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Arte e sacro. Che cosa c'era sul leggio di Maria?

Nelle raffigurazioni dell’Annunciazione il libro su cui legge Maria compare tardi, dal IX secolo. Il filologo Michele Feo va a caccia delle tante ipotesi sul contenuto del volume

Antonello da Messina, “Vergine Annunciata” (1475 circa), particolare

da Avvenire

La storia della Madonna è un meraviglioso romanzo per immagini. Più misteriosa tra tutte l’Annunciazione perché è il mistero stesso di Maria. Ma anche la più rivoluzionaria nella storia dell’umanità, perché fonda il mondo dopo Adamo: il mondo da Gesù Cristo, origine del nostro tempo. E poi perché racchiude tutto il turbamento, anzi lo sconvolgimento, e insieme la concentrata tenerezza della Vergine prima che concepisca e nel suo stesso istante: l’anticipazione dell’aurora, prima che irrompa il giorno in lei, in ognuno di noi.

Le scarne parole di Luca e Matteo non sono prive di immagini potenti, anzi assolute: per Alberto Magno l’ombra non è l’oscurità – che non viene dalla somma luce – ma l’immagine specchiata dell’onnipotenza; tuttavia solo i Vangeli apocrifi ci mostrano le scene, gli oggetti, i simboli, che i pittori prediligono. In essi Maria è alla fonte, al pozzo con la brocca, poi in casa, intenta a filare scarlatto e porpora (colori della regalità) accanto a un vaso dove fiorisce il giglio di Gesù; più tardi ha con sé un libro aperto e talora lo legge.

Sono queste le raffigurazioni che si susseguono dovunque nei secoli, in molteplici varianti. Soprattutto impone infinite riflessioni la presenza del libro, che compare tardi, dal IX secolo, su un cofanetto d’avorio francese dall’aria regale. Perché quella ragazza umile e il libro, che fu strumento di distinzione, non solo per la sapienza, ma nelle classi sociali? E significava soprattutto autorevolezza, garanzia di verità? E cosa era scritto nel libro di Maria, oltre alle parole dei profeti, dei salmi, dei Vangeli, del Magnificat?

Si può rispondere che Maria stessa è un libro, contiene il passato e soprattutto il futuro: un libro profetico al massimo grado. Ma c’è quella commistione di realtà e di sentimenti, che colpisce nel profondo, e non si accontenta di spiegazioni teologiche. In Maria il mistero teologico è reale e carnale, attraversa la vita quotidiana, gli affetti delle madri nelle famiglie, tutte le forme reali e immaginarie, che le madri quotidiane e le divinità femminili hanno mostrato in ogni tempo e spazio.

Michele Feo, filologo e acutissimo investigatore dei testi, ne è stato così commosso e catturato, da inventariarne le immagini per uno studio colto e appassionato (Cosa leggeva la Madonna; Polistampa, pagine 304, euro 20,00). Ma non dobbiamo pensare che l’indagine di Feo si limiti a un excursus erudito che riguarda soltanto l’abbinamento con il libro. Si estende a ogni riflessione che tocca Maria, con una condivisione totale e sottile della femminilità e dei suoi valori più profondi.

Mentre segue nei secoli e nelle contestualizzazioni delle opere le Annunciazioni, decifrando e commentando le iscrizioni e le composizioni, Feo non dimentica mai l’origine. Chi è veramente Maria? Cosa accade nel momento in cui riceve l’annuncio traumatico dell’angelo che ha sconvolto lei fino a noi stessi? Perché l’Annunciazione non è un evento che si conclude, ma un progetto che ci riguarda inesorabilmente? Come sono diventati lontani nei secoli i sensi originari? Come tutto è diventato infinitamente indecifrabile, sebbene continuino a colpirci quegli atti e quei gesti e quelle mani della ragazza non ancora madre, che talora si specchiano nelle mani dell’angelo, o – come nella Vergine Annunciatapalermitana di Antonello da Messina – emergono in assoluta eloquenza fuori dal quadro?

La ricchezza di questo libro sta anche nella presentazione di testi preziosi che accompagnano la figura dell’Annunciazione; non solo quelli sacri, o Dante, o Petrarca (di cui Feo è massimo studioso), che nel cammino dell’amore che nobilita attraverso la donna, compie la «rivoluzionaria e decisiva collocazione della Vergine a chiusura dei Rerum vulgarium fragmenta». Feo ci traduce molti testi straordinari: ora popolari, ora dei più sofisticati umanisti che intrecciano la Vergine con le divinità greco-latine, ora di mistici ottocenteschi, ora di teologi moderni. Il valore del libro sta anche nel sapiente dialogo che Feo intrattiene tra culture diverse.

Vorrei aggiungere una testimonianza, che ha origine da due antiche tradizioni romagnole. Esse hanno riscontri nei calendari popolari e nel Tempio malatestiano di Rimini, dove compaiono le due porte che le anime passano: nel segno del Capricorno abbandonano la carne attraverso la porta degli dèi e dell’immortalità; nel segno del Cancro si incarnano. Nell’Annunciazione (e incarnazione) del 25 marzo, nell’equinozio di primavera, Maria è seduta, intenta a filare il lino “marzuolo”. In questa immagine, che riprende il protovangelo di Giacomo, Maria è l’umile donna antica, attenta alla rocca, al fuso, al telaio. Ma rievoca anche archetipi: Elena che in Omero tesse una tappezzeria di porpora con le lotte di Greci e Troiani in cui lei è al centro; Cloto che fila lo stame della vita.

La vigilia di Natale, a Ravenna, in una filastrocca che inizia con l’invocazione «Levati, levati mio sole / con il raggio del Signore», tre angeli donano a Maria tre forcine o tre falci d’oro: lei le porge al Signore, e Lui con queste mette in moto la ruota del cosmo: è la nascita di Gesù e del tempo: il compimento dell’Annunciazione avviene nel solstizio d’inverno, sotto il segno del Capricorno. In sintonia con tradizioni immemoriali, raccolte da quelle platoniche, Maria tra primavera ed estate incarna, mentre nel cuore dell’inverno, con il “sole invitto” libera dalla carne, verso l’eternità.

Fai: chiuse Giornate autunno, 330 mila visitatori +30%

''Alle ore 18 si sono chiuse le Giornate FAI d'Autunno 2019, il fine settimana promosso dai Giovani del FAI dedicato alle bellezze dell'Italia, con itinerari inediti e luoghi eccezionalmente aperti al pubblico. Le prime proiezioni evidenziano un grande successo di pubblico paria a 330.000 visitatori, con una crescita del 30% rispetto alle Giornate Fai D'Autunno del 2018''. Lo spiega una nota. ''Tra i luoghi più visti segnaliamo la Caserma Bergia di Bari con 7.000 visitatori, l'Arsenale Militare di La Spezia con oltre 6.000, seguiti dal Real Sito di Portici e la Corte Suprema di Cassazione a Roma con quasi 5.000 presenze ciascuno e Palazzo Regione Lombardia a Milano con circa 4000 visitatori. Tra i Beni del FAI i più visitati risultano Parco Villa Gregoriana con 3.200 visite, seguito da Villa del Balbianello (CO) con 3.100. A Recanati l'appena inaugurato Orto sul Colle dell'Infinito ha registrato circa 2.000 presenze. Con le 770.000 presenze delle Giornate di Primavera, le Giornate Fai raggiungono nel 2019, con l'evento autunnale appena conclusosi, oltre un milione di visitatori, diventando il più grande evento di piazza italiano dedicato al patrimonio artistico e paesaggistico del nostro Paese''. (ANSA).

Milano, la produzione ambrosiana al Museo Diocesano

Giulio Cesare Procaccini 

Dedicato al Cardinale Carlo Maria Martini, il Museo Diocesano di Milano nasce dalla fusione tra il Museo Diocesano e il complesso di Sant’Eustorgio. Il Museo è il punto di arrivo di un importante progetto a cui hanno dato il loro decisivo contributo alcune delle più grande figure di arcivescovi milanesi del Novecento a partire dal 1931. La Collezione permanente è costituita da ormai quasi mille opere, comprese tra il II ed il XXI secolo, giunte come lasciti, depositi o donazioni, che costituiscono una viva testimonianza della ricca produzione artistica ambrosiana, oltre ad offrire un interessante panorama del gusto collezionistico non solo arcivescovile, ma anche privato.
 
PERCHE' ANDARE
 
Il percorso espositivo del Museo è dedicato a dipinti, sculture e oggetti di arredo liturgico provenienti dalla Diocesi milanese ed esposti a rotazione. Nel percorso spiccano dipinti di Anovelo da Imbonate, Ambrogio da Fossano detto il Borgognone, Giampietrino, Bernardino Campi, Simone Peterzano, Giulio Cesare Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Stefano Maria Legnani detto il Legnanino e Francesco Hayez. Un nucleo consistente delle opere delle collezioni del Museo proviene dalla Quadreria Arcivescovile, da cui, su iniziativa del cardinale Martini, sono giunti molti dipinti delle antiche collezioni degli arcivescovi milanesi e che riflettono i loro diversi orientamenti culturali. Fra le opere della Collezione Arcivescovile ricordiamo la “Caduta di San Paolo” del Cerano, la “Lotta di Giacobbe e l’angelo”, capolavoro del Morazzone e il “San Giuseppe col Bambino” di Guido Reni.
 
DA NON PERDERE
 
Presente una sezione dedicata a Lucio Fontana che mette in scena i gessi creati per il concorso per la realizzazione della quinta porta del Duomo di Milano affiancati al bozzetto della “Pala della Vergine Assunta” e alle 14 formelle in ceramica della Via Crucis bianca. Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini raccoglie infine La Collezione Marcenaro di arte antica,  i Fondi Oro Collezione Crespi e il Tesoro di San Nazaro.
 
Museo Diocesano Carlo Maria Martini 
turismo.it

Il turismo religioso fa bene alle adv ma le agenzie spesso non lo sanno



Le stime sono difficili perché è complicato sondare le motivazioni delle persone. I dati più recenti parlano però di 330 milioni di visitatori internazionali che ogni anno si muovono per motivazioni religiose. Di questi, ben 120 milioni si recano alla Mecca, ma la restante parte raggiunge Israele, la Giordania, il resto del Medio Oriente e i santuari mariani europei. Solo in Italia, peraltro, le persone che si muovono con questa motivazione ammontano a circa 1,5 – 1,8 milioni.

Sono i numeri di un comparto spesso sottovalutato, che tuttavia può rappresentare un’ottima opportunità di business. A snocciolarli, in occasione di un evento ad hoc organizzato da Fto a Rimini, Giorgio Trivellon di Duomo Viaggi & Turismo. “Certo, non ci si può improvvisare esperti di questo segmento. Non basta una Madonnina in vetrina. Ci vuole preparazione. Noi però siamo pronti ad affiancare le adv ovunque sul territorio internazionale”, ha osservato Giavanni Ciraci di Brevivet.

L’identikit del turista religioso tipo lo ha invece tracciato Sara Rusconi di Rusconi Viaggi: “Per chi come noi non è emanazioni di diocesi, e quindi non beneficia di una domanda diretta proveniente dalle parrocchie, la domanda si traduce molte volte in piccoli gruppi di persone o singoli individui, spesso donne over 50. Si tratta di viaggiatori che di frequente si rivolgono alle agenzie. Un po’ perché a volte in difficoltà con gli strumenti tecnologici, ma soprattutto perché valutano il contatto personale, la relazione umana un aspetto fondamentale della loro esperienza”.

Infine una nota da tenere in considerazione. La propensione alla spesa di questa tipologia di turisti è inferiore a quella del segmento leisure – si parla di 50-60 euro a persona al giorno contro più o meno il doppio di chi viaggia per altre motivazione. Ma al contempo si tratta di una clientela più facilmente fidelizzabile, che sente spesso l’esigenza di ripetere più volte l’esperienza spirituale di un viaggio religioso.

travelquotidiano.com

Santuario. Nel manto di Maria a Oropa la devozione che sfida il tempo

Per la quinta volta dal 1620 il santuario piemontese si prepara alla storica celebrazione dell’incoronazione che si tiene una volta ogni 100 anni. Migliaia di «ex voto» in pezze di stoffa

Come può resistere la fede cristiana in un mondo sempre più secolarizzato, che tende a renderla sempre più ininfluente? Come può tornare a essere attrattiva? Esiste ancora un popolo cristiano? Sono interrogativi con i quali si misura da tempo la Chiesa, e su cui discutono teologi, sociologi, intellettuali. Ci sono persone che dimostrano quanto sia decisiva una proposta che parli al cuore della gente in maniera semplice, diretta e coinvolgente. In questo senso Papa Francesco offre l’esempio più significativo e autorevole. E ci sono anche esperienze e luoghi che si rivelano attrattivi e 'contagiosi', capaci di suscitare una rinnovata attenzione al cristianesimo. 

Qualcosa del genere sta accadendo al santuario di Oropa, in provincia di Biella, da secoli meta di pellegrinaggio e oggetto di una diffusa devozione popolare alla Madonna. Nel 2020 verrà celebrato il quinto centenario dell’Incoronazione di Maria, una cerimonia che si ripete ogni secolo a partire dal 1620. Unitamente alle corone che il 30 agosto dell’anno prossimo saranno poste sulla testa della statua della Madonna e del Bambino Gesù, verrà preparato un manto che 'vestirà' la sacra immagine. Un manto del tutto speciale, che nella parte esterna sarà confezionato da un’azienda del Biellese mentre l’interno sarà un patchwork realizzato cucendo i pezzi di tessuto inviati al santuario da chi desidera testimoniare il suo rapporto con la Vergine. C’è chi ha mandato un pezzo del vestito di nozze, della tuta da lavoro, di un grembiule da cucina, di un lenzuolo, di una giacca, di una gonna...

Ogni tessuto è accompagnato da un breve scritto dove si racconta il significato che per chi lo ha spedito, il legame con un momento significativo della propria esistenza o con qualcuno di cui si prende cura affidandolo a Lei. Sono storie, preghiere, suppliche, ringraziamenti che raccontano di una fede popolare ancora viva, di un desiderio di rapporto diretto con il Mistero. Ecco alcuni esempi. «È un lembo del taschino della mia uniforme da poliziotto, dove ho sempre tenuto la Tua immagine, ricevendo sempre grande protezione. Grazie». «Ci ricorda la prima accoglienza a cui abbiamo detto di sì e il desiderio di avere un figlio nostro. Dopo 11 anni di matrimonio, figli naturali non ne sono arrivati, ma abbiamo aperto la casa ad altri e siamo grati per la pienezza di vita che viviamo e per la nostra storia». «Rappresenta il mio cammino di giovane sposa e madre, il tuo prezioso aiuto di quando mio marito fu licenziato ed ero a casa con due bambini. Ti abbiamo invocata con fede e mentre doveva andare a un colloquio in un’azienda, la macchina si è bloccata ed è stata la sua fortuna: l’incontro con una persona ha risolto questo problema in meglio. Grazie, Vergine santissima». «Rappresenta la fatica del nostro papà durante le ore di lavoro nel turno di notte per mantenere dignitosamente e con amore la sua famiglia». «Questo pezzo di stoffa ha un valore affettivo molto grande: fa parte del mio abito da sposa e conta già 53 anni! L’ho conservato come una reliquia perché per me ha significato il formarsi di una famiglia».

Fascino che permane: «Sono già arrivati più di cinquemila pezzi – dice don Michele Berchi, rettore del santuario di Oropa –. Ogni tessuto e ogni messaggio aprono squarci commoventi di vita e testimoniano il rapporto speciale che tante persone vivono con Maria. La devozione mariana si diffuse tra i nostri monti a partire dal quarto secolo per opera di Sant’Eusebio e questo luogo continua a essere meta di visite, anche da parte di chi non è credente ma cerca una luce che illumini un cammino di ricerca. Per tante persone in questo santuario è iniziato o si è approfondito un misterioso dialogo personale con la Madonna: penso a migliaia di giovani venuti qui a preparare gli esami universitari o ad affidare il loro imminente matrimonio e a quanti chiedono la salute per la persona amata. Nel tempo sono cambiate le forme: certi gesti della tradizione come le processioni o le fiaccolate sono meno vicini alla sensibilità dei giovani, che sono più attratti da esperienze come i pellegrinaggi o i percorsi a piedi lungo luoghi significativi per il loro valore storico o artistico. Quello che perdura nel tempo è il fascino della Madonna e il suo legame con il Mistero incarnato, e la quantità di tessuti e messaggi arrivati testimonia un cristianesimo che parla al cuore dell’uomo, legato all’esperienza intima delle persone».
Si sta cucendo un vestito povero quanto ai materiali, ma ricchissimo di vita vissuta. Il mantello mariano è un simbolo di protezione

Le dimensioni del manto che vestirà la statua della Vergine e del suo strascico non sono prevedibili, legate come sono alla quantità di tessuti che arriveranno entro l’8 dicembre, ultima data per la consegna al santuario. «Sarà un work in progress, un’esperienza che non è figlia di un progetto elaborato a tavolino ma legata al popolo che la sta generando giorno per giorno – commenta Alessandra Alberto, ideatrice dell’iniziativa –. Sta prendendo corpo un vestito povero quanto ai materiali di cui è composto ma ricchissimo di vita vissuta. Nella storia dell’arte il manto della Madonna è un simbolo di protezione che unisce tutto il popolo, ognuno potrà dire 'lì ci sono anch’io'. Il manto esprime il desiderio di ricucire le divisioni, e in questo senso assume un significato di grande attualità e di positività per una società frantumata e per tante persone che vivono lacerazioni nella loro vita».

Ora et labora: il manufatto sta prendendo forma tra le antiche mura del monastero di San Giulio sul lago d’Orta, dove le suore benedettine cuciono i pezzi di stoffa inviati dal santuario di Oropa. In una lettera al rettore scrivono: «Ogni frammento di tessuto che passa tra le nostre dita ha per noi una voce arcana, un messaggio silenzioso e vibrante, al punto da crearci un senso di sofferenza nel prendere in mano le forbici per intagliare tessere più piccole del tessuto arrivato. Tutto viene eseguito a mano, cambiando filo in base alla gradazione cromatica di ogni tessera, con piccoli punti quasi invisibili. Tutto viene lavorato a mano e con il cuore orante, perché desideriamo cucire le tessere non solo al tessuto ma anche, attraverso la preghiera, al cuore di Dio».
da Avvenire
Nel manto di Maria a Oropa la devozione che sfida il tempo