925» da una famiglia austriaca emigrata durante la Grande Guerra. 
«Del mio paese ricordo tutte le scene e gli attori che lo popolavano, sembrava il set di un film del mio amico Emir Kusturica. Nei miei sogni rivedo le barche colorate dei pescatori, i pesci variopinti di tutte le fattezze che andavo a stanare tuffandomi giù al molo». Un altro molo è quello che a Trieste ha fotografato ripensando a coloro che «sono riusciti a scampare all’inferno delle foibe e solo per un soffio divino non sono finiti in fondo al mare, legati dal fil di ferro... Qui c’è il “Magazzino 18” che nella montagna di carcasse e di oggetti abbandonati conserva ancora i segni della tragedia. Quelle cose sono rimaste lì ammucchiate nel tempo, perché nessuno è potuto o è voluto tornare a riprenderle... Così Frammenti e Mareevuole essere un pezzo della mia memoria condivisa con quella storica della città di Trieste». Una città di frontiera che accende la creatività di un artista puro, prossimo al traguardo del mezzo secolo di “scatti umani”
«I primi scatti in effetti li feci che ero bambino, con la mitica Bencini Coroll II regalata da mio padre che divenne anche il mio primo “modello”, in ogni senso». L’uomo da cui ha ereditato l’arte del sorriso e dell’incontro, ma soprattutto la «visionarietà », quella che con una Leica al collo, che poi è diventata una Nikon, l’ha reso uno degli ormai rari fotoreporter davvero liberi. «Ho cominciato con le manifestazioni studentesche di Milano capeggiate da Mario Capanna». Fin dagli esordi sempre scatti in bianco e nero quelli di Doz, sulla scia di Cartier Bresson «genio d’ironia e fenomeno assoluto dell’inquadratura». I primi reportage a Brera, in cui era il ragazzino che agognava a far parte dell’ultima bohème, quella seduta ai tavoli del Bar Jamaica: i fotografi Ugo Mulas, Mario Dondero, lo scrittore Luciano Bianciardi. «Ma i miei veri amici e punti di riferimento erano lo scultore Elvio Becheroni e il pittore Tore Canu, grazie al quale feci il mio primo “scoop”: l’assassinio di Aldo Moro. Pubblicarono la mia intervista all’avvocato nuorese Giannino Guiso, il “tramite” della trattativa tra Curcio delle BR e lo Stato. Guiso, braccato dai media di tutto il mondo teneva la bocca ben cucita, ma doveva un favore a Tore Canu che con le sue “amicizie” aveva fatto liberare un amico dell’avvocato sequestrato dall’Anonima sarda... Perciò articolo firmato e mie foto in prima pagina. Subito dopo fui il primo a fotografare e scrivere la storia della “moglie segreta” di Tito». 
Nella terra di Tito c’è poi tornato nei primi anni ’90 per documentare, durante e dopo, la guerra fratricida della ex Jugoslavia. «Lì sono nato, ma i miei luoghi dell’anima restano le periferie milanesi: Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, la Comasina, la tana della banda Vallanzasca. È da lì che, zaino in spalla, sono arrivato ai piedi dell’Himalaya e poi alle tribù degli indiani d’America con i quali ho vissuto e viaggiato per cinque anni visitando le loro riserve. Al termine di questo affascinante tour il mio fraterno amico Rodney Arnold Grant, “Vento nei Capelli” nel film Balla coi Lupi mi disse: “Il tuo Grande Spirito è anche il nostro”». Quella grande anima lo segue ancora, tenendosi aggrappato alle lunghe chiome del Doz che lo scorrere del tempo ha reso candide, come le nevi delle cime del Colorado su cui è salito, «scollinando in sella a una Harley Davidson».
In moto dal New Mexico all’Arizona, per mare attraversando gli oceani, ormeggiando in tutti i porti del Mediterraneo, in volo fino ad arrivare in India. «Ho raccontato e fotografato la Calcutta di Madre Teresa che accarezzandomi con parole dolci, pronunciate in serbo-croato, mi regalò questa medaglietta che conservo... – la mostra orgoglioso – È il mio unico tesoro. Vedi, c’è l’ombra scura e indelebile del bacio della Santa. Per rivivere quei giorni con Madre Teresa tornerei domani mattina in India, così come vorrei rivedere Ketchum-Sun Valley dove riposa il mio amato “Papa”, Hemingway. Lì, nella tomba accanto a uno dei suoi figli, un giorno sotto la neve con stupore ho trovato un libro tradotto in italiano… Portava la dedica di un lettore di Firenze e tenendolo tra le mani ho avvertito la piccolezza di questo nostro mondo che ho attraversato, come tutti i veri viaggiatori, alla ricerca di un senso». Quel senso che Doz sente di aver sfiorato, e a tratti catturato nella sua fotografia. «Dopo che ho sviluppato l’immagine, resta una conchiglia dentro la risacca. A volte invece ci sono solo fantasmi, che magari non esistono, ma per magia sono riuscito ad afferrarli e renderli umani, almeno il tempo di uno scatto».

Lirica scontata per giovani e l'impegno di scuole e famiglie

Alzi una mano chi ha ascoltato in classe – non dico alle elementari, ma almeno alle medie o alle superiori – un atto completo di Traviata o l’intera Bohème. Licei musicali a parte, se a qualcuno è capitato, è perché ha trovato un insegnante convinto che non si potesse trasmettere la nostra cultura alle nuove generazioni e formare l’identità di un cittadino italiano prescindendo dall’opera lirica. Siamo la patria del belcanto e del melodramma, ma la scuola lo ignora. Va bene Dante. Va bene Verga. Va bene Pirandello. Però si può fare a meno di Verdi, Puccini, Donizetti, Rossini... (a proposito, qual è lo studente di liceo che negli ultimi mesi ha sentito parlare in aula del 150° anniversario della morte del genio di Pesaro che ci ha lasciato perle come Il barbiere di Siviglia o laPetite Messe solennelle? ). Allora ben venga l’iniziativa annunciata ieri dal ministro per i Beni culturali, Alberto Bonisoli, di offrire ai ragazzi fino ai 25 anni biglietti a due euro per opere, balletti e concerti proposti da tutte e quattordici le fondazioni lirico-sinfoniche della Penisola.
Il Teatro alla Scala di Milano, dove Bonisoli ha presentato il progetto, è stato il primo ente ad aderire: in un anno metterà a disposizione 2.200 posti a prezzi scontatissimi per i quindici titoli d’opera più i sette di balletto in cartellone. È una novità il prezzo, non l’idea. Sempre il Piermarini, ad esempio, ha avviato già da tempo un percorso privilegiato per gli “under 30”: biglietti a costi ridotti, una prova d’insieme gratuita e soprattutto l’anteprima per i giovani del titolo che inaugura la nuova stagione ogni 7 dicembre. Così accade che a centinaia si mettano in coda per un’intera notte pur di conquistare un tagliando della “primina”. Forse, però, è più efficace la scommessa lanciata negli ultimi anni da alcuni templi della lirica nostrani (e mutuata dall’estero dov’è una tradizione consolidata): quella di portare a teatro le famiglie con i bambini proponendo i capolavori della lirica a misura dei più piccoli, ossia ridotti e riadattati.
La Scala, il Maggio Musicale Fiorentino, l’Opera di Roma – per citare qualche esempio – lo fanno con uno straordinario (e probabilmente inaspettato) successo di pubblico. Il Petruzzelli di Bari ha addirittura messo in scena quattro opere del tutto nuove commissionate ad hoc per i ragazzi. È quindi sicuramente lodevole tagliare i prezzi dei biglietti (alla Scala o all’Arena di Verona si arriva a 250 euro a poltrona in platea) ma la scoperta della lirica non si improvvisa. Altrimenti c’è il rischio che un giovane, uscito da teatro dopo aver assistito per la prima volta a quattro ore d’opera, non ci rimetta piede trovando il tutto troppo ostico e “lontano” dalla sua sensibilità. Siccome la scuola latita, tocca allora ai genitori ma anche a benemerite associazioni, bande locali, sodalizi rimboccarsi le maniche per dare ai figli un po’ di educazione musicale. Che invece dovrebbe essere una priorità pubblica nel Paese più “lirico” del mondo.
avvenire

VENEZIA, CONTRO INVASIONE TURISTI 'VIETATO SEDERSI A TERRA'

 Venezia riflette su nuove misure severe contro il turismo considerato 'cafone', a cominciare dal divieto di sedersi o sdraiarsi a terra. 

Dalla bici all’asino, 5 proposte di turismo slow



 Pedalare, fare trekking, viaggiare sui treni panoramici o a bordo di imbarcazioni fluviali permette di apprezzare meglio il territorio, i borghi, gli scorci e i monumenti che si incrociano durante il percorso, curva dopo curva, chilometro dopo chilometro. Il viaggio “lento” è un modo tranquillo e riflessivo di fare turismo: richiede più tempo e mezzi di trasporto più lenti ma ugualmente comodi; promuove la qualità, valorizza il territorio e la cultura locale e favorisce la scoperta di luoghi spesso lontano dai soliti itinerari del turismo “mordi e fuggi”. Lo slow travel si sta diffondendo in ogni settore con proposte e destinazioni sempre nuove, agenzie di viaggio specializzate e associazioni personalizzate. I viaggi a piedi o comunque con mezzi che permettono di godere appieno del paesaggio si stanno diffondendo al punto che il 2019 è stato proclamato “anno nazionale del turismo lento”. Un importante contributo alla promozione di questo modo rilassato di viaggiare è dato dalla riqualificazione delle linee ferroviarie dismesse e di numerosi immobili pubblici inutilizzati - ville, masserie, edifici rurali e cascine - trasformati in strutture ricettive.
La lentezza, dunque, è un valore, uno stile di vita da riscoprire, come dimostra anche il festival che la Reggia di Colorno, in provincia di Parma, organizza dal 15 al 17 giugno con eventi, concerti, dibattiti, stand gastronomici, laboratori, spettacoli, arte di strada e un persino con un premio letterario. Ecco 5 proposte di turismo slow in Italia con mezzi di trasporto diversi, rigorosamente lenti.
La Laguna di Venezia a bordo di un houseboat - Si estende per circa 100 chilometri la Laguna di Venezia, caratterizzata da canali, zone paludose e 11 isole; un’enorme e affascinante area naturale, patrimonio mondiale dell’Unesco, poco conosciuta proprio perché a ridosso di Venezia, città che attrae la maggior parte dei turisti. L’houseboat è il mezzo ideale per scoprire l’immensa laguna: l’imbarcazione fluviale è comoda, facile da guidare perché non richiede patente né una particolare esperienza, e regala un modo inedito e rilassato di scoprire il territorio lagunare. Con l’imbarcazione si salpa da Casale sul Sile e si naviga verso il borgo di Casier, dove ci si può fermare per la notte. La navigazione prosegue attraverso il parco del fiume Sile, una lussureggiante vegetazione impreziosita da eleganti ville con giardino. Superata la conca di Portegrandi, si entra nella Laguna di Venezia tra canneti e distese d’acqua fino all’isola di Burano, da visitare per le sue abitazioni colorate lungo le strette calli, per il museo del merletto o semplicemente per fare shopping. Dopo una notte ormeggiati, si attraversa il canale fino a Torcello, deliziosa isola famosa per i mosaici bizantini dorati della basilica di santa Maria Assunta. Da qui si naviga per un’ora fino a Venezia, costeggiando due isole da non mancare: l’affascinante san Francesco del Deserto, che incanta con il suo monastero francescano, e sant’Erasmo, detta l’orto di Venezia, da visitare al tramonto. La navigazione prosegue per Vignole, il Lido di Venezia e Murano. Anche l’ultimo tratto verso Chioggia è affascinante: si costeggiano le piccole isole di san Servolo, santa Maria delle Grazie, san Clemente e santo Spirito. Una lingua di terra che divide la laguna dal mare permette di ormeggiare per recarsi a Malamocco e Pellestrina, oppure si naviga fino a Chioggia, proprio nel centro della città, per visitare “la piccola Venezia” e Sottomarina, la località balneare più famosa. Al ritorno l’itinerario verso nord permette di visitare borghi e isole diversi da quelli dell’andata. Per una settimana si spendono per un’imbarcazione da 2mila a 4mila euro a seconda del periodo, del tipo di barca scelta e del numero di cabine. Informazioni e prenotazioni: www.houseboat.it
A piedi lungo l’entroterra ligure - Di fronte al mare della Liguria si apre un paesaggio inatteso e sorprendente, fatto di montagne, boschi, rocce e gruppi di case arroccate sui pendii erbosi, delimitati da sentieri, antiche strade romane e mulattiere che è possibile percorrere a piedi. La rete di percorsi, che collega i borghi ai monti e al mare, è particolarmente ricca; tra questi il “sentiero Liguria” (www.sentieroliguria.com) è tra i più affascinanti, servito da trasporti locali, strutture ricettive e ristoranti. L’itinerario, che misura circa 600 chilometri e si articola in 29 tappe e alcune varianti, collega Luni, borgo di La Spezia, a Grimaldi, frazione di Ventimiglia tra boschi di lecci, uliveti, vigneti, muretti a secco, scogliere a picco sul mare, giardini, monumenti di interesse artistico-culturale e borghi medievali. Tra questi due sono particolarmente affascinanti: Perinaldo e Dolceacqua, che si trovano sull’ultima variante del percorso verso Ventimiglia. Perinaldo è un borgo suggestivo e affascinante che si appoggia sulla cresta di una collina tra ginestre e coltivazioni di mimose e carciofi, grazie ai quali è diventato un presidio di Slow Food. Ha dato i natali a Gian Domenico Cassini, primo astronomo alla corte del Re Sole: affreschi sulla sua vita decorano le stradine in pietra del paese, che ospita un osservatorio astronomico aperto ai visitatori. Il sentiero della Val Nervia scende a Dolceacqua, delizioso borgo dominato dai resti dell’imponente castello dei Doria. Case arroccate, stradine acciottolate e un ponte di pietra sono state immortalate in alcuni quadri dell’impressionista Claude Monet, che amava molto questa zona della Liguria.
 A bordo dei treni storici in Sicilia e in Campania - Per valorizzare e incentivare il turismo slow una legge ha permesso di recuperare 18 linee ferroviarie dismesse che consentono ai treni a vapore di tornare a sbuffare e a far scoprire paesaggi e territori spesso poco battuti dal turismo di massa. Oltre a sperimentare tratte storiche e suggestive c’è anche la possibilità di partecipare a manifestazioni e a eventi interessanti, come quello che offre la linea ferroviaria da Siracusa a Ragusa a bordo del treno “a tutto volume”. Il prossimo 17 giugno, in occasione del festival dei libri di Siracusa, parte dalla stazione della bellissima città della Val di Noto un treno storico con carrozze degli anni Trenta. All’arrivo alla stazione di Ragusa è previsto il trasferimento nel centro storico e, dopo il pranzo, la visita alla città con una guida. Dalle 18.30 alle 21 è possibile assistere agli incontri del Festival, dove verranno offerti un libro e piccole degustazioni. I biglietti di andata e ritorno partono da 10 euro. Un’altra linea interessante è l’Archeotreno Campania che una volta al mese viaggia da Napoli fino ai parchi archeologici di Pompei e Paestum, patrimonio Unesco. Si parte a bordo di una storica locomotiva con carrozze anni Trenta, che si fermano a Pietrarsa san Giorgio a Cremano e arrivano a Pompei e a Paestum per visitare i Parchi. Le date del servizio sono: il 24 giugno, il 22 luglio, il 26 agosto, il 23 settembre, il 28 ottobre, il 25 novembre e il 23 dicembre. Anche in questo caso le tariffe partono da 10 euro a persona. Sempre da Napoli parte il Reggia Express, treno storico che una volta al mese arriva alla Reggia di Caserta: si parte dalla stazione di Napoli su carrozze anni Trenta e Cinquanta e si viaggia fino al viale d’ingresso del sito monumentale per la visita della Reggia, patrimonio Unesco. I biglietti – 8 euro a persona e 4 per i ragazzi - comprendono il viaggio di andata e ritorno e sconti per l’entrata alla Reggia e al Parco. Le prossime date sono: l’8 luglio, il 12 agosto, il 9 settembre, il 14 ottobre, l’11 novembre e il 9 dicembre. Informazioni:www.fondazionefs.it
A dorso d’asino in Sardegna - La nuova frontiera del turismo slow in Sardegna si chiama trekking someggiato, escursionismo a dorso d’asino. I docili animali permettono di scoprire lentamente e in tutta tranquillità il territorio con escursioni e passeggiate giornaliere per adulti e bambini, generalmente a partire dai 6 anni. Ci si addentra lungo mulattiere, cammini di transumanza e sentieri sterrati che si inoltrano in una natura incontaminata fatta di rocce, scarpate, pascoli e scogliere con viste mozzafiato sulla costa. Sono sempre più numerose le associazioni specializzate in trekking con gli asinelli; in particolare a Supramonte, nella parte centro-orientale della’isola, caratterizzata da rilievi calcarici, macchia mediterranea, insediamenti nuragici, tombe dei giganti, grotte e scogliere che si affacciano su una delle coste più belle al mondo, da Dorgàli a Baunèi. E’ la provincia dell’Ogliastra e offre spettacolari itinerari e passeggiate di alcune ore a dorso di asinello con una guida esperta che illustra le bellezze naturali e archeologiche che si incontrano nel cammino. Per maggiori informazioni sul trekking someggiato: www.visitbaunei.it ewww.agriturismodorgali.com
In Puglia su due ruote - Il cicloturismo è l’espressione più popolare e diffusa di turismo lento. Le ciclabili sono presenti su tutto il territorio, così come le strutture legate a chi ama viaggiare pedalando. Il motore di ricerca “Albergabici” (www.albergabici.it) permette di individuare facilmente, regione per regione, le strutture ricettive - hotel, agriturismi, B&B, pensioni, campeggi, rifugi montani, ostelli o residence - che garantiscono a chi viaggia sulle due ruote accoglienza e servizi utili come le riparazioni e la vendita di abbigliamento, mappe e guide. Il sito “Bicitalia” (www.bicitalia.org) permette di scoprire le ciclovie più suggestive e i tanti percorsi, diffusi in tutta la Penisola. Tra questi vi segnaliamo la ciclovia dei Borboni che collega Bari a Castel del Monte in 67 chilometri su strade secondarie asfaltate con poco traffico locale. Si pedala nella storia e nell’arte alla scoperta di chiese, castelli, masserie, trulli, muretti a secco e grotte rupestri. L’itinerario parte dalla zona a traffico limitato della muraglia di Bari, dove merita una visita la basilica di san Nicola, fino alla stazione da dove si pedala in direzione sud fino a incrociare la nuova pista ciclabile di viale Unità d’Italia. Si prosegue per qualche chilometro su una strada un po’ trafficata fino al santuario Madonna della Grotta, visitabile con una piccola deviazione a destra, seguendo il sentiero che è una lama carsica, un solco eroso dalle acque. Superato Modugno, si arriva all’antico casale di Balsignano e, su un pianoro affacciato sulla Lama Lamasinata, si visita il più antico villaggio neolitico della Bassa Murgia. Abbandonata la strada provinciale per Bitritto, si pedala per una stradina poco frequentata che attraversa un fitto uliveto e sale dolcemente fino a Bitetto, famoso per la cupola maiolicata della sua cattedrale. Quattro chilometri più avanti una salita porta al Palo del Colle, superato il quale si scende verso Palombaio, dove una strada corre parallela alla provinciale in campagna tra dolci colline ricoperte di ulivi e vigne. Da qui si entra nel parco nazionale dell’Alta Murgia, un territorio affascinante e aspro con tratti in salita sotto al sole; ecco perché è bene fare una sosta a Ruvo di Puglia, famoso nell’antichità come il maggior centro di produzione di ceramiche, prima di arrivare, in cima a un colle, a Castel del Monte. Informazioni: www.viaggiareinpuglia.it

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Svolta social per TripAdvisor



 Svolta social per TripAdvisor: il sito di viaggi svela una nuova esperienza da sito e da mobile che verrà lanciata entro fine anno. Attualmente in versione beta, il sito si sta evolvendo per diventare una community di viaggi ancor più personalizzata e connessa. Il nuovo TripAdvisor espande la sua community oltre i viaggiatori per includere anche brand, influencer, editori e amici. I viaggiatori potranno seguire e connettersi con persone o creatori di contenuti che condivideranno informazioni in linea con i loro interessi, a completamento delle oltre 661 milioni di recensioni e opinioni già presenti sul sito.
    Quando un membro si loggherà al sito o alla app di TripAdvisor, la sua homepage sarà trasformata in un feed personalizzato di informazioni. Quando si cercherà una particolare destinazione, il feed automaticamente restringerà a quel luogo specifico le informazioni mostrate; ad esempio, i membri che stanno pianificando un viaggio a Parigi potranno vedere un articolo di un critico gastronomico sul migliore ristorante della città, una guida di viaggio di un influencer sulle cose da fare nella Ville Lumière e una recensione di un amico su un nuovo hotel vicino alla Torre Eiffel.
    TripAdvisor è pronto a rivoluzionare ancora una volta l'industria dei viaggi creando una community più personalizzata e connessa" ha commentato Stephen Kaufer, CEO & Co-Fondatore di TripAdvisor. In versione beta, sono più di 500 i social media influencer, i brand consumer, gli editori e i partner di viaggio a essersi uniti al nuovo TripAdvisor e ogni giorno se ne aggiungono altri.
    Oltre ai tanti creatori di contenuti che si sono iscritti alla piattaforma, anche il team di esperti di destinazioni di TripAdvisor e i brand del TripAdvisor Media Group, inclusi Smarter Travel, Cruise Critic e TheFork, contribuiranno all'esperienza sul sito con profili propri.
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Perle d'Italia contro Grande Bruttezza

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(di Luciano Fioramonti) (ANSA) - Roma, 17 set - MARIO TOZZI, L'ITALIA INTATTA.
    (Mondadori, pp.432, euro 19,50). Un concentrato di meraviglie della natura minacciate sempre più da vicino dal degrado, dall' incuria, dall' abusivismo, dall' inquinamento. L' Italia convive da decenni con questo paradosso: alle straordinarie bellezze ambientali e artistiche si affianca il più elevato consumo di suolo d'Europa. Un dato rende bene il quadro: solo il 29 per cento degli 8000 chilometri di coste non è stato colonizzato. Lo splendore del patrimonio naturale e culturale si scontra con gli insulti del turismo di massa mordi e fuggi, delle grandi navi da crociera e dei bus che invadono i centri storici delle città, dei diecimila stabilimenti balnerari, dei villaggi turistici e degli alberghi che proliferano. Eppure, "c' è un' altra Italia , qualche volta remota e isolata, altre volte sotto i nostri occhi" che si offre come una boccata di aria pura, un antidoto stupefacente contro gli orrori della Grande Bruttezza. A raccontarcela è Mario Tozzi, geologo e popolare divulgatore televisivo, che ha raccolto quaranta anni di appunti sulle sue perlustrazioni in lungo e in largo in un volume che "non è una guida di viaggio ma un compagno di strada", un altro modo di guardare luoghi che pensavamo di conoscere. "L' Italia intatta" è un invito a muoversi a piedi, o al massimo in treno, alla scoperta di un tesoro inaspettato, spesso a portata di mano, in cui protagonista è la Natura. Che, chiarisce l' autore, è cosa diversa dal paesaggio, risultato dell'intervento dell' uomo sull' ambiente naturale. Per strano che possa sembrare, le zone ancora immune sono stato salvato proprio grazie ai vincoli, alle riserve di caccia, ai divieti imposti dalle servitù militari, alle concessioni minerarie, alla frammentazione proprietaria e dal suo contrario che è il latifondo. E sopratutto per merito delle aree protette e dei Parchi. Tozzi, che è direttore del Parco regionale dell'Appia Antica, spiega che i 29 parchi nazionali italiani e le riserve naturali favoriscono lo sviluppo, il turismo e l' economia, e rappresentano un baluardo per la conservazione della biodiversità e contro la desertificazione.
    Montagne, valli, pianure, isole, foreste e animali, gole e canyon. Nei 43 capitoli al lettore si svela l' Italia meno conosciuta. Ecco il Sulcis, in quella Sardegna, "il territorio geologicamente più antico d' Italia", che è l' inizio di tutto.
    Qui la meta di sempre è Piscinas, "con le dune più alte d' Europa", dove al tramonto è possibile osservare in lontananza i rari cervi sardi. Una sorpresa arriva dal cuore di Roma: "sul canottino da speleologo su uno specchio d' acqua sconosciuto, una ventina di metri sotto il suolo" in corrispondenza dell' ospedale Forlanini. O percorrendo il sistema fognario della Cloaca Maxima, opera ingegnosa che ancora oggi funziona. Per Tozzi la Pianura Pontina è "la nostra Amazzonia", una foresta di pianura allagata un tempo regno della zanzara che trasmetteva la malaria. I Romani e i Papi avevano provato invano a bonificarla.
    Ci riuscì il Fascismo, "grazie alla tecnologia più moderna e ai mezzi assicurati dallo Stato Nazionale". La Vedretta del Mandrone, sull' Adamello, il ghiacciaio più grande d' Italia, è la prova del pericolo ambientale: nel XIX secolo misurava tremila ettari, nel 2003 era sceso a 1800, oggi a mille, con un tasso di arretramento tra 5 e 20 metri all' anno. "Un disastro" avverte il geologo segnalando che l' 80 per cento dei 120 ghiacciai in regresso. E ancora, il paradiso di Montecristo, le Eolie, Barbagia, Apromonte, la Marsica e il suo orso che lotta per sopravvivere. Un passaggio che colpisce più di altri è dedicato al monte Pollino, in Calabria. Qui c' è "l' albero più bello d' Italia", il pino loricato, "corazzato" per via della sua corteccia spessa e dura. L' autore accarezza e dice di amare questo "fossile vivente", che può arrivare a 900 anni di età e a 40 metri di altezza, di cui si contano circa duemila esemplari. Il libro coglie da nord a sud le perle della "grande varietà geomorfologica e naturale, il vero tesoro di questo paese" e le zone incontaminate da difendere. Dove luogo intatto è anche quello in cui "il tempo si è fermato a qualche secolo o millennio fa, e la mano dell' uomo è intervenuta in modo mirabile e poi non si è toccato più nulla". E' cosi, ad esempio, per i Sassi di Matera o per il sottosuolo di Palermo e Napoli. Un campionario di meraviglie che meritano di essere apprezzate dai sensi - "ci vuole l' udito per imparare ad ascoltare il silenzio" - ma anche scegliendo la stagione giusta perché la luce, la vegetazione e le foreste cambiano e trasformano lo scenario. (Ansa).

Scianna alla 'Settimana del Buon Vivere' 'Viaggio Racconto Memoria', 200 scatti in mostra dal 22 a Forlì

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MUSEI SAN DOMENICO - Ferdinando Scianna è il fotografo ospite alla 'Settimana del Buon Vivere 2018' a Forlì: la sua mostra, 'Viaggio Racconto Memoria', inaugura il 22 settembre e sarà visitabile fino al 6 gennaio ai Musei San Domenico. Prima di lui la Settimana aveva ospitato Steve Mc Curry (2015), Sebastiao Salgado (2016) ed Elliott Erwitt (2017).
    Con circa 200 foto in bianco e nero in diversi formati, la rassegna attraversa l'intera carriera del fotografo siciliano, nato a Bagheria nel '43, e si sviluppa in sei sezioni: la Memoria (Bagheria, la Sicilia, le feste religiose); il racconto (Lourdes, i bambini, Kami, il dolore); ossessioni (il sonno, le cose, l'ombra, bestie, gli specchi); il viaggio (America, deambulazioni, i luoghi); ritratti; riti e miti (le cerimonie, donne, Marpessa).
    Scianna ha iniziato ad appassionarsi al linguaggio fotografico negli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione. Il suo lungo percorso artistico si snoda attraverso varie tematiche - l'attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare - tutte legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. In oltre 50 anni di racconti non mancano le suggestioni: da Bagheria alle Ande boliviane, dalle feste religiose - esordio della sua carriera - all'esperienza nel mondo della moda, iniziata con Dolce&Gabbana e Marpessa. Poi i reportage (fa parte dell'agenzia foto giornalistica Magnum), i paesaggi, le sue ossessioni tematiche come gli specchi, gli animali, le cose. Infine i ritratti dei suoi grandi amici, maestri del mondo dell'arte e della cultura come Sciascia, Cartier-Bresson e Borges.
    "Come fotografo mi considero un reporter - dice del suo lavoro - Il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Persino le foto di moda le ho sempre trovate nell'azzardo degli incontri con il mondo".

'ViVi il verde' a scoperta giardini E-R Dal 21 al 23 settembre quinta edizione della rassegna regionale



BOLOGNA - Sono più di cento gli eventi in programma tra il 21 e il 23 settembre da Piacenza a Rimini per la 5/a edizione della rassegna regionale 'ViVi il Verde', alla scoperta dei giardini dell'Emilia-Romagna. Quest'anno la rassegna, promossa dall'Ibc, include anche una mostra, 'Tessere Giardini', dedicata allo stretto legame tra arte tessile e natura, inaugurata il 21 settembre alle 17.30: si tratta di un percorso tra alcuni pezzi esemplari di ispirazione 'floreale' (stoffe, tappezzeria, abiti) della collezione del Museo del tessuto 'V.Zironi' di Bologna, con sede nella settecentesca Villa Spada in via di Casaglia.
    Sono decine le aree verdi coinvolte nell'iniziativa, dal giardino Labirinto della Masone a Fontanellato, al parco del Mauriziano a Reggio Emilia, legato al nome dell'Ariosto, ai giardini storici di Villa La Babina a Imola e di Villa Fantini a Tredozio, ai tanti giardini dell'ex Ducato di Parma e Piacenza.
    Presenti anche gli orti botanici, in particolare quello dell'Università di Bologna. (ANSA).

Turismo: Pordenone, la città adagiata sulle risorgive

PORDENONE - E' il 1204 e Wolger di Passau, futuro Patriarca di Aquileia, cita per la prima volta nella storia la parola Pordenone - o meglio, Portus Naonis - sul suo diario. E' l'inizio ufficiale della storia della "Manchester del Friuli", anche se la sua genesi risale a secoli prima: quando i Romani svilupparono un nucleo abitativo sulle rive dell'alto Noncello, il vicino fiume di risorgiva. La città è al centro delle mire del Patriarcato di Aquileia, dei Conti di Gorizia e della Marca Trevigiana, passerà tra dai signori di Carinzia e di Stiria, prima di diventare, nel 1276, territorio degli Asburgo d'Austria. E' sotto questa dominazione che vengono costruiti due simboli della città: Campanile e Palazzo del Comune, tuttora esistenti. Pordenone rimarrà l'ultimo baluardo austriaco del Friuli occidentale, ma non sfuggirà alle brame espansionistiche della Serenissima: dopo un paio d'anni travagliati, al secondo tentativo, nel 1514 Bartolomeo d'Alviano strapperà definitivamente la città agli asburgici, reggendola come feudo per conto di Venezia. Solo nel 1537 la repubblica marinara prenderà Pordenone sotto la sua ala protettrice. Alla caduta di Venezia il "porto sul Noncello" tornerà agli Austriaci, poi brevemente a Napoleone: infine l'annessione al Regno d'Italia nel 1866. Se nei secoli precedenti all'industrializzazione Pordenone era stata contesa per il ruolo di crocevia e la posizione strategica, dall'Ottocento la collocazione della città diventò un'attrattiva per capitali locali, austriaci e svizzeri. Sfruttando l'energia delle acque di risorgiva, gli imprenditori strapparono a poco a poco i contadini dalle torbiere per collocarli in catena di montaggio. Dagli anni ’40 dell'Ottocento numerosi cotonifici sorsero lungo le sponde dal Noncello, con cartiere e fabbriche di ceramiche Galvani. Opifici abbandonati quando Pordenone abbandonò la produzione del cotone, nella seconda metà del Novecento, con la nascita di Zanussi, Scala, Savio e Seleco. Nell'ultimo ventennio, la città attraversa una nuova transizione: da polo industriale a piccola capitale culturale, con varie manifestazioni: Pordenonelegge, le Giornate del Cinema Muto, il Pordenone Blues Festival. In aggiunta, ci sono i vini della vicina Rauscedo, le cui barbatelle fanno scuola in tutto il mondo. Ma a Pordenone è anche storia: il Museo Archeologico del Friuli Occidentale sorge nelle sale del castello di Torre, costruito nel XIII secolo ad opera del Patriarca di Aquileia e dei Signori di Prata. La collezione annovera pezzi preistorici, come i ritrovamenti provenienti dal sito Unesco delle palafitte del Palù del Livenza, protostorici, come i materiali archeologici della villa romana di Torre, e ceramiche medievali e rinascimentali.
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